Il caso Fino scuote la provincia comasca . Il sindaco Napoli : «Noi andiamo avanti»

 

La magistratura indaga sugli episodi di intimidazione degli ultimi mesi


Auto bruciate. Vetrine “sparate”. Croci piantate nei campi e “abbellite” con le foto degli amministratori pubblici. Telefonate anonime nel cuore della notte. Sono i grani di un rosario di spine. Il rosario delle minacce subìte da sindaci, assessori e consiglieri comunali comaschi.
L’elenco è lungo. E, dal punto di vista giornalistico, quasi sicuramente incompleto. Gli episodi di intimidazione non sempre finiscono sui media. Per ragioni investigative. Ma anche per la paura delle persone coinvolte.
Quando mostra il suo vero volto, la criminalità mafiosa ti fa tremare le gambe. Bisogna essere forti per reagire. Per restare in piedi. 
Forti abbastanza per denunciare i fatti alle forze dell’ordine. Risoluti quanto basta per chiamare a raccolta le coscienze civili.
A Fino Mornasco sta succedendo qualcosa di simile. Lunedì prossimo è stato convocato un consiglio comunale aperto. Si discuterà degli attentati e delle minacce rivolte al sindaco e agli assessori. Sei episodi. Segnali che non lasciano molto spazio a possibili equivoci.
Tutto è iniziato con un colpo di pistola sulla vetrata della concessionaria d’auto dell’assessore al Commercio, Luca Cairoli. Al quale, poco tempo dopo. è stata anche bruciata la macchina. Il sindaco, Giuseppe Napoli, si è trovato una mattina la sua foto su una croce piantata in un’aiuola del centro. Avvertimento drammaticamente identico a quello spedito qualche anno fa a Maurizio Carbonero, sindaco di Buccinasco, il paese diventato la capitale della ’ndrangheta in Lombardia.
Sempre a Fino, è poi stata distrutta dal fuoco l’auto della figlia di un consigliere di maggioranza, mentre a un altro componente della giunta hanno tagliato le gomme.
Non c’è soltanto Fino Mornasco, nel triste elenco delle intimidazioni. Telefonate anonime sono giunte al sindaco di Lomazzo, Giovanni Rusconi, il cui caso è finito sulle pagine di Avvenire.

Secondo il Progetto San Francesco, il centro studi sulla mafia della Cisl che ha sede a Cermenate, è tutta la dorsale della Statale dei Giovi a essere percorsa, in questo momento, da un’ondata anomala. 
«Non posso dire molto – conferma Giuseppe Napoli al telefono – l’assemblea cittadina è stata convocata su richiesta di un quinto dei consiglieri a fronte delle numerose vicende di cronaca che tutti conoscono. Più episodi che fanno pensare a collegamenti con la criminalità. Qualcosa di più strutturato della mano di un singolo». Napoli non offre dettagli. La magistratura comasca mi  ha pregato di non addentrarmi troppo nelle questioni. «Ci sono in corso indagini – dice – Tuttavia, sono convinto che qualsiasi atto criminale sia da condannare e che l’amministrazione pubblica si debba fermare a riflettere su ciò che sta avvenendo, sarebbe un errore chiudersi nel silenzio.

Noi andiamo avanti fino alla fine del mandato».


Ma perché si è giunti a tutto questo? Quali sono gli interessi in gioco?

Tutto è cominciato quando la giunta di Fino Mornasco ha deciso di mettere in liquidazione una società partecipata i cui conti non sembravano essere in ordine. Poi c’è stata l’adozione di «una significativa variante al Piano di Governo del Territorio per la riconversione di aree industriali dismesse in ambiti commerciali e non residenziali».
La variante riduce il consumo di suolo in modo drastico a soli 8mila metri quadrati. E lo stop al cemento non piace alle cosche, così come è stato confermato ancora mercoledì scorso dal rapporto sulle ecomafie al Nord stilato da Legambiente».

Nella foto:
Gli spari sulle vetrine sono uno dei segnali inequivocabili della presenza mafiosa sul territorio