“la ‘ndrangheta ministero occulto e pericoloso”

Intervista a Enzo Ciconte, storico calabrese

 

Intervista a Enzo Ciconte, storico calabrese

 

“La ‘ndrangheta in Lombardia esiste da decenni”

Tanti parlano e scrivono di mafia, pochi ci riescono evitando il già detto. Il professor Enzo Ciconte, docente di Storia della criminalità organizzata alla Sapienza di Roma e calabrese doc, affronta l’argomento con l’approccio dello studioso, senza derive romanzesche. Molti anni fa fu il primo a mettere nero su bianco la storia della ‘ndrangheta e a denunciare la presenza delle mafie al Nord. Oggi resta una guida imprescindibile per chi vuole arrivare al cuore del problema.

Professor Ciconte, fino a poco tempo fa qualcuno diceva: la mafia a Milano non esiste. Ora tutti ne parlano e i libri sull’argomento si sprecano.

“Chi aveva occhi per guardare si era già accorto della presenza dei clan da un bel pezzo. A metà degli anni ’90 alcune operazioni delle forze dell’ordine misero a soqquadro le famiglie mafiose e della ‘ndrangheta a Milano, quindi il fenomeno era noto a tutti. Insomma, chi doveva sapere sapeva. Invece molti di coloro che oggi parlano o scrivono allora hanno taciuto. Scrivere dei clan è diventato quasi una moda, ma fare un copia e incolla delle indagini lascia il tempo che trova. Le vere inchieste giornalistiche bisogna farle sul territorio, andando a vedere cosa sta succedendo realmente nei quartieri e nei cantieri. Occorre poi denunciare i rapporti tra politici e mafiosi”.

Nella provincia del profondo Nord parlare di mafia resta però un tabù.

“Non si parla si mafia per due motivi. Primo, perché non sta bene e si teme di rovinare l’immagine di un paese o di una città. Secondo, perché una parte del tessuto economico ha interesse a dire che i clan sul territorio non ci sono. A molti imprenditori conviene fare affari con loro. Invece sarebbe bene dire che le mafie al Nord ci sono eccome, e che la corsa al facile arricchimento dell’ultimo decennio ha fatto esplodere definitivamente il fenomeno”.

Cosa ha favorito questo processo?

“Prima di tutto occorre dire che la mafia non è sbarcata con il soggiorno obbligato, che è stato in realtà solo una parte del problema. La pervasività del fenomeno si spiega piuttosto con la responsabilità di molti imprenditori scesi a patti con questi criminali. Quella mafiosa non è un’invasione e non si tratta solo di persone che sparano: abbiamo a che fare con un soggetto economico che inquina il mercato. Basta vedere cosa accade nell’edilizia”.

Cosa accade?
“Per mettere un piedi un’attività in questo settore non ci vuole molto. La ‘ndrangheta si presenta con le sue aziende e pratica prezzi stracciati, vincendo con il criterio del massimo ribasso. Questo è possibile perché loro non hanno problemi di soldi. Ma il vero interesse è agganciare le amministrazioni locali e inrecciare una serie di rapporti con le ditte del territorio. Si crea così un sistema di relazioni: questi mica arrivano con lo schioppo, anzi si presentano con il sorriso. Ti fanno capire che ti conviene avere rapporti con loro, perché ti risolvono problemi con i sindacati e con i crediti da riscuotere dalle altre aziende. Ti devi liberare di qualche scarto o rifiuto? Nessun problema, ci pensano loro”.

Insomma, è un rapporto di convenienza.

“Ci sono quelli che io chiamo “uomini cerniera”, che aiutano i mafiosi a impiantarsi sul territorio aprendo loro le porte giuste. Ma se si rispettano le regole, i clan non trovano spazio”.

Altro business è quello dell’usura.

“E’ il cavallo di troia per riciclare i soldi sporchi. Può capitare che chi è in difficoltà si rivolga all’usuraio per un prestito. Ma qual è la differenza quando ci si rivolge a un usuraio mafioso? Se non ha i soldi da restituire quello si prende le aziende. L’interesse non è riscuotere gli interessi, ma impadronirsi delle imprese”.

Come ci si accorge della presenza delle mafie?
“Bisogna osservare bene quello che accade nei settori economici e fare attenzione alle anomalie del mercato. Prendiamo i centri commerciali. C’è veramente bisogno di costruirne così tanti? Di chi sono i negozi all’interno di queste gallerie? Capita spesso di vedere negozi vuoti, dove non entra nessuno. Occorre chiedersi perché non chiudono. Forse perché servono a riciclare denaro. Altro fenomeno da tener d’occhio è la frequenza dei cambi di proprietà nei locali pubblici. Se in una determinata zona bar e pizzerie iniziano a passare nelle mani di sconosciuti significa che qualche problema c’è”.

Quali nuovi business fanno gola alla ‘ndrangheta?

“Non ce ne sono, semplicemente perché la ‘ndrangheta arriva ovunque c’è da far soldi. Il business principale resta quello del traffico di droga e del riciclaggio dei suoi proventi in attività lecite. Ma di recente, ad esempio, i clan calabresi sono entrati anche nel giro dei rifiuti, che prima era un’esclusiva della camorra. E attenzione alle slot machine: siamo sicuri che tutti i baristi le prendano per libera scelta? Forse vengono imposte. I clan si inseriscono ovunque. Sono gruppi economici che usano metodi mafiosi, inquinando l’economia e la democrazia”.
Come si può fermare l’espansione della ‘ndrangheta?

“La mafia siciliana è rimasta sempre prigioniera dell’isola, i calabresi invece hanno avuto una proiezione nazionale e internazionale. Quindi per combattere la ‘ndrangheta bisogna colpirla in più punti e in più luoghi. Nell’ultimo anno quest’organizzazione ha avuto rapporti con la politica a livello locale, provinciale e regionale in Piemonte, Liguria e Lombardia. Per vincere bisogna avere il coraggio di spezzare questi legami”.

a cura B.M.