A Oristano il rating entra nell’ovile

Di Lionello Mancini

Dopo la calabrese Simet e la milanese Pegaso Ingegneria (vedi gli articoli del 26 agosto e del 2 settembre), prosegue il nostro tour al seguito del rating di legalità, che stavolta sbarca in Sardegna e premia la oristanese Cao formaggi, grande cooperativa di allevatori ovini: Cao, appunto. Una cooperativa “pesante” per storia e dimensioni, nella cui progressione di business si riconosce il passo lento, ma indefesso, tipico dei pastori (anche) sardi.La prima idea di cooperativa – che oggi trasforma in formaggio il latte di 150mila capi allevati da 680 produttori, il tutto per oltre 21 milioni di euro all’anno – risale al 1966, quando di latte se ne lavoravano 30mila litri al giorno (oggi sono oltre 150mila). «I soci fondatori, una quindicina, avrebbero voluto costruire uno stabilimento sull’area che avevano scelto con cura vicino ai loro allevamenti, ma dovettero rinunciare, perché in cinque anni non sono riusciti a ottenere le risposte e i visti necessari da Regione e ministero. Insomma, fregati dalla burocrazia» racconta il responsabile amministrativo della Cao formaggi, il quarantottenne Giampaolo Steri da Gonnosnò, minuscolo Comune dell’Oristanese.

È stato proprio il ragioniere di Gonnosnò, attento compulsatore della newsletter di Assolatte, a proporre a inizio d’anno di fare domanda per ottenere il rating di legalità: «Innanzitutto perché va bene ogni strumento che contribuisca a rendere più trasparente la cooperativa agli occhi dei soci. E poi perché la legge parla chiaro: questo particolare tipo di rating dà diritto a un accesso facilitato al credito». Proprio in base alla filosofia della trasparenza, alla Cao stanno studiando come introdurre per la prima volta in una cooperativa agricola il modello della 231, mentre gli altri requisiti richiesti per ottenere il bollino dell’Antitrust sono ampiamente consolidati nella storia societaria, come la tracciabilità dei pagamenti e la qualificazione dei fornitori. Significheranno pur qualcosa, infatti, il buon esito del controllo dell’agenzia delle Entrate nel 2012 («Nessun rilievo») e i riconoscimenti ricevuti da Cerved (Company to watch 2012) o dal Credito sardo.

Tutto si tiene, poiché un’azienda non si può improvvisare meritevole. Ed ecco perché risulta sempre più incomprensibile la ritrosia delle banche (e della loro associazione) ad appoggiare fattivamente le imprese selezionate dall’Antitrust, ipotizzando astrusi casi di buona governance che potrebbe però nascondere chissà quali demeriti. E la Sardegna non fa eccezione: «A luglio, non appena ricevuto l’attestato, l’ho subito girato alle otto banche con sui lavoriamo. Solo una mi ha fatto i complimenti; un’altra mi ha chiesto informazioni sulle modalità premiali e io le ho inviato gli articoli del Sole 24 Ore oltre al parere favorevole del Consiglio di Stato sul decreto interministeriale (ancora in itinere, ndr). Tutte le altre, mute… Vedremo quanto varrà il nostro rating al prossimo appuntamento di rinnovo dei fidi…».Quanto all’incedere lento, ma ostinato, dei pastori sardi, grazie al contratto di programma 2007 la Cao ha costruito il “suo” stabilimento proprio sugli stessi terreni individuati dai loro padri quasi mezzo secolo fa. E stavolta il braccio di ferro con la burocrazia l’hanno vinto loro.

Sole 24 Ore 30.9.2013

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