SALVATORE LO PICCOLO, detto il barone

 

Audio deposizioni nei processi

 

Salvatore Lo Piccolo, detto il barone (Palermo, 20 luglio 1942), è un mafioso italiano, legato a Cosa Nostra.

Cresciuto tra la borgata di Cardillo e di San Lorenzo, latitante dal 1983, era ricercato inoltre dal 1998 per omicidio e dal 2001 per associazione mafiosa. Lo Piccolo era capomandamento di San Lorenzo, che comprendeva le cosche di San Lorenzo, Partanna-Mondello e Tommaso Natale.

Condannato all’ergastolo. Attuava traffici di cocaina, nel mercato delle imprese e del pizzo nel mandamento di San Lorenzo.

Il suo clan ultimamente puntava al controllo degli appalti, per la realizzazione degli svincoli autostradali, estorsioni, esazione sistematica di una quota sociale per le utenze elettriche del quartiere Zen.

Si presume anche un’alleanza con Matteo Messina Denaro, altro boss di Cosa Nostra, dopo la cattura di Provenzano nel 2006.

È stato arrestato a Giardinello dalla sezione Catturandi della Polizia di Stato il 5 novembre 2007, dopo una latitanza di 25 anni. Insieme a lui sono stati arrestati il figlio Sandro (latitante per nove anni) ed i presunti “reggenti” dei mandamenti di Brancaccio e Carini, Gaspare Pulizzi e Andrea Adamo.

Dopo l’arresto

Tra i documenti che gli inquirenti hanno sequestrato al boss, appare un curioso e singolare decalogo del perfetto mafioso così riportato da fonti ufficiali[2] (con gli originali errori di ortografia e lingua):

  1. “Non ci si può presentare da soli ad un altro amico nostro – se non è un terzo a farlo”.
  2. “Non si guardano mogli di amici nostri”.
  3. “Non si fanno comparati (patti) con gli sbirri”.
  4. “Non si frequentano né taverne e né circoli”.
  5. “Si è il dovere in qualsiasi momento di essere disponibile a cosa nostra. Anche se ce la moglie che sta per partorire”.
  6. “Si rispettano in maniera categorica gli appuntamenti”.
  7. “Si ci deve portare rispetto alla moglie”.
  8. “Quando si è chiamati a sapere qualcosa si dovrà dire la verità”.
  9. “Non ci si può appropriare di soldi che sono di altri e di altre famiglie”.
  10. “Chi non può entrare a far parte di cosa nostra: chi ha un parente stretto nelle varie forze dell’ordine, chi ha tradimenti sentimentali in famiglia, chi ha un comportamento pessimo e che non tiene ai valori morali”.

Le regole di affiliazione “a cosa nostra”, la sua struttura gerarchica interna e le regole comportamentali per i propri membri erano già state ampiamente capite da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, durante gli anni ’80, a seguito delle testimonianze dei primi pentiti illustri.

A Lo Piccolo rispondevano i clan di Cosa Nostra operanti nel Nord Italia, in particolare in Lombardia e Piemonte. In un pizzino del boss si legge di una sala bingo o qualcosa di simile affiancata ad un grande centro commerciale nel piemontese che doveva essere mantenuta sotto il controllo dei siciliani, in modo da tenere lontane eventuali infiltrazioni calabresi; è l’ennesima prova di un business nel Nord Italia in cui Cosa Nostra e ‘Ndrangheta si spartiscono il territorio in modo prevalentemente diplomatico.