Mercoledì 10 aprile abbiamo assistito ad una interessante conferenza sulla mafia presso la biblioteca Paolo Borsellino di Como. L’incontro è stato introdotto da Benedetto Madonia direttore del Centro Studi sociali di Cermenate e coordinato dal giornalista di Espansione TV e del Corriere di Como Andrea Bambace che ha intervistato un magistrato, Alessandra Cerreti che dal 2010 fa parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano dopo aver operato anche Il quella di Reggio Calabria e che ha gestito la collaborazione della prima donna di Ndrangheta Giuseppina Pesce figlia del boss Salvatore Pesce .
La dottoressa si è interessata alla criminalità organizzata seguendo le vicende dei magistrati Falcone e Borsellino, uomini che per la sua generazione sono stati dei modelli da imitare. Questi magistrati cercavano di interagire il più possibile con i ragazzi, scrivendo lettere ai dirigenti scolastici e parlando loro tramite la televisione. Infatti, avevano già compreso che, la mafia teme la scuola più della giustizia.
La dottoressa ci ha posto una domanda apparentemente semplice, ma a cui nessuno ha saputo rispondere, ovvero quella di dare una definizione di mafia. Si tratta di un argomento molto attuale, di cui parla molta gente, ma ci siamo resi conto che spesso ne parliamo senza nemmeno sapere di cosa si tratti. La mafia è l’insieme di tutte le organizzazioni criminali che possiedono caratteristiche che la criminalità normale non ha, vive del consenso largo e ampio della società civile e riesce ad inserirsi in essa con estrema facilità .
Un particolare che ha molto colpito noi ragazzi, è stato scoprire come fin da piccoli i bambini della Ndrangheta vengano educati alla vita da criminali, anche tramite ninna nanne cantate dalle loro madri, che li incitano a crescere presto imparando ad usare le armi, per poter vendicare magari la morte del padre ucciso da infami .
Inizialmente si pensava che il mafioso, allontanato dalla sua terra natia , perdesse potere e pericolosità e proprio per questo , dopo la condanna ,lo si mandava solitamente al nord. Questo metodo, si scoprì però essere inutile, in quanto il criminale portava con sé la famiglia e i suoi legami di potere e quindi una tale operazione risultava essere inutile oltre che spesso controproducente.
L’immagine del mafioso è cambiata notevolmente con il tempo perché nella tratta di oggi ,si presentano come cittadini pienamente inseriti nella società e nella vita pubblica, con titoli di studi, lauree e utilizzano i soldi che ricavano dai diversi traffici -in particolare dal traffico di eroina in collaborazione con la criminalità colombiana-per finanziare la costruzione di hotel, bar e ristoranti. Spesso riescono anche ad imbrogliare degli imprenditori, riuscendo alla fine a sottrargli l’attività. Questi imprenditori sono costretti ad accettare la protezione dei mafiosi, pagare loro molti soldi ed assumere nella loro attività dipendenti criminali. Questi uomini vivono nella continua paura perché sanno che se provassero a fare denuncia o se si rifiutassero di fare ciò ce gli viene imposto, sarebbero o minacciati o uccisi.
La dottoressa ci ha parlato anche dei messaggi illusori che la mafia manda. I mafiosi infatti non sono tutti ricchi perché i soldi sono solamente nelle mani del capo, gli altri sono pagati pochissimo e vengono usati solo come manovalanza operativa cioè per sparare e uccidere. Anche i capi tuttavia ,sebbene abbiano nelle loro mani tutto il denaro, non vivono una vita migliore; si devono infatti nascondere, vivono da latitanti in piccolissimi bilocali sotto terra per non farsi trovare, e poi o vengono uccisi a loro volta o vengono processati.
La mafia, come detto prima, si inserisce nella società e riesce anche a sostituirsi alla giustizia statale, ma tutto questo gli è possibile grazie al consenso sociale. Per questo motivo se la gente avesse il coraggio di ribellarsi e di denunciare ,la mafia potrebbe essere sconfitta più facilmente, perché non avrebbe più nessuna copertura. Ma spesso la mafia fa comodo ai cittadini e i cittadini fanno comodo alla mafia. Molte volte poi, come abbiamo potuto imparare da questo incontro, la gente è poco informata ed è per questo che non sa difendersi, e rischia così di cadere nelle mani dei mafiosi. La mafia riguarda tutti e non bisogna vederla come una realtà lontana da noi. Tutti devono imparare a riconoscere e combattere la mafia per interrompere questa ormai lunga e silenziosa complicità e connivenza tra criminalità organizzata e società civile.Non solo dunque ribellarsi è giusto ma costituisce anche un nostro dovere.
Giulia Furlan
Liceo Teresa Ciceri 3UD Como 13.4.2019