1984 – ARCHIVIO 🟧 DE FRANCESCO «L’assassinio di Chinnici poteva essere scongiurato»

 
L’alto commissario De Francesco sentito dall’Antimafia — Nella seconda e conclusiva giornata di una ispezione fatta dalla commissione parlamentare Antimafia a Palermo, deputati e senatori hanno acquisito molte informazioni e soprattutto hanno avuto conferma del fatto che un maggiore raccordo tra le polizie, la magistratura e i vari organi dello Stato è indispensabile.
Molti delitti potrebbero essere evitati e colpi più duri potrebbero essere lnferti alle cosche dedite principalmente’ al traffico internazionale della droga.
Nell’ambito di questa lotta ieri mattina sono partiti per gli Usa il giudice istruttore Falcone ed il sostituto procuratore della Repubblica Schlacchltano, che a New York indagheranno sulla cosiddetta -pizza connection-, in cui è coinvolto il boss Gaetano Badalamenti, catturato il mese scorso a Madrid. Uno degli argomenti più importanti’trattati dal commissari dell’Antimafia è quel lo relativo alla strage del 29 luglio scorso In via Pipitene Federico nella quale furono assassinati il consigliere istruttore Rocco Chinniei, due carabinieri della scorta ed il portinaio dello stabile nel quale il magistrato alloggiava.
Emanuele De Francesco l’alto commissario per la lotta contro la mafia, ascoltato a porte chiuse per oltre tre ore, ha detto che se il libanese Ohassan Bou Chcbel fosse stato arrestato in tempo l’organizzazione mafiosa avrebbe potuto essere scompaginata e la morte di Chinnici scongiurata.
De Francesco ha precisato che 37 anni di lavoro in polizia lo convincono del fatto che un confidente quando è ricercato è bruciato e quindi deve essere catturato.
Sulle disfunzioni che impedirono la cattura del confidente libanese, poi accusato di partecipazione alla strage e ora coimputato alla Corte d’assise di Caltanissetta, dove si celebra il processo, l’on. Aldo Rizzo, della sinistra indipendente, e l’on. Guido Lo Porto, missino, entrambi di Palermo, hanno annunciato che chiederanno un dibattito in Parlamento perché sta fatta luce sull’intera vicenda.
Di scollamenti e battute a vuoto non ha parlato solo De Francesco, che ha comunque rivendicato all’apparato antimafia di svolgere un lavoro estremamente importante.
I congiunti delle vittime della mafia hanno manifestato al parlamentari inquirenti dubbi sulla efficienza dell’establishment preposto alla lotta contro la mafia. –
Non mi persuade com’è stata fatta l’inchiesta sull’omicidio di mio marito-, ha detto con durezza, ad esempio. Rita Bartoli Costa, deputato regionale, eletta da indipendente nelle liste del pel. vedova del procuratore della Repubblica di Palermo, assassinato il 6 agosto 1980
In centro città.
Il deputato comunista Abdon Alinovi, presidente della Commissione parlamentare, al termine ha di¬ chiarato: -Tutti i grandi misteri della Sicilia sono legati a quelli registrati in campo nazionale, come P2. Sindona, terrorismo, servizi segreti.
Non bisogna perciò criminalizzare la Sicilia, perché, tra l’altro, la prima vittima della mafia è proprio l’isola-.
Dopo aver precisato che l’ispezione è avvenuta su invito dell’Assemblea regionale siciliana. l’on. Alinovi ha osservato che occorre -un più stretto e fattivo rapporto tra Regione e Stato per fare un fronte comune nella lotta contro la mafia». Il neosindaco di Palermo Insalaco — interrogato come il prefetto Antonio Basso, i più alti magistrati dei distretto, i maggiori ufficiali dei carabinieri e della Guardia di Finanza, oltre al questore — ha precisato che «aPalermo bisogna voltare pagina». Antonio Ravidà LA STAMPA 10.5.1984
 

 

ROCCO CHINNICI