Da «Mafia capitale» ci si può già difendere

 di Lionello Mancini
 
È accaduto di nuovo, anche dopo la retata di “Mafia capitale”. Una retata tuttora senza paragoni persino per questa nostra povera Italia, in cui basta scalfire il terreno della vita pubblica per veder sgorgare la lava venefica della politica malata, della cattiva amministrazione, dell’economia truccata. Il pantano, in realtà, è ben visibile, non da oggi e anche a occhio nudo, ma solo polizia, carabinieri e procure sembrano delegati e ben attivi a raccogliere il materiale maleodorante ovunque sparso, traendone le dovute conclusioni. 
Che cosa accade, a seguito di queste violente operazioni di pulizia, peraltro d’obbligo per i pm? Da oltre un ventennio si ripetono schemi reattivi ormai logori e ridicoli (non fossero tragici) più simili a riti esorcisti che non a momenti di comprensione e riparazione.Lo schema è il seguente. Il clamore, l’incredulità, la preoccupazione cedono in una manciata di ore il passo ai distinguo, ai giuramenti sull’onore, agli annunci di querela, mentre i calderoni mediatici ribollono di carte ininfluenti e dati incoerenti, purché succosi o almeno allusivi. 
Viene quindi il tempo delle opinioni a caldo, dei talk show amati da ignoranti dei fatti, degli avvisi di garanzia trattati da condanne. Superati i (plausibili) timori iniziali di non essere in qualche modo impigliato nella rete, il circo politico-mediatico si può dedicare al tiro al bersaglio e la giostra accelera… 
I nomi della propria area politica sfumano via, mentre vengono martellati quelli di aree avverse, estrapolati da verbali qualsiasi e strillati direttamente nei titoli di Tg, web, giornali-manganello. La politichetta usuale ha già ripreso il sopravvento, il nocciolo dei fatti è già scomparso dai video, anche se una fugace pudicizia consiglia di tosare qua e là un dirigente o un pezzo di partito, intanto annunciando fulminei interventi moralizzatori, promesse di immediati giri di vite e massicci interventi di legge. 
Il risultato di questo psicodramma stantio? Meno di zero, ovviamente.Questo ricorda al Paese l’operazione “Mafia capitale”, con i suoi rodatissimi ingranaggi spartitori di denaro pubblico in un’orgia avvilente di prassi deviate, nomine indegne, arricchimenti personali, finanziamenti elettorali. 
Quali anticorpi hanno attivato i partiti, gli amministratori, gli enti, le grandi imprese per prevenire errori e scelte criminogene? Quali regole ha introdotto la politica per garantirsi da corrotti e incapaci? Come sono stati protetti gli appalti dalle grandi e piccole manipolazioni? Quale prezzo pagano i pochi che tentano di forzare questo “blocco”, rischiando business e persino la vita?Domande dolorose, perché lo vediamo il contesto immutato, quando non ulteriormente degradato da sfregi quali le deroghe “d’emergenza” o le manomissioni delle regole processuali.
In questi frangenti da burrasca, la legge anticorruzione è solo in rodaggio – tra molte distrazioni e pesanti ostruzionismi – e l’Authority dedicata è precipitosamente attiva 
da luglio solo perché Expo e Mose scricchiolavano sotto il peso 
delle indagini.
Basterà la scossa di “Mafia capitale” per far cambiare passo al Paese?Piacerebbe pronunciare un convinto “sì”, perché il fondo è stato toccato con quest’ultima caduta rovinosa e purtroppo avvenuta al cospetto del mondo intero. Piacerebbe sperare che ora qualcuno (come nella Sicilia del 2007) semini nello spazio ripulito a sirene spiegate una cultura diversa. 
Troppi segnali dicono che la svolta indispensabile non è dietro l’angolo. È già accaduto, però, che persino l’antica Cosa Nostra ha dovuto cedere a uno Stato accanito e al coraggio di pochi imprenditori. Dalla mafia romana ci si può già difendere cominciando – ciascuno nel suo – a non farsi “inglobare” nel sistema, così da contribuire a “cappottare tutto”. 
 
SOLE 24 ORE 15.12.2014