PSF al Parlamento europeo

Giornale di Cantù 18 marzo 2017

Le IMMAGINI

 

IL PROGETTO SAN FRANCESCO

AL PARLAMENTO EUROPEO

INSIEME ALLA SOCIETA’ CIVILE

Chi l’avrebbe mai detto che il Progetto San Francesco sarebbe ritornato a Strasburgo, questa volta non per ritirare un premio, come fu col “Prix Falcone 2014 pour la démocratie” quale meritato riconoscimento al termine di un percorso significativo, ma per iniziare un comune cammino continentale a contatto con il Parlamento Europeo? In verità, questa è sempre stata la strada possibile indicata da don Antonio Garau dalla lontana ma nello stesso tempo vicina Palermo, animatore instancabile e padre spirituale di Jus Vitae onlus, con la quale il Progetto San Francesco si onora di collaborare.  

Bisognava però creare le condizioni per una importante iniziativa di questo genere ed in questo anno si è lavorato anche per questo obiettivo, attraverso le attività svolte prevalentemente in una parte del territorio lombardo nel quale si erano in precedenza indotte aspettative solo in parte soddisfatte. Ma l’attenzione riservataci dalla ‘ndrangheta emersa nella intercettazione ambientale del 17 febbraio 2016 ed alcune modifiche interne al PSF avevano accelerato un cambiamento già in corso.

1) A Strasburgo abbiamo caldeggiato la costituzione della figura del Procuratore Europeoprevisto dal Trattato di Lisbona, che gli attribuisce la competenza per i reati finanziari lesivi degli interessi dell’Unione, allargando però la sua sfera di competenza anche ai crimini gravi transnazionali, con poteri di indagine effettiva sul modello del nostro pubblico ministero.

In questo contesto, abbiamo chiesto se è stata migliorata la circolazione delle informazioni e dell’azione investigativa e giudiziaria e se sono state adottate più efficaci regole per contrastare il reclutamento sulla rete da parte dei jihadisti, trovando equilibrio tra sicurezza e privacy.

Abbiamo chiesto se gli agenti money transfer sono ancora esenti dall’obbligo di registrazione all’albo e di conseguenza esenti dalla segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio e finanziamento al terrorismo e se i provider sfuggono ancora ai controlli facendo leva sul fatto di avere una sola sede sociale e non invece avere una sede in ogni paese, da cui deriva la lungaggine delle rogatorie.

Abbiamo chiesto infine se nei i paesi dell’Unione Europea è ancora assente la rilevanza penale al comportamento dei prestanome. Le domande sarebbero state ancora molte, ma è impensabile non costituire al più presto un sistema di contrasto interagente in tempo reale e senza veli, rispetto ad una criminalità organizzata senza confini e al terrorismo intenzionale di ogni tipo.

2) A Strasburgo abbiamo proposto la revisione delle norme previste nel Regolamento di Dublino, che stabilisce le modalità per la domanda di protezione internazionale da parte di un cittadino di un paese terzo, sulla cui inadeguatezza trova terreno fertile il crimine organizzato.

L’emergenza di questa estate vissuta a Como è stata significativa. La società civile non solo ha reagito con concreti gesti di solidarietà, ma ha iniziato a prendere maggior coscienza del fenomeno dei richiedenti asilo ed ha percepito che esso è frutto anche di una normativa da troppo tempo anacronistica e divisiva. 

Sappiamo con certezza che questi profughi non vogliono assolutamente fermarsi in Italia ma emigrare verso la Svizzera, la Francia, la Germania o in qualche paese del Nord Europa, perché in quelle latitudini hanno genitori, fratelli, parenti e amici con cui vorrebbero condividere la lontananza dalla loro terra ricomponendo una vita affettiva e vivendo in pace. 

Dopo mesi di viaggi, attraversando savane, deserti e mare, approdano a Lampedusa, in Calabria o in una delle tante spiagge italiane, oppure ricevono soccorso in mare dalle navi della nostra Guardia Costiera e della Marina Militare. Vengono accolti, nutriti, curati e identificati. Questo avviene anche in altri confini europei, ma i corridoi sono chiusi.

E’ in questo momento che inizia il dramma della richiesta di asilo politico, costretti a chiederlo in Italia anche se non vogliono rimanerci. Questo non è possibile perché per il Regolamento di Dublino la competenza è del primo Stato che li accoglie: lo straniero che decide di lasciare lo Stato e recarsi in un altro Stato dell’Unione Europea viene rimandato allo Stato che per primo lo ha identificato. 

La proposta consegnata ed illustrata è che il cittadino straniero approdato e identificato in Italia o in un altro Stato possa presentare istanza per il riconoscimento dello status di rifugiato politico in un paese dell’Unione Europea di sua scelta, motivando tale preferenza. 

Il Regolamento di Dublino non è un totem intoccabile e la storia recente ce lo insegna. Il 24 agosto 2015 la Germania ha deciso di sospenderlo in relazione all’accoglienza dei profughi siriani, esaminando direttamente le istanze di asilo politico. 

La modifica al Regolamento di Dublino o in subordine la sospensione dello stesso per cinque anni consentirebbe di sperimentare questa diversa procedura d’asilo e un’Europa minata dagli ultimi eventi potrebbe riconoscersi più unita, perché senza un obiettivo ed un’azione comune si continuerà solo a vivere di emergenza.

3) A Strasburgo abbiamo sollecitato una maggiore e reale integrazione politica all’interno dell’Unione Europea, per avere migliori possibilità di governare in pienezza di ruolo politico le questioni di natura globale che sono estremamente importanti per il futuro sostenibile del nostro pianeta.

Riflettendo ci accorgiamo come nella nostra Europa coesistano tutti quei valori dei quali dovremmo essere maggiormente fieri. Ne elenchiamo alcuni che non sono enunciazioni teoriche ma elementi che impattano nel nostro agire quotidiano e regolano l’insieme della società nella quale viviamo: i diritti dei lavoratori, la protezione dei bambini, la parità uomo e donna, la tutela dell’ambiente, la salvaguardia dell’arte, la laicità dello Stato. Se a questi aggiungiamo il no alla pena di morte, il solo continente depositario di tutti è quello europeo.

Ma il mondo è in rapida evoluzione e gli spazi vuoti non esistono. Appare ineludibile il consolidamento di nuove grandi potenze, come Cina e India; altre si affacceranno in un futuro più lontano, come il continente africano; mentre le vecchie saranno ancora protagoniste, come USA e Russia. Ma è soprattutto il duopolio emergente “Stati Uniti d’America/Repubblica Popolare Cinese” a preoccupare, gli altri Stati sarebbero al massimo comprimari importanti nella gestione delle questioni basilari del mondo: la popolazione, il cibo, le migrazioni, l’ecosistema, l’ambiente, i conflitti vecchi e nuovi, l’energia, le epidemie e altri ancora.

Immaginare che al tavolo ove si decidono le sorti del mondo si sieda un italiano o un tedesco (anche se oggi è quest’ultimo il riferimento europeo al di fuori del continente) non è più pensabile. Ciò detto, da troppo tempo l’Europa stenta a procedere compatta, ad unificare gli sporadici e scoordinati tentativi dei singoli paesi che la compongono, non riuscendo a rispondere insieme alle sfide lanciate dai grandi e repentini cambiamenti. C’è ancora l’idea che in Europa esistano paesi grandi e paesi piccoli, ma la realtà è che di fronte al mondo noi europei abbiamo paesi piccoli e paesi che non hanno ancora capito di essere tali.

C’è un’Europa del Nord, quella del risparmia e investi, che ha dettato le regole europee; c’è un’Europa del Sud, quella del prendi in prestito e spendi, dove va detto stiamo noi italiani; c’è un’Europa dell’Est, quella che si è dimenticata cosa sia la solidarietà, forse troppo precocemente inserita a pieno titolo nell’Unione Europea. Sono culture diverse, che percepisci e tocchi con mano viaggiando in quei paesi; sono concetti non teorici ma che impattano nella quotidianità di un divenire che non deve avere il sapore nostalgico di un tempo che non può e non deve ritornare.

A Roma lo scorso 25 marzo si sono poste le basi per non regredire, ma ora non è più possibile restare fermi in attesa di un domani già presente, anche alla luce degli ultimi drammatici eventi. Bisogna ripartire immediatamente per costruire gli Stati Uniti d’Europa e di questo obiettivo devono farsi esecutori i Paesi fondatori dell’Europa, ovvero Germania, Francia e Be.Ne.Lux., più Spagna, Portogallo e Austria, mettendo subito in comune il deficit, le tasse, il debito.

Perché comunque vada, nel 2050 gli equilibri del mondo saranno rovesciati: Asia e Africa rappresenteranno il 75% delle popolazione mondiale e più del 55% della ricchezza mondiale, rispetto al 31% del 2010; invece America ed Europa arriveranno a produrre solo il 33% del PIL mondiale contro l’odierno 55% (gli USA dal 26% scenderanno al 18%, l’UE dal 29% scenderà al 15% ovvero dimezzerà la sua produzione). Trump lo ha ben compreso e si sta attrezzando soprattutto a nostre spese.

Questa previsione preoccupante è stata ottenuta mettendo insieme le statistiche dei 28 paesi dell’Unione, compresa l’isola britannica, che ha iniziato il percorso di uscita e dunque in prospettiva ha indebolito ancor di più l’Unione Europea. Saremo più vulnerabili ma la miopia di certi ragionamenti, o meglio la sindrome di Grimilde (la matrigna di Biancaneve e il suo sofferto rapporto con lo specchio magico) induce nel ragionamento opposto che, a parte tutto, interessa meno.

In ogni caso, se presi singolarmente è probabile che nemmeno uno dei nostri paesi potrà far parte degli otto paesi più ricchi del mondo e se non saremo in grado di unirci politicamente e non solo economicamente non avremo più quel peso sufficiente che permette di influire sulle decisioni a livello mondiale. E questo peso è già sensibilmente ridotto dall’incapacità di avere una vera politica estera e una vera politica di difesa e di sicurezza comune.

L’ Europa è ancora (per quanto tempo non si sa) il primo esportatore e investitore mondiale, ma conta ben poco nella politica internazionale e in particolare nella gestione dei conflitti e delle tensioni che periodicamente sorgono per l’accesso alle materie prime e alle fonti energetiche, delle cui nostre carenze siamo consapevoli.

Questi quesiti, queste proposte, non di semplice soluzione, non di semplice attuazione, sono stati ben interpretati ed accolti da parte del parlamentare Patrizia Toia, del parlamentare Caterina Chinnici, del funzionario Leone Rizzo, dell’assistente Anita Banfi. Sono stati novanta minuti durante i quali è nato un dialogo tra più persone che hanno condiviso un comune pensiero.

Il risultato è stato positivo, complice anche l’idea di anticipare le motivazioni ed i contenuti che ci hanno indotto ad intraprendere questa iniziativa, dando la possibilità ai relatori di impegnare al meglio il poco tempo a disposizione.

Ci è stato consegnato anche un testo approvato in edizione provvisoria inerente la lotta contro il terrorismo intitolato “Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo”, nel quale molte delle nostre puntualizzazioni sono in fase avanzata di discussione.

La sensazione è un dialogo che fatica a decollare nei contenuti fondanti, ma che comunque prosegue a piccoli passi nella direzione da noi voluta. Non ci facciamo però illusioni, la strada verso un approdo alla procura europea, ad un nuovo regolamento sull’immigrazione, alla reale unità politica è ancora lunga ed impervia nella sua percorrenza.

Questa iniziativa non vuole essere un momento unico, ma si propone di aprire un canale di confronto e di sollecito affinché i temi esposti abbiano un percorso di attuazione, il quale dovrà prevedere alcune verifiche rispetto gli argomenti portati in discussione.

A prima vista potrebbe sembrare un atto molto ambizioso, siamo però convinti come Progetto San Francesco che l’ambito locale debba avere un punto di contatto, un filo conduttore con l’ambito centrale, ovvero che sono le moltitudini delle realtà locali a formare l’insieme della società e chi ha un ruolo di vertice non può essere scollegato da esse: deve però guidarle indicando la via migliore e più percorribile.

Ambito locale che ha visto costituire il “Comitato 5 dicembre 2014” formato dai comuni della bassa comasca, un contenitore di iniziative sociali antimafia il cui nome ricorda l’ennesimo arresto collettivo di ‘ndranghetisti effettuato dalla DIA milanese nei nostri piccoli paesi di provenienza, particolarmente significativo per le persone colpite da questo provvedimento.

Le problematiche continentali non sono distanti dalla nostra attività quotidiana che ci vede prevalentemente agire in provincia di Como ed in quelle limitrofe, senza però farci mancare collaborazioni continue e ben assortite con associazioni di altre regioni, o tra regioni diverse. E allora anche l’idea di un PSF che agisca su scala continentale non è peregrina e ci vede a disposizione con lo stesso entusiasmo contagioso che cerchiamo di trasmettere a chi incontriamo ogni giorno, nel nostro bene confiscato o fuori dallo stesso.
Per questo motivo, nella convinzione che i confini, anche di ruolo, debbano essere luoghi dedicati allo scambio e non di chiusura tra due o più soggetti, abbiamo immaginato questa iniziativa parlamentare europea invitando gli enti, le associazioni, i semplici cittadini che collaborano con noi o che semplicemente ci conoscono, ad una condivisione del progetto che veda da subito un continente meno confuso e complicato, più politico e sociale.

Abbiamo agito insieme ai sindaci di Bregnano, di Guanzate e di Lomazzo; insieme agli assessori di Fino Mornasco e di Vimercate; insieme ad associazioni (Centro Cooperazione Sviluppo Italia onlus con sede a Genova, Il Sole onlus di Saronno) insieme a docenti dell’Università Cattolica di Milano, insieme a professori della scuola superiore e dell’obbligo, insieme a semplici cittadini, studenti, lavoratori, pensionati. Con noi anche un cittadino della Confederazione Elvetica. L’auspicio è che ognuno faccia tesoro di questa esperienza formativa di rinnovata cittadinanza.

Il punto di partenza è smettere di cercare risposte alle domande sul futuro utilizzando strumenti e modelli nazionali che appartengono al passato. La vera sfida, affinché il progetto politico di una concreta Unione Europea si concretizzi, consiste nel vincere la miopia degli elettorati locali e degli interessi nazionali. C’è una governance incompiuta, va completata al più presto, affinché si possa governare il futuro insieme ai cittadini europei. Le nuove generazioni hanno bisogno di questo.

Strasburgo, 5 aprile 2017

Andrea Zoanni

          Presidente