L’ex comandante del Ris di Parma racconta un anedotto risalente al 23 maggio 1992: “Mi occupai delle analisi sui mozziconi. Santino Di Matteo chiese di parlare con me e decise di collaborare con la giustizia”

Dal 1995 fino al 2009 è stato il popolarissimo comandante del Ris di Parma (Reparto Carabinieri Investigazioni Scientifiche) occupandosi di vari casi di cronaca nera. Luciano Garofano, 72 anni tra pochi giorni, è stato protagonista di una lunga intervista concessa al Corriere della Sera in cui ha fatto un cenno anche sulla Strage di Capaci. Biologo, Garofano nel 1978 si è arruolato nell’Arma dei carabinieri, e fino al 1988 è stato al comando della sezione Chimico-Biologica del Centro carabinieri investigazioni scientifiche di Roma. Dall’1988 al 1995 è stato comandante della Sezione Biologia dello stesso centro. Nel 1992 si è occupato delle indagini sulla strage di Capaci.
Otto anni al Ccis, poi due anni al comando di una Compagnia dei carabinieri a Torino, lontano dai laboratori. E infine il ritorno ai reparti scientifici. “Il trasferimento a Torino – ha detto il generale Garofano al Corsera – sulle prime mi sembrò penalizzante, ho capito dopo che invece mi sarebbe servito saper gestire il comando di un reparto. Successe che mentre ero lì mi invitano a un congresso per presentare un lavoro di ricerca in America Latina. L’allora comandante generale Antonio Viesti si incuriosì e mi convocò. Mi disse: ‘Ho visto l’invito e ho letto il suo profilo. Mi dica una cosa: vuole rimanere nell’Arma territoriale o vuole tornare al servizio scientifico?’ Ovviamente scelsi la scienza e finiti i due anni torinesi tornai al Ccis. Mi occupai di tante inchieste, compresa la strage di Capaci, e in quell’inchiesta successe una cosa strana”.
“Il nostro laboratorio, assieme a quello della polizia scientifica, fece le analisi sui 51 mozziconi di sigarette che Santino Di Matteo e gli altri mafiosi fumarono in attesa che passasse il giudice Falcone con la moglie e la scorta-. La faccio breve. Dopo l’arresto di Di Matteo (ero ancora capitano) andai in carcere per il prelievo del suo dna e gli dissi che lui poteva rifiutarsi ma che poi il giudice avrebbe ordinato il prelievo coatto. Lui rifiutò. Quindi tornai la seconda volta e lui se ne uscì con una richiesta che sorprese tutti: ‘Vorrei rimanere solo con il capitato Garofano’. Pensai: che vuole adesso questo da me? Rimanemmo soli e lui mi disse: lei mi pare una persona affidabile, volevo dirle che ho deciso di collaborare con la giustizia. Tutto mi sarei aspettato tranne quelle parole. Avvisai la procura e il resto è scritto nella storia della lotta alla mafia…”. PLERMO TODAY 13.4.2025