CALOGERO GANCI, capo della cosca Noce


CALOGERO GANCI FIGLIO DEL BOSS RAFFAELE GANCI FIDATISSIMO DI RIINA SI PENTE E ACCUSA TUTTI ANCHE I FAMILIARI

Raffaele Ganci (Palermo4 gennaio 1932) legato a Cosa Nostra era considerato un uomo di fiducia di Salvatore Riina ed era un membro della “Commissione provinciale” di Cosa Nostra Affiliato alla cosca della Noce, Ganci era strettamente legato al clan dei Corleonesi di Riina e, per queste ragioni, fu ritenuto responsabile degli omicidi di Stefano Bontade e Salvatore Inzerillo nel 1981. Uno dei molti ergastoli da lui ricevuti fu quello per l’assassinio del generale e prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla ChiesaNel 1982 Ganci divenne capo della cosca della Noce e del relativo mandamento in seguito all’uccisione del boss Salvatore Scaglione, brutalmente assassinato nel corso di una grigliata all’aperto nella tenuta di Michele Greco insieme a una dozzina di mafiosi di Partanna-Mondello e dell’Acquasanta. Come membro della commissione, ordinò gli assassinii dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel 1992. La famiglia Ganci gestiva un’avviata macelleria in Via Lo Jacono, a Palermo. Il negozio si trovava vicino alle residenze dei giudici Rocco Chinnici in Via Pipitone Federico e di Giovanni FalconeIl 10 giugno 1993, Raffaele Ganci fu arrestato a Terrasini dopo 5 anni di latitanza, insieme a suo figlio Calogero Ganci e a suo genero Francesco Paolo AnzelmoSuo figlio Calogero Ganci divenne un pentito e un testimone chiave nel 1996, confessando oltre 100 omicidi. Testimoniò contro suo padre e i suoi fratelli sul loro coinvolgimento negli assassini del giudice Chinnici, di Ninni Cassarà, del capitano D’Aleo e del primo pentito di mafia, Leonardo Vitale. Raffaele Ganci diede voto favorevole all’interno della “Commissione” sulla decisione di assassinare i giudici Falcone e Borsellino, e i suoi figli fecero parte del commando che eseguì le stragi.



GANCI Calogero Inserito dal 1980 nella famiglia” di COSA NOSTRA della Noce, di cui il padre Raffaele era rappresentante e capomandamento, nonché persona tra le più vicine al RIINA, GANCI Calogero ha partecipato, secondo le sue confessioni, riscontrate da dichiarazioni di altri collaboratori ad alcuni omicidi eccellenti” , tra cui quelli di CHINNICI, CASSARA, DALEO, DALLA CHIESA e FALCONE. Tratto in arresto nel giugno del 1993 e successivamente indagato anche per la strage di Capaci, il GANCI ha iniziato a collaborare con lA.G. nel giugno del 1996, quando già era in corso il dibattimento relativo a tale crimine. E, tuttavia, lapporto probatorio fornito dal GANCI per la ricostruzione di quella strage ha avuto indubbiamente il carattere della novità, poiché il CANCEMI, che pure aveva preso parte alla fase dellosservazione dellauto del magistrato, aveva – come si è detto – reso delle dichiarazioni assai reticenti sulle concrete modalità di svolgimento di tale attività e su alcune delle persone che vi erano coinvolte, come il GALLIANO, la cui partecipazione a questi fatti è emersa solo dopo la collaborazione del GANCI, sicché tale elemento depone in senso favorevole per lautonomia e laffidabilità di tale collaborazione. Nel presente processo sono state acquisite ex art. 238 c.p.p. anche le dichiarazioni rese da GANCI Calogero alle udienze del 20, 21 e 22 ottobre 1996 nel processo di primo grado per la strage di Capaci e il contributo probatorio complessivamente offerto è stato apprezzabile soprattutto perché, essendo il collaboratore figlio del capomandamento della Noce, che costituiva uno dei punti di riferimento più utilizzati dal RIINA per lorganizzazione dei suoi incontri con gli altri esponenti di vertice di COSA NOSTRA, è stato in grado di fornire utili indicazioni in ordine alla composizione della commissione provinciale di Palermo ed alle modalità di riunione di tale organismo sino allepoca di esecuzione della strage di via DAmelio. MISTERI D’ITALIA

Il pentito Ganci: “Bagarella. e Brusca erano impazziti”.“Fra Riina e mio padre – ha spiegato il figlio di Raffaele, boss della Noce, deponendo davanti alla corte d’assise di Caltanissetta – il rapporto era molto intimo, il capo dei capi lo aveva trasformato in una marionetta”.  “Io sono fra coloro che avevano il compito di pedinare l’autista di Giovanni Falcone“. Così si è definito Calogero Ganci, figlio di Raffaele, il boss del quartiere Noce a Palermo, deponendo al processo denominato Capaci bis. Il procedimento, in corso davanti alla corte d’assise di Caltanissetta, nasce dalle rivelazioni di Gaspare Spatuzza, che ha ricostruito le dinamiche di preparazione della strage che uccise Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta.“L’ordine di pedinare Falcone- ha continuato Ganci -me lo diede mio padre il quale mi disse anche, di non recarmi troppo spesso in una villetta che noi avevamo a Carini perché ci doveva essere un attentato. Il giorno della strage, ho seguito l’autista fino all’aeroporto, poi sono rientrato a Palermo per evitare la confusione che si sarebbe creata. Poco dopo ho appreso che l’attentato era andato a buon fine”.Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca in quel periodo erano completamente impazziti, erano dei cani sciolti. Mio padre si rivolse a Provenzano affinche’ li fermasse” ha continuato il collaboratore di giustizia. “Fra Riina e mio padre – ha aggiunto poi Ganci – il rapporto era molto intimo. Però mio padre, con il passare del tempo, era diventato succube di Riina, era una sua marionetta. Lui faceva tutto quello che Riina gli chiedeva. I Madonia hanno dato la vita per Salvatore Biondino. Riina si fidava soprattutto di loro. Era certo che non l’avrebbero mai tradito. In carcere, più volte mi sono lamentato con mio padre per tutte le bombe che stavamo facendo esplodere in Italia e per l’attentato a Falcone. Non riuscivo a darmi una spiegazione plausibile. Mio padre mi allargò le braccia, quasi a volermi dire che bisognava comportarsi in quel modo”. Dopo Ganci, la corte ha ascoltato un altro collaboratore di giustizia: Fabio Tranchina, ex autista del boss Giuseppe Graviano. Posso dire con assoluta certezza che ad azionare il telecomando della strage di via D’Amelio è stato Giuseppe Graviano” ha detto Tranchina, aggiungendo che “dopo un giorno o due Graviano mi guardò, mi fece un sorriso e mi chiese: Na spirugghiamu?“. “Per il mio passato da mafioso – ha continuato Tranchina – per la strage di Capaci mi sento uno schifo, ma con la morte del giudice Falcone non c’entro nulla. A sconvolgermi la vita e dove mi sento moralmente coinvolto e’ stato l’attentato di via d’Amelio”. Il collaboratore di giustizia ha anche raccontato di essere stato testimone della fase preparatoria dell’attentato che doveva sorprendere Falcone a Roma nella primavera del 1992. “Avevo visto, qualche settimana prima caricare delle armi che dovevano essere portate a Roma. Mi fu riferito che dovevano essere utilizzate per compiere un’azione di forza. Capii allora, anche se non mi e’ stato riferito da nessuno, che dovevano servire per colpire il magistrato, ma poi non se ne fece nulla”. Nel marzo ’92, infatti Riina ritirò il commando di morte inviato nella capitale: Falcone andava assassinato in Sicilia e con un’azione spettacolare”.  –di Giuseppe Pipitone Pubblicato da www.loraquotidiano.it 27 novembre 2014

Corte assise Caltanissetta 26 settembre 1997  GANCI Calogero Inserito dal 1980 nella “famiglia” di COSA NOSTRA della Noce, di cui il padre Raffaele era rappresentante e capomandamento, nonché persona tra le più vicine al RIINA, GANCI Calogero ha partecipato, secondo le sue confessioni, ad alcuni “omicidi eccellenti” , tra cui quelli di CHINNICI, CASSARA’, D’ALEO e DALLA CHIESA. Spiegabile è, quindi, la scelta fatta dal padre di coinvolgerlo nell’osservazione dell’auto che doveva recarsi a prendere Giovanni FALCONE all’aeroporto in occasione dei suoi periodici rientri a Palermo. Tratto in arresto nel giugno del 1993 e successivamente indagato anche per la strage di Capaci, il GANCI ha iniziato a collaborare con l’A.G. nel giugno del 1996, quando già era in corso il dibattimento. E, tuttavia, l’apporto probatorio fornito dal GANCI per la ricostruzione dell’attentato per cui è processo ha avuto indubbiamente il carattere della novità, poiché il CANCEMI, che pure aveva preso parte a questa fase dell’osservazione dell’auto del magistrato, aveva – come si è detto – reso delle dichiarazioni assai reticenti sulle concrete modalità di svolgimento di tale attività e su alcune delle persone che vi erano coinvolte, come il GALLIANO, la cui partecipazione a questi fatti è emersa solo dopo la collaborazione del GANCI. Il GANCI, inoltre, essendo figlio del capomandamento della Noce, che costituiva uno dei punti di riferimento più utilizzati dal RIINA per l’organizzazione dei suoi incontri con gli altri esponenti di vertice di COSA NOSTRA, è stato in grado di fornire utili indicazioni in ordine alla composizione della Commissione Provinciale di Palermo ed alle modalità di riunione di tale organismo sino all’epoca di esecuzione della strage. Appare, pertanto, innegabile il carattere autonomo di tale fonte probatoria, i cui apporti probatori originali sono facilmente individuabili e che, peraltro, non ha mai mancato di evidenziare quali erano le conoscenze acquisite in sede processuale.

 

A CURA DI CLAUDIO RAMACCINI DIRETTORE CENTRO STUDI SOCIALI CONTRO LE MAFIE – PROGETTO SAN FRANCESCO