Ora va sciolto qualche nodo che ci soffoca

Di Lionello Mancini

 Di Lionello Mancini


«Questo è un Paese incaprettato». L’immagine è cruda, ma a pronunciarla con sconsolata consapevolezza tutta siciliana, è un osservatore togato del “malato Italia”. Da tempo la mafia ci risparmia cadaveri legati e, poiché la memoria degli italiani è cortissima, ricordiamo che l’«incaprettamento» è una forma particolarmente crudele di esecuzione consistente «nel legare dietro la schiena le mani e i piedi della persona con una corda che passa attorno al collo, in modo da provocarne la morte per strangolamento» (Treccani). Ed è proprio così che l’Italia rischia da tempo di auto-procurarsi un’asfissia letale.
Intorno al collo del Paese si serrano, con i nodi della crisi, quelli della corruzione e della criminalità organizzata. Fenomeni autarchici, questi ultimi. Ben visibili a tanti e che in tanti hanno (solo) detto per anni di voler combattere. Per prima, la politica rapace, che ha ingoiato miliardi su miliardi anziché utilizzarli per far respirare l’economia, selezionare una vera classe dirigente, spingere lo sviluppo e – infine – contrastare la crisi. Ma a stringere il cappio è stato anche un modo deresponsabilizzante e furbesco di incarnare l’impresa, un modo pronto a ungere invece che a concorrere; a chiedere aiuti e protezioni anziché attrezzarsi per prevalere sul mercato. Certo, non tutte le imprese hanno agito così, nemmeno quando per decenni l’unico modo di tenersi le mani pulite è stato rinunciare alle gare pubbliche per non sottostare ai “mandarini” onnipotenti dei capitolati da emergenza e ai loro faccendieri; come non tutti gli imprenditori si sono sempre piegati o accordati con i criminali, ma è un fatto che il Paese abbia dovuto aspettare la Sicilia del 2007 per mettere alla porta dalle associazioni i fiancheggiatori, rappresentati al pari delle persone perbene. E poco dopo – purtroppo – si è segnato il passo come dimostrano Expo, il Mose, L’Aquila…, incartandosi sulla reputazione di quanti “semplicemente” violano i contratti, evadono il fisco, offendono l’ambiente.
Ma l’Italia incaprettata ha anche le mani legate dietro la schiena dalla burocrazia, una mostruosa invenzione che nei decenni ha avvelenato i pozzi, sfiancando ogni energia redditizia. Un insensato intreccio elettoralistico-sindacale che ha portato all’assurdo necessario di una legge che imponga allo Stato di pagare i suoi fornitori, che ha fatto esplodere la sanità, implodere la giustizia, premiato i sudditi ed emarginato i cittadini meritevoli. Proprio questi ultimi (la società civile, la cui esistenza deridono gli stessi maneggioni che l’hanno resa imbelle) rappresentano la muscolatura impoverita delle gambe del Paese che – ormai esausta – rischia di cedere, completando lo strangolamento.
Anche così si può raccontare una realtà da horror e perciò conviene andare alla sostanza: non c’è un minuto da perdere ed è esaurito il tempo di sognare che qualcun altro al nostro posto inventi un’azione fulminea e salvifica. Sarà bene, invece, che ciascuno si affaccendi secondo scienza e coscienza per tonificare la muscolatura civile del Paese e per allentare i nodi che lo stanno soffocando. Qualcuno lo ha capito, ha cominciato ad agire e stringe i denti in attesa di rinforzi. Ma il tempo stringe, proprio come un cappio attorno al collo.

Sole 24 Ore 23.6.2014