Di Lionello Mancini
La Guardia di Finanza ha da poco localizzato una nuova pozza paludosa popolata di evasori sistematici, sfuggenti prestanome, professionisti sleali, burocrati infedeli, bancari ciechi, imprenditori senza onore. Otto arresti tra Roma e Napoli, in testa un funzionario di Equitalia Sud Lazio; 15 indagati, decine di perquisizioni, beni e conti correnti sequestrati, un danno erariale da 27 milioni. In pratica, i Pm hanno scoperto che tal Salvatore Fedele (l'”infedele” di Equitalia) da almeno 15 anni si faceva pagare per elargire piccoli e grandi favori a debitori del Fisco, manipolare pratiche per favorire rateizzazioni fasulle, monitorare i dossier per evitare sorprese ai “clienti”, fino a far sparire le imprese dai registri per chiudere definitivamente i conti sospesi. La moglie, dipendente di un supermercato ma titolare di numerosi conti correnti, ha lungamente versato in diverse banche e uffici postali pacchi di banconote e assegni per centinaia di migliaia di euro: operazioni incongrue, ma mai una domanda allo sportello e non risultano segnalazioni antiriciclaggio. Né potevano mancare, in questo girone di mezze tacche truffaldine, il notaio che apre e chiude società a comando, il consulente che istruisce le pratiche, i dirigenti (pubblici) che legittimano o – quanto meno – non controllano i maneggi dei sottoposti.
Nell’ordinanza, il Gip rileva come la «sistematicità della condotta» del funzionario finito in manette, sia da «inserire in una apparente, ma verosimile e concreta aria di illegalità generalizzata all’interno della struttura di Equitalia». Anche se la società di esazione dichiara che «da tempo sta fornendo la massima collaborazione agli inquirenti» e nei mesi scorsi aveva sospeso il dipendente costituendosi parte offesa, quando, mercoledì scorso è stato arrestato, Fedele risultava a sorpresa di nuovo al suo posto. E come valutare le 3.017 interrogazioni al sistema informatico effettuate in meno di tre anni da un impiegato, scrive il giudice, «addetto ai rapporti con gli Enti, senza alcun ruolo operativo» e quindi «senza motivo per effettuare gli accessi e occuparsi delle pratiche di rateizzazione dei contribuenti»? Come avrà fatto, tra il gennaio 2011 e settembre 2013, a interrogare le banche dati sulle posizioni di circa 400 persone fisiche e giuridiche, senza che scattasse alcun allarme, si attivasse un audit, o almeno qualcuno brontolasse?
Nemmeno la tempistica francamente inedita della rateizzazione di un debito da 526mila euro ha inquietato qualcuno o inceppato l’iter. Istanza inserita di venerdì (22 maggio 2009), accolta il mercoledì successivo (27 maggio); prima rata pagata il 30 giugno, poi più nulla. E, mentre al cittadino qualunque la dilazione concessa viene stoppata al secondo mese non pagato, in questo caso la revoca è arrivata lemme lemme solo il 18 febbraio 2011. E nessuno – collega, capo o computer – ha trovato da ridire. Nella pozza troviamo anche il notaio che cancella quattro società indebitate con Inps ed Equitalia, ma poi ne costituisce altre quattro, seguite dagli stessi commercialisti, con identica sede legale e medesimo oggetto sociale, lo stesso personale dipendente. Distratto? Complice? Si vedrà. Ma intanto il Paese affonda nella palude dell’evasione fiscale che inghiotte almeno 90 miliardi ogni anno.
Il Sole 24 Ore. 14.4.14