Finora ha 10 rivali nella corsa per guidare il pool dei magistrati. Proprio nel giorno in cui il decreto del governo sulla istituzione della superprocura passa al Senato, la nuova struttura di coordinamento delle indagini antimafia ha il suo candidato più autorevole.
Giovanni Falcone, ex procuratore aggiunto di Palermo, attualmente direttore degli «affari penali» del ministero di Grazia e Giustizia, infatti, ha presentato la domanda per la Direzione Nazionale Antimafia.
Oggi scadono i termini, ma il Consiglio superiore della magistratura non prenderà subito in considerazione le richieste: in pratica non prima del 19 gennaio, data ultima entro la quale sarà possibile eventualmente ritirarle.
Per questo non è ancora possibile avere un quadro preciso di quanti saranno i reali concorrenti alla poltrona di «superprocuratore».
Fino a ieri le domande pervenute alla segreteria del Consiglio superiore della magistratura (sarà l’organo di autogoverno dei giudici a pronunciare l’ultima parola sulle candidature) erano meno di dieci.
Oltre al giudice Giovanni Falcone, si sono candidati: Francesco Amato, abbastanza conosciuto all’epoca del processo del «7 aprile»; Giancarlo Armati, attualmente pubblico ministero a Roma, e Antonio Alibrandi, giudice di Cassazione, noto per le sue tendenze di destra e padre del terrorista dei Nar, Alessandro, ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia.
Non si sa chi siano gli altri «pretendenti», il numero, comunque, non è affatto «chiuso», almeno fino a questa sera e potrebbero arrivare altre candidature a sorpresa.
Di certo si sa che non è fra gli aspiranti Piero Luigi Vigna, procuratore di Firenze: «Ritengo – ha detto ieri sera – sia molto impegnativo svolgere le funzioni presso la Procura distrettuale».
Si assisterà ancora ad un braccio di ferro tra il Csm e il governo?
Il Consiglio superiore non ha mostrato molte simpatie per l’istituzione di un organismo che viene visto come il tentativo di legare l’azione del pubblico ministero alla «linea» dell’esecutivo.
Ma la Dna ormai viene considerata a più livelli una sorta di «rimedio indispensabile» per far fronte alle gravi inadempienze dell’apparato giudiziario e investigativo sul terreno della lotta alla criminalità organizzata.
C’è, inoltre, la candidatura di Giovanni Falcone che viene considerata «fortissima», quasi «naturale», rispetto ai problemi che la superprocura dovrà affrontare.
Basterà per far superare vecchie incomprensioni e «veti incrociati» che in passato hanno condizionato l’atteggiamento del Csm nei confronti del giudice Falcone?
Giovanni Falcone, ex procuratore aggiunto di Palermo, attualmente direttore degli «affari penali» del ministero di Grazia e Giustizia, infatti, ha presentato la domanda per la Direzione Nazionale Antimafia.
Oggi scadono i termini, ma il Consiglio superiore della magistratura non prenderà subito in considerazione le richieste: in pratica non prima del 19 gennaio, data ultima entro la quale sarà possibile eventualmente ritirarle.
Per questo non è ancora possibile avere un quadro preciso di quanti saranno i reali concorrenti alla poltrona di «superprocuratore».
Fino a ieri le domande pervenute alla segreteria del Consiglio superiore della magistratura (sarà l’organo di autogoverno dei giudici a pronunciare l’ultima parola sulle candidature) erano meno di dieci.
Oltre al giudice Giovanni Falcone, si sono candidati: Francesco Amato, abbastanza conosciuto all’epoca del processo del «7 aprile»; Giancarlo Armati, attualmente pubblico ministero a Roma, e Antonio Alibrandi, giudice di Cassazione, noto per le sue tendenze di destra e padre del terrorista dei Nar, Alessandro, ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia.
Non si sa chi siano gli altri «pretendenti», il numero, comunque, non è affatto «chiuso», almeno fino a questa sera e potrebbero arrivare altre candidature a sorpresa.
Di certo si sa che non è fra gli aspiranti Piero Luigi Vigna, procuratore di Firenze: «Ritengo – ha detto ieri sera – sia molto impegnativo svolgere le funzioni presso la Procura distrettuale».
Si assisterà ancora ad un braccio di ferro tra il Csm e il governo?
Il Consiglio superiore non ha mostrato molte simpatie per l’istituzione di un organismo che viene visto come il tentativo di legare l’azione del pubblico ministero alla «linea» dell’esecutivo.
Ma la Dna ormai viene considerata a più livelli una sorta di «rimedio indispensabile» per far fronte alle gravi inadempienze dell’apparato giudiziario e investigativo sul terreno della lotta alla criminalità organizzata.
C’è, inoltre, la candidatura di Giovanni Falcone che viene considerata «fortissima», quasi «naturale», rispetto ai problemi che la superprocura dovrà affrontare.
Basterà per far superare vecchie incomprensioni e «veti incrociati» che in passato hanno condizionato l’atteggiamento del Csm nei confronti del giudice Falcone?
Ieri, dunque, il decreto del governo è stato approvato dal Senato, anche se con qualche emendamento che modifica e in qualche caso limita i poteri di coordinamento attribuiti alla Direzione Nazionale Antimafia, specialmente nei riguardi delle procure distrettuali. Sono state, poi, cambiate le norme che prevedevano un intervento diretto del procuratore nazionale nella individuazione dei temi di investigazione: qualunque intervento dovrà essere motivato.
L’emendamento, passato con una maggioranza che lo stesso ministro Martelli ha definito «spuria» (a presentare correttivi sono stati pds, pri e sinistra indipendente), secondo il guardasigilli è «un po’ improvvisato», ma «non altera, nella sostanza, l’attribuzione di competenze al Procuratore nazionale».
Adesso il decreto dovrà essere discusso in Parlamento. Sarà fatto con la medesima celerità? Non sembra proprio possibile, a giudicare dagli schieramenti a suo tempo anticipati dai partiti. Non c’è molto tempo per far diventare legge il provvedimento governativo, che scade il 20 gennaio. «La Camera – dice Martelli – ha solo due settimane e dunque vi è una triplice urgenza: istituzionale, politica e morale». In serata, infine, il guardasigilli è stato ricevuto dal Quirinale: all’attenzione del Capo dello Stato ancora l’emergenza criminalità. Francesco La Licata LA STAMPA
L’emendamento, passato con una maggioranza che lo stesso ministro Martelli ha definito «spuria» (a presentare correttivi sono stati pds, pri e sinistra indipendente), secondo il guardasigilli è «un po’ improvvisato», ma «non altera, nella sostanza, l’attribuzione di competenze al Procuratore nazionale».
Adesso il decreto dovrà essere discusso in Parlamento. Sarà fatto con la medesima celerità? Non sembra proprio possibile, a giudicare dagli schieramenti a suo tempo anticipati dai partiti. Non c’è molto tempo per far diventare legge il provvedimento governativo, che scade il 20 gennaio. «La Camera – dice Martelli – ha solo due settimane e dunque vi è una triplice urgenza: istituzionale, politica e morale». In serata, infine, il guardasigilli è stato ricevuto dal Quirinale: all’attenzione del Capo dello Stato ancora l’emergenza criminalità. Francesco La Licata LA STAMPA