Il Capodanno di Vincenzo e quello dei partiti

 

 

di Lionello Mancini

Un anno fa, nel messaggio di Capodanno, il Presidente Giorgio Napolitano aveva letto alcune lettere inviate al Quirinale da comuni cittadini. Tra questi Vincenzo, 61enne ex imprenditore marchigiano provato e amareggiato dal peso della crisi, scriveva: «Non può essere che solo noi “semplici cittadini” siamo chiamati a fare sacrifici. FACCIAMOLI INSIEME (maiuscolo nel testo ufficiale, ndr). Che comincino anche i politici». 

«Mi sembrano un proposito e un appello giusti – aveva chiosato Napolitano – cui peraltro cercano di corrispondere le misure recenti all’esame del Parlamento in materia di province e di finanziamento pubblico dei partiti». Viene il magone per Vincenzo, al pensiero delle sfrontate resistenze mostrate per tutto il 2014 dalla politica, delle mediazioni e dilazioni cui è costretto chi vorrebbe agire. Province? Finanziamento ai partiti? Riduzione di parlamentari e dei loro privilegi? Certo: come ha detto l’altra sera il Presidente, alcune riforme sono state avviate. Ma senza alcuna collaborazione dall’insieme delle forze politiche che riescono intanto ad azzuffarsi su alluvioni, antimafia, marò e Costa Concordia. 
Eppure, lo ricordano tutti quel 20 aprile 2013, quando un migliaio di plaudenti parlamentari delle due Camere veniva sferzato dal vecchio Presidente costretto a un altro mandato e giuravano che i livelli di ignavia raggiunti sarebbero stati solo un ricordo del passato. Non è stato così: sacrifici durissimi sono continuati a piovere su un solo versante – quello dei Vincenzo – e, anzi, nello stesso 2013 è iniziata l’ennesima frana della credibilità degli eletti, con lo scandalo dei rimborsi della Regione Lazio, ben presto seguita da quasi tutte le altre, in un’orgia di mutande verdi, vibratori, ostriche, suv e viaggi a nostro carico. Fino al recentissimo blitz nel “mondo di mezzo”.
Manette a parte, cos’è accaduto dopo gli scandali dei rimborsi regionali? Che fine hanno fatto, nei rispettivi partiti, gli amministratori che ora tentano di cavarsela tra patteggiamenti e prescrizioni? È bene ricordare che la mangiatoia della Regione Lazio – i rimborsi ai gruppi consiliari portati fino a 18 milioni l’anno – venne apparecchiata da una serie di voti all’unanimità dei capigruppo, da Fi al Pd, da Storace a Sel. Capogruppo del Pd era, in quegli anni, Esterino Montino, alle spalle una lunga carriera sia parlamentare sia nel partito. Scoppia il caso Fiorito&Co., qualche mese dopo la Regione passa di mano e, nell’era Zingaretti, i rimborsi vengono tagliati dell’80 per cento. E il Pd? Si è scusato? Ha sospeso qualcuno? Qualcuno si è ritirato a vita privata? Solo per fare un esempio, Montino è stato candidato a sindaco di Fiumicino, carica che ricopre dal giugno 2103. Che senso ha tutto ciò, rispetto al nuovo corso auspicato da Vincenzo (e da Napolitano) specie alla luce di Mafia Capitale? O qualcuno vorrebbe sostenere che non c’è nesso tra questo garrulo Pd che glissa sui curricula politici e penali dei suoi rappresentanti e l’abnorme turgore raggiunto dal “mondo di mezzo”? 

Sarà anche per questo che cinque giorni fa il nostro Presidente, rivendicato di «aver tenuto in piedi la legislatura» e auspicata la rinascita della «politica nella sua accezione più alta», ha lasciato perdere i partiti e si è rivolto ai cittadini invitandoli a fare ciascuno la propria parte per affrontare «le più gravi patologie di cui il Paese soffre. A cominciare da quella della criminalità organizzata e dell’economia criminale; e da quella di una corruzione capace di insinuarsi in ogni piega della realtà sociale e istituzionale, trovando sodali e complici in alto […]. Sì, dobbiamo bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società. E bisogna farlo insieme, società civile, Stato, forze politiche senza eccezione alcuna». Purtroppo siamo tornati lì: a Vincenzo che chiede indignato alla politica di fare la sua parte. 

Sole 24 Ore 5.1.2015