Di Lionello Mancini
«Il 20, 21 e 22 settembre, FAI un weekend a Vieste!», non è uno slogan per vivacizzare il finale di stagione turistica sul Gargano: quel FAI sta per Federazione antiracket italiana e il prossimo weekend sarà l’allegra asseverazione che qui albergatori e commercianti hanno fatto muro e che i delinquenti assisteranno dal “gabbio” al finale di una partita già persa.
Ed è interessante come, in meno di quattro anni, la piccola comunità dei 14mila viestesi abbia compiuto un percorso che pare negato in altre parti del Paese (la Calabria, per esempio, ma anche la Lombardia) e che muove dallo smarrimento per le intimidazioni brutali del racket, alla richiesta di protezione allo Stato, le denunce, le testimonianze in aula, il Comune parte civile contro gli estorsori, fino all’attuale invito ai turisti a verificare in un fine settimana il volto ridente di una cittadina operosa, che conosce l’antidoto alla paura e ha il pensiero rivolto al futuro.
La storia – tutto sommato semplice – l’ascoltiamo da Vittoria Vescera, imprenditrice turistica e tra gli animatori dell’Associazione antiracket viestese, presieduta dal collega Giuseppe Mascia. Nel 2008, «diversi tra noi hanno subìto un crescendo di avvertimenti inequivocabili: dal gasolio buttato in piscina a vandalismi vari o ai bigliettini con la scritta “Sai cosa devi fare”». Dopo qualche mese, già nel 2009, una decina di operatori avevano deciso come comportarsi e si erano rivolti ai Carabinieri. Nessuno era disposto – o era più disposto, se mai lo era stato – a considerare il “pizzo” un rischio d’azienda: tutti loro avevano trovato offensivo, costoso e immorale che il delinquente del paese bussasse alla porta dell’albergo di famiglia pretendendo una parte dei guadagni.
L’Arma, raccolte testimonianze, sospetti e nomi (tutte fedine presenti nei loro archivi), aveva cominciato il proprio lavoro, mentre la Federazione antiracket rassicurava i “neofiti” con una promessa: d’ora in poi si va avanti insieme, nessuno verrà lasciato solo come imprenditore, né come testimone, né rischierà di entrare nel mirino di altri delinquenti. I quali, peraltro, avevano anche commesso errori e sbruffonerie tali da portarli ben presto in galera al centro di tre inchieste.
Oggi l’Associazione antiracket viestese conta circa 50 aderenti, le prospettive di allargamento (anche a Foggia) sono realistiche, «ma dobbiamo essere cauti: è facile mettersi la medaglietta, ma poi l’impegno diventa quotidiano. Non possiamo permetterci zavorre, o peggio» spiega Vescera, confermando la continua ricerca del punto di equilibrio tra proselitismo e necessità di dire qualche “no” a richieste di adesione poco convincenti. Nessun imprenditore ha cambiato vita o lavoro, nessuno è diventato un professionista dell’antiracket: ciascuno di essi ha solo affiancato – in varia misura -, alle fatiche quotidiane, l’impegno associativo per garantirsi e garantire un’aria più respirabile. E allora sì, vale la pena di andare venerdì a fare un giretto in barca, a gustare leccornie pugliesi e a brindare a zonzo per Vieste – bicchiere al collo – all’epigrafe digitale che introduce il sito dell’Associazione: «Se sei vittima del racket o dell’usura DENUNCIA: hai in mano il futuro dei tuoi figli».
Sole 24 Ore 16.9.2013