Sulla lotta alla corruzione la politica resta in ritardo

 

di Lionello Mancini

Sono passati dieci giorni dallo shock della Grande retata Capitale. Si possono così valutare i primi effetti del Big bang originato da Piazzale Clodio, dopo due anni di indagini sulle vischiosità del “Mondo di mezzo” e cogliere il senso delle reazioni più immediate. Da mesi il Centro studi Confindustria analizza i danni che la corruzione provoca al Paese e così, il giorno in cui il Rapporto annuale viene reso pubblico, gli imprenditori annunciano di volersi costituire parte civile nel processo a “Mafia capitale”. 

In qualche corridoio del Palazzo c’è chi ha liquidato questa posizione come frutto di una fortuita coincidenza o di opportunismo mediatico senza sostanza, parole d’effetto dette al momento giusto. Ma non è così. 
Non si intitola un capitolo degli Scenari economici “La corruzione è il vero freno per l’economia e le imprese” se non si è compiuto un percorso culturale specifico, ponendo il tema al centro della riflessione. Siamo infatti nella scia del pensiero che sette anni fa portò Confindustria Sicilia a mutare le regole interne in chiave antimafia: anche allora ci fu chi irrise alla “propaganda”, senza capire quanto stava accadendo. Quanto alla costituzione come parte civile, non è certo l’invenzione dell’ultimo secondo, bensì una prassi consolidata per l’associazione, ma anche enti locali e categorie, quando i reati offendono le libertà democratiche ed economiche: una scelta ponderata, ratificata e attuata in territori ben più ardui che non Roma o il Lazio. Dunque, allo scoppio di “Mafia capitale”, la familiarità di certe tematiche e la riflessione critica su errori passati diventano iniziativa matura e per niente casuale. 

Lo stesso non si può dire della politica. Ben lontani dalla comprensione generale del fenomeno da loro stessi alimentato, molti uomini politici si illudono di limitare i danni attuando il solito scaricabarile sull’avversario del momento, senza disdegnare qualche regolamento di conti all’interno del partito; immancabile, poi, è fiorito il bouquet delle leggi ad hoc, dei pericolosi (perché improvvisati) inasprimenti di pena, delle rivalse-lampo sui patrimoni: idee anche utili, ma già buttate sullo scivolo della verifica parlamentare, arena in cui sono sempre attivissime le stesse lobby che, proteggendo sodali e malvissuti, hanno cancellato il falso in bilancio, ammorbidito la legge anticorruzione, senza perdere occasione per insinuare – meglio se in tv – che le toghe ogni tanto esagerano nelle loro costruzioni e tracimano nelle loro competenze. Mentre il partito di maggioranza se la prende con il prefetto di Roma, i sindacati già si oppongono alla rotazione dei capi dei Vigili urbani, prevista dai piani anticorruzione. Tra pochissimo il dibattito si concentrerà sulla “tenuta” dell’ipotesi mafiosa, come se l’eventuale decisione di un giudice facesse sparire il marciume e restituisse la verginità al sistema dei corrotti. Intorno a “Mafia capitale” è già possibile misurare il grado di protezione immunitaria stimolata dalle vicende di questi anni, verificare chi ha fatto con diligenza i compiti a casa (anzi in azienda) e chi invece ha bigiato la scuola, scopiazzando qua e là solo il giorno della verifica in classe.

Sole 24 Ore 22.12.2014