Come battere la ’ndrangheta che sa unire mitra e tulipani

di Lionello Mancini – 5 Ottobre 2015
Il Sole 24 Ore 

Inquieta – ma offre anche utili spunti – l’ultima operazione contro la ’ndrangheta, condotta dalle Procure di Roma e Reggio Calabria coordinate dalla Direzione nazionale antimafia (Dna) ed eseguita da Polizia, Carabinieri, forze dell’ordine olandesi. I fatti meritano qualche dettaglio per le loro peculiarità, inedite anche per gli investigatori più navigati.

Il 28 settembre, le Procure di Reggio e di Roma, coordinate dalla Dna, hanno disposto 54 fermi all’esito di due distinte operazioni, dopo lunghe indagini sulle famiglie dei Commisso di Siderno (RC), con proiezioni in Canada e Olanda, e dei Coluccio di Marina di Gioiosa Jonica (RC). Questi ultimi, sarebbero diventati «riferimento della mafia per il traffico della marijuana»: una diversificazione significativa, rispetto al consueto smercio di cocaina. Quanto ai Commisso, è stato trovato il loro arsenale a disposizione – ha precisato il Pm reggino Nicola Gratteri – di «un esercito di 500 killer». Ma le stesse cosche facevano affari anche con i tulipani («una delle figure di spicco è titolare di società di import-export di fiori anche in Olanda, nelle quali veniva investito il denaro da riciclare») e pure con la cioccolata, avendo fatto rubare con vari escamotage circa 250 tonnellate di prodotti Lindt (valore: 7,5 milioni). Come? «La Inge.Ma Trading di Lodi si occupa di stoccare e preparare i prodotti Lindt per i mercati di Polonia, Austria e Svezia. Nella ditta lodigiana, i dipendenti (assunti irregolarmente), sottraevano dai colli vari chili di cioccolata, riempiendone altri con scatole marchiate Lindt ed etichette falsificate». Cosa indica questo intenso lavorìo tra marijuana, mitra, cioccolatini e tulipani? «La grande flessibilità della ’ndrangheta nell’adattarsi al mercato, addirittura prevedendone i segmenti più promettenti», ha spiegato il capo della Dda di Roma, Michele Prestipino.

Non servono molte altre parole per chiarire il termine «inquietante». In queste carte si trova l’ennesima riprova che i focolai delle ’ndrine sono tuttora in Calabria, nonostante i colpi subìti dalla repressione; si confermano la capacità di eseguire ovunque e in qualunque settore, gli ordini impartiti dal Reggino, senza distinzione tra affari illeciti e legali; e la perversa intelligenza multitasking applicabile al furto metodico di cioccolato, all’import-export di fiori o di erba, all’accumulo di mitragliette e pistole sempre pronte alla bisogna. Alla luce di simili performance, è allarmante immaginare quanto sia facile, per i criminali, aggiudicarsi semplici lavori da ruspa, subappalti nelle grandi opere, conquistare quote di società svagate o strangolate dal credit crunch. Se Paesi attenti all’etica come Olanda o Canada si scoprono (di nuovo) il comodo nido di un simile verminaio – bonificato dall’Italia con i suoi investigatori e le sue intercettazioni – è facile immaginare i vantaggi derivanti dalle stesse superficialità e complicità in ogni parte del nostro Paese, data la diffusa pratica di illegalità, la burocrazia impossibile, il generale lassismo verso regole anche minimali.

Ma questi stessi fatti mostrano anche i segnali del ritrovato senso di collaborazione tra uffici giudiziari e di coordinamento tra forze di polizia, piuttosto in sordina dai tempi delle retate di Crimine (2011) ordinate tra Milano e Reggio Calabria. Ogni volta che tale modalità virtuosa viene praticata, i risultati sono ottimi, talora clamorosi e fanno compiere grandi passi avanti alla repressione e all’analisi delle strategie criminali. Fu ancora la convinta unità d’azione tra le Procure reggina e milanese a permettere di incriminare mazzi di imprenditori e professionisti (compresi due magistrati), esponenti tipici della sfuggente area grigia. Non sempre il coordinamento spettante alla Dna è apprezzato dalle Procure distrettuali, a volte scettiche, altre riottose. Eppure è un fatto che i professionisti del crimine possono essere contrastati solo da professionisti dell’Antimafia. Ma ciò accade se questi ultimi accettano con umiltà di fare fronte comune, seguendo le procedure, rispettando le competenze, attuando gli scambi di informazioni, carte e analisi, caratteristici del lavoro di pool.