‘Ndrangheta all’assalto delle aziende Raffica di arresti da Reggio Calabria a Milano

Indagine della Dda calabrese e lombarda. In manette finito anche il capo dell’organizzazione, Michele Bellocco, al vertice della cosca di Rosarno, che “acquisiva” imprese per poi utilizzarle come “lavatrici” del denaro sporco. Sequestrati beni per 2,5 milioni di euro

di GIUSEPPE BALDESSARRO

REGGIO CALABRIA – Per riavere indietro propri soldi si era rivolto alla persone sbagliate. Ai calabresi, infatti, nessuno dice di no, ma di loro non ci si libera più. Soprattutto se “quelli” si chiamano Bellocco, e sono considerati i padroni di Rosarno. Così l’imprenditore Giovanni Fratta aveva riavuto i suoi 250 mila euro da creditori insolventi (anche loro calabresi), e tuttavia si era portato in casa il cancro della criminalità organizzata reggina. I boss della Piana di Gioia Tauro avevano preteso un corposo pagamento del “disturbo”. Per la mediazione, avevano voluto contanti per 50 mila euro e altri 40 mila in quote della “Blue Call”, una delle grandi aziende italiane nella gestione di call center in mezza Italia. Era quello il vero obiettivo. Una volta dentro l’azienda, da soci di minoranza,  gli uomini della ‘ndrangheta si erano presi tutto. Avevano svuotato le casse della società e tenuto sotto scacco gli altri azionisti, costretti a cedere potere e quote azionarie. Fino a non contare niente in casa loro.

E’ questa una delle storie raccontate nelle carte di indagini parallele delle Dda di Reggio Calabria e Milano, che stanotte hanno fatto scattare le manette ai polsi di una trentina di persone sia in Calabria che in Lombardia. Polizia e carabinieri hanno notificato tre diverse ordinanze di custodia cautelare in carcere firmate dai Gip dei tribunali delle due regioni su richiesta delle rispettive Procure.

A Reggio Calabria su richiesta del procuratore aggiunto Michele Prestipino e dei pm Giovanni Musarò e Matteo Centini è stato arrestato il capo dell’organizzazione Michele Bellocco e molti dei suoi uomini. A Milano sono finiti in carcere le braccia economiche del clan, che per conto dei rosarnesi si occupano di investire il denaro sporco in aziende inizialmente pulite. Come la “Blue Call”, appunto. Alle indagini ha partecipato anche la procura di Palmi.

Gli inquirenti hanno ricostruito pezzo dopo pezzo l’intera filiera criminale. Contestando reati che vanno dall’associazione mafiosa all’intestazione fittizia di beni. In mezzo l’intera gamma dei business tipici della ‘ndrangheta: Estorsioni, rapine, riciclaggio, droga, armi e quant’altro. Quasi duemila pagine di carte che fotografano la cosca sui diversi livelli. La catena di comando innanzitutto, con ai vertici Michele Bollecco, boss della “famiglia”. Poi un gradino più in basso i nipoti e altri parenti. Quindi gli affiliati di fiducia. Infine le teste di legno a cui venivano intestati i patrimoni.

Ma a prescindere da chi era socio sulla carta i padroni erano loro. Ed erano padroni assoluti. A dirlo sono gli stessi imprenditori lombardi, che quando si accorgono dell’errore è ormai tropo tardi. Si sfoga uno di loro: “…dopo che queste merde..sti..sti….sti ladri e mafiosi di merda hanno mangiato alle mie spalle .. in tre mesi si sono ciulati quattrocento mila euro, e vengono anche a rompermi i coglioni… Ma veramente siamo fuori di testa…”. E ancora: “…questi qua ti hanno messo talmente sotto da venirti a rubare a casa tua i soldi e tu devi essere pure costretto a lavorare per fare mangiare questi qua…”.

Spiegano i magistrati: “I Bellocco sono soliti acquisire il controllo di attività che intestano fittiziamente ad altre persone, al fine di eludere le norme in materia di misure di prevenzione. In tal senso è paradigmatica la vicenda relativa alla Blue Call srl”. Una volta infiltrata l’azienda la sfruttano arraffando tutto quello che è possibile arraffare. Per poi puntare un’altra preda, e poi un’altra ancora.

La Repubblica – 24.11.2012