Il 19 marzo del 1994 i killer dei camorristi assassinavano il sacerdote Giuseppe Diana, parroco di Casal di Principe della diocesi di Aversa. Nel giorno della festa del papà, in Campania particolarmente sentita, veniva tacitata violentemente una voce libera e potente del sacerdote di provincia. Don Diana era un infaticabile costruttore di pace, attraverso una vera e propria scuola di pace, ed anche un pastore in mezzo alla tempesta della rivoluzione camorristica: dal 1980 alla fine degli anni Novanta i clan della provincia partenopea iniziavano l’assedio militare, risalendo il territorio fino a Napoli e oltre, fino a Roma e al Nord. Col terremoto dell’Irpinia i clan cambiano pelle, ma non sostanza, costruendo relazioni corruttive e ricostruendo malamente, speculando, le città colpite. Con la brutta edilizia, la camorra cambia strumento economico e sociale di investire i denari neri della coca, fino a diventare “player” del consenso sociale, nel mondo del lavoro e del sistema politico. Don Peppe Diana questo lo vive, lo capisce e si oppone instancabilmente come prete e come cittadino casalese. Viene assassinato nella sacrestia, indifeso proprio come Don Pino Puglisi – assassinato l’anno prima a Palermo – ma non è solo. Un suo amico, Augusto Di Meo, con lui per gli auguri dell’onomastico, vede tutto, vede bene perché è anche fotografo in paese, e parla. Corre dai carabinieri, Di Meo, denuncia e così farà arrestare i killer, fino a farli condannare. Ma questa è una storia dentro la storia che meriterebbe di essere raccontata meglio, poiché Di Meo è costretto a ritirarsi in Umbria, senza il sostegno del programma dedicato ai testimoni di giustizia, senza scorta e senza soldi. Da solo, quando ci sono le udienza, l’amico di infanzia di Don Peppino prende il treno, arriva a Napoli e testimonia, poi torna indietro. Solo. Oggi però né Don Peppe Diana e nemmeno Augusto Di Meo sono soli, c’è sole tra le vie di Casal di Principe, ci sono i ragazzi delle scuole, oltre venti sindaci del circondario, c’è Raffaele Cantone, l’uomo forte contro la corruzione in Italia, c’è Don Luigi Ciotti, il presidente di Libera che da anni aiuta a ricordare le tante vittime delle mafie. Ci sono tanti cittadini di Casal di Principe che non hanno dimenticato e per ricordare vogliono lavorare ad un complesso ma ormai pronto progetto di Rinascita, c’è il sindaco Renato Natale, medico di base e attivista contro la mafia nella terra dei fuochi. Casal di Principe è orgogliosa di essere la città di Don Peppe e schifa gli uomini e le donne di gomorra, vuole, la cittadinanza chiede, la politica delle ragazze e dei ragazzi casalesi pretende che questa sia e rimanga una città aperta.
Un’ultima cosa, oggi a Casal di Principe i sindaci del territorio, in aula consiliare in comune, hanno spalancato le porte al lavoro buono: gli amministratori sono riuniti con Raffaele Cantone per mettere in rete un nuovo patto anticorruzione, mentre i Carabinieri della Compagnia locale con l’operazione “Spartacus Reset” mettono a segno un altro colpo straordinario contro gli uomini del disonore: strumenti a tutela del lavoro e dei paesi. E si, perché il ricordo della vittima sarebbe poca cosa se non si continuasse il lavoro di chi ha sacrificato la propria vita e la propria morte.
Alessandro de Lisi