il nuovo libro di Lionello Mancini con la prefazione del Procuratore Capo di Roma, Giuseppe Pignatone
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Il prossimo 11 luglio alle 18.30, presso l’Hotel Palace di Como (Lungolario Trieste 16) presenteremo il libro di Lionello Mancini “L’onere della toga” edito da Rizzoli, con la prefazione del Procuratore Capo di Roma Giuseppe Pignatone.
Mancini è un giornalista del Sole24Ore di lungo corso, esponente storico della migliore cronaca giudiziaria ed economica, già direttore di Radio24 Il Sole24Ore.
Como Cuore e il Centro Studi Sociali contro le mafie Progetto San Francesco, con il sostegno della Cisl dei Laghi, curatori dell’iniziativa, vogliono sottolineare il valore civile della scelta di una vita blindata, sacrificata e tutta dedicata al servizio dello Stato e quindi al bene comune.
Il libro già in libreria ha avuto la reazione entusiasta di Roberto Saviano e di molte testate, tra le quali Fahreneit di Radio3 e del Corriere della Sera.
Alla presentazione, condotta da Piero Colaprico, saranno presenti in magistrati Manuela Massenz e Alberto Nobili, il Prefetto di Como Michele Tortora.
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Monza, estate 1988, una casa prende fuoco: è l’avvertimento della ‘ndrangheta a un teste perché non riveli nulla al magistrato che già allora indagava sulle infiltrazioni mafiose al Nord. Milano, tribunale: il sostituto procuratore ascolta il dramma di una ragazza tenuta per anni in schiavitù, sfruttata e prostituita. E poi San Marino: un luogo caratteristico e almeno per tanti, ma non per i Pm di Forlì che indagano sull’evasione fiscale e per questo ricevono silenziose pressioni e velate minacce. La vita quotidiana dei magistrati è fatta di tante storie come queste. La scelta di battersi in nome della legge comporta rischi, paure e rinunce, quasi sempre sconosciuti all’opinione pubblica. In questo libro, Lionello Mancini dà voce a cinque toghe e alle loro storie di caparbietà, lotta, fatica e ideali forti, offrendoci allo stesso tempo un quadro esaustivo del mondo giudiziario italiano, utile a comprendere cosa significhi oggi, in questo Paese, lottare ogni giorno per un po’ di Giustizia.
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LIONELLO MANCINI (1951) ha lavorato come cronista giudiziario per “Lotta Continua” e “Il Sole 24 Ore” collaborando per alcuni anni anche con “La Stampa” e “Panorama”. E’ stato vicedirettore di Radio 24. Dal 2006 è tornato a occuparsi di giudiziaria come inviato de “Il Sole 24Ore”. |
Cultura, equilibrio e senso di responsabilità
Questo è uno stralcio della prefazione di Giuseppe Pignatone del libro di Lionello Mancini L’onere della Toga, in libreria a partire da oggi.
Lionello Mancini è un giornalista di vaglia e – non credo mi faccia velo l’amicizia – come tale annovera tra le sue caratteristiche una forte curiosità. Curiosità per i fatti ma anche, e direi ancora prima, per le persone che di quei fatti sono protagoniste. Da giornalista economico, per molti anni al “Sole 24 Ore”, Mancini ha progressivamente allargato il suo campo d’interesse (e, appunto, la sua curiosità) al mondo della giustizia, della magistratura, dei processi, includendo tutti quei temi che sono sempre più spesso parte rilevante del dibattito pubblico in Italia e che condizionano, piaccia o no, molti aspetti della vita sociale, politica e anche economica del Paese.
Questo interesse e questa curiosità sviluppati con articoli, inchieste, reportage, hanno, io credo, ispirato L’onere della toga.
Leggendo in trasparenza le storie raccontate nel libro, mi pare emerga che per Lionello Mancini esistono tre condizioni chiave (o almeno tre), tratti essenziali per chiunque svolga la funzione di Pubblico ministero.
La prima potrebbe essere indicata, approssimativamente, con il termine cultura ed è costituita – per Mancini – non dal bagaglio di nozioni tecnico-giuridiche acquisito con gli studi e nemmeno dalla (pur indispensabile) accumulazione di conoscenza data dall’esperienza; bensì, in senso ben più lato e senza perdere d’occhio la specificità del lavoro di Pubblico ministero, il termine sembra riferirsi alla capacità, non sempre innata, di rinunciare ai propri canoni di giudizio per lasciare serenamente spazio alla realtà quale emerge dalle indagini. Un esercizio non facile, che richiede grande apertura mentale e formazione continua. La seconda condizione essenziale, nella visione di Mancini, può essere sintetizzata con il termine equilibrio: non degradato a equilibrismo opportunistico e deteriore, ma come frutto della capacità di valutare le situazioni con obiettività, comportandosi, quindi, di conseguenza, senza tuttavia mai perdere il senso delle proporzioni. Il Pm e, in genere, il magistrato, non deve essere vittima di eccessiva preoccupazione, tanto da esitare davanti a determinati scenari, ma nemmeno deve sentirsi “in missione per conto di Dio”, come scherzosamente amavano ripetere i Blues Brothers, sentendosi così autorizzato a “strattonamenti” tali da stravolgere i dettati normativi o procedurali.
Questo equilibrio è reso ancor più arduo – e, insieme, necessario – dai poteri accordati dalla legge al Procuratore e ai suoi sostituti e deve anche soppesare con attenzione la diversità dei contesti nei quali i Pm sono chiamati a operare.
La terza condizione che l’autore indica come essenziale per il corretto esercizio della funzione requirente è quella, onnicomprensiva, del fortissimo senso di responsabilità che ciascuno di noi dovrebbe in ogni momento avvertire e coltivare, quotidianamente, instancabilmente. Da ognuna delle storie che seguono emerge, infatti, che senza una profonda consapevolezza dell’impegno assunto, accompagnata da un’ampia percezione delle conseguenze derivanti da comportamenti non adeguati, discende il rischio concreto di danneggiare gravemente i cittadini e, allo stesso tempo, proprio le istituzioni che il magistrato deve contribuire a rendere sempre più credibili anche con il suo operato. Per un verso, dunque, è la stessa responsabilità che grava in capo a ogni dipendente pubblico, ma resa ancora più impegnativa dal fatto che l’azione penale incide sui beni essenziali della persona. E anzi, proprio le peculiarità dell’ordinamento giudiziario – l’autogoverno in primo luogo – devono invitare i magistrati a un surplus di responsabilità. Una concezione alta ed esigente dell’azione e della funzione del Pubblico ministero, quella indirettamente espressa da Lionello Mancini, sulla quale è utile una riflessione, in primo luogo da parte di noi magistrati.
Giuseppe Pignatone è Procuratore della Repubblica di Roma
“Attraverso i racconti, Mancini descrive chi ‘sono’ quelle persone che ‘fanno’ il Pubblico ministero: quali sono le emozioni, le fatiche, le debolezze, e mette a fuoco l’aspetto, di solito ignorato, dei costi umani e personali che pagano per svolgere al meglio questo lavoro.”
Gli editoriali di Lionello Mancini pubblicati dal PSF