i ricordi di AGNESE BORSELLINO


Agnese Borsellino si confessa ai pm “Vi racconto gli ultimi sospetti di Paolo”


Agnese Piraino Leto, moglie del giudice Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia nel 1992, è morta il 5 maggio dello scorso anno. Aveva 71 anni ed era malata da tempo. Non smise mai di cercare la verità sulla morte di suo marito e manifestò sempre il suo impegno contro la mafia. Ha lasciato un libro “Ti racconterò tutte le storie che potrò”, da lei stessa definito come un regalo alla famiglia.
Paolo Borsellino e Agnese Piraino Leto si sposarono il 23 dicembre del 1968.
Dal loro matrimonio nacquero tre figli: Lucia, 44 anni, che oggi ricopre l’incarico di assessore regionale alla Sanità, Manfredi, attuale dirigente del commissariato di polizia di Cefalù, e Fiammetta.
Dopo la morte di Borsellino, si era tenuta sempre lontana dai riflettori, limitandosi a presenziare solo a poche cerimonie pubbliche in ricordo del marito, preferiva parlare con i giovani, lanciare messaggi di speranza contro la mafia.
In occasione della sua ultima apparizione pubblica, l’inaugurazione della nuova sede della Dia a Palermo, già provata dalla malattia, aveva pronunciato poche parole dense di significato “Questa città deve resuscitare, deve ancora resuscitare.” Proprio a causa della malattia, non aveva potuto partecipare alla cerimonia per il ventennale delle stragi, ma aveva inviato un messaggio ai giovani “Dopo alcuni momenti di sconforto – aveva scritto – ho continuato e continuerò a credere e rispettare le istituzioni di questo Paese come mio marito sino all’ultimo ci ha insegnato. Non indietreggiando nemmeno un passo di fronte anche al solo sospetto di essere stato tradito da chi invece avrebbe dovuto fare quadrato intorno a lui.” È morta il 5 maggio del 2013, a 71 anni, dopo una lunga malattia.

La morte“È morta Agnese. È andata a raggiungere Paolo. Adesso saprà la verità sulla sua morte”, così il fratello del magistrato, Salvatore Borsellino, aveva annunciato su facebook la morte di Agnese. Unanime il cordoglio delle istituzioni. “Una donna forte che è stata vicina a Paolo – aveva dichiarato Giancarlo Caselli, ex procuratore della Repubblica a Palermo – e ha continuato a testimoniare il suo impegno anche quando i problemi di salute le hanno creato difficoltà. 

Nei giorni antecedenti alla sua morte aveva preso il via a Caltanissetta il quarto processo per la strage di via D’Amelio e lei, che era già stata sentita in fase di istruttoria, era indicata tra i principali testimoni del dibattimento. Tra le altre cose, aveva dichiarato che le inquietudini del coniuge si erano accentuate dopo la strage di Capaci nella quale vennero uccisi Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta. “Paolo mi disse: ‘Mi ucciderà la mafia ma solo quando altri glielo consentiranno’.”

Il testamento di Agnese Borsellino

“Ti racconterò tutte le storie che potrò”: è questo il titolo le libro-testamento pubblicato lo scorso novembre. Agnese Borsellino ha voluto affidare alle pagine di un libro i ricordi di una vita: dal primo incontro con  quell’uomo che poi sarebbe diventato suo marito al giorno della strage, passando per tutte le persone che l’hanno sostenuta negli anni. Il libro è il risultato di una serie di interviste con il giornalista Salvo Palazzolo. Il titolo nasce da una frase pronunciata dal giudice “Lo sai perché stai con me? Perché io ti racconto la lieta novella. Io ti sollecito, ti stuzzico, ti racconto la lieta novella che sta dentro tante storie di ogni giorno. Ti racconterò tutte le storie che potrò. Così il nostro sarà un romanzo che non finirà mai, sino a quando io vivrò. La lieta novella manterrà sempre fresco il nostro amore. Perché l’amore ha bisogno di mantenersi fresco.” Non mancano particolari inediti sui giorni successivi alla strage del 19 luglio 1992 “In quei giorni – racconta la signora Agnese nel libro – ero contesa da prefetti, generali e alti esponenti delle istituzioni. Mi invitavano e mi sussurravano tante domande. Ora so perché mi facevano tutte quelle domande. Volevano capire se io sapevo, se mi aveva confidato qualcosa nei giorni che precedettero la sua morte. E allora tante parole di mio marito mi sono apparse chiare, chiarissime.”


Messaggio del Presidente del Senato Pietro Grasso ai figli di Agnese e Paolo Borsellino

“Carissimi Lucia, Manfredi e Fiammetta,
con commozione mi stringo ai voi nel dolore per la scomparsa di Agnese. Vi mancherà, come ogni genitore a ogni figlio, e mancherà anche a me, a noi che la avevamo conosciuta così coraggiosa eppure discreta, così forte di animo in un corpo minuto.
Il suo desiderio di verità e giustizia rimane intatto.
La sua forza nel cercare, nell’affermare, nel difendere la verità sulla vita e sulla morte di vostro padre era e sarà tanto forte da sopravviverle. 
È morta una persona meravigliosa e in questo giorno di tristezza vi sono tanto vicino. Ma non morirà con lei la voglia di sapere: per quanto mi sarà possibile, continuerò a tenere accanto la sua determinazione, quella con la quale ha condotto per vent’anni una battaglia di giustizia. Una battaglia che vinceremo.”


La moglie di Paolo Borsellino, Agnese Piraino Leto, è morta il 5 maggio del 2013. Aveva 71 anni ed era malata da tempo. Non smise però mai di cercare la verità sulla morte di suo marito e manifestò sempre il suo impegno contro la mafia. Ha lasciato un bellissimo libro Ti racconterò tutte le storie che potrò, un racconto straordinario da lei stessa definito come un regalo alla famiglia. Agnese e Paolo si sposarono il 23 dicembre del 1968. Dal loro matrimonio nacquero tre figli: Fiammetta, Lucia e Manfredi. In occasione della sua ultima apparizione pubblica, l’inaugurazione della nuova sede della Dia a Palermo, già provata dalla malattia, aveva pronunciato poche parole dense di significato “Questa città deve resuscitare, deve ancora resuscitare. Proprio a causa della malattia, non aveva potuto partecipare alla cerimonia per il ventennale delle stragi, ma aveva inviato un messaggio ai giovani “Dopo alcuni momenti di sconforto – aveva scritto – ho continuato e continuerò a credere e rispettare le istituzioni di questo Paese come mio marito sino all’ultimo ci ha insegnato. Non indietreggiando nemmeno un passo di fronte anche al solo sospetto di essere stato tradito da chi invece avrebbe dovuto fare quadrato intorno a lui.”  Nei giorni antecedenti alla sua morte aveva preso il via a Caltanissetta il quarto processo per la strage di via D’Amelio e lei, che era già stata sentita in fase di istruttoria, era indicata tra i principali testimoni del dibattimento. Tra le altre cose, aveva dichiarato che le inquietudini del coniuge si erano accentuate dopo la strage di Capaci. “Paolo mi disse: ‘Mi ucciderà la mafia ma solo quando altri glielo consentiranno’.” Il testamento di Agnese Borsellino Ti racconterò tutte le storie che potrò”: è questo il titolo le libro-testamento pubblicato lo scorso novembre. Agnese Borsellino ha voluto affidare alle pagine di un libro i ricordi di una vita: dal primo incontro con quell’uomo che poi sarebbe diventato suo marito al giorno della strage, passando per tutte le persone che l’hanno sostenuta negli anni. Il libro è il risultato di una serie di interviste con il giornalista Salvo Palazzolo. Il titolo nasce da una frase pronunciata dal giudice “Lo sai perché stai con me? Perché io ti racconto la lieta novella. Io ti sollecito, ti stuzzico, ti racconto la lieta novella che sta dentro tante storie di ogni giorno. Ti racconterò tutte le storie che potrò. Così il nostro sarà un romanzo che non finirà mai, sino a quando io vivrò. La lieta novella manterrà sempre fresco il nostro amore. Perché l’amore ha bisogno di mantenersi fresco.” Non mancano particolari inediti sui giorni successivi alla strage del 19 luglio 1992 “In quei giorni – racconta la signora Agnese nel libro – ero contesa da prefetti, generali e alti esponenti delle istituzioni. Mi invitavano e mi sussurravano tante domande. Ora so perché mi facevano tutte quelle domande. Volevano capire se io sapevo, se mi aveva confidato qualcosa nei giorni che precedettero la sua morte. E allora tante parole di mio marito mi sono apparse chiare, chiarissime.”


Sono arrabbiata, la mancanza di verità e giustizia mi indigna. E ancora di più mi indigna vedere che questo stato di cose venga accettato come fosse normale. Non è un paese normale quello che non ha verità e giustiziaAgnese Borsellino


Dicevi: ‘Siete il nostro futuro, dovete utilizzare i talenti che possedete, non arrendetevi di fronte alle difficoltà’. Sento ancora la tua voce con queste espressioni che trasmettono coraggio, gioia di vivere, ottimismo. Hai posseduto la volontà di dare sempre il meglio di te stesso. Con questi ricordi tutti ti diciamo ‘grazie Paolo’”.

 

IMMAGINI


AUDIO



19.7.1995  «Non speculate su Borsellino»



LA TESTIMONIANZA DI AGNESE BORSELLINO AL PROCESSO PER LA STRAGE DI VIA D’AMELIO

AUDIO 

“Paolo mi disse che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi ed altri a permettere che ciò potesse accadere.” Agnese Borsellino. Estratto da verbale del 18 agosto 2009


 

Piraino Borsellino Agnese -18-08-2009


 


Verbale di sommarie informazioni della signora AGNESE PIRAINO BORSELLINO davanti al Procuratore della Repubblica Sergio Lari e dell’Aggiunto Domenico Gozzi

PROCURA DELLA REPUBBLICA presso il Tribunale di Caltanissetta Direzione Distrettuale Antimafia Verbale di sommarie informazioni di persona informata sui fatti Il giorno 27 gennaio 2010, in Palermo, Via Cilea, avanti il Procuratore della Repubblica di Caltanissetta dott. Sergio Lari ed il Procuratore Aggiunto dott. Domenico Gozzo, è comparsa: Agnese Piraino Borsellino, nata a Misilmeri 7 febbraio 1942, residente in Palermo, Via Cilea 97 Avvertita dell’obbligo di riferire ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentita, dichiara:

A.d.r.: Confermo che il 28 giugno 1992 mio marito, il dott. Paolo Borsellino, si è incontrato sia con la dott.ssa FERRARO che con il ministro ANDÒ tornando da un convegno di Magistratura Indipendente che si era tenuto a Giovinazzo in Puglia.
Il Ministro ANDÒ arrivò dopo il discorso tra Paolo e la dott.ssa FERRARO, e, se ben ricordo, i due non si incontrarono. Ricordo che eravamo insieme a mio marito in occasione di quel viaggio, e che al convegno e per tutto il viaggio siamo stati “superscortati”. Si trattò di una protezione molto stretta, che non era mai stata apprestata in questi termini per la sicurezza di Paolo.
Non ricordo se vi era un appuntamento tra Paolo e la dott.ssa FERRARO. Ricordo che eravamo nella sala V.I.P. dell’aroporto di Fiumicino.
Ricordo ancora che l’aereo per Palermo partì con un’ora di ritardo proprio per la presenza di mio marito e gli accertamenti per la sua sicurezza che si resero necessari.
In ogni caso, mio marito non mi fece partecipare all’incontro con la dott.ssa FERRARO. Anche successivamente, non mi riferì nulla, salvo quanto detto dal Ministro ANDÒ, che – per quello che mi venne riferito da mio marito – disse che era giunta notizia da fonte confidenziale che dovevano fare una strage per ucciderlo, e che ciò sarebbe avvenuto a mezzo di esplosivo.
Mi disse che era stata inviata una nota alla Procura di Palermo al riguardo, e che ANDO’, di fronte alla sorpresa di mio marito, gli chiese: “Come mai non sa niente? “.
In pratica, la nota che riguardava la sicurezza di mio marito era arrivata sul tavolo del Procuratore GIAMMANCO, ma Paolo non lo sapeva. Paolo mi disse, poi, che l’indomani incontrò GIAMMANCO nel suo ufficio, e gli chiese conto di questo fatto.
GIAMMANCO si giustificò dicendo che aveva mandato la lettera alla magistratura competente, e cioè alla Procura di Caltanissetta. Mi ricordo che Paolo perse le staffe, tanto da farsi male ad una delle mani, che – mi disse – battè violentemente sul tavolo del Procuratore.
A d.r. Mio marito, dopo l’incontro alla sala V.I.P, non mi disse nulla che riguardava CIANCIMINO.
Ricordo, invece, che mio marito mi disse testualmente che “c’era un colloquio tra la mafia e parti infedeli dello stato”.  
Ciò mi disse intorno alla metà di giugno del 1992.
In quello stesso periodo mi disse che aveva visto la “mafia in diretta”, parlandomi anche in quel caso di contiguità tra la mafia e pezzi di apparati dello Stato italiano. In quello stesso periodo chiudeva sempre le serrande della stanza da letto di questa casa, temendo di essere visto da Castello Utveggio. Mi diceva:” ci possono vedere a casa”.
A d.r. Paolo mi disse dell’incontro con MORI a Roma presso il R.O.S. In quella occasione so che dopo doveva andare insieme ai carabinieri che incontrò a battezzare il bambino di un giovane magistrato da lui conosciuto, il dott. CAVALIERO.
Devo specificare a questo punto che mio marito non mi diceva tutto perché non voleva mettermi in pericolo.
Confermo che mi disse che il gen. SUBRANNI era “punciuto”.
Mi ricordo che quando me lo disse era sbalordito, ma aggiungo che me lo disse con tono assolutamente certo. Non mi disse chi glielo aveva detto. Mi disse, comunque, che quando glielo avevano detto era stato tanto male da aver avuto conati di vomito.
Per lui, infatti, l’Arma dei Carabinieri era intoccabile.
Spontaneamente aggiunge: Mi è stato detto che CIANCIMINO il 19 luglio era a Roma, e che sturò una bottiglia di champagne per la morte di mio marito. In conseguenza di ciò fu cacciato dall’albergo in cui si trovava.
A d.r. In effetti mio marito mi disse che si era recato al ministero perchè era stato chiamato mentre interrogava MUTOLO.
Per questo motivo – mi disse – non potè verbalizzare la seconda parte dell’interrogatorio.
A d.r. Riguardo all’incontro presso la sala V.I.P. non ricordo se la dott.ssa FERRARO e mio marito si spostarono fuori per fare telefonate, tra cui una telefonata al Procuratore GIAMMANCO. Ricordo invece, così come mi evidenziate, che intervenni durante l’incontro, manifestando il desiderio che mio marito curasse maggiormente la propria sicurezza perché temevo che i miei figli potessero restare orfani.
A.d.r.: Non ho altro da aggiungere nè da modificare.


AGNESE BORSELLINO«Era turbato. Gli facevo tante domande e lui non mi rispondeva. E io dicevo: “Ma perché non mi rispondi?”. “Non vi voglio esporre”, mi ripeteva “e poi non ho tempo da perdere, devo lavorare, devo lavorare…”.
Era turbato, sì, tantissimo. Ricordo che Paolo mi ripeteva sempre: “è una corsa contro il tempo, quella che io faccio. Sto vedendo la mafia in diretta, devo lavorare, devo lavorare tantissimo”».  da “L’Agenda Rossa di Paolo Borsellino”, di Sandra Rizza e Giuseppe Lo Bianco, pag. 177

Quelle confidenze che Paolo Borsellino fece a sua moglie Agnese

 

La difesa di Subranni

Per il resto, tutte le obbiezioni mosse dal Subranni nella sua appassionata autodifesa – e dai suoi difensori nel proposto gravame – si infrangono contro le persuasive argomentazioni spese dal giudice di prime cure nel motivare il giudizio di attendibilità della testimonianza della vedova Borsellino: argomentazioni che questa Corte ritiene di dover sottoscrivere integralmente e per le quali si rimanda alle pagg. 1254- 1257 della sentenza in atti.
Valga solo ribadire che la signor Leto ha offerto una spiegazione plausibile del ritardo con cui ha riferito all’A.G. quell’episodio, così svelando un segreto che aveva custodito per anni, senza fame parola con nessuno, nonostante I’ inesausta passione con cui aveva sempre onorato la memoria del marito, anche attraverso il suo personale impegno a dare il proprio contributo all’accertamento dei fatti nei tanti processi in cui era stata chiamata a deporre e prima ancora, o contestualmente, nelle indagini mai conclusesi per individuare i responsabili della strage di via D’Amelio, inclusi eventuali mandanti occulti.
Ha spiegato in sostanza la vedova Borsellino che temeva di danneggiare l’immagine dell’Arma intera, se avesse reso pubblica quella sconcertante confidenza. E, avendo mutuato da suo marito un rapporto di stima e ammirazione nei confronti dei Carabinieri, che in lui non era venuto meno neppure dopo l’orribile scoperta fatta nei suoi ultimi giorni di vita, aveva sempre ritenuto che essa fosse circoscritta alla persona del Subranni; e tale doveva rimanere, se non voleva fare torto all’Arma e a suo marito.
Non v’era quindi motivo di estendere un inevitabile giudizio di riprovazione nei riguardi dell’ufficiale infedele ai tanti altri ufficiali dell’Arma con cui suo marito aveva lavorato, nutrendo per loro una stima incondizionata, ed essendo legato, ad alcuni di loro, anche da rapporti di amicizia.
Come non v’era ragione di che la signora Piraino Leto provasse imbarazzo nell’incontrare alti ufficiali dell’Arma (ma non il generale Subranni tra loro), come pure è provato che sia avvenuto in più occasioni (come la cena annotata dal generale Mori alla data del 16 febbraio 1993; o gli incontri con il comandante generale dell’Arma, Federici, che sono avvenuti il 13 maggio 1993 e il 28 gennaio 1994, come documentato agli atti del Comando generale; o in tante altre occasioni di incontri con ufficiali dei Carabinieri per cerimonie o eventi pubblici cui però non risulta abbia partecipato anche il generale Subranni). E così si spiega anche la ferma volontà dei familiari del dott. Borsellino, confermata da più fonti, che fossero ufficiali del Ros a presenziare alla perquisizione dell’abitazione del loro congiunto, nell’immediatezza della strage di via D’Amelio.
Mentre resta solo un’astratta congettura, a fronte di un materiale probatorio così aleatorio e improbabile, l’ipotesi adombrata dalla pubblica accusa (peraltro solo nella requisitoria della discussione finale del giudizio di primo grado) che la ritenuta e brusca accelerazione dell’iter attuativo della strage di via D’Amelio possa ricondursi in qualche modo proprio alla sconcertante scoperta fatta dal dott. Borsellino negli ultimi giorni della sua vita su presunte collusioni mafiose del generale Subranni. Basti rammentare, per tacere d’altro, che, se davvero vi fu l’asserita accelerazione, essa rimonterebbe comunque a diversi giorni, anzi a diverse settimane prima del 15 luglio ‘92.

Sentenza della Corte d’Appello 22 ottobre 2022 Domani Blog mafie



La lettera di Agnese a suo marito Paolo Borsellino in occasione del ventesimo anniversario della strage di via d’Amelio (Audio)   

Caro Paolo, da venti lunghi anni hai lasciato questa terra per raggiungere il Regno dei cieli, un periodo in cui ho versato lacrime amare; mentre la bocca sorrideva, il cuore piangeva, senza capire, stupita, smarrita, cercando di sapere. Mi conforta oggi possedere tre preziosi gioielli: Lucia, Manfredi, Fiammetta; simboli di saggezza, purezza, amore, posseggono quell’amore che tu hai saputo spargere attorno a te, caro Paolo, diventando immortale. Hai lasciato una bella eredità, oggi raccolta dai ragazzi di tutta Italia; ho idealmente adottato tanti altri figli, uniti nel tuo ricordo dal nord al sud – non siamo soli. Desidero ricordare: sei stato un padre ed un marito meraviglioso, sei stato un fedele, sì un fedelissimo servitore dello Stato, un modello esemplare di cittadino italiano, resti per noi un grande uomo perché dinnanzi alla morte annunciata hai donato senza proteggerti ed essere protetto il bene più grande, “la vita”, sicuro di redimere con la tua morte chi aveva perduto la dignità di uomo e di scuotere le coscienze. Quanta gente hai convertito!!! Non dimentico: hai chiesto la comunione presso il palazzo di giustizia la vigilia del viaggio verso l’eternità, viaggio intrapreso con celestiale serenità, portando con te gli occhi intrisi di limpidezza, uno sguardo col sorriso da fanciullo che noi non dimenticheremo mai. In questo ventesimo anniversario ti prego di proteggere ed aiutare tutti i giovani sui quali hai sempre riversato tutte le tue speranze e meritevoli di trovare una degna collocazione nel mondo del lavoro. Dicevi: ‘Siete il nostro futuro, dovete utilizzare i talenti che possedete, non arrendetevi di fronte alle difficoltà’. Sento ancora la tua voce con queste espressioni che trasmettono coraggio, gioia di vivere, ottimismo. Hai posseduto la volontà di dare sempre il meglio di te stesso. Con questi ricordi tutti ti diciamo ‘grazie Paolo’”.


La lettera di Vincenzo Scarantino ad Agnese Borsellino e la risposta


Quando Maria, la madre di Paolo Borsellino, sentì l’esplosione, in cuor suo sapeva che quella era la bomba destinata al figlio. Ma si volle convincere che si trattava di una fuga di gas e si affrettò per quattro rampe di scale per andare fuori. Superò i corpi di suo figlio e delle guardie del corpo, ma più tardi disse, al vigile del fuoco che la portò in ospedale, di non averli visti. Non vide nessun segno del massacro.
Lucia, la figlia di Borsellino, che stava studiando a casa di un amico, sentì il boato dell’esplosione a una certa distanza da li. Arrivò presto in via D’Amelio. Un lenzuolo che copriva il corpo di suo padre fu sollevato per permetterle di vederlo; Lucia tenne la sua testa tra le braccia. In seguito, tornò a casa e trovò la forza di dire a sua madre: <>.
A terra, davanti al sedile posteriore c’era la valigetta di pelle di Borsellino: era intatta. All’interno, la polizia trovò le sue chiavi di casa, un pacchetto di sigarette e un costume da bagno bianco ancora umido. Ma non c’era traccia di una grande agenda rilegata in pelle rossa sulla quale scriveva regolarmente e che non aveva mai fatto leggere a nessuno. Sua moglie quel pomeriggio, poco prima di lasciare la casa al mare.
Paolo Borsellino morì a cinquantadue anni, come aveva previsto, proprio come suo padre e suo nonno. (John Follain -I 57 giorni che hanno sconvolto l’Italia-)
 


IL FIGLIO DI AGNESE BORSELLINO  “LEI E PAPÀ CHE COPPIA”  Manfredi è stato raggiunto dalla notizia della morte della madre a Bologna dove si era recato per un problema personale. “Senza la mamma, mio padre non sarebbe stato l’uomo che è stato”  Le aveva detto: “Mamma voglio stare con te”, ma lei aveva deciso che doveva partire e non perdere più tempo. Agnese Borsellino aveva espresso un desiderio e il suo unico figlio maschio lo ha esaudito anche se controvoglia: “Stai tranquillo, ti aspetto”, gli aveva detto. E così tre giorni fa Manfredi ha preso l’aereo per risolvere un problema personale fuori città. Sarebbe tornato oggi pomeriggio, ma non ce l’ha fatta a dare l’ultimPaolo Borsellino e Agnese Piraino Leto/ Il figlio Manfredi: “Papà grande giudice grazie alla mamma”  Paolo Borsellino e Agnese Piraino Leto, una coppia che ha vissuto insieme la lotta alla mafia. Il ricordo del figlio Manfredi: “Senza di lei…”.  Paolo Borsellino e Agnese Piraino Leto hanno formato per anni una coppia bellissima che, insieme, ha condiviso anche la lotta alla mafia. Dopo la morte del marito, ucciso dalla mafia nella strage di via D’Amelio assieme ai cinque agenti della sua scorta il 19 luglio 1992, Agnese Piraino Leto ha portato avanti, seppur in modo diverso, la lotta alla mafia cominciata dal marito. Una donna forte, dolce e sempre presente nella vita del magistrato che, per tutta la sua vita sia privata che professionale. Dalla loro unione sono nati tre figli: Lucia, Manfredi e Fiammetta che, in modo diverso, portano avanti quelli che sono stati gli insegnamenti dei genitori. Molto riservata, la signora Borsellino ha dedicato la sua vita alla famiglia accompagnando, però, il marito nelle cerimonie ufficiali e incoraggiandolo nelle sue scelte, anche quando sapeva che avrebbero potuto metterlo in pericolo. Il giorno della morte di Paolo Borsellino avrebbe voluto accompagnare il marito che, tuttavia, decide di lasciarla a casa come era solita raccontare lei stessa: “Quando gli ho detto: ‘Vengo con te’. E lui ‘No, io ho fretta’. Io: ‘Non devo chiudere nemmeno la casa, chiudo il cancello e vengo con te’. Lui continuava a darmi le spalle e a camminare verso l’uscita del viale, allora ho detto: ‘Con questa borsa che porti sempre con te sembri Giovanni Falcone’”. 


Carissimi giovani, mi rivolgo a voi come ai soli in grado di raccogliere davvero il messaggio che mio marito ha lasciato, un`eredità che oggi, malgrado le terribili verità che stanno mano a mano affiorando sulla morte di mio marito, hanno raccolto i miei tre figli, di cui non posso che andare orgogliosa soprattutto perché servono quello stesso Stato che non pare avere avuto la sola colpa di non avere fatto tutto quanto era in suo potere per impedire la morte del padre.
Leggendo con i miei figli (qui in ospedale dove purtroppo affronto una malattia incurabile con la dignità che la moglie di un grande uomo deve sempre avere) le notizie che si susseguono sui giornali, dopo alcuni momenti di sconforto ho continuato e continuerò a credere e rispettare le istituzioni di questo Paese, perché mi rendo conto che abbiamo il dovere di rispettarle e servirle come mio marito sino all`ultimo ci ha insegnato, non indietreggiando nemmeno un passo di fronte anche al solo sospetto di essere stato tradito da chi invece avrebbe dovuto fare quadrato attorno a lui.
Io e i miei figli non ci sentiamo persone speciali, non lo saremo mai, piuttosto siamo piccolissimi dinanzi la figura di un uomo che non è voluto sfuggire alla sua condanna a morte, che ha donato davvero consapevolmente il dono più grande che Dio ci ha dato, la vita.
Io non perdo la speranza in una società più giusta ed onesta, sono anzi convinta che sarete capaci di rinnovare l’attuale classe dirigente e costruire una nuova Italia, l’Italia del domani.
Un caloroso abbraccio a voi tutti
Agnese Borsellino

 
 

AGESE BORSELLINO dall’archivio

 

IL RICORDO DI NINO GROSSO  procuratore aggiunto di Caltanisetta