di Lionello Mancini
di Lionello Mancini
Una nota diramata alle agenzie il 27 dicembre scorso, ci informava, che Renato Mannheimer è pentito e che «restituirà tutto quanto dovuto», in relazione all’accusa di frode fiscale per 7 milioni mossagli dalla Procura di Milano. La nota proseguiva sottolineando come il presidente dell’Ispo, abbia «compreso appieno la natura delle contestazioni che gli sono rivolte» nonché manifestato «vivo dispiacere e sincero pentimento per essersi lasciato coinvolgere in atti di particolare gravità». Scandalo e sorpresa! e anche se dalla nota trapela inedita sincerità, il fatto resta di «particolare gravità». E sono tutti della scorsa settimana il caso della molto benestante signora Angiola Armellini che non avrebbe dichiarato per anni la proprietà di 1.243 case nella Capitale (valore: 2 miliardi di euro). Famiglia abitudinaria, gli Armellini visto che – tra parenti stretti e acquisiti – «vantano» negli ultimi vent’anni altre frodi, falsi e bancarotte per 700 miliardi di lire. Eppoi, a raffica, il nuovo mandato d’arresto di Fabio Riva per 100 milioni di fondi pubblici che sarebbero finiti illegalmente nelle sue casse e la clamorosa «pesca» delle Procure di Napoli e Roma che insieme hanno teso la rete tra le due regioni e dentro ci hanno trovato ben 27 locali di vario tipo, tutti nel centro della Capitale e tutti di fatto appartenenti a uomini della camorra. Nelle stesse ore, avvocati, notai, consulenti, dentisti ecc. esprimono irritata perplessità sull’obbligo di installare un Pos (Point of sale) – e hanno già ottenuto deroghe – grazie al quale ai clienti sarà possibile pagare anche le parcelle con il bancomat anziché con saccocciate di contanti.Proviamo a riflettere su questa assortita gamma di malfacenti, malviventi e delinquenti abituali, perché un filo che li lega, a ben vedere, c’è. Primo: è francamente bizzarro che nel 2014 continui a prevalere, in Parlamento e nell’Amministrazione, l’idea che gli italiani siano indistintamente un popolo di evasori seriali, quando ogni due per tre sbucano immensi patrimoni personali e aziendali astutamente occultati, mai conosciuti né tassati e ai quali – ecco il peggio – sembrano dedicarsi soltanto le Procure. Pare invece piuttosto logico che a mettere assieme 180-200 miliardi di evasione ogni 12 mesi, si arrivi più agevolmente sommando blocchi da centinaia di milioni di euro che non centinaia di milioni di tazzine di caffè senza scontrino. Secondo: è altrettanto evidente che, per quanto furbi e secchioni possano essere sondaggisti, industriali, immobiliaristi e mafiosi, nessuno di loro potrebbe a far girare oliate macchine da evasione per redditi o rendite per anni; è chiaro che le carte necessarie sono passate per decine di mani, per gli archivi di interi studi professionali, nelle tasche di stuoli di clienti compiacenti o soggiacenti, ma comunque silenti. Terzo: gli episodi riportati mal si conciliano con le difficoltà tecnologiche lamentate dai professionisti invitati a collegare i Pos. La macchina dell’evasione ha fornito multiple prove di essere efficientissima e per incepparla non basta un granello di sabbia, ce ne vogliono tanti. Certo, davanti a tanta sapienza border line, difficilmente potranno mai spuntarla i controlli, per quanto occhiuti e penetranti siano, se non cresce l’attiva partecipazione dei milioni di italiani beffati e impoveriti da questi scienziati del malaffare.
Sole 24 Ore 27.1.2014