Rating anche alle aziende tolte alle mafie

di Lionello Mancini

Un nuovo comma per offrire l’accesso al rating di legalità anche alle aziende strappate alla mafia; la valorizzazione della denuncia tra i meriti che portano alle tre stellette. Sono queste le due principali modifiche richieste da Confindustria all’Antitrust sul regolamento per ottenere il rating che faciliterà l’accesso al credito e ai finanziamenti pubblici.

Confindustria è solo uno dei soggetti interessati che hanno condiviso precisazioni e proposte di modifica. Hanno partecipato alla consultazione anche l’Associazione bancaria (Abi), quella delle società per azioni (Assonime), almeno due sindacati, studi legali. Nelle prossime settimane daremo conto delle osservazioni (che l’Agcm non renderà pubbliche) mosse da altri stakeholders, anche se è possibile fin d’ora cogliere alcuni temi ricorrenti: attenzione al raccordo con le normative europee, niente black list per i “bocciati”, indicazione minuziosa delle violazioni e dei reati ostativi al rating, visto il confuso labirinto di norme in cui è costretto a muoversi il mondo produttivo.

Sul tema delle aziende confiscate alle mafie, Viale dell’Astronomia propone di inserire nel regolamento un nuovo comma che, in deroga alle regole d’accesso, «consenta il rilascio del rating di legalità a quelle imprese che, una volta sottratte alla criminalità organizzata con sequestro o confisca, siano coinvolte in un processo di reinserimento nel circuito della legalità».

L’iter com’è formulato ora determina, tra l’altro, l’esclusione automatica di queste realtà, dato che il proprietario o comunque il soggetto apicale dell’impresa risulta indagato o imputato per reati gravissimi, tali da giustificare il sequestro. Solo che, osserva Confindustria, tale esclusione avrebbe l’effetto di privare l’impresa dell’opportunità di uno strumento utilissimo proprio in vista della prosecuzione dell’attività e del mantenimento dei posti di lavoro. «Per evitare simili conseguenze», è bene perciò valorizzare «il caso di quelle imprese che dopo sequestro o confisca vengano affidate ad amministratori giudiziali o soggetti privati per continuare o riprendere l’attività produttiva». Un’idea giusta, che completa il quadro delineato dall’Antitrust e promuove una gestione corretta ed efficiente per beni e aziende che – a oggi – restano molto spesso inutilizzati o finiscono in liquidazione.

Quanto al secondo punto – il valore del contributo alla repressione dei reati che alterano il mercato e la concorrenza – l’organizzazione datoriale ribadisce di condividere «la logica e i contenuti del sistema di valutazione delineato dall’Autorità, che riconosce un rating più elevato alle imprese che adottano iniziative meritorie in termini di legalità» e chiede di «integrare tale sistema con la previsione di un’ulteriore condizione premiante volta a valorizzare il comportamento delle imprese che collaborano con la pubblica autorità denunciando delitti idonei a limitarne l’attività economica». Anche questa proposta è buona, perché «oltre a incentivare l’emersione dei gravi fenomeni dell’usura e dell’estorsione, contribuisce a rendere più efficace e coordinata la strategia di contrasto delle infiltrazioni mafiose nell’economia».

Sole 24 Ore 24.9.2012