Ecco perché è importante il passo compiuto in queste settimane dalle due associazioni, verso la trasparenza del mercato. Dopo mesi di dibattito interno – non esente da asprezze – Aitec e Atecap sono ora dotate di “Linee guida per la qualificazione dell’affidabilità etica dei partner commerciali”, che fissa anche le modalità di scambi di informazione. Non è cosa da poco, considerato che il calcestruzzo è indicato come uno dei segmenti più esposti ai rischi di illegalità, di falsificazione del prodotto e di infiltrazione criminale; tanto che esiste un osservatorio ad hoc per monitorare il settore, non a caso compreso tra quelli per i quali è prevista l’iscrizione alle white list (dove esistono).Per quanto concerne il calcestruzzo, viene prevista una selezione (senza la quale «le imprese associate si impegnano a non iniziare ovvero interrompere i rapporti commerciali con quei fornitori che non risultassero idonei rispetto ai processi di qualifica») che tiene conto – tra l’altro – degli importi, dell’assenza di rapporti con istituti di credito, dell’«intervento ingiustificato nelle trattative commerciali di persone o enti privi di legittimazione a interloquire», di ribassi eccessivi, di cambiamenti improvvisi degli organi societari. Criteri analoghi vengono adottati per i clienti, fino a formare un quadro riferito in generale ai partner commerciali. Quanto ad Aitec, le linee guida già esistevano – e a esse si è ispirato il mondo del calcestruzzo -, ma nei giorni scorsi sono state completate con le procedure «per la messa in comune delle segnalazioni nei confronti di clienti per i quali il processo di qualifica di affidabilità etica, realizzato da una delle aziende associate, abbia dato esito negativo». Mettere in comune le informazioni sui soggetti non affidabili significa correttamente porre regole comuni al di sopra della normale concorrenza ed è un buon sistema per evitare quei comportamenti denunciati poche settimane fa (16 aprile), dal presidente della Calcestruzzi Spa, Cono Federico, proprio su questo giornale: «Le difficoltà vengono dal nostro stesso ambiente. Se i nostri criteri di qualificazione ci inducono a rinunciare a un fornitore o a escludere un cliente, accade che costoro vengano accolti da una concorrenza meno rigorosa. Un fornitore meno caro, anche se per ragioni non esemplari, firma con altri il contratto che noi gli neghiamo e il cliente che noi rifiutiamo trova facilmente altrove il calcestruzzo». Possiamo annotare questi passi avanti compiuti dalle associazioni di settore con la necessaria cautela, ma anche con un po’ di ottimismo: tra spinte, tensioni, discussioni e confronti (anche aspri), non si ferma il cammino verso un mercato più regolato, trasparente e più “normale”.

 

Sole 24 ore  3.6.2013