È il 15 marzo 2011 quando i carabinieri fotografano Eugenio Costantino, colletto bianco della cosca Mancuso, che entra nel Centro culturale milanese dell’assessore alla Casa della giunta Formigoni, incontra appunto il pdl Domenico Zambetti, esce con un pacchetto, entra in auto, conta il denaro e racconta ai complici (e al pm Giuseppe D’Amico, non sapendo che l’auto è diventata un enorme microfono) la storia dei 4.000 voti comprati alle elezioni regionali 2010, sottostante il pagamento da parte del politico della rata da 30.000 euro di cui si sente il fruscìo. «Cirù conta questi soldi, devono essere 30….togline 15…sono tutti da cento. Zambettino, Zambettino le corna sue… All’inizio si è fatto un po’ i cazzi suoi, adesso ha pagato, eh». «Quanto gli è costato a lui?», chiede il complice. «Togli questi 30.000… gli sarà costata 200.000 euro… Ma tu lo hai capito che gli hai dato 3.000/3.500 voti, nel mio piccolo io sinceramente li meritavo 100.000 euro, nel mio piccolo io nel Magentino gli ho fatto dare 700/800 voti, ma stiamo scherzando… Lui grazie a questi spiccioli è stato eletto, altrimenti chi lo eleggeva? Sai quanto prendeva lui? 6/7.000 voti. Invece ne ha presi 11.500, giusto i quasi 4.000 voti (di distacco dal primo dei non eletti, ndr) arrivatigli da questa gente».
Un voto 80 euro. Con appalti, 50
Le intercettazioni colgono gli uomini delle cosche in ragionamenti che combaciano a posteriori con l’esame dei flussi elettorali delle zone citate: «Il napoletano solo quello 1.500 voti li gestisce, hanno 10/12 grossi condomini a Milano che dirigono loro; poi c’è un altro napoletano, che hanno i locali a Milano, quelli 400/500 voti li portano solo loro, come glieli hanno dati i 2.500 voti a Milano l’altra volta a Zambetti… Vabbeh tanto ci ha messo le mani la famiglia Barbaro per i voti. Però la famiglia Barbaro i 500 voti non glieli hanno dati aMilano eh, ci sono gli altri dei paesi, ma quello che i voti a Milano li ha fatti prendere, 2.500 a Milano, è stato Ambrogio», cioè il sondaggista (fratello del più noto Luigi) di cui nei clan si parla con remore: «Quello è un bandito! L’altra sera mi ha chiamato ed era con Vallanzasca, “vieni che vi faccio salutare Vallanzasca” ». Istruttivo è anche il tariffario dei voti, con o senza sconto-appalti. «Ci vogliono 80 euro a voto, Eugè!», propone un complice a Costantino, che però lo corregge: «Su 2.000 voti sono 50 euro a voto». L’altro non è convinto: «Eh buono, di solito per lo meno al Sud costano 80 euro a voto». «Ma dato che vogliamo pure del lavoro, basta 50 euro a voto, stop», gli spiega Costantino, che poi aggiungerà: «Un acconto prima e la rimanenza te la danno dopo, funziona così eh!».
Le promesse sull’Expo 2015
Alle cosche interessano il cash ma ancor più gli appalti, come programmano con realismo: «Lui — cioè l’assessore Mimmo Zambetti —ha detto “se voi trovate un lavoro, segnalatemelo…”. Non ha parlato male, “voi me lo segnalate, io cerco di farvelo dare…”, quindi adesso ti faccio un esempio…noi gli diciamo “Mimmo, guarda che c’è quel lavoro, c’è che ce lo devi far dare, adesso tu sai che c’è l’Expo”, lui ci può aiutare… lui farà di tutto per farcelo avere…più di così, d’altronde, non è che… Anche perché le imprese ce le abbiamo, le cooperative ci sono…».
«L’idiota dice no e perde milioni»
È perciò incomprensibile, per i clan, che ci sia qualche politico che rifiuti l’offerta del loro pacchetto di voti in vendita, come fa nel 2011 il capolista civica della Lega Nord, Marco Tizzoni, che rifiuta gli «apparentamenti strani» stimati 500 voti e perde le elezioni nel Comune dove si terrà l’Expo 2015: «Che schifo di partito — è furibondo l’ndranghetista —, ma tu l’hai capito che quell’idiota della Lega per 10.000 euro che non mi hanno voluto dare hanno perso l’elezione, io gli avevo trovato 500 voti ed hanno perso per 400… Avete perso un paese con l’Expo perché uno non ha voluto cacciare 10.000 euro, c’erano 500 voti pronti e poi ci dovevano dare lavoro. Vaff… io non ho guadagnato 5.000 euro ma loro hanno perso milioni di euro per 400 voti…».
Il «rimpasto» degli accordi
Per convincere l’assessore regionale Zambetti a rispettare i patti («Con noi non vuole più avere a che fare?— ironizza Pino D’Agostino dalla Calabria —. Se no salgo io e ci parlo io, che così ci capiamo… sennò c’è il rimpasto degli accordi…»), i clan graduano la pressione intimidatoria. «A Zambetti ce l’abbiamo in pugno», gongola Costantino, perché «noi avevamo fatto una cosa per incastrarlo… quando abbiamo fatto la festa a Magenta, noi a Zambetti l’abbiamo fotografato con Pino… giusto per avere una prova, e io ce l’ho, dove si vede bello Pino con lui che si stringono la mano». E «quella stretta di mano vuol dire tante cose… e lui è rovinato… Adesso noi non diciamo niente, e poi lui c’ha garantito che ci dà del lavoro in questi 5 anni».
«Per paura si mise a piangere»
In altri momenti la pressione si fa più obliqua: «Hai visto quel “pisciaturu” di Zambetti come ha pagato, eh, lo facevamo saltare in aria… Ciru’, tu l’avevi letta la lettera che gli hanno mandato?». «Il pizzino!», annuisce Ciro. «Gli abbiamo mandato una lettera, Ciru’, talmente scritta bene… cioè si vede che avevano gente laureata nel gruppo, gli hanno fatto la cronistoria di come sono iniziate le cose, di come erano i patti e di come andava a finire…». Al punto che l’assessore «si è messo a piangere davanti a me e a zio Pino, e piangeva… se l’è fatta sotto completo… Ogni tanto solo così possiamo prenderci qualche soddisfazione… ». E nel bel mezzo dell’incontro tra l’emissario presentabile delle cosche e il politico che a loro avviso sta ritardando sia il saldo di una delle ultime rate (da 30.000 euro) del pattuito pagamento di quei 4.000 voti con 200.000 euro, sia la sistemazione all’ente case popolari della figlia di Costantino, dalla Calabria si scomoda D’Agostino con un’arma più intimidatoria di tante pistole: le pause di una telefonata con Zambetti. «Dottore buonasera, come sta? Diabete (pausa) se lo cura?». «È alto… alto», risponde intimorito il politico, di fronte al complice dell’ndranghetista al telefono. «E se lo deve guardare—rincara l’uomo delle cosche di Africo — bisogna fare attenzione con (lunga pausa) il mangiare… Volevo solo salutarvi… eh mi permetto solo di ricordarle la faccenda della figlia del nostro amico». «Ok, tranquillo che lo farò », assicura Zambetti, congedato dal referente dei boss con un poco promettente «Tante tante buone cose lei e la famiglia… stia tranquillissimo su tutto». Subito l’assessore versa i soldi. E piazza la figlia di Costantino, con un contratto interinale poi rinnovato, all’ente case Aler.
Luigi Ferrarella
11 ottobre 2012 Corriere della Sera