Per Foggia scocca l’ora della svolta

di Lionello Mancini

di Lionello Mancini

 

Il 6 novembre Foggia ha commemorato un suo eroe civile, il costruttore Giovanni Panunzio, ucciso dalla mafia nel ’92. Un tributo alla memoria assi caro alla città, ma anche un omaggio al passato che sta evolvendo in progetto per il futuro. Tra i segni della trasformazione l’imminente nascita della sezione cittadina della Federazione antiracket italiana, ma non solo: l’ottimismo della ragione e la storia recente fanno dire che Foggia ha a portata di mano quel mix che ha condotto altri pezzi d’Italia a dire “basta” ai criminali; un mix formato da esempi di moralità, attenzione istituzionale, repressione incessante, orgoglio individuale, esperienze associative, giovani generazioni in movimento.

Oggi la sonnacchiosa città pugliese può davvero mettersi in moto, nonostante la sua borghesia agricola, commerciale e imprenditrice abbia sovente preferito l’accomodamento con boss sfrontati e rapaci. Ma quando – come sta avvenendo –- i richiami delle autorità si fanno espliciti; quando tra gli operatori si intrecciano contatti che vertono ormai sul “come” e non più sul “se” alzare la testa; quando i ragazzi chiedono pubblicamente conto del loro futuro ad autorità e amministratori; quando a meno di 100 chilometri da Foggia c’è chi ha sbrigato in qualche mese annose pratiche di vessazione (si veda Il Sole 24 Ore del 16 settembre), ecco che si restringono i margini per gli acrobati della politica interessati unicamente ai voti dell’antimafia e i legalitari da bar abbassano la voce perché il disdoro della loro inconcludenza è ormai palese, mentre c’è voglia di realismo e progetti concreti.

Tutto questo si percepiva in una gremita sala della Prefettura che ascoltava. Chi? Tano Grasso (Fai): «Abbiamo incontrato enormi resistenze per l’omertà tra i commercianti. Ma abbiamo avviato un percorso, aperto uno spiraglio. L’associazione che nascerà non risolve il problema, però è uno strumento per risolverlo». Leonardo Leone de Castris (Procuratore): «Il pizzo non conviene, aumenta nel tempo e porta una specie di indotto mafioso fatto di paura, di investimenti che fuggono, di banche che chiudono i rubinetti, così il denaro costerà sempre di più e gli imprenditori dovranno rivolgersi agli usurai, i quali entreranno nelle aziende e ne scacceranno i proprietari. Per questo è importante un’associazione antiracket: determina condivisione di possibili rischi, ma anche di sicuri vantaggi». Gianni Mongelli (sindaco): «Foggia, lìberati definitivamente da questo peso. Ce lo chiedono le istituzioni. È un momento di svolta, non abbiamo più alibi: lo spiraglio ora c’è, chi non lo vorrà usare, avrà scelto di stare dall’altra parte». Luisa Latella (prefetto): «Avevo il timore di questa sala vuota. Invece c’è tanta gente, ed è importante aver dovuto aggiungere sedie. Foggia è in un territorio complicato, che pare nascondere la sua mafia, come se negando il fenomeno questo cessi di esistere».

Sale piene, orecchie attente, cautela e determinazione. Proprio come è già avvenuto in tante zone della Sicilia, della Campania e della Calabria, dove la mafia è dura e spietata (mentre restiamo in fiduciosa attesa del diffondersi dell’indignazione anche nelle regioni in cui le cosche investono, ma non controllano il territorio).

Sole 24 Ore 11.11.2013

 

Editoriali precedenti