TROVATO IL lLIBRO MASTRO DEL CLAN GRAVIANO
In tempi di crisi, anche Cosa nostra ha attuato la sua spending review. Lo rivela un documento eccezionale ritrovato dai finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria: è l’ultimo libro mastro della famiglia mafiosa di Filippo e Giuseppe Graviano, i boss delle stragi, che possono contare ancora su un cospicuo patrimonio. In alcuni foglietti sono indicati i nuovi stipendi per i familiari dei mafiosi e i fedeli prestanome dei boss. E i tagli sono evidenti, rispetto alle cifre scoperte alcuni anni fa, nell’ambito di un’altra indagine sul clan di Brancaccio. Gli stipendi sono proprio dimezzati. “4.000 Bib.”, scriveva qualche mese fa uno dei ragioneri del clan. “4000 F.”, “4000 Picc.”. Secondo i finanzieri coordinati dal tenente colonnello Pietro Vinco, queste sono le paghe mensili corrisposte dall’organizzazione alle donne dei Graviano. “Bib.” sta per Bibbiana, ovvero il secondo nome di Rosalia Galdi, la moglie di Giuseppe Graviano. “F.” è Francesca Buttitta, la moglie di Filippo. “Picc.” sta perpicciridda, ovvero la piccola di casa, Nunzia, la sorella dei Graviano, anche lei attualmente in carcere con l’accusa di aver gestito il patrimonio di famiglia.Solo 1.000 euro al mese, invece, per il più grande dei fratelli Graviano, Benedetto, che è sempre rimasto ai margini del clan. Nel libro mastro è indicato come “Ciccio Benni”.
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Stipendi tagliati anche per i prestanome. “2.500 Enzo”, è annotato nell’appunto. Secondo i finanzieri potrebbe essere un riferimento a Vincenzo Lombardo, il gestore di un pompa di benzina Ip, di recente coinvolto nell’ultimo sequestro di beni a carico del clan Graviano. Nello stesso appunto è scritto: “2.500 Ip Leonardo”. Chi indaga ritiene che si riferisca allo stipendio di un altro inospettabile prestanome, pure lui impegnato nella gestione di un rifornimento carburante per conto di Cosa nostra. Un altro indizio, in quel foglietto, dice che l’ultimo business dei boss è nelle pompe di benzina: “500 Scalia”. Potrebbe essere un riferimento a un piccolo distributore che si trova in piazza Scalia, a Palermo.
Di certo, qualche mese fa, il nucleo speciale di polizia valutaria oggi diretto dal generale Giuseppe Bottillo, ha sequestrato un patrimonio da 30 milioni di euro ai Graviano. Durante una perquisizione negli uffici di un distributore di benzina, lungo la circonvallazione, è stato poi trovato il libro mastro che oggi Repubblica.itmostra in esclusiva: dopo lunghi accertamenti, il pubblico ministero Dario Scaletta ha depositato ieri il documento al tribunale misure di prevenzione.
Le carte dicono che la spending review di Cosa nostra ha colpito soprattutto il popolo dell’organizzazione mafiosa oggi in carcere. Solo 1000 euro al mese per la moglie di uno dei killer più fedeli al servizio dei Graviano, oggi anche lui al carcere duro. Cinquecento euro in più per la moglie di un prestanome finito in cella. Ecco cosa annotava il ragioniere del clan: “1.500 stipendio Maria”, ovvero Maria Anna Di Giuseppe, la moglie di Giuseppe Faraone. E poi: “1.000 stipendio Antonella”. Secondo i finanzieri sarebbe un riferimento ad Antonietta Lo Giudice, la moglie del superkiller Giorgio Pizzo.
Qualche mese fa, la signora Lo Giudice ha fatto una scelta coraggiosa, una scelta d’amore: ha deciso di seguire il suo nuovo compagno, Fabio Tranchina, un tempo l’autista di Giuseppe Graviano, oggi è un collaboratore di giustizia. E al clan non è rimasto che prenderne atto: alla signora Lo Giudice lo stipendio è stato revocato, e la somma – sotto forma di buoni benzina – è stata girata alla figlia, che si è schierata con il padre in carcere e ha deciso di restare a Palermo.
Insomma, sono ormai lontani i tempi in cui i Graviano facevano sapere dal carcere, tramite un loro avvocato di fiducia: “Vorremmo che si raddoppiassero gli stipendi per agosto”. E poi ancora: “Subito la Mercedes classe E 200 Kompressor”. I boss volevano che le loro mogli si muovessero comodamente a Nizza. Era il 1999. Adesso, le signore Graviano hanno preso casa in un condominio a pochi passi dalla stazione centrale di Palermo. Anche per i boss la spending review era ormai diventata una necessità, e non solo per la crisi economica, ma soprattutto per i pesanti colpi inferti da magistratura e forze dell’ordine.
La compagna del nuovo pentito era la moglie del suo ex capo
L’ amante l’ ha seguito nella sua scelta, quella di saltare il fosso e iniziare a parlare con i magistrati. Antonella Lo Giudice, l’ amante del neo pentito Fabio Tranchinaè passata sotto il regime di protezione offerto dallo Stato ai collaboratori di giustizia. La donna è la moglie di Giorgio Pizzo, l’ ergastolano di Brancaccio che ha partecipato alle stragi del ‘ 93 tra Roma, Milano e Firenze. Un uomo d’ onore Pizzo, che entrò in Cosa nostra con il rito della punciuta e che, prima di Tranchina, è stato uomo di fiducia dei Graviano diventando il loro autista. È stato, in un certo senso, il capo di Tranchina instradandolo nella vita della “famiglia”. Tutto questo fino al 1991, anno in cui Pizzo è finito in carcere per le stragi. Nella località protetta, dove Tranchina vive sotto copertura, è arrivata anche una delle figlie di Antonella Lo Giudice e Giorgio Pizzo. La decisione della Lo Giudice è arrivata all’ indomani del rifiuto della moglie di Fabio Tranchina, Giovanna Lupo. Un’ altra parentela importante lega la donna al clan di Brancaccio. Il fratello, Cesare Lupo, è uno dei prestanome storici dei Graviano: stando a quanto racconta il neo collaboratore di giustizia, non sarebbe mai uscito dal giro, neanche dopo aver scontato la sua condanna per associazione mafiosa. Di certo, la relazione extraconiugale di Tranchina, è stato un boccone amaro da digerire per la famiglia di Brancaccio. Fabio Tranchina, 40 anni, è ritenuto un «collaboratore promettente» dalla Procura di Palermo. Ed effettivamente, dal giorno della sua collaborazione, nell’ aprile scorso, Tranchina ha riempito decine di verbali davanti ai pm della Dda di Palermo e Caltanissetta. La collaborazione è arrivata dopo un primo momento di tentennamento. Tranchina è stato arrestato dalla Dia in un albergo, dove si trovava con l’ amante, con l’ accusa di essere coinvolto nella strage di via d’ Amelio. Ha prima deciso di “pentirsi”, poi, dopo un incontro con la moglie ha fatto dietrofront. Dopo sei giorni, durante i quali ha anche tentato due volte il suicidio, ha deciso di collaborare con la giustizia. E proprio Tranchina ha offerto l’ ultimo spunto sui misteri della strage di Capaci «Il gruppo di fuoco di Brancaccio aveva avuto il compito di uccidere Falcone a Roma. Poi, all’ improvviso, arrivò l’ ordine di tornare. Perché il giudice bisognava ucciderlo in modo eclatante, a Palermo», ha messo a verbale Tranchina. Il neopentito verrà sentito il 30 giugno al processo per il sequestro e l’ omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del collaboratore di giustizia sequestrato e ucciso per indurre il padre a ritrattare. 30.5.2011 la repubblica
La moglie del boss va col pentito, i parenti si dissociano
È APPENA tornata dal carcere di Tolmezzo, Udine, dove ha incontrato suo padre, Giorgio Pizzo, che da 17 anni sta scontando una condanna all’ ergastolo per gli omicidi commessi nel periodo in cui era un sicario della cosca di Brancaccio. «Gli ho detto della mamma – racconta Marzia, 18 anni – se n’ è andata con il pentito Fabio Tranchina – . Io sono profondamente addolorata. Mi dissocio dalla scelta di mia madre, Antonietta Lo Giudice. E anche mio padre la pensa come me: non vuole più vederla. Anche se lei tornasse indietro, non potremmo più perdonarla. Perché ha portato via la mia sorellina più piccola, Giada, che ha 17 anni, con la forza e con l’ inganno». Dal carcere, Giorgio Pizzo fa sapere: «Chiedo solo di vedere mia figlia. È un mio diritto, ma non so dove sia». Con Marzia Pizzo è andato a Tolmezzo anche lo zio materno, Angelo Lo Giudice: «Mia sorella non esiste più, continuerò a fare la mia vita normale di tutti i giorni senza di lei». Antonietta Lo Giudiceè andata via da Palermo il 10 marzo: «Non lo potrò mai dimenticare – racconta la figlia Marzia – era il giorno dopo la festa della mamma. Tornai a casa, non trovai nessuno. Poi, la polizia venne a prendermi, chiedendomi se anch’ io volevo andare via da Palermo. Dissi subito di no. Mi fecero firmare un foglio». Dice oggi Marzia Pizzo: «Io non potrò mai abbandonare mio padre. Sono la sua unica forza, anche se quando lo incontro in carcere c’ è un vetro blindato fra di noi. Una sola volta, quando morì la nonna, l’ ho potuto abbracciare. Mi fu concesso un’ ora di permesso straordinario». Marzia Pizzo è determinata: «Non ho mai visto quell’ uomo con cui mia madre è fuggita. Non ho mai saputo nulla della loro relazione. Non posso perdonare mia madre». s.p. 5.6.2011 LA REPUBBLICA