MAFIA e APPALTI – Cap. Sentenza Trattativa Stato-mafia

 TESTO UFFICIALE DELLA SENTENZA

 

IL RAPPORTO “MAFIA E APPALTI”  Il tema del c.d. rapporto “mafia e appalti” redatto da R.O.S. dei Carabinieri nel 1991 è stato oggetto di una amplissima attività istruttoria, sia orale che documentale, che la Corte ha stentato ad arginare per l’iniziale difficoltà di comprendere le finalità probatorie perseguite. Ben diciannove testimoni (Umberto Sinico, Gioacchino Natoli, Massimo Ciancimino, Carlo Vizzini, Giuseppe Lipari, Liliana Ferraro, Claudio Martelli, Giovanni Brusca, Angelo Siino, Antonino Giuffrè, Riccardo Guazzelli, Luciano Violante, Giovanna Livreri, Gian Carlo Caselli, Alfonso Sabella, Nicolò Marino, Guglielmo Sasinini, Vittorio Aliquò ed Agnese Piraino Leto) hanno a vario titolo riferito anche riguardo alla vicenda del rapporto “mafia e appalti” e sulla stessa, soprattutto per iniziativa delle difese degli imputati Subranni, Mori e De Donno, sono stati acquisiti innumerevoli documenti per lo più diretti a documentare gli esiti di complessi procedimenti svolti si sia dinanzi al Consiglio Superiore della Magistratura, sia presso Autorità Giudiziarie a seguito di denunzie che hanno visto come protagonisti alcuni magistrati delle Procure di Palermo e Catania ed alcuni appartenenti al R.O.S. dei Carabinieri. Molta di tale attività istruttoria si è incentrata, per iniziativa della Pubblica Accusa, sulla dimostrazione di una doppia refertazione dei Carabinieri del R.O.S. verso le Procure di Palermo e Catania che avrebbe avuto l’effetto di sottrarre per molto tempo alle indagini del primo Ufficio alcuni “politici” tra i quali Calogero Mannino (si vedano, per tutte, le dichiarazioni del teste Gioacchino Natoli:

“P.M TERESI : – … Lei ricorda che questa vicenda dell’informativa mafia e appalti fu accompagnata da una forte polemica? … ;

DICH. NATOLI GIOACCHINO : – Perché come ella diceva poc’anzi su questa storia del processo mafia e appalti ci fu a grandissima polemica …. … …. E cioè che si dava per scontato, si dava per scontato, soprattutto in ambienti giudiziari catanesi, che il rapporto mafia e appalti che era stato consegnato a Palermo, 12 18 fosse lo stesso rapporto che per vicende che non ha senso, secondo me, approfondire in questa sede, erano state consegnate anche a Catania. La differenza tra … Ma queste sono conoscenze successive che io ho acquisito. Le differenze tra il rapporto che era stato consegnato a Palermo e il rapporto che era stato consegnato a Catania, attenevano essenzialmente a intercettazioni ponderose, allegate al rapporto, che a Palermo non erano mai state trasmesse e a Catania erano state trasmesse. Nella stampa si dava per scontato che Palermo, nelle sue richieste, che erano state delle richieste evidentemente diverse da quelle che ci si aspettava da parte dell’organismo investigativo Ros, si conoscessero cose che viceversa Palermo non aveva conosciuto, chiaro? Ma tutto questo discorso … ;

P.M TERESI: – Queste intercettazioni riguardavano personaggi politici di rilievo?;

DlCH. NATOLI GIOACCHINO: – Sì, sì …. … … Personaggi politici di rilievo erano personaggi legati alla DC essenzialmente …. … … Ricordo certamente un Onorevole Cicero … …… Un Onorevole Cicero, Nino Cicero, può essere? E poi evidentemente personaggi legati all’ambiente dell’Onorevole Salvo Lima;… … .. ..

P.M TERESI : – Lei ricorda se tra le intercettazioni non depositate a Palermo ve ne erano talune che riguardavano l’Onorevole Lima, l’Onorevole Mannino, l’Onorevole Vizzini, l’Onorevole Sciangula?;

DICH. NATOLI GIOACCHINO: – Sì, ora che me lo dice sì, ma ripeto io non le ho lette mai. Questo che le sto dicendo è frutto di mie conoscenze acquisite all’interno della Procura della Repubblica ….. ……… il dottore Lima agiva sulla base di atti che presumeva che fossero a conoscenza dei colleghi di Palermo e che fossero stati a conoscenza dei colleghi di Palermo, che verosimilmente il Ros dei Carabinieri gli aveva rappresentato essere stati consegnati alla Procura di Palermo, quando invece, da quello che ho avuto modo di sentir dire, i colleghi di Palermo non li avevano avuti, quindi mancando di certi elementi conoscitivi, neppure in via ipotetica si potevano fare… …. .. .. E quindi ecco quale era il discorso. Cioè c’era questa assoluta divaricazione tra le prospettazioni di Catania e le prospettazioni di Palermo, che ipoteticamente potevano stare se le carte, le conoscenze fossero state omologhe, fossero state le stesse, ma le conoscenze erano assolutamente disallineate, assolutamente asimmetriche. Catania aveva degli elementi conoscitivi basati su intercettazioni, che a Palermo, per quello che è stato a mia conoscenza, ripeto, nel quadro generale che ho già descritto, non erano mai pervenute” e, quanto ai documenti, la “Relazione sulle modalità di svolgimento delle indagini mafia-appalti negli anni 1989 e seguenti indirizzata da alcuni magistrati della Procura della Repubblica di Palermo in data 5 giugno 1998 al Procuratore del medesimo Ufficio e da questi consegnata alla Commissione Parlamentare Antimafia in occasione della sua audizione in data il 3 febbraio 1999 che richiama a sua volta, riportandola integralmente, altra “Relazione sui procedimenti instaurati a Palermo su mafia e appalti” sottoscritta dal Procuratore Aggiunto Aliquò e dai sostituti Lo Forte e Scarpinato, depositata il 7 dicembre 1992 presso il Consiglio Superiore della Magistratura, nonché il decreto di archiviazione del G.I.P. di Caltanissetta); e, per iniziativa delle difese degli imputati sopra ricordati, invece, sulla negazione di tale accadi mento (per vero con prova riguardante non l’informativa definitiva consegnata neI febbraio 1991, ma alcune informative preliminari contenenti la mera trascrizione di intercettazioni consegnate ai Dott.ri Falcone e Lo Forte già il 2 luglio 1990 e il 5 agosto 1990) e, semmai, sulla dimostrazione di anomalie procedurali da parte di taluni magistrati della Procura di Palermo ad iniziare dal magistrato che ali ‘epoca (fino al 1992) la dirigeva, il Dott. Giammanco (v. ancora il citato decreto di archiviazione). 
La Corte ritiene di dovere omettere qui un resoconto dettagliato di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti sulle questioni prima accennate, poiché queste appaiono di scarsissima (se non nulla) rilevanza per i fatti oggetto dell’imputazione di reato elevata in questo processo (e, per tale ragione, sono state anche respinte tutte le richieste di ulteriori acquisizioni documentali reiterate dalle difese ancora in sede di discussione e, conseguentemente e subordinatamente, anche dal P.M. persino in sede di replica all’ultima udienza del 16 aprile 2018). La vicenda del rapporto “mafia e appalti” nasce e si sviluppa ben prima dei fatti riconducibili alla c.d. “trattativa” tra esponenti delle Istituzioni ed i vertici mafiosi e non sembra alla Corte che possa essere in alcun modo collegata e connessa a questa se non per quell’esile filo che sarebbe costituito soltanto dall’ulteriore prova di rapporti tra alcuni esponenti politici ed alcuni appartenenti all’ Arma da un lato e tra tal uni di questi ultimi ed alcuni mafiosi dall’altro. Sennonché, quanto al primo profilo, ai fini della prova dei fatti che rilevano in questa sede, appare sufficiente quanto già verificato e riportato sopra riguardo ai rapporti tra l’On. Mannino e il Gen. Subranni (nonché il M.llo Guazzelli), restando del tutto irrilevante ogni ulteriore approfondimento su eventuali favoritismi in favore del primo tanto nell’indagine “mafia e appalti” quanto nelle precedenti indagini svolte a carico del medesimo On. Mannino presso la Procura di Sciacca (pure oggetto di attività istruttoria e di un non breve excursus in sede di discussione della difesa degli imputati Subranni e Mori, che, per le medesime ragioni di sostanziale irrilevanza probatoria che ha dato luogo al rigetto delle relative istanze di acquisizioni documentali, qui possono omettersi di riferire ed esaminare); quanto al secondo profilo, le risultanze, peraltro di ambigua lettura (si pensi a tutta la vicenda dei rapporti tra il M.llo Lombardo e Angelo Siino), appaiono ugualmente irrilevanti ai fini della valutazione degli accadi menti maturati a partire dai primi contatti degli Ufficiali del R.O.S. con Vito Ciancimino che hanno dato luogo alla formulazione della ipotesi di reato qui da verificare. V’ è, però, un aspetto del rapporto “mafia e appalti” che appare qui rilevante approfondire in quanto in ipotesi connesso con la decisione di uccidere il Dott. Borsellino e, per meglio dire, con quell’improvvisa accelerazione impressa alla programmata esecuzione di tale omicidio di cui si è detto prima.
Le difese degli imputati Subranni, Mori e De Donno, infatti, pur contestando che vi sia stata tale accelerazione nell’esecuzione dell’omicidio del Dott. Borsellino (accelerazione che, invece, a parere di questa Corte appare inconfutabile per gli inequivocabili elementi di prova, sopra ricordati, tra loro certamente convergenti sebbene eterogenei), hanno con forza prospettato durante tutto il corso del dibattimento (con l’evidente intento di allontanare ogni possibile collegamento con la “trattativa”) e, poi, ancora, in sede di discussione seppur con qualche oscillazione argomentativa (v. trascrizione udienza dell’8 marzo 2018) la convinzione che il Dott. Borsellinosia stato ucciso per la sua decisione di iniziare ad occuparsi della vicenda del rapporto “mafia e appalti”. Ed in effetti, sono stati acquisiti elementi che comprovano l’intendimento del Dott. Borsellino di studiare il fascicolo relativo al rapporto “mafia e appalti” nel periodo compreso tra la strage di Capaci e la strage di via D’Amelio. Di ciò ha riferito il teste delle predette difese Umberto Sinico, secondo il quale, appunto, nel giugno del 1992 vi fu presso gli Uffici della Sezione Anticrimine dei Carabinieri di Palermo un incontro tra il Dott. Borsellino e il Col. Mori, ai quali, poco dopo, si era, però, aggiunto anche il Cap. De Donno

AVV. MILIO: – … Lei è a conoscenza di incontri che il dottor Borsellino ebbe nel giugno del 92 con il Colonnello Mori e il Capitano DE DONNO?;

DICH. SINICO UMBERTO : – Sì, io all’epoca facevo servizio alla Sezione Anticrimine di Palermo e nel primo pomeriggio, un giorno pre-estivo, insomma era una giornata piuttosto calda, venne nei nostri uffici a Piazza Massimo il Procuratore Borsellino. Nel frattempo era arrivato … Era già arrivato da noi il Generale … L’allora Colonnello Mori e il Capitano DE DONNO. Si riunirono all’interno 12dell’ufficio del Comandante della Sezione Anticrimine, che però non era presente. Prima il solo Giudice Borsellino e il Colonnello Mori e dopo una ventina di minuti – mezz’ora fu fatto entrare anche il Capitano DE DONNO”), per parlare specificamente, per quanto probabilmente riferito poi dallo stesso De Donno a Sinico

P.M DI MATTEO – .. a proposito dell’incontro del 25 giugno del 92 alla Caserma Carini, innanzitutto lei non ha specificato, perché in verità non le è stato nemmeno chiesto, da chi avrebbe saputo che l’oggetto dell’incontro era quello relativo, diciamo, alla tematica mafia e appalti;

DICH. SINICO UMBERTO ” -Sicuramente da DE DONNO, con DE DONNO avevamo grande confidenza, abbiamo fatto l’accademia insieme, quindi … lo non ero presente all’incontro, non è stato ammesso nessuno tranne prima il Generale Mori e poi, contestualmente, il Capitano DE DONNO… … .. .. DE DONNO probabilmente me l’avrà detto subito dopo … …….. … 10 non ho un ricordo preciso del Capitano DE DONNO che mi dice abbiamo parlato di … Non c’ho un ricordo… Ritengo sicuramente che me l’abbia detto immediatamente dopo, perché con DE DONNO avevo un rapporto costante, amichevole, ci conosciamo da trenta anni, abbiamo fatto l’accademia insieme, sicuramente me l’ha detto lui.. . … … siccome a questo incontro erano in tre a partecipare, e questo l’ho saputo, ne deduco che può avermelo detto solo DE DONNO, perché sicuramente non me l’ha detto Borsellino, sicuramente … ; …. …….. Guardi, io come ho detto anche prima, non ho un ricordo preciso di parole che mi abbia detto e di una situazione che mi abbia riferito personalmente il Colonnello DE DONNO, ma ritengo che per il rapporto che abbiamo sicuramente può avermelo detto lui e successivamente prima di essere ricevuto… Abbiamo dedotto, perché … “), proprio del rapporto “mafia e appalti” che era stato redatto, infatti, dallo stesso Cap. De Donno

AVV. MILIO ” – Sì. Ha avuto conoscenza dei temi di cui parlarono?;

DICH. SINICO UMBERTO,’ Sì, l’oggetto dell’incontro era … Il Procuratore Borsellino voleva delle notizie sul noto rapporto giudiziario che venne redatto dal Capitano De Donno Per vero, come evidenziato dal P.M. nel corso della sua requisitoria all’udienza del 15 dicembre 2017 sia pure sulla scorta di una risultanza probatoria utilizzabile esclusivamente nei confronti degli imputati Subranni, Mori e De Donno e cioè la testimonianza di Carmelo Canale (il quale in questa sede si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma le cui dichiarazioni rese nel processo a carico di Mori e Obinu dinanzi al Tribunale di Palermo in data 20 febbraio 2011 sono state qui acquisite su richiesta, ex art. 468 comma 4 bis C.p.p., appunto degli imputati Subranni, Mori e De Donno), in realtà, la ragione di quell’incontro sollecitato dal DottBorsellino non riguardò propriamente il (contenuto del) rapporto “mafia e appalti”, ma un anonimo che in quei giorni circolava e che veniva attribuito al Cap. De Donno (v. dich. Canale in data 20 febbraio 2011: “E lui mi chiese, nella circostanza, di incontrare, ma molto riservatamente e all’interno non della Procura, ma all’interno della sezione anticrimine di Palermo, l’allora Colonnello Mori e il Capitano DE DONNO perché. secondo quello che io ricordo e che mi riferì il Dottor Borsellino. vi era una voce ali ‘interno. Da parte di colleghi suoi che non mi ha detto perché altrimenti lo avrei pure rivelato questo una voce che dava il Capitano De Donno come il compilatore di un anonimo, perché girava un anonimo, come se il Capitano De Donno cercasse appoggio per far partire sto rapporto mafia appalti che non decollava bene e cose varie. E allora io chiesi, tramite il mio comandante della sezione, di interpellare il Colonnello Mori e di fissare un appuntamento col Procuratore Borsellino. Siamo comunque dopo, dovrebbe essere dopo la morte del Dottore Falcone. Una volta che abbiamo avuto la certezza che il Colonnello Mori era disponibile a questo incontro e il Capitano DE DONNO, praticamente a me non è rimasto altro che accompagnare il Dottor Borsellino … “). In ogni caso, il teste Gioacchino Natoli, quindi, pur non ricordando che il Dott. Borsellino ebbe un giorno ad allontanarsi per parlare con il Col. Mori del rapporto “mafia ed appalti”

AVV. MILIO: – II dottor Borsellino le parlò di un incontro con i Carabinieri del Ros, nella specie Mori e De Donno, per discutere del rapporto su Mafia e Appalti?;

DICH. NATOLI GIOACCHINO: – A memoria mia, no; … … . ..

AVV. MILIO: – … Ricorda di avere parlato, in presenza del Maresciallo Canale e del dottor Borsellino, di un incontro presso la caserma Carini, Caserma dei Carabinieri Carini? .. … . .. O comunque di avere assistito a discussioni inerenti un incontro che il dottor Borsellino doveva … ;

DICH. NATOLI GIOACCHINO: – Non lo escludo Avvocato …. ;

Avv. MlLIO: – Lei in altra occasione ha ricordato che in una circostanza …. … … di avere assistito sostanzialmente ad una … Più che avere assistito, insomma, che in una occasione il dottore Borsellino si allontanò… … . … Ecco, in quella occasione si parlò di una giornata nella quale il dottor Borsellino vi chiese scusa, su sollecitazione del Maresciallo Canale che lo invitava a… Gli diceva che aveva un appuntamento e avrebbe detto il dottor Borsellino: scusate, devo andare al Comando Provinciale dei Carabinieri per parlare con Mori per … Devo allontanarmi per andare a parlare … ; … …

DICH. NATOLI GIOACCHINO: – Sì, ma confermo di non ricordare l’episodio … “), ha, comunque, confermato che dopo la strage di Capaci lo stesso Dott. Borsellino gli aveva chiesto una copia del rapporto “mafia e appalti”

Avv. MILlO: – Sì. Senta, il dottor Borsellino, dopo la strage di Capaci, le chiese informazioni o notizie sull’indagine del Ros relativa a mafia e appalti?;

DICH. NATOLI GIOACCHINO: – Mi disse se avessi copia di un. .. Appunto del rapporto Mafia e Appalti, che poi era quello del 1991 e siccome era un fascicolo che non avevo più, io ero stato semplicemente incaricato proprio il giorno in cui arrivai in Procura della Repubblica e partecipai alla prima riunione di DDA su questa vicenda dal Procuratore Giammanco, di studiare la posizione di uno degli indagati, che era Nunzio Spezia, non so per quale motivo ritenne di assegnarmi questa posizione, per discuterne poi insieme agli altri Sostituti, all’Aggiunto e allo stesso Procuratore Giammanco quando egli e coloro che erano stati incaricati di seguire quelle indagini dovevano prendere delle decisioni, questo era stato il mio unico contatto con quel rapporto e quindi inevitabilmente abbastanza superfìciale perché credo che tra quando mi disse di cominciare a leggere sta cosa e quando abbiamo fatto la riunione successiva, siano passati cinque o sei giorni e parlavamo di migliaia e migliaia di pagine che ovviamente non potevo né leggere, né cogliere fino in fonde in tutte le loro implicazioni ….. . …. Mi chiese di questo rapporto e ovviamente io … Ma penso che in queste occasioni, perché, ripeto, fu mentre eravamo nella sua stanza, molto probabilmente con Franco Lo Voi, perché come dicevo per il processo Calcara, nato dalle dichiarazioni, appunto, di Vincenzo Calcara, Vaccarino, eccetera, eravamo spesso nella sua stanza con Franco Lo Voi, fece cenno a questo discorso e ovviamente gli dissi che il luogo nel quale più facilmente l’avrebbe potuto re perire era presso il Ros dei Carabinieri, con i quali peraltro lui aveva rapporti abbastanza frequenti; … … . ..

AVV. MILlO: – …. lei è in grado di collocare temporalmente questa richiesta del dottor Borsellino in 57 quei giorni?;

DICH. NATOLI GIOACCHINO: – No, ma sarei portato a … No, è inutile che azzardi una data a distanza di così tanto tempo. No, non riesco a ricordare;

AVV. MILlO: – … Sa se il dottor Borsellino, prima di essere ucciso, riuscì ad avere quegli atti?;

DICH NATOLI GIOACCHINO: – Non ne ho ricordo oggi. In occasione della testimonianza resa  in questo processo, peraltro, il Dott. Natoli, sulla base di un ineccepibile riscontro temporale precedentemente non valorizzato, ha avuto modo di correggere una imprecisione delle sue precedenti dichiarazioni del 21 novembre 1992, allorché aveva, infatti, erroneamente riferito, non soltanto di quella richiesta di copia del rapporto “mafia e appalti” fattagli dal Dott. Borsellino, ma anche – errando – di avere parlato con quest’ultimo della c.d. doppia refertazione del R.O.S. alle Procure di Palenno e Catania, di cui egli, però, aveva appreso soltanto nel mese di ottobre 1992 e, quindi, dopo la morte del Dott. Borsellino (v. ancora testimonianza del Dott. Natoli:

P.M TERESI : – Del 28 … Dicevo, vengono trasmessi gli atti da Catania a Palermo il 28 ottobre 92, 28 ottobre 92. Allora, io le chiedo … …. …. lei dell’esistenza di questo doppio processo, di questo doppio fascicolo, l’aveva appresa prima del 28 ottobre 92? …… …. perché … Quindi in forma di contestazione, sia nel verbale … Anzi, credo l’unico … No, sia nel verbale delle Sit di luglio 2012, che nella testimonianza dibattimentale dell’ottobre 2012, lei fa un accenno al fatto che… Le leggo in particolare quello delle Sit: preciso comunque che Borsellino – pagina 2 alla fine – mi chiedeva spesso, dopo le stragi di Capaci, come ad altri colleghi, delle inchieste sviluppatesi durante la sua assenza dalla Procura di Palermo, 86 – 91. In specie, mi chiese del rapporto mafia e appalti e io ebbi a informarlo anche del comportamento del Ros che consegnò in Procura a Palermo un rapporto che mancava di circa 900 pagine di trascrizioni di intercettazioni, rispetto quello consegnato a Catania al dottor Lima. Quindi come faceva lei, nel giugno, luglio del 92, a sapere queste cose che invece la Procura scopre nell’ottobre del 92?;

DICH. NATOLI GIOACCHINO: – Le spiego subito e la ringrazio di questa precisazione che mi sta offrendo. Evidentemente, nella mia testimonianza, dichiarazioni prima, del 2012, e testimonianza del 2014, ho riferito un dato inesatto, è chiaro? Perché ovviamente il contesto nel quale mi è stata posta quella domanda mi ha messo in condizione, negativa in questo caso, di sovrapporre una conoscenza successiva ad un periodo, che è quello 91 – 92, che oggi, attraverso questa minuziosa ricostruzione dei passaggi mesi per mese, siamo in condizioni di confermare per quelli che sono i miei ricordi o di escludere. Quindi evidentemente ho dato una risposta, parlo di quella dibattimentale, una risposta inesatta …. … …. A Paolo Borsellino abbiamo detto, perché non parlavo soltanto io, ma parlava anche il collega Lo Voi, che non era un soggetto silente, era un soggetto parlante che interveniva tanto quanto me, che i Carabinieri, questo certamente glielo abbiamo detto, in quel contesto, in quel contesto, avevano fornito a Palermo delle carte e a Catania carte diverse, è chiaro?;

P.M TERESI: – L’avete detto a Borsellino?;

DICH NATOLI GIOACCHINO: – Che il comportamento dei Carabinieri fosse un comportamento che non era stato lineare, questo certamente era già a nostra conoscenza …. … . .. Oggi, ecco, la dimostrazione è che siamo qua da due ore, c’è stata la precedente udienza, quindi la possibilità di ricordare determinati passaggi ovviamente per me è migliore …. … … Da quello che lei mi ha contestato, perché è una contestazione poc’anzi, sono propenso a dire ancora una volta che il mio ricordo, quindi la mia testimonianza del 2014, questa qua, è errata, non ci sono dubbi). Una ulteriore conferma della circostanza che il Dott. Borsellino si stesse interessando, almeno in termini generali, anche delle vicende di “mafia e appalti” si trae anche dalla deposizione del teste Carlo Vizzini, il quale, infatti, ha riferito che di ciò ebbe a parlare con lo stesso Dott. Borsellino nel corso di una cena avvenuta a Roma il 16 luglio 1992

Avv. MILIO: – Risulta dall’agenda del dottor Borsellino un incontro, comunque il suo nome, il 16 luglio 92, ore 21. 00. Le chiedo se ebbe modo di incontrare il dottor Borsellino a quella data;

DICH VIZZINI CARLO: – Sì, ebbi modo di incontrare il dottor Borsellino a cena …. … …. in quella data che lei indica, il 16 di luglio, ricevo una telefonata presso la sede del partito da parte del dottore Lo Forte, allora Sostituto Procuratore, che mi dice di essere a Roma insieme al dottore Borsellino, e che con lui c’era anche il dottore Natoli, che anche lui era Sostituto Procuratore della Repubblica, e che avrebbero avuto piacere di cenare con me e ci siamo incontrati a Piazza di Spagna e siamo andati in un ristorante non lontano da lì, che si chiamava, se la memoria non mi inganna e non credo che non ci sia neanche più, Il Moccoletto …. ; ………….

AVV. MILIO: – Quali furono gli argomenti affrontati durante quella cena?;

DICH VIZZINI CARLO : – Guardi, l’argomento, prescindendo dai convenevoli e dalle considerazioni generali che si fanno in queste circostanze, credo che loro fossero reduci da un interrogatorio di un collaboratore che se non ricordo male era Mutolo. E poi l’argomento che impegnò il tempo più grande della cena, fu un forte interesse del dottore Borsellino alla vicenda di mafia e appalti … … … io avevo già denunciato in un convegno, alla fine del 1988, ho con me una copia del giornale L’Ora che ne parlò, ad un convegno di un altro partito dove c’erano diversi imprenditori che si lagnavano, mi permisi di dire: ma gira voce che in Sicilia gli appalti si vincano con una pistola posata sul tavolino. Il Giornale L’Ora pubblicò questa cosa, ma poi nulla … Non ci fil nessun altro seguito. Quando ci incontrammo, in realtà era già stato arrestato quello che poi venne definito il Ministro dei Lavori Pubblici di Cosa Nostra, il nomignolo era Bronson e il nome vero Siino. E debbo dire … E però ancora non era diventato collaboratore di giustizia, era stato arrestato ma non era ancora collaboratore di giustizia. L’interesse era proprio quello di capire bene quali fossero i meccanismi, perché io dissi allora la mia idea, che c’erano mediatori, secondo il mio punto di vista, che favorivano poi anche grandi aziende di livello nazionale che venivano a fare gli appalti in Sicilia ed era pensabile che al di là delle vicende della politica c’era un forte interesse di Cosa Nostra ad avere un ruolo in tutto questo, cosa che poi fu dimostrata quando il Siino diventò collaboratore di giustizia. E questo … Fu questo, sì, si discusse a lungo e suppongo che forse il dottore Borsellino aveva pensato anche ad un seguito, almeno così mi fece capire, per rivederci a Palermo nelle sedi proprie …. … … Sì, ne abbiamo parlato costruendo … Voglio dire, in quel momento né io, né loro avevano elementi che potevano essere altro se non la costruzione di una cosa che poi si è perfezionata quando ci sono state alcune collaborazioni di mafiosi arrestati che 1229 hanno cominciato a collaborare e lì si sono trovate le prove che questo era il sistema. Siamo arrivati a capire per esempio che c’erano stati successivamente interventi su cose come la strada che portata … La costruzione della strada tra Ganci e un altro comune di cui in questo momento mi sfugge il nome ed è la stessa … “), pur se, poi, il teste, ridimensionando una sua precedente sintetizzazione giornalistica in cui aveva parlato di “chiodo fisso” del Dott. Borsellino, ha precisato che, ovviamente, intendeva soltanto dire, con quell’imprecisa (e infelice) espressione, che quello della vicenda “mafia – appalti” era stato l’argomento principale della conversazione di quella sera presso il ristorante romano

AVV MILlO: – Lei ha parlato di … In una intervista all’Unità, di un chiodo fisso del dottor … 

DICH. VIZZINI CARLO: – Questa come… Certo che era interesse del dottore Borsellino. Ma quando io dico, se ha letto la mia intervista l’avrò detto, chiodo fisso, non è che mi riferivo … lo non è che mi vedevo tutti i giorni con il dottor Borsellino, il quale mi parlava di questo. Nell’ambito di una cena che può durare due ore, due ore e mezza a volerla fare lunga, quello fil l’argomento principale, ma la parola chiodo fisso non è certamente … Non si può correlare che era il chiodo fisso della sua vita, in quella cena si parlò prevalentemente di questo e poi, parlando con i giornali, la parola chiodo fisso non posso che riferirla alle cose di cui ho parlato con il dottore Borsellino“) e non certo che quella fosse l’unica o principale vicenda giudiziaria di cui si occupava il medesimo Dott. Borsellino

 G / T : – Quindi andiamo più al concreto, in quella cena il dottore Borsellino le disse che l’unica cosa di cui si stava occupando era mafia e appalti?;

DICH. VIZZINI CARLO: – Non l’unica, è l’argomento principale del quale abbiamo parlato in quella cena”), tanto più che quest’ultimo neppure gli aveva parlato specificamente di un’indagine in corso

G / T: – È una sua deduzione o glielo ha detto il dottore Borsellino sto indagando su questo?;

DICH. VIZZINI CARLO : – Non mi ha detto sto indagando … … …. Sto indagando no, ma parlava … “), ma soltanto, in generale, del fenomeno in questione

P.M DI MATTEO : – Senta, le volevo chiedere se è corretto dire che comunque, in quella cena, anche affrontando l’argomento di cui lei ha parlato e sul quale non torno, non si fece alcun riferimento da parte del dottor Borsellino, da parte di altri Magistrati, a inchieste, indagini, processi e prove di processi? Cioè se è corretto dire che si parlò del fenomeno e non di inchieste, processi in corso o inchieste e processi da sviluppare? … ;

DICH. VIZZINI CARLO: – Si parlò di un sistema, io poi, ripeto, non avevo la confidenza, non è che mi diceva stiamo indagando specificamente su questo. Ho capito, parlando del sistema, che poi ho anche illustrato il rapporto tra le imprese, la mafia e quanto altro, che lui aveva interesse a parlare di questo e probabilmente pensava che ci dovevamo rivedere. Ma ripeto, non ad un tavolo di ristorante, ma al Palazzo di Giustizia”). Quest’ultima circostanza, peraltro, trova conferma nella già richiamata testimonianza del Dott. Natoli, pure presente a quelle cena, il quale, infatti, ha riferito che, appunto, si parlò di appalti soltanto in termini di generalità e senza alcun riferimento ad indagini specifiche in corso

AVV. MlLIO: – Sì. Si parlò di argomenti quali appalti e commistione tra imprenditori e Cosa Nostra?;

DICH. NATOLI GIOACCHINO: – A memoria mia, no, per lo meno a memoria di questo momento. Se in quella data che lei ha più volte ricordato ho detto qualcosa di diverso, lo confermo già da ora;

Avv. MILIO: – Di infiltrazioni mafiose degli appalti se ne parlò?;

DICH. NATOLI GIOACCHINO: – Se non abbiamo parlato di appalti, non abbiamo parlato neppure di infiltrazioni; … . .. ….

Avv. MILIO: – Si parla del verbale dell’altro processo …. ……. fine pagina 75, gli ultimi due … …. Le chiede il Presidente Fontana: lei ha opportunamente puntualizzato che il dottore Borsellino mai le avrebbe parlato di indagini in corso, ma il problema è se in quella occasione, diciamo, conviviale, il Senatore o Deputato Vizzini si parlò genericamente non delle indagini, degli appalti, dell’incidenza che poteva avere l’infiltrazione diciamo mafiosa, eccetera, se ne parlò o no? E lei risponde: allora, in questi termini che la Signoria Vostra sta rappresentando, non escludo che se ne sia potuto parlare, perché quando ho detto che fu una cena nella quale, o durante la quale si è parlato del più e del meno, ma del più e del meno ovviamente occupava le attenzioni di persone come noi in quel periodo, un problema di appalti, di corruzione eccetera, lo escludo. Non ho un particolare ricordo di questo argomento, quindi sono assolutamente certo che se, diciamo, si parlò di mafia e appalti in termini … Proprio io devo dire no. Se diciamo se ne parlò così, come se ne può parlare in un salotto, le dico non escludo che se ne sia potuto parlare; … … …

DICH. NATOLI GIOACCHINO : – E quindi come vede … …. …. 10 ho un ricordo ben preciso, fil una cena banalissima, banalissima, nel corso della quale si parlò di argomenti generali, nulla che potesse avere a che fare con la nostra attività che in quel momento era una attività particolarmente delicata … .. . …. Essendo una cena nella quale non si poteva ovviamente … Non eravamo tra colleghi Magistrati con i quali avevamo la facoltà di potere parlare di indagini, non eravamo con Ufficiali di P. G. incaricati delle indagini, quindi per costume mio, ma anche dei colleghi che erano presenti, ripeto, mi sento di escludere ancora oggi che si sia potuto parlare di qualcosa che avesse a che fare con indagini. Poi della situazione generale del paese, di quello che c’era, non posso, ripeto, dire nulla di più preciso perché può benissimo essere accaduto, come non essere accaduto, ma in termini di non significatività”). Anche la teste Liliana Ferraro ha riferito che, in occasione di un incontro avvenuto alla fine del mese di giugno di cui si parlerà più ampiamente più avanti in altro capitolo, il Dott. Borsellino le parlò, tra l’altro, della questione del rapporto “mafia e appalti” (” …. la maggior parte del nostro colloquio ha riguardato l’indagine mafia – appalti, che era quella fatta da De Donno e dai R.o.S. “), anche se, in questo caso, l’interesse del suo interlocutore era indirizzato, più che alla vicenda processuale in sé, ali ‘anomalo invio del rapporto al Ministero operato dal Procuratore della Repubblica di Palermo (“Lui volle che io gli raccontassi nuovamente tutto il percorso che lui aveva conosciuto attraverso quello che gli aveva detto Giovanni Falcone, dell’arrivo del rapporto al Ministero di Grazia e Giustizia. Lui sapeva che io conoscevo questo percorso perché glielo aveva detto il Dottor Falcone… cioè questo rapporto era stato inviato… era arrivato al Ministro Martelli e il Dottor Falcone era appena partito per Palermo, dalla segreteria del Ministro avevano avvertito il Dottor Falcone che c’era questo faldone che … ………. Su questo il Dottor Paolo Borsellino mi ha fatto tante domande. Mi ha chiesto, appunto, come era arrivato il plico, mi ha chiesto … si ricordava che il Dottor Falcone lo aveva chiamato e gli aveva detto … la prima volta che gliene aveva parlato gli aveva detto nel corso di questa telefonata … proprio nel corso della telefonata … dice: «Guarda che sta entrando Liliana, con lei abbiamo preparato la lettera per rispedirlo a Palermo». Ricordava che il Dottor Falcone gli aveva detto: «Adesso sei tu che devi curarne l’ulteriore seguito». E quindi voleva una conferma di questo percorso ministeriale che c’era stato”). Parimenti anche il Dott. Aliquò, allora Procuratore Aggiunto presso la Procura di Palermo, ha confermato di avere parlato del rapporto “mafia e appalti” in occasione di alcune riunioni col Dott. Borsellino, e ciò anche perché, inizialmente, si era ipotizzato pure che questo potesse essere collegato alla strage di Capaci, anche se, poi, tale ipotesi era rimasta priva di qualsiasi supporto probatorio (“Del rapporto su mafia e appalti se ne parlò decine di volte nell’ufficio e praticamente anche nelle riunioni della Direzione Anti Mafia che si facevano settimanalmente, quindi lo conoscevamo un po’ tutti;

Avv. MILLO- Sì, ma la domanda era, chiedo scusa, del rapporto mafia e appalti come diciamo una tematica in correlazione, che potesse diciamo essere messa in correlazione anche investigativamente, quindi ipoteticamente con la strage del dottor Falcone, ecco;

DICH. ALIQUO’ : – C’era sempre questa ipotesi, ma non si concretava mai … … … posso confermare che tutti sti discorsi avvenivano in direzione distrettuale, dove addirittura questo rapporto su mafia e appalti, che era grosso, fu distribuito, abbiamo fatto le copie per tutti i colleghi, o tutti o quasi tutti i colleghi, quelli che erano interessati a sto (PAROLA INCOMPRENSIBILE) di mafia e appalti. E allora praticamente di questo ne parlammo in direzione distrettuale e c’era Paolo Borsellino che ne parlava e che ne parlava con particolare interesse proprio perché lui era forse quello più … Molto di più a cercare questi riscontri per la morte del collega, era … “). Alla stregua dei predetti elementi di prova, dunque, può ritenersi certo che il Dott. Borsellino nel periodo compreso tra la strage di Capaci e la sua morte si sia occupato (anche) del rapporto “mafia e appalti”. Tssa collegare tale evenienza alla improvvisa accelerazione che ebbe l’esecuzione del Dott. Borsellino se si tiene conto, oltre del fatto obiettivo che tale indagine non era certo l’unica né la principale di cui quest’ultimo ebbe ad interessarsi in quel periodo (basti pensare che il Dott. Borsellino, tra le altre indagini, stava raccogliendo le dichiarazioni di alcuni collaboratori di Giustizia agrigentini e, da ultimo, anche del palermitano Gaspare Mutolo), che nessun spunto idoneo a collegare tra la vicenda “mafia e appalti” con la morte del Dott. Borsellino è possibile trarre dalle dichiarazioni dei tanti collaboratori di Giustizia esaminati e cui, peraltro, la vicenda “mafia e appalti” era ben nota. Inoltre, vi sono, soprattutto, alcune considerazioni, sì, di ordine logico, ma fondate su obiettive risultanze, che consentono di escludere tale ipotizzata e prospettata causale. Depone, Invero, In senso contrario, innanzi tutto, il fatto che quell’interessamento del Dott. Borsellino per l’indagine “mafia e appalti” non ha avuto all’epoca alcuna risonanza pubblica. D’altra parte, non v’è neppure certezza che il Dott. Borsellino possa avere avuto il tempo di leggere il rapporto “mafia e appalti” e di farsi, quindi, un ‘idea delle questioni connesse, mentre, al contrario, è assolutamente certo che non vi fu alcuno sviluppo di quell’interessamento nel senso di attività istruttorie eventualmente compiute o anche soltanto delegate alla P.G., che, conseguentemente, possano avere avuto risalto esterno giungendo alla cognizione dei vertici mafiosi così da allarmarli e spingerli improvvisamente ad accelerare l’esecuzione dell’omicidio del Dott. Borsellino medesimo. Ma v’è di più. V’ è, infatti, un ‘ulteriore considerazione che, sotto il profilo logico, consente di escludere la conclusione propugnata dalle difese prima ricordate sul possibile collegamento tra l’indagine “mafia e appalti” e l’uccisione del Dott. Borsellino. Ci si intende riferire al fatto che la vicenda “mafia e appalti”, per quanto riguarda il versante mafioso, aveva già avuto esito almeno un anno prima (con l’arresto, tra gli altri, di Angelo Siino) e non si comprende, dunque, quale preoccupazione talmente viva, attuale e forte avrebbero potuto avere i vertici mafiosi per sviluppi investigativi che, al più, avrebbero potuto attingere quegli esponenti politici che avevano tratto lucro dal patto spartitorio degli appalti garantito da “cosa nostra”. Né appare verosimile ritenere che tal uno di tali esponenti politici, preoccupato delle conseguenze per sé pregiudizievoli di un possibile sviluppo di quell’indagine, possa avere avuto, nei confronti dei vertici, mafiosi una “forza contrattuale” tale da imporre loro addirittura una modifica della generale strategia di contrasto allo Stato in quel momento già decisa ed in corso di attuazione. E’ appena il caso di dire, infatti, che nessun elemento probatorio è mai emerso in tal senso e che, anzi, tutto il complesso delle acquisizioni sui modi di agire di “cosa nostra” consentono di escludere che mai vi possa essere stato, almeno a livello siciliano, un simile livello di compenetrazione di interessi tra esponenti politici collusi e mafiosi e ciò pur al di là di tal une singole manifestazioni criminali verificatesi in passato, ma che sono, comunque, indicative della esistenza sempre di un prevalente interesse di “cosa nostra” quanto meno finalizzato a confermare e ribadire il proprio controllo del territorio ovvero a stroncare tentativi di ribellione alla pervasività del fenomeno mafioso in tutti i gangli della vita sociale. Si ritiene, dunque, di potere escludere con assoluta e fondata certezza che quell’input dato da Salvatore Riina al suo interlocutore affinché si uccidesse il Dott. Borsellino con urgenza nel giro di pochi giorni (v. intercettazione ambientale sopra già ricordata), mettendo da parte altri progetti omicidiari già in più avanzata fase di esecuzione (tra i quali quello concernente l’On. Mannino di cui ha riferito Giovanni Brusca), possa avere trovato origine nell’interessamento del medesimo Dott. Borsellino al rapporto “mafia e appalti”, tanto più che ancora lontana – e allora assolutamente non prevedibile – era ancora la collaborazione che Angelo Siino avrebbe intrapreso con la Giustizia soltanto molto tempo dopo. Appare del tutto evidente, piuttosto, che in quel periodo deve necessariamente essersi verificata ben altra evenienza, che, per la sua importanza e rilevanza, ha avuto l’effetto di far rompere ogni indugio a Salvatore Riina, inducendolo a sconvolgere la “scaletta” del proprio programma criminoso ed a anticipare, quindi, un delitto, che, in quel momento, all’apparenza, sarebbe stato totalmente controproducente per gli interessi dell’organizzazione mafiosa, se non altro per l’effetto catalizzatore che avrebbe avuto contro la tracotanza mafiosa e di conseguente inevitabile tacitamento delle opposizioni di carattere “garantista”, interne ed esterne al Parlamento, che si erano levate di fronte al “giro di vite” che il Governo si apprestava ad attuare nell’azione di contrasto alle mafie (v. quanto già osservato sopra in proposito). Ed allora, se così è, può ugualmente escludersi che tale sopravvenuta evenienza possa ricollegarsi anche alle indagini conseguenti alla collaborazione di Gaspare Mutolo, che, semmai, potevano apparire più pregiudizievoli, non già per i mafiosi, ma per alcuni alti esponenti della Polizia e per tal uni magistrati che in passato avevano intrattenuto rapporti – quanto meno ambigui – con esponenti mafiosi. E può parimenti escludersi, tra tali possibili eventi, anche la prospettata nomina del Dott. Borsellino quale Procuratore Nazionale Antimafia, frutto, peraltro, soltanto di un’improvvida “uscita” televisiva di un Ministro dell’Interno (l’On. Scotti) di un Governo in fase di rinnovo e che era stata già respinta dal medesimo Dott. Borsellino. D’altra parte, tale possibile nomina non era certo In quel momento cosÌ imminente, né sarebbe stata tale da determinare effetti di così immediato pregiudizio per gli interessi di “cosa nostra”. Ed allora, è giocoforza ritenere che l’unico fatto noto di sicura rilevanza, importanza e novità verificatosi in quel periodo per l’organizzazione mafiosa sono stati i segnali di disponibilità al dialogo – ed in sostanza, di cedimento alla tracotanza mafiosa culminata nella strage di Capaci – pervenuti a Salvatore Riina, attraverso Vito Ciancimino, proprio nel periodo immediatamente precedente la strage di via D’Amelio. Ora, ove anche non si volesse pervenire alla conclusione prospettata dalla Pubblica Accusa che Riina abbia deciso di uccidere il Dott. Borsellino temendo la sua opposizione alla “trattativa”, conclusione che, peraltro, trova una qualche convergenza nel fatto che, secondo quanto riferito dalla moglie Agnese Piraino Leto, il Dott. Borsellino pochi giorni prima di morire, le aveva fatto cenno a contatti tra esponenti infedeli delle Istituzioni e mafiosi (v. dichiarazione della detta teste di cui si dirà anche più avanti: ” … mi ha accennato qualcosa e non in quel contesto, che c’era una trattativa tra la Mafia e lo Stato, ma che durava da vero un po’ di tempo… dopo la strage di via … di Capaci, dice che c’era un colloquio tra la Mafia e alcuni pezzi « infedeli» dello Stato, e non mi dice altro … “), in ogni caso, non v’è dubbio che quell’invito al dialogo pervenuto dai Carabinieri attraverso Vito Ciancimino costituisca un sicuro elemento di novità che può certamente avere determinato l’effetto dell’accelerazione dell’omicidio del Dott. Borsellino con la finalità di approfittare di quel segnale di debolezza proveniente da Istituzioni dello Stato e di lucrare, quindi, nel tempo, dopo quell’ulteriore manifestazione di incontenibile ed efferata violenza concretizzatasi nella strage di via D’Amelio, maggiori vantaggi rispetto a quelli che sul momento avrebbero potuto determinarsi in senso negativo. Non v’è dubbio, infatti, che quei contatti che già all’indomani della strage di Capaci importanti e conosciuti Ufficiali dell’ Arma avevano intrapreso attraverso Vito Ciancimino, unitamente al verificarsi di accadimenti (quali l’avvicendamento di quel Ministro dell’Interno, che si era particolarmente speso nell’azione di contrasto alle mafie, in assenza di plausibili pubbliche spiegazioni) che potevano ugualmente essere percepiti come ulteriori segnali di cedimento dello Stato, ben potevano essere percepiti da Salvatore Riina già come forieri di sviluppi positivi per l’organizzazione mafiosa nella misura in cui quegli Ufficiali lo avevano sollecitato ad avanzare richieste cui condizionare la cessazione della strategia di attacco frontale allo Stato. Si vuole dire in altre parole, che, se effettivamente quei segnali pervennero a Salvatore Riina nel periodo immediatamente antecedente alla strage di via D’Amelio (e che ciò effettivamente avvenne, come si vedrà, risulta provato) è logico e conducente ritenere che Riina, compiacendosi dell’effetto positivo per l’organizzazione mafiosa prodotto dalla strage di Capaci, possa essersi determinato a replicare, con la strage di via D’Amelio, quella straordinaria manifestazione di forza criminale già attuata a Capaci per mettere definitivamente in ginocchio lo Stato ed ottenere benefici sino a pochi mesi prima (quando vi era stata la sentenza definitiva del maxi processo) assolutamente per lui impensabili. Ma di ciò si dirà più diffusamente più avanti affrontando il tema dei contatti tra gli Ufficiali del R.O.S e Vito Ciancimino.