In Emilia un passo avanti sulle white list

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 di Lionello Mancini

 

di Lionello Mancini
 
Il 29 maggio 2012, quando in Emilia arriva la seconda scossa, è un martedì. Ecco perché, a differenza di nove giorni prima, quella mattina le vittime sono 20 (erano state sette il 20 maggio), i feriti 350 (erano stati 50), gli sfollati salgono da 5mila a 15mila. In tanti, nonostante la paura, erano tornati a lavorare. Nei campi, negli uffici, purtroppo anche dentro i capannoni. Un pezzo d’Italia che ha stretto i denti e in un anno ha rialzato la testa, anticipando soldi propri, con i bambini che non hanno perso un giorno di scuola, con un’idea di comunità, di forza e di progresso che ci invidiano nel mondo. Il commissario straordinario è il Governatore. E il “cratere” del terremoto dell’Emilia Romagna è il primo posto in Italia in cui – per chi vuole ricostruire – le white list sono obbligatorie. Come ha risposto lo Stato, alla voglia di ripresa dell’Emilia? Con affanno, manco a dirlo, anche se qualcosa pare si stia muovendo.

La scelta (settembre 2012) di partire con la ricostruzione cercando di garantirsi dalle infiltrazioni mafiose, moltiplicata dalla vastità e dalle numerose tipologie di lavori necessari, ha stressato non poco una macchina pubblica già arrancante per scarsità di risorse e di personale. Una serie di aggiustamenti normativi (febbraio 2013) ha reso più complicato per prefetture e tavoli interforze la verifica e la selezione delle imprese candidate. E in quel momento sono diventati tangibili e quasi insormontabili vecchi difetti dell’amministrazione quali l’insensata distribuzione geografica del personale, le guarentigie sindacali che bloccano la reazione alle emergenze, la scarsa informatizzazione, la scarsa formazione. E si è arrivati all’assurdo dei mesi scorsi, con circa 2mila domande in attesa e sole 16 ditte iscritte alle white list modenesi. Oggi l’Utg di Modena (“rafforzato” da un addetto part time) ha licenziato una cinquantina di pratiche, anche se la lista d’attesa è salita a 2.700-2.800 domande. Situazione che dovrebbe migliorare quando avverrà il distacco di cinque persone dalla Regione alla Prefettura, a valere sui fondi della ricostruzione.

Inoltre, ormai circa il 90% delle procedure sono finalmente automatizzate e due aspetti organizzativi dispiegheranno presto i loro effetti. Il primo è che l’ammissione alle white list avverrà a opera delle prefetture localmente investite dei controlli sui richiedenti. Viene così eliminato l’andirivieni della pratica dagli uffici del “cratere”; il secondo aspetto è che l’immissione nelle white list comincia (finalmente) a popolare il Siceant (Sistema automatizzato per la certificazione antimafia), segmento di una banca dati nazionale per il contrasto alla criminalità organizzata. Il Siceant permetterà il rilascio online delle certificazioni antimafia per le imprese che partecipano agli appalti pubblici, direttamente alle stazioni appaltanti e consentirà la gestione automatizzata dell’istruttoria da parte delle Prefetture.

Un bel passo avanti. Anche se ci è voluto un terremoto per accelerare su un’idea ovvia per un Paese moderno e con i problemi di criminalità che ha l’Italia: dotarsi di una banca dati centralizzata antimafia. Sì, perché il progetto Siceant, presentato ufficialmente nel marzo 2008, fa parte del più vasto sistema di interventi “Progetto Governance” avviato nel 2001.

Sole 24 Ore 27.5.2013

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