Ricostruzione: un software per schedare gli appalti

 

Uno Sciamano contro le cosche. Che potrebbe rivelarsi l’arma in più per prevenire le infiltrazioni nei cantieri. E che ancora nessuno ha chiesto di usare per la ricostruzione post sisma in Emilia. È un programma creato dai carabinieri di Reggio Calabria nell’ambito del gruppo Interforze della Prefettura. Il software è costato 120 mila euro. Pochi spiccioli per una tecnologia all’avanguardia che ha permesso di portare a termine due operazioni antimafia sui cantieri della Salerno-Reggio Calabria. Il sistema permette di visionare con un solo gesto la storia di un cantiere pubblico: elenca i contratti, i nomi delle ditte che lavorano in subappalto, le imprese che forniscono materiale e mezzi, identifica ogni camion presente nell’area di lavoro e gli operai. Nulla sfugge al “guaritore” che riduce sensibilmente i costi della prevenzione antimafia. I dati vengono inseriti nel database dalle ditte appaltatrici vincolate dai protocolli per la legalità. È aggiornato ogni giorno in base alle novità rilevate dalle forze dell’ordine che controllano i cantieri o dai titolari delle imprese. I dati vengono mescolati e correlati. Il cervellone del server elabora un report di facile lettura e fornisce un’analisi del rischio infiltrazioni in base alle anomalie riscontrate. La migrazione di operai da una ditta bloccata per mafia dalla Prefettura a una seconda costituita ad hoc pronta a lavorare nei subappalti è un dato che “Sciamano” fornisce e può diventare un suggerimento investigativo da approfondire. Le ultime due recenti indagini della Procura antimafia e dei carabinieri di Reggio Calabria sulle infiltrazioni nei lavori della Salerno-Reggio Calabria gli devono molto: lo spunto è arrivato da un’anomalia segnalata dal programma. Non sfugge al software marchiato Oracle- società californiana di informatica tra le più grandi al mondo- neppure la sostituzione tra imprese: sulle carte ufficiali c’è un nome, in realtà i camion sono di proprietà di ditte vicine al clan. Se il sistema venisse esteso a tutta Italia, le società non dovrebbero più attendere tempi biblici per ottenere le informative antimafia dalle Prefetture. E le ditte appaltatrici potrebbero tagliare fuori da subito le aziende sospette. Il contrario di quanto accade. Sono numerose le aziende che iniziano i lavori e sono sospese solo dopo mesi, quando arriva il responso della Prefettura. Così è stato per gli impianti fotovoltaici alle scuole di Mirandola. Iniziano i lavori, a posare i pannelli arriva una ditta bresciana in odore di ‘ndrangheta per cui la Provincia ha chiesto informazioni alla Prefettura, ma la risposta ha avuto un travaglio di 6 mesi e la ‘ndrangheta aveva già messo piede nel cantiere pubblico. Una prevenzione al contrario, che Sciamano può reinvertire. Il suo uso è previsto per l’Expo 2015 e per L’Aquila. Sarà adottato per opere pubbliche in provincia di Taranto, in la Liguria e Toscana. E in Emilia per la ricostruzione post-sisma, dove la politica sostiene di essere all’altezza della situazione? Peccato che sia sfuggito un sistema come Sciamano in grado di contrastare le infiltrazioni con un software all’avanguardia. Per adottarlo sarebbe sufficiente chiedere l’autorizzazione al gruppo interforze della Prefettura di Reggio Calabria. E perché non adottarlo anche nei lavori privati: la ricostruzione dei capannoni crollati preoccupa gli investigatori che guarderebbero con attenzione alle forniture di materiali con cui si dovrebbero realizzare le nuove strutture. Tracciare la forniture, di materiale e di manodopera, è tra le attività svolte da Sciamano.

di Giovanni Tizian