Lettera di Salvatore Borsellino all’Ufficiale dei CC Giovanni Arcangioli assolto poi dal tribunale di Caltanissetta per la sottrazione della borsa di Paolo Borsellino dopo la strage. 27.12.2017
«Signor Arcangioli, spero i suoi impegni all’accademia dei carabinieri e la soddisfazione per la decisione della Cassazione le lasceranno il tempo di leggere queste poche righe vergate di prima mattina da un siciliano cresciuto laico ma con una foto di due giudici sul comodino e con la Costituzione al posto della Bibbia. Vedo e rivedo quelle immagini, la vedo e rivedo con la borsa di un giudice appena morto allontanarsi dal luogo della strage di via D’Amelio. La vedo tranquillo, soddisfatto, vittorioso. Senza il minimo turbamento per la catastrofe che la circonda. Lei non si è mai fatto processare per quella illegittima sottrazione e non ha mai dato una versione univoca e attendibile di quel gesto. Ha sempre dato varie e discordanti versioni in quanto “turbato dal vedere quei corpi”; sembra tutt’altro dalle immagini, glielo assicuro. Hanno archiviato l’indagine a suo carico per furto aggravato dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, e ora hanno respinto il ricorso della procura di Caltanissetta: gli italiani non sapranno mai la verità, non sapranno mai se lei è innocente o se lei è autore del furto di quell’agenda su cui erano scritti appunti pericolosi come armi atomiche e se lo fece per favorire cosa nostra. Voglio solo dirle che forse non sapremo mai la verità, ma che quelle immagini per noi significano molto, e vederla con quella borsa in mano per gli italiani è metà della torta. Già, non sappiamo per conto di chi e perché lei fece quel gesto inconsulto, ma lo fece, e noi abbiamo le prove. Nessuno potrà scagionarla di averci privato di una parte di verità che ci spetta come italiani e come siciliani. Fino a quando lei continuerà a tacere rimarrà colui che fino a prova contraria ha sottratto la borsa del giudice. Perché? Lei ha il dovere morale di dire il perché di quelle oscure manovre quando il corpo del giudice Borsellino era ancora caldo e quando la Sicilia era sgomenta. Signor Arcangioli, io non so se la sua coscienza le lasci tregua, la nostra memoria di certo non lo farà mai. Parli, finché è in tempo, e non ci privi di un nostro diritto.
P.S.: il mistero dell’Agenda Rossa. Eccolo. L’ufficiale venne ripreso, intorno alle 17.30 del 19 luglio, mentre si allontana velocemente dall’auto della vittima con in mano l’inseparabile valigetta di cuoio del giudice. La borsa ricomparve nella macchina successivamente, circa un’ora dopo; venne sequestrata e repertata: dentro, però, l’agenda non c’era. Cosa accadde tra le 17.30 e la redazione del verbale di sequestro dei reperti che non fa cenno al documento?
Il nodo è tutto qui. Arcangioli ha sempre sostenuto di non avere aperto l’agenda e di averla mostrata a Giuseppe Ayala, ex collega di Borsellino, nel ‘92 deputato, tra i primi ad accorrere in via D’Amelio. Ma la versione del militare non ha convinto i magistrati che inizialmente l’hanno indagato per false informazioni. Ayala ha negato di avere ricevuto la borsa dal capitano e ha sostenuto di averla vista nell’auto, di averne parlato con l’ufficiale e di averla consegnata a un altro carabiniere.
Di certo c’è che quando la borsa vuota fu ritrovata nella blindata di Borsellino presentava bruciature che prima non c’erano. Nel frattempo la macchina aveva preso fuoco: ciò confermerebbe che la valigia era stata tolta e poi rimessa dentro. Inoltre, nelle immagini si vedeva Arcangioli allontanarsi velocemente dal luogo della strage con la borsa, in una direzione, che secondo gli inquirenti che, su sollecitazione del gip ne chiesero il rinvio a giudizio, non sarebbe giustificata né dalla presenza di soggetti istituzionali, né da motivi investigativi.
Ma la sentenza di proscioglimento, confermata dalla Cassazione, ha escluso il coinvolgimento dell’ufficiale».