di Lionello Mancini
di Lionello Mancini
Primo indizio. Dal 17 al 19 ottobre si sono tenuti gli Stati generali della Cgil Lombardia, forte (la più numerosa del Paese) di 913mila iscritti. I dirigenti sindacali lombardi dedicano ogni anno uno spazio di riflessione ai temi considerati centrali nell’azione confederale e il tema di quest’anno è stato “Economia, mafie, contrattazione, legalità”. Così, nei tre giorni di Pollenzo Bra (Cuneo), con il contributo di analisi di amministratori, politici, magistrati, imprenditori, studiosi, i sindacalisti cercano di individuare le strade più efficaci per legare il compito di rappresentanti dei lavoratori – la contrattazione – ai nuovi obiettivi imposti da una realtà ormai innegabile: i capitali sporchi, il riciclaggio, l’usura, la corruzione, si radicano là dove il denaro circola più facilmente.
E così, da Pollenzo rimbalza il dato clamoroso fornito dall’Ufficio federale di polizia elvetico: negli ultimi cinque anni la ‘ndrangheta avrebbe investito in Svizzera tra i 20 e i 30 miliardi di franchi (16,5-24 miliardi di euro), acquisendo immobili, imprese, negozi e attività varie.
Secondo indizio. Il 18 ottobre ha preso solennemente il via all’Università Cattolica di Milano il corso di “Alta formazione per amministratori giudiziari di aziende e beni sequestrati e confiscati”, promossa dal centro studi “Federico Stella”. All’inaugurazione sono presenti e partecipano alla tavola rotonda “Intrecci tra mafia e impresa nel tessuto economico del Nord Italia”, esponenti di altissimo livello del mondo accademico e giudiziario, coordinati dal giurista palermitano Giovanni Fiandaca, massimo esperto del campo.
Senza troppe perifrasi, il corso di Alta formazione è stato ideato perché «l’intreccio tra criminalità organizzata e criminalità del profitto ha determinato un aumento delle aree di promiscuità tra impresa lecita e impresa criminale anche, e soprattutto, nelle regioni settentrionali» e visto che «la presenza delle mafie nel mondo delle imprese del Nord Italia è un fenomeno che può essere esiziale per il nostro Paese, specie in un periodo di grande crisi economica e di sistema».
Terzo indizio. Lunedì 29 ottobre, Assolombarda ha consegnato simbolicamente al prefetto Giuseppe Caruso, direttore dell’Agenzia per i beni sequestrati alla mafia, e ai rappresentanti dei ministeri della Giustizia, dell’Interno e del Tribunale di Milano, una lista con 63 nomi.
Sono i manager formati grazie al progetto avviato un anno fa a cura di Università, organizzazioni manageriali, Assolombarda, Agenzia per i beni sequestrati. I 63 esperti, destinati ad affiancare gli amministratori giudiziari nella gestione delle aziende tolte alle cosche perché non falliscano perdendo così denaro e posti di lavoro, «sono stati coinvolti in attività di formazione che ha prodotto in quattro mesi 14 report dettagliati sullo stato di altrettante aziende confiscate, prevalentemente nel Sud Italia, con l’indicazione di opzioni strategiche che serviranno per definire le soluzioni di destinazione delle imprese stesse».
C’è da augurarsi che dopo tante batoste, per la mobilitazione civile in Lombardia valga il noto aforisma di Agatha Christie secondo il quale «un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova».
Sole 24 Ore 5.11.2012