Non è vero che i rifiuti tossici e speciali vengono smaltiti abusivamente tramite spedizione nel Sud Italia o
Rifiuti sepolti in Lombardia, un vizio antico
Non è vero che i rifiuti tossici e speciali vengono smaltiti abusivamente tramite spedizione nel Sud Italia nei Paesi del terzo mondo. Qualcuno li nasconde direttamente sotto il tappeto di casa, nella sua regione, in Lombardia. Costa meno, perché si risparmia sul trasporto. Una pratica molto diffusa già negli anni ’80, quando la tutela dell’ambiente era un concetto astratto e il far west dei criminali ecologici non incontrava resistenze.
Nel Bergamasco esistono diversi esempi di scempio del territorio. Il più clamoroso riguarda Zanica, dove da quasi quarant’anni sonnecchia una palude nera. Dentro l’ex cava Cutter, 16 mila metri cubi di melme acide e cancerogene aspettano di essere rimosse. Le scaricarono decine di autobotti provenienti nottetempo dagli impianti petrolchimici milanesi. Ora la Regione si è convinta a fare pulizia: la bonifica dovrebbe partire nei prossimi mesi. Ma il costo, a carico dei contribuenti, sarà altissimo: serviranno almeno due milioni di euro.
Lo stesso copione andò in scena a Brembate, nell’area denominata “ex Dim”. In un pozzetto, all’inizio degli anni ’80, decine di autocisterne scaricarono solventi, pesticidi e rifiuti industriali liquidi assortiti, fino a impregnare di metalli pesanti (mercurio, zinco, rame, piombo) una zona di 2mila metri quadri che, secondo un dossier regionale, presenta una contaminazione tra le “maggiori d’Italia e forse d’Europa”. Dopo anni di carte bollate e di rimpalli di responsabilità tra Comune e proprietà, si è ancora in attesa della bonifica. Intanto, senza che nessun responsabile sia stato individuato, i veleni hanno raggiunto la falda più superficiale. Le ultime analisi hanno evidenziato valori anomali di arsenico, manganese, xilene e etilbenzene, tanto da convincere il Comune a forzare i tempi.
Non va meglio a Cividate al Piano, dove il terreno di un’azienda agricola fu inquinato da uno sversamento abusivo di fanghi e morchie bituminose provenienti da una raffineria di Milano. Nel 1983, i vigili urbani riscontrarono sul campo coltivato a mais la presenza di fanghi industriali. “La vegetazione presentava anomalie nella coloritura dei vegetali” recitava il rapporto. L’area, tuttora incredibilmente coltivata, resta in attesa di bonifica. Servirebbe un milione e mezzo di euro, ma né il Comune né la proprietà hanno quei soldi.
L’episodio più inquietante si verificò però a Boltiere. Nel 1986 il Comune fu allertato da un anonimo che segnalò l’anomalo traffico notturno di camion in località Fopa del Firmì. Quando i tecnici iniziarono a scavare, portarono alla luce “numerosi fusti metallici contenenti sostanze liquide e solide, maleodoranti, di vari colori”. Uno si ruppe e tutto il personale avvertì forti bruciori agli occhi. Le analisi accertarono trattarsi di rifiuti tossici “o altamente tossici provenienti da sintesi organiche operate da industria chimica”. I sospetti caddero su un’industria della zona, ma non si riuscì a dimostrare nulla. E alla fine fu ancora la Regione a pagare. La bonifica fu completata nel 2002 e costò quasi 4 milioni di euro.
Un business da 19 miliardi di euro
Più di 30 mila illeciti ambientali accertati nel 2010: 84 al giorno, per un fatturato pari a 19,3 miliardi di euro, con un incremento del 7,8% rispetto al 2009. Questo il bilancio che emerge dal rapporto Ecomafia 2011 di Legambiente.
Secondo il dossier, sono 290 i clan impegnati nel giro d’affari dell’ecomafia, 20 in più rispetto al 2009. Il traffico di rifiuti illegali supera i 2 milioni di tonnellate: potrebbe riempire un serpentone di 82.181 tir, che si allungherebbe per 1.117 chilometri. In testa alla poco onorevole classifica dei reati ambientali c’è la Campania, con 3849 infrazioni accertate e 4.053 denunciati. Seguono Calabria e Sicilia. La Lombardia occupa l’ottavo posto: 1.619 i reati accertati, 1.340 i denunciati, con 474 sequestri effettuati.
a cura B.M.