ARISTIDE GUNNELLA

 

 

ARISTIDE  GUNNELLA   (Mazara del Vallo, 18 marzo 1931) è un dirigente d’azienda e politico italiano, Ministro per gli affari regionali dal 1987 al 1988.Nato a Mazara del Vallo, vive a Palermo Si è laureato in giurisprudenza e di professione fa il dirigente industriale. Viene eletto per la prima volta deputato nel 1969 con il PRI. Sarà rieletto nelle cinque successive legislature. È stato segretario regionale del partito repubblicano in Sicilia.

 

E SU GUNNELLA S’ INDAGA PER MAFIA. MARSALA – L’ ipotesi di reato è quella di associazione a delinquere di stampo mafioso, la richiesta di autorizzazione a procedere è partita dalla procura di Marsala. Si indaga sull’ onorevole Aristide Gunnella, l’ ex “padre padrone” del Pri siciliano. Le rivelazioni del pentito Rosario Spatola su “mafia e politica” portano altri guai all’ ex ministro, chiacchierato protagonista sulla scena di Palermo da almeno vent’ anni. Il procuratore Paolo Borsellino ha concluso ieri la prima parte della sua delicatissima inchiesta con tre proposte di archiviazione e un colpo di scena. Il caso è praticamente chiuso per il senatore Pietro Pizzo, per l’ ex presidente della Regione Rino Nicolosi, per l’ attuale vicepresidente del parlamento siciliano Nicolò Nicolosi. Indagini apertissime invece per Aristide Gunnella, accusato ancora una volta dal pentito di essere un uomo d’ onore. L’ inchiesta giudiziaria per l’ ex leader del Pri è arrivata ad una svolta decisiva. Il procuratore Borsellino ha inviato un fascicolo al giudice per le indagini preliminari e un altro al ministero di Grazia e giustizia, la richiesta di autorizzazione a procedere da “girare” alla Camera. Dopo 30 giorni di investigazioni il magistrato ha scelto questa strada “per svolgere nuovi accertamenti”. La vera indagine sui presunti rapporti tra Gunnella e i mafiosi comincia adesso. Il procuratore di Marsala ha chiesto alla Criminalpol e al Raggruppamento Speciale dei carabinieri “tutto ciò che risulta a carico” del deputato. Schede, informative, rapporti riservati. Poi ha acquisito gli atti di 3 processi. Il primo riguarda la “cantata” del pentito Antonino Calderone. Anche lui parlò dell’ ex ministro a proposito dei suoi legami con il boss Giuseppe Di Cristina, rapporti sempre negati da Gunnella, fatti in ogni caso mai approfonditi da nessun magistrato. Il secondo processo è quello istruito 3 mesi fa a Catania, lo scandalo dei voti comprati e venduti alle ultime regionali. Un blitz portò in carcere una decina di mafiosi e Alfio Pulvirenti, l’ ex capogruppo del Pri all’ Assemblea. Sui fili del telefono anche il nome di Gunnella: “Sta venendo Aristide con i cento…”… “Debbo andare da Aristide che mi deve dare un sacco di soldi…”. L’ onorevole Gunnella ha negato ogni responsabilità anche in questa occasione ma i magistrati di Catania, dopo averlo ascoltato come testimone, hanno inoltrato una richiesta di autorizzazione a procedere. Il terzo processo che il procuratore Borsellino vuole sulla sua scrivania è un procedimento per omicidio. La vittima si chiama Giuseppe Ferro, un mafioso di Alcamo ucciso nel 1983 a Mazara del Vallo, la città dell’ onorevole, la sua ultima roccaforte. Il pentito Spatola avrebbe raccontato che l’ ex ministro e il mafioso si conoscevano. Le indagini che continuano su Aristide Gunnella sono l’ effetto dell’ ultimo interrogatorio di Rosario Spatola. Un anno dopo le prime rivelazioni al sostituto Taurisano, il pentito ha precisato meglio le sue dichiarazioni a Borsellino. Innanzitutto ha chiarito di “non avere appreso da terzi” che Gunnella era uomo d’ onore ammettendo di conoscere lui stesso, da tempo, l’ appartenenza del parlamentare a Cosa Nostra. Poi ha ricostruito un incontro tra l’ ex ministro e il boss di Campobello Natale L’ Ala. Una conferma dell’ episodio è arrivata anche da Giacoma Filippello, l’ altra pentita di Marsala, la vedova di Natale L’ Ala. Questo è l’ unico punto di coincidenza nelle rivelazioni dei due collaboratori della giustizia. Una valanga di accuse contro Aristide Gunnella che il procuratore deve controllare una per una. E ha bisogno di tempo per indagare, più dei 30 giorni concessi dal nuovo codice per le inchieste sui parlamentari. E così è stato per l’ esame delle posizioni del senatore socialista Pizzo e dei due Nicolosi della Dc, Rino e Nicolò. Per il senatore socialista le indagini “hanno dato esito negativo”. Per Rino Nicolosi era già stato abbondantemente chiarito che di omonimia si trattava. Per Nicolò Nicolosi il procuratore Borsellino non ha trovato nulla di “penalmente rilevante” nei suoi “giri” elettorali a Campobello. Dopo l’ archiviazione di Sciacca (con il ministro Mannino uscito per sempre dall’ inchiesta), dopo le tre archiviazioni di Marsala, restano in bilico solo altre due indagini. Quella di Agrigento sul deputato socialista Giuseppe Reina e quella di Trapani sull’ ex assessore regionale dc Francesco Canino. I magistrati di quelle procure chiuderanno queste altre due “pratiche” nei primi giorni della prossima settimana.  ATTILIO BOLZONI LA REPUBBLICA 20.10.1991

GUNNELLA, UOMO D’ ONORE?  Il partito repubblicano non si strappa le vesti per difendere Aristide Gunnella, ministro per gli Affari regionali e ras del partito in Sicilia che il leader di Dp Mario Capanna ha additato in Parlamento come il terminale nel governo di oscuri interessi politico-mafiosi. Investito dal ciclone delle accuse e delle polemiche, il partito che ha fatto della questione morale una bandiera non nasconde un certo imbarazzo: in un comunicato emesso dalla segreteria, il vertice repubblicano si rimette al giudizio della magistratura, attivata dalla querela presentata tempo fa da Gunnella contro Capanna. Nel frattempo, il Pri ricorda che sulla situazione del partito in Sicilia è in corso un’ inchiesta affidata a tre saggi, e che l’ inchiesta sarà accelerata. Una difesa d’ ufficio, dunque, un atto quasi dovuto, avaro di solidarietà. Noi non siamo come gli altri partiti spiega il segretario, Giorgio La Malfa che difendono i loro uomini fino a quando non si trovano davanti al plotone di esecuzione. Per questo ieri alla Camera parecchi davano Gunnella come un ministro in difficoltà. Il congresso di Genova Il disagio tra i dirigenti repubblicani era palpabile a Montecitorio. Autorevoli esponenti del partito solitamente ben disposti verso i cronisti preferivano tacere. Giorgio La Malfa è apparso teso, quasi infastidito da qualcosa che non è un semplice incidente di percorso e che costringe il partito a distrarsi dalle vicende della crisi. Innescata nella seduta parlamentare di giovedì scorso, alimentata dalla faida strisciante da tempo in corso tra i notabili siciliani, la bomba Gunnella è esplosa ieri mattina quando sono rimbalzate a Roma le notizie provenienti da Palermo sull’ autodissoluzione del gruppo repubblicano all’ assemblea regionale. Divisi in gunnelliani e antigunnelliani i quattro consiglieri regionali si sono dati battaglia senza esclusione di colpi: i primi rivendicando una leadership che dura da vent’ anni; gli altri contestandola, in nome di un potere ancora in via di consolidamento ma per certi versi non meno chiacchierato. Le accuse di Capanna hanno finito con il moltiplicare la tensione interna. Alla memoria di molti sono tornati i fatti del ‘ 75, del congresso di Genova, quando Ugo La Malfa, in nome di un antico legame personale e di una imprecisata manovra antirepubblicana, si era opposto alla proposta di espellere Gunnella avanzata dai probiviri del partito. E il congresso si era diviso. Una parte delle accuse di Capanna ricalcano i fatti che furono oggetto di quello scontro congressuale: la vicenda, cioè, di Peppe Di Cristina, il boss di Riesi, in provincia di Caltanissetta, sposato alla figlia del segretario della sezione comunista del paese che, forse raccomandato dal suocero, viene assunto all’ Ente minerario siciliano, quando, come asserisce Capanna, Gunnella faceva parte del consiglio di amministrazione e un altro repubblicano, il senatore Mazzei, era commissario provinciale del partito. Quella di Di Cristina è una delle vicende-campione di certa realtà siciliana a cavallo dei Settanta. Il padre, vecchio patriarca del paese, fu ricordato alla morte con un santino (immaginetta sacra più filastrocca listata a lutto) in cui più o meno si diceva che la mafia sua non fu violenza ma bontà d’ animo…. Al matrimonio di Peppe andò il fior fiore della Dc siciliana compreso l’ allora segretario regionale, senatore Graziano Verzotto, poi destinato a diventare presidente dell’ Ems e qualche ministro. Incriminato per l’ omicidio dell’ albergatore Candido Ciuni, assassinato mentre si trovava ricoverato in ospedale, Di Cristina fu per molti anni considerato una vera potenza. E’ stato ucciso nel pieno della recente guerra di mafia, mentre, a quanto pare, si accingeva a rivelare ai carabinieri i segreti delle cosche vincenti. Intercettazione telefonica Ma Capanna è andato ben oltre la vicenda Ems-Di Cristina, accusando Gunnella di aver assunto collaboratori poco raccomandabili e di aver aperto la porta del Pri ai consensi elettorali della mafia. Lo stesso La Malfa padre, secondo la ricostruzione del leader demoproletario (tratta da un’ inchiesta giornalistica condotta da Diego Novelli per l’ Unità), spinse Gunnella a dimettersi dalla carica di segretario provinciale. Capanna ha citato inoltre l’ intercettazione telefonica tra due imputati nel tentativo di corruzione del sostituto procuratore di Trapani, Costa, in cui si fa continuo riferimento ad Aristide per portare a buon fine un grosso affare. Ed ha menzionato, infine, il caso dell’ ex ragioniere generale del Comune di Palermo, Armando Celone, inquisito recentemente nello scandalo dei quattro sindaci rinviati a giudizio, e finito, lui democristiano, alla segreteria del ministro repubblicano per gli Affari regionali. A tutto questo Gunnella in quella stessa seduta di giovedì 18 ha opposto le sue verità. A cominciare dal boom di voti repubblicani avutosi a Riesi dopo un lungo periodo di magra. Furono il risultato, ha sostenuto Gunnella, dell’ impegno dei minatori che avevano combattuto grandi battaglie. Quanto poi ai collaboratori inaffidabili o sospetti, il ministro ha dichiarato di averne cacciati un paio, compreso quel Giusto che è stato presentato come suo segretario particolare. La motivazione dei probiviri fu giudicata da Ugo La Malfa da strapazzo. Fra le intercettazioni di Trapani ve ne sarebbe un’ altra nella quale due persone si raccontano che Gunnella non li aveva ricevuti ma cacciati e con lui non c’ era niente da fare. Tutto questo, a giudizio di Gunnella, legittima l’ accusa da lui mossa a Capanna di essere un uomo privo di onore politico e pertanto non meritevole di essere sfidato in un giurì d’ onore, ma soltanto di comparire in tribunale, imputato di diffamazione. Ma la linea adottata da Gunnella ha dato, in alcuni settori del suo partito, l’ impressione di una difesa efficace solo dal punto di vista dialettico, non altrettanto sul piano dei comportamenti. E ancora ieri alla Camera c’ era chi si chiedeva perché mai Gunnella non voglia accettare il giurì. Di più: le accuse di Capanna, oltre a riproporre storie mai definitivamente chiarite, sono venute a cadere in un momento di forte scontro interno. Dopo le elezioni di giugno, e nonostante le assicuraioni di Gunnella (il partito è saldo) il Pri siciliano ha datto più volte l’ impressione di essere profondamente diviso e non immune dagli scandali, come ha dimostrato l’ arresto dell’ ex assessore Platania, che milita nella fazione antigunnelliana, coinvolto nell’ inchiesta sulla Usl di Catania. Precipitosa ritirata E’ anche per questo che nel dicembre scorso Giorgio La Malfa ha deciso di nominare una commissione presieduta da Oddo Biasini e composta da Giorgio Medri e da Andrea di Segni, il legale del partito, con il compito di fare chiarezza sulle zone d’ ombra che si riscontrano nella macchina del partito, nei suoi rapporti con i poteri e con la pubblica amministrazione, non solo in Sicilia, ma a partire dalla Sicilia. E quest’ impegno ha riconfermato la segreteria repubblicana riunita di gran carriera ieri mattina, con quel documento in cui si polemizza con Capanna richiamandosi a una precedente risposta. Mentre per quanto riguarda l’ onorevole Gunnella, questi si legge ha querelato l’ onorevole Capanna per le affermazioni da lui fatte e le accuse da lui mosse. La questione è davanti alla magistratura ed è quella la sede nella quale l’ onorevole Capanna dovrà rispondere delle sue affermazioni. Infine, quasi come un’ orgogliosa rivendicazione di autonomia, il documento ricorda l’ esistenza della commissione d’ indagine e precisa che la segreteria nazionale ha chiesto alla commissione di svolgere sollecitamente il proprio compito. Sulla base delle conclusioni della commissione, la Direzione nazionale valuterà quali provvedimenti siano necessari. Un documento che Capanna ha interpretato come una precipitosa ritirata.  di ALBERTO STABILE 24 febbraio 1988 LA REPUBBLICA