VIA D’AMELIO e il DEPISTAGGIO – Fiammetta Borsellino all’attacco: “Indagini fatte male, archiviazione sui pm prematura”

 

VIDEO Tratti dall’intervento della dottoressa Borsellino in collegamento con l’Università degli Studi di Messina


L’INTERVENTO AL SEMINARIO DELL’UNIVERSITÀ DI MESSINA

Depistaggio Borsellino, Fiammetta all’attacco: “Indagini fatte male, archiviazione sui pm prematura”

Indagini fatte male, 20 anni di processi sbagliati, un barlume di luce è arrivata solo con la sentenza del Borsellino quater. Ma quello non è un punto di arrivo, solo un punto di partenza. Oggi c’è un’indagine a Caltanissetta con imputati tre poliziotti. Mentre a Messina di recente hanno archiviato le indagini sui pm dell’epoca (Annamaria  Palma e Carmelo Petralia, ndr). Noi, come famiglia Borsellino, abbiamo fatto ricorso contro questa prematura archiviazione fatta dalla Procura di Messina”.

È il duro affondo di Fiammetta Borsellino, la figlia del giudice Paolo Borsellino ucciso il 19 luglio 1992 in via D’Amelio. Dopo 28 anni oggi sappiamo con certezza che ci fu un “colossale depistaggio” nelle indagini, tanto che le sentenze lo hanno definito come “uno dei più grandi depistaggi della storia giudiziaria italiana”.

Fiammetta, che da anni si batte tenacemente a divulgare i contenuti e il messaggio del padre con impegno civile ed etico e con accento educativo e didattico, è intervenuta  oggi in videoconferenza al dibattito “Eroi . Costruttori di bellezza”, organizzato dall’Università di Messina. 

Anche il magistrato Maurizio De Lucia (Procuratore della Repubblica di Messina) ha partecipato al dibattito online. «Molte cose si dovevano fare meglio. Ci sono stati degli errori imperdonabili dello Stato – ha detto De Lucia – la magistratura, me compreso, non è riuscita nella migliore delle ipotesi a superare la grande macchia, il grande vuoto che c’è nella ricostruzione storica di ciò che è avvenuto nella strage di via D’Amelio. L’ufficio che dirigo ha dovuto svolgere le indagini sul depistaggio: è stato un impegno umano molto difficile.

E il fatto che noi non si sia riusciti ad andare oltre alla ricostruzione degli eventi senza individuare i responsabili di quel depistaggio, per me personalmente è una di quelle sconfitte che non potranno mai essere riparate. Alcuni dei protagonisti di quelle vicende non ci sono più e ciò rende oggettivamente più difficile la ricerca della verità. Rimane per me un tormento scoprire i veri responsabili di quel depistaggio: è un buco nero che con gli strumenti del Diritto noi non riusciamo a colmare. E questo è fonte di angoscia personale e istituzionale», ha concluso De Lucia.

ANDARE OLTRE LA MAFIA  Fiammetta Borsellino è un fiume in piena: «Rispetto la magistratura, non entro nel merito processuale, ma faremo ricorso alla decisione di Messina», ribadisce. «Rimane e rimarrà una ferita aperta – ha aggiunto Fiammetta – visto che è passato troppo tempo; le prove si sgretolano e via via muoiono anche alcune persone coinvolte. Quando si cerca di arrivare a livelli oltre la mano armata mafiosa, le indagini purtroppo subiscono questi arresti».

“MIO PADRE NON ERA UN EXTRATERRESTRE”  «Mio padre non era un extraterrestre, era un una persona normale. È troppo facile parlare oggi di eroi, perché l’eroe è qualcosa di irraggiungibile, di inarrivabile; mentre mio padre era una persona semplice, normale, che ha combattuto la criminalità organizzata semplicemente facendo il proprio dovere», ha sottolineato Fiammetta Borsellino. «Chiunque, nel proprio piccolo, può far pratica facendo Antimafia quotidiana. Bisogna dare l’esempio ai giovani, ai ragazzi, per far conoscere loro “il fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale”. Senza fare Antimafia di facciata, che va smascherata. Come diceva mio padre, il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare. Questa è stata sempre per noi l’unica strada possibile».

L’AFFONDO CONTRO SILVANA SAGUTO  «Qualcuno dopo 30 anni ci ha definito come “dei cretini che continuano a piangere la morte dei nostri familiari”. Mi riferisco alle recenti dichiarazioni dell’ex magistrato Saguto. Sono ferite ancora aperte. Stiamo pagando un prezzo altissimo, soprattutto mia sorella Lucia per il suo stato di salute personale».

PRETENDIAMO VERITÀ E GIUSTIZIA  «Fare memoria non significa fare il ricordo dell’uomo Paolo e basta. Occorre “far proprio” il patrimonio morale e comportamentale che ci hanno lasciato questi uomini. Non c’è memoria se non c’è giustizia. E l’unico modo per onorarli è la ricerca della verità. Noi come famiglia Borsellino pretendevamo e pretendiamo impegno dalla magistratura e dalle forze inquirenti per capire perché sia avvenuta una strage di questo tipo. Mio padre era un morto che camminava e ci sono responsabilità da accertare già su quei 57 giorni tra Capaci e via D’Amelio. Al discorso alla Biblioteca comunale si diede quasi la zappa sui piedi, dicendo di voler esser sentito dalla procura di Caltanissetta. Cosa che non avvenne mai». 


Mafia, Fiammetta Borsellino: “Non c’e’ memoria senza giustizia” Paolo Borsellino, nella dimensione piu’ familiare di uomo, padre e marito; il carattere ma anche l’eredita’ che ha lasciato come magistrato impegnato nella lotta alla mafia. E’ quanto emerso dall’evento in webinar “Paolo Borsellino, il magistrato e l’uomo” organizzato dall’universita’ di Messina nell’ambito della rassegna 100 Sicilie 2019-2020 “Eroi costruttori di bellezza”.

A raccontare Borsellino sono state persone che ne hanno vissuto il carattere da vicino come la figlia Fiammetta Borsellino, da anni impegnata a divulgare il messaggio del padre. Ha ricordato l’ironia di suo papa’, la salda fiducia nelle istituzioni, l’ottimismo, il senso del prendersi cura degli altri ma anche una dimensione piu’ privata come i giri con una piccola barca nel mare di Villagrazia di Carini.

Fiammetta Borsellino ha evidenziato che fare memoria significa “far proprio il patrimonio morale e comportamentale che ci hanno lasciato questi uomini: non c’e’ memoria se non c’e’ giustizia l’unico modo per onorare questi uomini e’ la ricerca della verita’. Come famiglia pretendevano e pretendiamo che lo stesso impegno doveva essere messo dalla magistratura per capire il perche’ possa essere avvenuta una strage di questo tipo”.

La figlia del magistrato ha ricordato la sentenza del processo “Borsellino quater” “che ha sancito l’esistenza di un depistaggio”. Non entra nel merito della vicenda giudiziaria in corso, ma dice: “Per noi resta una ferita aperta”. Un’altra persona che da giovane magistrato ha conosciuto Paolo Borsellino e’ il procuratore capo di Messina Maurizio De Lucia. Ha ricordato che durante una lezione Borsellino non parlo’ di Diritto ma li esorto’ a non chiedere e non accettare mai favori, e questa e’ diventata “una regola di vita”.

Dopo molti anni, il suo ufficio si e’ trovato ad indagare su una parte d’inchiesta sul depistaggio, che si e’ conclusa con una richiesta di archiviazione: “E’ stato un impegno molto difficile sul piano umano- ha detto – il fatto che non siamo riusciti ad andare oltre una ricostruzione degli eventi senza individuare i responsabili di quel depistaggio per me e’ una di quelle sconfitte che non potranno mai essere riparate”. Ha pero’ auspicato che l’analisi degli storici potra’ aiutare a capire cosa e’ accaduto in quegli anni. L’invito a cercare la verita’ rileggendo le carte delle inchieste e dei processi e’ arrivato anche da Salvo Palazzolo, giornalista di Repubblica, autore del libro scritto a quattro mani con Agnese Borsellino: “Ti raccontero’ tutte le storie che potro’”.

L’incontro, moderato da Milena Romeo, direttore della rassegna e’ stato aperto dal rettore dell’Universita’ di Messina Salvatore Cuzzocrea. E’ intervenuto anche il professore Luigi Chiara, direttore del Centro studi sulle mafia dell’Universita’. E’ toccato, infine, a Lino Morgante, presidente del Gruppo editoriale Ses Gazzetta del Sud e Giornale di Sicilia, ricordare che “non ci puo’ essere sviluppo del Sud se non si comincia la lotta ai fenomeni criminali a partire dalle scuole”.


Depistaggio Via D’Amelio – Fiammetta Borsellino: Per noi questa rimane e rimarrà una ferita apertaPaolo Borsellino non era soltanto il magistrato. Non era soltanto l’uomo che con coraggio affrontò fino all’estremo sacrificio il suo cammino. A raccontare l’uomo – descritto nel libro del giornalista Salvo Palazzolo – è la figlia Fiammetta.

Sono trascorsi quasi trent’anni dalla strage di Via D’Amelio. Un tempo lunghissimo che spesso riteniamo sia sufficiente a lenire il dolore di qualunque ferita. A dirci che non è così, sono lo sguardo e le parole di Fiammetta Borsellino, che seppur nascoste dietro il suo sorriso, lasciano trasparire un dolore sordo che nulla potrà mai sopire.

L’amore di una figlia verso il padre, a tal punto da pensare – a soli cinque anni, uscendo da casa e temendo una scarica di proiettili – di potersi mettere dinanzi al suo papà e fargli da scudo con il suo corpicino.

Il ricordo di mille attimi. Il ricordo di una famiglia unita e dei mille aneddoti di quella vita terminata troppo presto e in maniera tanto brutale. Al ricordo e al dolore si aggiunge la delusione e la rabbia per “un’attività orientata non alla verità ma all’allontanamento dalla verità”: Il depistaggio!

È Fiammetta Borsellino che parla del problema che esiste nel momento in cui si celebra un processo, e uomini delle istituzioni chiamati a deporre fanno scena muta o dicono di non ricordare il loro operato relativo a quello che definisce uno dei processi più importanti della storia giudiziaria di questo Paese. Scene alle quali ha personalmente assistito, con magistrati e poliziotti che chiamati a testimoniare dicevano ripetutamente di non ricordare.

La figlia di Paolo Borsellino ricorda l’interessamento del padre al dossier mafia-appalti, che portò alla strage nella quale perirono il giudice e gli uomini della sua scorta. Ricorda come proprio suo padre chiedesse a gran voce l’assegnazione di quelle indagini, tanto da convocare, poco prima che morisse, una riunione in Procura di cui ci sono pure le disposizioni, chiedendo conto e ragioni in merito alla conduzione di quelle indagini. Eppure, per tanti anni, il dossier mafia-appalti è rimasto l’argomento da non toccare.

Si chiede dunque perché ci sono magistrati che continuano a negare l’interessamento del Giudice Borsellino al dossier-mafia appalti, quando era risaputo il suo interesse a quell’inchiesta.

Il riferimento è al rapporto del Ros, stilato il 16 febbraio 1991 – inviato a Giovanni Falcone e ai Sostituti Guido Lo Forte e Giuseppe Pignatone  – relativo alle indagini che vedevano “Cosa Nostra” fare il salto di qualità, passando da organizzazione parassita che viveva del “pizzo” pagato dalle ditte, all’acquisizione delle stesse o al loro controllo. Quell’indagine voluta da Giovanni Falcone, e alla sua morte da Paolo Borsellino, che individuava proprio nell’inchiesta condotta da Mori e De Donno la causa della strage di Capaci. Una pista investigativa – quella degli appalti – che aveva già suscitato l’interesse anche di altri magistrati dei quali scriveremo successivamente.

Eppure, “continuano ad esserci magistrati tipo Scarpinato, il quale dice che mio padre non era interessato a un dossier che probabilmente è stato la causa pure della sua morte” – afferma Fiammetta Borsellino.

Non usa mezze parole nel ricordare come suo padre dicesse sempre che “politica, istituzioni e mafia, sono poteri che agiscono sul controllo dello stesso territorio, per cui o si fanno la guerra o si mettono d’accordo. Quando si mettono d’accordo la lotta nei confronti della mafia è debole. La lotta nei confronti della mafia è debole nel momento in cui c’è un procuratore Giammanco, che era il procuratore all’epoca che arrivano le informative dei Ros sull’arrivo del tritolo a Palermo e non informa mio padre. Allora lì si muore! Si muore perché si è completamente soli!”

 Alternando il ricordo di Paolo Borsellino uomo, padre e magistrato, offre a chi la ascolta un insegnamento che è l’eredità morale lasciatale dal padre:

“Questo non vuol dire che non bisogna avere fiducia nelle istituzioni. Questo è il più grande errore che si possa compiere. Mio padre era un uomo delle istituzioni. Ha creduto nelle istituzioni fino alla fine. Ha creduto fino alla fine nell’idea di una magistratura sana e onesta, fino all’estremo sacrificio della propria vita, e oggi non avere fiducia nelle istituzioni, sarebbe come disattendere la principale eredità morale che ci ha lasciato”.

Non trascura però l’aspetto che ha riguardato i tanti anni di processi che non hanno portato alla verità sulle stragi, che l’hanno allontanata grazie ai depistaggi, chiedendosi come ci possano essere magistrati, oggi assolti dalle procure, che hanno ritenuto di omettere di chiamare testi prima che morissero o gli venisse l’Alzheimer. “Bisognava chiedere i testimoni al tempo giusto. Bisognava acquisirli ai processi – continua Fiammetta Borsellino – Mentre tutto questo non è stato fatto. Oggi i magistrati che non l’hanno fatto sono i magistrati più scortati. Sono i magistrati che presentano libri nei teatri, sui processi che fanno, ancora non finiti. Cosa che mio padre non avrebbe mai fatto”.

Anni di indagini e processi  fatti male, fino ad arrivare al Borsellino Qater che ha sancito il depistaggio dal quale si doveva ripartire per arrivare finalmente alla verità. Quel depistaggio che vede a Caltanissetta inquisiti i poliziotti che gestirono il falso pentito Vincenzo Scarantino, mentre per i magistrati titolari di quelle indagini, indagati dalla Procura di Messina, è stata disposta l’archiviazione.

La figlia di Paolo Borsellino non entra nel merito del processo per rispetto delle istituzioni. Quel rispetto che costituisce la vera eredità morale che il Giudice ha lasciato ai suoi figli. Ma, com’è giusto che sia, puntualizza che la famiglia Borsellino ha fatto ricorso contro quell’archiviazione nei confronti dei magistrati titolari di quello che definisce uno dei più colossali errori giudiziari della storia di questo Paese.

La voce di Fiammetta è limpida, sul suo volto un sorriso con il quale cerca di celare quel turbinio di emozioni che deve sconvolgerla dentro mentre alterna il ricordo del padre, dell’uomo, del magistrato.

“Io sono qui per rivolgermi principalmente ai giovani, perché è l’unica cosa che mi spinge a fare questi interventi dove metto in moto tanta emotività… nonostante ci sia stato qualcuno che dopo 30 anni ci considera dei cretini a piangere i nostri familiari”. Parla delle affermazioni dell’ex magistrato Silvana Saguto, della quale fa il nome, ricordando che quella loro è una ferita ancora aperta.

“Mio padre ha portato con sé tutta la sua famiglia non ci siamo mai tirati indietro Per noi è stata l’unica strada possibile. Abbiamo pagato il prezzo di questo e stiamo continuando a pagarlo, soprattutto mia sorella Lucia in termini di salute”.

Una ferita profonda e quanto mai attuale. Non aggiunge null’altro. Il dolore non ha bisogno spiegazioni e quello della Dottoressa Fiammetta è un dispiacere al quale mi associo augurando alla sorella la più pronta guarigione.

Di recente, un falso pentito noto alle cronache di questo giornale – del quale non val la pena neppure di citare il nome per non sporcare le emozioni – non ha esitato ad accanirsi contro l’Avvocato Fabio Trizzino, difensore dei Borsellino e marito di Lucia Borsellino, sol perché, avendo tentato di condizionare il processo che ha visto condannato a Caltanissetta Matteo Messina Denaro  per le stragi del ’92, gli è stato impedito, evitando l’ennesimo tentativo di depistaggio.

Ascolto ancora le parole, la voce di Fiammetta Borsellino, quell’urlo sommesso di chi cerca soltanto la verità. Quella voce che ti entra dentro come una lama. Guardo quel sorriso che è un urlo di dolore che ti prende avvolge. Quel dolore che non ha fine. Soltanto la verità potrebbe contribuire a lenirlo un po’. Ma tutti vogliono la verità? Gian J. Morici 11 Dicembre 2020 | LA VALLE DEI TEMPLI


All’Università il Webinar dedicato a Borsellino, la figlia Fiammetta: “era un uomo comune innamorato della Sicilia”. Il giudice Paolo Borsellino al centro del webinar  trasmesso in diretta streaming sulla pagina Facebook dell’Ateneo di Messina – nell’ambito del ciclo di eventi della Rassegna 100sicilie 2019-2020 “Eroi. Costruttori di bellezza sul tema della legalità e bellezza. 

Nel corso dell’iniziativa, un tassello dopo l’altro, è emerso il desiderio di tramandare giustizia e verità, assieme anche alla storia “vista da vicino” di Paolo, raccontata attraverso la testimonianza della figlia del magistrato, Fiammetta Borsellino, che da anni si adopera tenacemente, con impegno etico e civile, per divulgare i contenuti ed il messaggio del padre rivolto alle generazioni future.

Una storia, intrisa di sentimenti, di famiglia e della miriade di sfaccettature di una dimensione personale che ha attratto su di sé i riflessi di un lavoro arduo ed impegnativo, condotto con estrema dedizione.

L’incontro, coordinato dalla giornalista Milena Romeo, Direttore della Rassegna 100Sicilie, è stato inaugurato dagli interventi del Rettore, prof. Salvatore Cuzzocrea, e del Procuratore della Repubblica di Messina, dott. Maurizio De Lucia.

Preziosi contributi e spunti di riflessione sono stati forniti dal prof. Luigi Chiara, Prorettore agli Affari Generali e Direttore del Centro studi sulle mafie dell’Università peloritana, dal giornalista e saggista Salvo Palazzolo, redattore di cronaca giudiziaria per la Repubblica, autore del libro biografico scritto a quattro mani con Agnese Borsellino, “ Ti racconterò tutte le storie che potrò” – Feltrinelli, e dal dott. Lino Morgante, Presidente Gruppo editoriale SES – Gazzetta del sud e Giornale di Sicilia.

“Ringrazio gli organizzatori dell’iniziativa – ha commentato il Rettore – ed, in particolare, rivolgo un caloroso saluto a Fiammetta Borsellino e Salvo Palazzolo. Eventi come questo contribuiscono a portare avanti la cultura dell’Antimafia e consentono agli Atenei di porsi al fianco delle istituzioni in questo cammino. La mia generazione ricorda benissimo l’intervista di Lamberto Sposini in cui ha potuto cogliere la parte empatica, umana e paterna di Paolo Borsellino. Da giovani ci siamo immedesimati nel sentimento della sua famiglia e l’emozione è stata tale e quale al desiderio di liberarsi dalla mafia. E’ importante trasmettere agli studenti di oggi i giusti valori”.

“Rivolgo il mio grazie all’Università di Messina – ha detto il dott. De Lucia – per aver aderito a questa iniziativa che fa parte di un percorso comune che unisce Università e Istituzioni giudiziarie in un processo di sviluppo della cultura della legalità. I sacrifici del 1992 segnano una svolta nel contrasto dello Stato di Diritto a Cosa Nostra. Diverse cose sono state fatte, ma altre non sono state condotte nel modo corretto e rappresentano una macchia con la quale bisogna fare i conti. Seppur per poco, ho conosciuto Paolo; per me come per altri colleghi rappresentava un campione della prima squadra ammirato dai pulcini ai primi calci. Ricordo una sua lezione in cui non parlò di Diritto, ma ci esortò a non chiedere e non accettare mai favori perché altrimenti, prima o poi, avrebbero preteso il conto. La Magistratura non è riuscita a superare il vuoto della ricostruzione storica di via D’Amelio e, pensando anche a questo episodio, credo che si tratti di una enorme sconfitta che, per me, rappresenta un grande tormento”.

Quella odierna – ha aggiunto il prof. Chiara – è una iniziativa che vuole indagare il profilo umano di Borsellino e rappresenta un’altra possibilità per la gioventù che trovo molto consapevole di quanto sia avvenuto a quel tempo. Questo è molto importante perché i cittadini devono avere nei giovani i veri protagonisti della lotta alla mafia, per poter raggiungere quel profumo di libertà di cui parlava Paolo Borsellino. L’Università, in unione con il Centro Studi sulle mafie, ha il dovere di formare le nuove generazioni ricordando loro i valori di democrazia, libertà e legalità. L’invito deve essere quello di continuare a scavare per trovare la verità e riannodare le fila del Paese di quegli anni che hanno contribuito a causare le stragi”.

“Sono qui – ha dichiarato Fiammetta Borsellino – esclusivamente per rivolgermi ai giovani, gli unici che mi spingono a compiere questi interventi che, ogni volta, per me sono portatori di tanta emotività. Non sono a mio agio a parlare dietro ad uno schermo e sono abituata a rivolgermi a loro perché dai loro sguardi scorgo tanta energia. Un Paese che non è in grado di far luce su quanto avvenuto non può aver futuro e da oltre 25 anni non si riesce a colmare un vuoto insostenibile. La sentenza Borsellino Quater sul depistaggio aveva rappresentato un barlume di speranza e doveva essere un punto di partenza, non di arrivo. Ne sono scaturiti alcuni processi ed altrettante archiviazioni, che rappresentano una ferita aperta,  alle quali abbiamo fatto ricorso. Oltre a tutto ciò è importante continuare fare memoria, ovvero, a far proprio il patrimonio morale di questi uomini, Ebbene, mio padre era un uomo comune che ha fatto il proprio dovere con la ‘pratica antimafia quotidiana’ e non c’è niente di meglio dell’esempio per trasmettere un messaggio ai ragazzi. Sono loro stessi che, spesso, mi domandano cosa possono fare ed io rispondo loro che per lottare contro la mafia devono studiare e prendere coscienza del fatto che la nostra terra non è un favore che ci viene elargito, ma un diritto. Proprio per la nostra terra ha lottato mio padre. Una volta mi disse: ‘Palermo non mi piaceva, per questo ho scelto di amarla’. Fu un atto per affermare la sua idea di bellezza. Il suo manifesto. Nacque nel quartiere della Kalsa (zona Magione), che nel dopoguerra era uno dei più poveri. Giocava a pallone coi figli dei mafiosi più in vista e, insieme anche a Falcone, avrebbe potuto incamminarsi su una cattiva strada. Ma entrambi scelsero il bene, vollero fare qualcosa per rendere più bella la loro Sicilia. Mai, neppure una volta, mio padre pensò di abbandonarla, neanche nei momenti più difficili. Aveva paura, ma la superò anche per noi oltre che per sé. Raccontava barzellette e cercava di superare tutto con il gioco e con il suo carattere che ci permise di superare l’anormalità delle cose” PALERMO TODAY


Mafia: Fiammetta Borsellino, “non c’è memoria senza giustizia”  E’ quanto emerso dall’evento in webinar “Paolo Borsellino, il magistrato e l’uomo” Paolo Borsellino, nella dimensione più familiare di uomo, padre e marito; il carattere ma anche l’eredità che ha lasciato come magistrato impegnato nella lotta alla mafia. E’ quanto emerso dall’evento in webinar “Paolo Borsellino, il magistrato e l’uomo” organizzato dall’università di Messina nell’ambito della rassegna 100 Sicilie 2019-2020 “Eroi costruttori di bellezza”. A raccontare Borsellino sono state persone che ne hanno vissuto il carattere da vicino come la figlia Fiammetta Borsellino, da anni impegnata a divulgare il messaggio del padre. Ha ricordato l’ironia di suo papà, la salda fiducia nelle istituzioni, l’ottimismo, il senso del prendersi cura degli altri ma anche una dimensione più privata come i giri con una piccola barca nel mare di Villagrazia di Carini.

Fiammetta Borsellino ha evidenziato che fare memoria significa “far proprio il patrimonio morale e comportamentale che ci hanno lasciato questi uomini: non c’è memoria se non c’è giustizia l’unico modo per onorare questi uomini è la ricerca della verità. Come famiglia pretendevano e pretendiamo che lo stesso impegno doveva essere messo dalla magistratura per capire il perché possa essere avvenuta una strage di questo tipo”. La figlia del magistrato ha ricordato la sentenza del processo “Borsellino quater” “che ha sancito l’esistenza di un depistaggio”. Non entra nel merito della vicenda giudiziaria  in corso, ma dice: “Per noi resta una ferita aperta”.

Un’altra persona che da giovane magistrato ha conosciuto Paolo Borsellino è il procuratore capo di Messina Maurizio De Lucia. Ha ricordato  che durante una lezione Borsellino non parlò di Diritto ma li esortò a non chiedere e non accettare mai favori, e questa è diventata “una regola di vita”. Dopo molti anni, il suo ufficio si è trovato ad indagare su una parte d’inchiesta sul depistaggio, che si è conclusa con una richiesta di archiviazione: “E’ stato un impegno molto difficile sul piano umano – ha detto – il fatto che non siamo riusciti ad andare oltre una ricostruzione degli eventi senza individuare i responsabili di quel depistaggio per me è una di quelle sconfitte che non potranno mai essere riparate”. Ha però auspicato che l’analisi degli storici potrà aiutare a capire cosa è accaduto in quegli anni.
L’invito a cercare la verità rileggendo le carte delle inchieste e dei processi è arrivato anche da Salvo Palazzolo, giornalista di Repubblica, autore del libro scritto a quattro mani con Agnese Borsellino: “Ti racconterò tutte le storie che potrò”. L’incontro, moderato da Milena Romeo, direttore della rassegna è stato aperto dal rettore dell’Università di Messina Salvatore Cuzzocrea. E’ intervenuto anche il professore Luigi Chiara, direttore del Centro studi sulle mafia dell’Università. E’ toccato, infine, a Lino Morgante, presidente del  Gruppo editoriale Ses Gazzetta del Sud e Giornale di Sicilia, ricordare che “non ci può essere sviluppo del Sud se non si comincia la lotta ai fenomeni criminali a partire dalle scuole”.

 

  

RASSEGNA 100SICILIE, FIAMMETTA BORSELLINO: “MIO PADRE ERA UN UOMO COMUNE INNAMORATO DELLA SUA TERRA” 

Si conosce la fine dei grandi eroi, sapendo poco o nulla dell’inizio della loro storia e della loro dimensione umana. Su questo aspetto si è, invece, incentrato il webinar dedicato a Paolo Borsellino – trasmesso in diretta streaming sulla pagina Facebook dell’Ateneo di Messina – nell’ambito del ciclo di eventi della Rassegna 100sicilie 2019-2020 “Eroi. Costruttori di bellezza” sul tema della legalità e bellezza. 

Nel corso dell’iniziativa, un tassello dopo l’altro, è emerso il desiderio di tramandare giustizia e verità, assieme anche alla storia “vista da vicino” di Paolo, raccontata attraverso la testimonianza della figlia del magistrato, Fiammetta Borsellino, che da anni si adopera tenacemente, con impegno etico e civile, per divulgare i contenuti ed il messaggio del padre rivolto alle generazioni future.
Una storia, intrisa di sentimenti, di famiglia e della miriade di sfaccettature di una dimensione personale che ha attratto su di sé i riflessi di un lavoro arduo ed impegnativo, condotto con estrema dedizione.
L’incontro, coordinato dalla giornalista Milena Romeo, Direttore della Rassegna 100Sicilie, è stato inaugurato dagli interventi del Rettore, prof. Salvatore Cuzzocrea, e del Procuratore della Repubblica di Messina, dott. Maurizio De Lucia.
Preziosi contributi e spunti di riflessione sono stati forniti dal prof. Luigi Chiara, Prorettore agli Affari Generali e Direttore del Centro studi sulle mafie dell’Università peloritana, dal giornalista e saggista Salvo Palazzolo, redattore di cronaca giudiziaria per la Repubblica, autore del libro biografico scritto a quattro mani con Agnese Borsellino, “ Ti racconterò tutte le storie che potrò” – Feltrinelli, e dal dott. Lino Morgante, Presidente Gruppo editoriale SES – Gazzetta del sud e Giornale di Sicilia.

“Ringrazio gli organizzatori dell’iniziativa – ha commentato il Rettore – ed, in particolare, rivolgo un caloroso saluto a Fiammetta Borsellino e Salvo Palazzolo. Eventi come questo contribuiscono a portare avanti la cultura dell’Antimafia e consentono agli Atenei di porsi al fianco delle istituzioni in questo cammino. La mia generazione ricorda benissimo l’intervista di Lamberto Sposini in cui ha potuto cogliere la parte empatica, umana e paterna di Paolo Borsellino. Da giovani ci siamo immedesimati nel sentimento della sua famiglia e l’emozione è stata tale e quale al desiderio di liberarsi dalla mafia. E’ importante trasmettere agli studenti di oggi i giusti valori”.

“Rivolgo il mio grazie all’Università di Messina – ha detto il dott. De Lucia – per aver aderito a questa iniziativa che fa parte di un percorso comune che unisce Università e Istituzioni giudiziarie in un processo di sviluppo della cultura della legalità. I sacrifici del 1992 segnano una svolta nel contrasto dello Stato di Diritto a Cosa Nostra. Diverse cose sono state fatte, ma altre non sono state condotte nel modo corretto e rappresentano una macchia con la quale bisogna fare i conti. Seppur per poco, ho conosciuto Paolo; per me come per altri colleghi rappresentava un campione della prima squadra ammirato dai pulcini ai primi calci. Ricordo una sua lezione in cui non parlò di Diritto, ma ci esortò a non chiedere e non accettare mai favori perché altrimenti, prima o poi, avrebbero preteso il conto. La Magistratura non è riuscita a superare il vuoto della ricostruzione storica di via D’Amelio e, pensando anche a questo episodio, credo che si tratti di una enorme sconfitta che, per me, rappresenta un grande tormento”.

Quella odierna – ha aggiunto il prof. Chiara – è una iniziativa che vuole indagare il profilo umano di Borsellino e rappresenta un’altra possibilità per la gioventù che trovo molto consapevole di quanto sia avvenuto a quel tempo. Questo è molto importante perché i cittadini devono avere nei giovani i veri protagonisti della lotta alla mafia, per poter raggiungere quel profumo di libertà di cui parlava Paolo Borsellino. L’Università, in unione con il Centro Studi sulle mafie, ha il dovere di formare le nuove generazioni ricordando loro i valori di democrazia, libertà e legalità. L’invito deve essere quello di continuare a scavare per trovare la verità e riannodare le fila del Paese di quegli anni che hanno contribuito a causare le stragi”.

Sono qui – ha dichiarato Fiammetta Borsellino – esclusivamente per rivolgermi ai giovani, gli unici che mi spingono a compiere questi interventi che, ogni volta, per me sono portatori di tanta emotività. Non sono a mio agio a parlare dietro ad uno schermo e sono abituata a rivolgermi a loro perché dai loro sguardi scorgo tanta energia. Un Paese che non è in grado di far luce su quanto avvenuto non può aver futuro e da oltre 25 anni non si riesce a colmare un vuoto insostenibile. La sentenza Borsellino Quater sul depistaggio aveva rappresentato un barlume di speranza e doveva essere un punto di partenza, non di arrivo. Ne sono scaturiti alcuni processi ed altrettante archiviazioni, che rappresentano una ferita aperta, alle quali abbiamo fatto ricorso. Oltre a tutto ciò è importante continuare fare memoria, ovvero, a far proprio il patrimonio morale di questi uomini, Ebbene, mio padre era un uomo comune che ha fatto il proprio dovere con la ‘pratica antimafia quotidiana’ e non c’è niente di meglio dell’esempio per trasmettere un messaggio ai ragazzi. Sono loro stessi che, spesso, mi domandano cosa possono fare ed io rispondo loro che per lottare contro la mafia devono studiare e prendere coscienza del fatto che la nostra terra non è un favore che ci viene elargito, ma un diritto. Proprio per la nostra terra ha lottato mio padre. Una volta mi disse: ‘Palermo non mi piaceva, per questo ho scelto di amarla’. Fu un atto per affermare la sua idea di bellezza. Il suo manifesto. Nacque nel quartiere della Kalsa (zona Magione), che nel dopoguerra era uno dei più poveri. Giocava a pallone coi figli dei mafiosi più in vista e, insieme anche a Falcone, avrebbe potuto incamminarsi su una cattiva strada. Ma entrambi scelsero il bene, vollero fare qualcosa per rendere più bella la loro Sicilia. Mai, neppure una volta, mio padre pensò di abbandonarla, neanche nei momenti più difficili. Aveva paura, ma la superò anche per noi oltre che per sé. Raccontava barzellette e cercava di oltrepassare tutto con il gioco e con il suo carattere che ci permise di superare l’anormalità delle cose”.    

Di  Paolo Borsellino, del suo valore come magistrato, del suo lavoro di contrasto alla mafia, si è parlato molto in sede di analisi, dibattito in sede istituzionale e nel Paese e in sede giudiziaria. Ma poco si sa della dimensione umana, dei suoi legami familiari, amicali, del suo carattere, delle sue passioni. Si conosce la fine dei grandi uomini senza conoscere l’inizio della loro storia, le loro radici. Il sacrificio finale è conseguenza di tutta una vita di tenacia e piccoli e grandi sacrifici quotidiani. Che riflessi ha sulla dimensione personale un lavoro, un compito così arduo come quello di combattere la criminalità organizzata in un modo così radicale e frontale? Come fa un uomo a reggere un peso così gravoso?! Il senso di responsabilità e del dovere doveva essere più forte della paura, della vita blindata, delle difficoltà collaterali, delle incomprensioni di percorso, magari anche con colleghi e Istituzioni. Questo tema, così denso di significati, è stato al centro dell’incontro webinair che si è svolto questa mattina, inserito nel ciclo di eventi della rassegna 100sicilie 2019-2020 “Eroi Costruttori di bellezza” sul tema della legalità e bellezza. Si vuole raccontare una storia “vista da vicino” attraverso gli occhi e la testimonianza della figlia del Magistrato, Fiammetta Borsellino, che da anni si impegna tenacemente a divulgare i contenuti e il messaggio del padre con impegno civile ed etico e con accento educativo e didattico. Sono intervenuti inoltre studiosi del fenomeno il professore Luigi Chiara, direttore del Centro studi sulle mafie dell’Università e il giornalista e saggista SalvoPalazzolo, redattore di giudiziaria per la Repubblica, autore del libro biografico scritto a quattro mani con Agnese Borsellino, “ Ti acconterò tutte lestorie che potrò– Feltrinelli. L’incontro, coordinato da MilenaRomeo direttore della rassegna 100Sicilie, il Rettore prof. SalvatoreCuzzocrea, il Procuratore della Repubblica di Messina dott. MaurizioDeLucia e il dott. LinoMorgante, presidente Gruppo editoriale SES- Gazzetta del sud e Giornale di Sicilia.


 

a cura di Claudio Ramaccini  Direttore Centro Studi Sociali contro la mafia – Progetto San Francesco