Ndrangheta a Cantù, l’assessore Cattaneo: «mafie agiscono silenti ma inesorabili»

 

 

 

«Il rischio principale è quello di sottovalutare il pericolo di infiltrazione mafiose sul nostro territorio». Per questo il Comune ha istituito lo sportello di ascolto telematico. Diverse sono le iniziative antimafia, in cantiere anche progetti per promuovere la legalità nelle scuole. Ma l’attenzione resta altissima, soprattutto per le piccole imprese che stanno attraversando crisi di liquidità. Occorre rafforzare i controlli sulle procedure d’appalto.

A distanza di pochi anni dagli sconvolgimenti delle notti del ‘Mercoledrink’ e dal clima di intimidazioni, violenze, estorsioni che ne era seguito nella centralissima Piazza Garibaldi, Cantù continua a rimanere un territorio vulnerabile.

La ‘ndrangheta è qui una minaccia costante, anche se – come abbiamo sperimentato visitando quei luoghi e facendo domande ad alcuni baristi nella piazza – la classica patina di omertà soffusa non aiuta certo a scorgerne la presenza. Se allora erano le aspre rivalità fra due clan della cellula locale di ‘ndrangheta, oggi il problema principale è rappresentato dalla crisi di liquidità di molte piccole imprese e dalla permeabilità delle pubbliche amministrazioni.

Abbiamo cercato di saperne di più intervistando l’assessore comunale ai Lavori Pubblici, alla Sicurezza e alla Legalità Maurizio Cattaneo. Assessore, da quando si è insediato l’11 giugno 2019 sino ad oggi, quali sono state le iniziative, i progetti, le ordinanze, gli atti che il Comune di Cantù ha varato o attuato per contrastare il fenomeno ‘ndrangheta?

«Sin dal nostro insediamento abbiamo voluto porre la massima attenzione ai temi di contrasto alle mafie e ai fenomeni di illegalità. Da subito abbiamo reso operativa la Consulta Sicurezza e Legalità che, grazie all’azione del Presidente Madonia in sinergia con l’amministrazione, si è riunita molte volte riuscendo, anche in tempi di pandemia, a mettere in atto numerose iniziative sul territorio. Da subito abbiamo intuito che era necessario creare uno strumento adatto a creare, in totale anonimato, segnalazioni riguardo qualsiasi tipo di attività illecita, come ad esempio avvicinamenti da parte di organizzazioni mafiose alle tante attività artigianali e commerciali che, mai come in questo momento di pandemia, devono far fronte a una grave crisi di liquidità. Per questo abbiamo creato uno sportello di ascolto telematico per raccogliere qualsiasi tipo di segnalazioni.

Abbiamo avuto [nel giugno di quest’anno, nda] un bellissimo incontro aperto ai componenti della Consulta e ai Consiglieri Comunali e trasmesso in diretta sui canali streaming del Comune di Cantù con la Presidente della Commissione Antimafia Regionale Monica Forte, la quale ha speso delle bellissime parole nei confronti della nostra Amministrazione; parole che riporto: ‘Trovo una Amministrazione consapevole e attiva, pronta ad interventi concreti soprattutto in considerazione del grave rischio che l’attuale crisi economica e di liquidità delle imprese pone all’attenzione di istituzioni e società civile per impedire che le mafie si impossessino di una cospicua fetta della nostra economia legale… L’incontro di oggi è il segnale che questo territorio ha bisogno di parlare del grande problema delle mafie che è diventato ancora più grave dopo l’emergenza sanitaria. Lo sportello istituito dal Comune di Cantù rappresenta un’iniziativa lodevole perché con questo strumento sarà possibile raccogliere istanze ed eventuali segnalazioni da parte dei cittadiniÈ significativo che proprio il Comune di Cantù, balzato agli onori delle cronache per la ‘ndrangheta nel 2019, abbia adottato questo approccio propositivo. Mi ha fatto piacere notare uno striscione contro le mafie esposto all’ingresso del Municipio: questo significa che il territorio ha ormai preso consapevolezza dell’esistenza della criminalità organizzata. Mi auguro che anche le altre Amministrazioni Comunali seguano l’esempio positivo del Comune di Cantù: questo è l’atteggiamento giusto per combattere le mafie’.

Il giorno 21 marzo, in occasione della giornata nazionale della memoria e dell’impegno per le vittime di mafia avremmo voluto organizzare un incontro pubblico in P.zza Garibaldi per leggere il nome delle vittime, ma il periodo emergenziale legato al Covid non lo ha consentito, ho però fatto una diretta sulla mia pagina Facebook nella quale ho letto tutti i più di mille nomi delle vittime.

Il giorno 23 di maggio, in occasione dell’anniversario della morte di Giovanni Falcone, con il Sindaco Alice Galbiati abbiamo voluto ricordare con un minuto di silenzio e la posa di uno striscione commemorativo la tragica scomparsa nell’attentato di Capaci; striscione che, oltre all’immagine del Giudice simbolo della lotta alle mafie riportava una dicitura NO mafie [nella foto principale].

Sempre con la Consulta abbiamo deciso di intitolare un parco cittadino alla memoria di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Abbiamo instaurato un coinvolgimento delle scuole canturine per chiedere la realizzazione di alcuni oggetti di arredo urbano proprio per il parco in oggetto e la creazione di un dolce della Legalità. Il tutto ideato e realizzato dagli studenti dell’Enaip di Cantù. Vi sono in cantiere molte altre iniziative, seminari, incontri e visite guidate che speriamo possano concretizzarsi nel breve, Covid permettendo.»

Quali sono i sentimenti che a lei, nella sua veste istituzionale, sono pervenuti dai suoi concittadini sul tema ‘ndrangheta e mafie? Occorre una maggiore sensibilizzazione per far sì che i cittadini di Cantù non smettano mai di denunciare?

«Il mio personale pensiero è che non si deve mai abbassare la guardia, perché purtroppo, le mafie agiscono silenti ma inesorabili. Da qui il rischio principale è proprio quello di sottovalutare il pericolo che invece c’è di infiltrazione mafiose sul nostro territorio. Per questo bisogna assolutamente sensibilizzare i cittadini, gli studenti e le associazioni tutte, a una massima attenzione a questi pericoli, dando a loro strumenti come lo sportello di ascolto che abbiamo reso operativo. Bisogna parlarne, fare informazione nelle scuole e creare il maggior numero di iniziative possibili per fa capire che il nostro territorio è CONTRO le mafie

Il controllo del territorio è uno dei tratti caratteristici di organizzazioni criminali come la ‘ndrangheta. Appalti e concessioni edilizie sono un modo per appropriarsene. Allo stato, qual è il grado di rischio, secondo lei, che la ‘ndrangheta possa infiltrarsi nella P.A. al fine di estendere il proprio controllo sul territorio e alimentare forme di corruzione (come successo a Pavia, nel caso dell’operazione Infinito del 2010)?

«Il rischio è altissimo, per questo bisogna prestare la massima attenzione, negli appalti pubblici e nei numerosi cantieri sul nostro territorio. Per questo i comuni devono attuare tutti i rigorosi controlli sia in fase di gare d’appalto, ma anche in fase di aggiudicazione ed esecuzione dei lavori. Bisogna fare tutto il possibile per evitare che tra la criminalità organizzata e la pubblica amministrazione e il mondo politico si possano creare legami per favorire il radicamento delle mafie sul territorio.»  Alessandro Girardin WORDNEWS 24.10.2020

 

Cantù, piazza Garibaldi ricorda ma tace: la questione mafie è una ferita ancora aperta L’inchiesta e il processo ai ‘rampolli di ‘ndrangheta’ hanno fatto un buco nell’acqua: manca ancora ai cittadini la volontà di riprendersi in mano il loro territorio. “Noi non abbiamo subìto alcuna ripercussione. Chi non ne è stato coinvolto, non si è mai accorto di nulla. Siamo sempre stati selettivi con la nostra clientela. Quelli che si leggono nelle cronache sono fatti che non ci riguardano”. Questa la risposta – liquidatoria, come c’era da aspettarsi – del titolare di un caffè in piazza Garibaldi, a Cantù (Como), ad una domanda spiazzante: e cioè, come gli abitanti della ‘Città del Mobile’ avessero vissuto la stagione di violenze, angherie, sparatorie a cavallo tra l’autunno del 2015 e l’estate del 2016 culminata il 26 settembre 2017 con l’arresto di 9 presunti affiliati alla locale di ‘ndrangheta di Mariano ComenseLe ordinanze di custodia cautelare emesse dai gip del tribunale di Monza e di Milano erano scaturite dai risultati della più vasta inchiesta ‘Ignoto 23’, iniziata nel 2015 come sviluppo dell’operazione ‘Infinito’ del 2010 a partire dal summit di tutta la ‘Lombardia’ riunita a Paderno Dugnano il 31 ottobre 2009. All’appello mancava, appunto, il nome di un solo partecipante (l’ignoto n. 23), che in seguito si è scoperto corrispondere a Fortunato Calabrò, affiliato alla locale di Limbiate.

Quel 26 settembre 2017 vengono arrestate, nell’ambito di un secondo filone d’inchiesta, altre 18 persone. Tra queste figura anche il sindaco di Seregno Edoardo Mazza (FI), imputato di corruzione urbanistica per aver favorito il costruttore colluso con la ‘ndrangheta Antonino Lugarà, ritenuto vicino, fra l’altro, all’ex vicepresidente della regione Lombardia Mario Mantovani (FI, già imputato in altro processo di corruzione, concussione e turbativa d’asta, per cui sarà condannato a 5 anni e 6 mesi nel luglio 2019), nel rilascio di una concessione edilizia per realizzare un centro commerciale nella ex rimessa Dell’Orto in via Valassina, in cambio dello spostamento di un pacchetto di voti in occasione delle elezioni del 2015. È chiesto il rinvio a giudizio per una quindicina di imputati per altrettanti capi d’accusa (tra cui corruzione, usura, turbativa d’asta, abuso d’ufficio). Nel mezzo, una giunta commissariata e un piano attuativo sulla cui regolarità l’accusa nutre profondi dubbi. È l’alba del processo ‘Seregnopoli’ (l’8 aprile 2018).

Ma, tornando all’operazione su Cantù, lo snodo che ha permesso uno svolgimento pressoché parallelo fra le due inchieste è dato dal presunto legame di Lugarà con le ‘ndrine della locale di Mariano Comense. Nell’ottobre 2015 – stando alla ricostruzione degli inquirenti – la cosca dei Morabito di Africo (Reggio Calabria), capeggiata da Giuseppe Morabito, nipote dell’omonimo boss soprannominato ‘U Tiradritto’, mira ad estendere il proprio controllo sul territorio comasco. Il tentativo è di acquisire una posizione di supremazia anche all’interno della locale. Inevitabile, quindi, lo scontro con gli esponenti di un’altra famiglia, i Muscatello di San Luca (Reggio Calabria), fin dapprincipio ostili all’avanzata della potente ‘ndrina di Africo. Le ambizioni delle ‘nuove leve’ sono guardate con spregio dal ramo dei rampolli più conservatore.

Al punto di non ritorno si giunge nella notte del 4 ottobre, quando l’incursione dei Morabito nella discoteca ‘Spazio’ di Cantù – con tanto di percosse e distruzione di mobili – viene respinta e ripagata con la stessa moneta da Ludovico Muscatello, uno degli addetti alla sicurezza del disco pub, affiliato alla locale di Mariano Comense. Uno degli aggressori rimane ferito. Motivo ritenuto dai Morabito più che sufficiente per vendicarsi nei confronti di Muscatello, ‘gambizzandolo’ a distanza di qualche giorno (il 10 ottobre) fuori da un locale in via Al Monte, persino in favore di ‘platea’ – com’è del resto nello stile delle organizzazioni criminali.

Dopo quell’episodio, i Morabito hanno la strada spianata. Possono permettersi di tenere sotto scacco la discoteca, addetti alla sicurezza inclusi. Lì cominciano a farla da padroni, entrando e uscendo ad libitum senza pagare le consumazioni, provocando risse, dettando legge financo su chi potesse accedere al locale. La movida dei ‘Mercoledrink’ è controllata sotterraneamente da boss senza scrupoli, bramosi soltanto di accrescere il proprio controllo sul territorio. E così anche la piazza del centro finisce per essere ‘invasa’: nell’estate del 2016 tutti i locali, bar, ristoranti affacciati su piazza Garibaldi devono vedersela con le sopraffazioni, le entrate repentine con consumazione a gratis, le risse, le percosse, le intimidazioni. Il cuore pulsante di Cantù è praticamente in mano alla famiglia Morabito.

Facendo un balzo al giorno d’oggi, si capisce ancora meglio quanto possa fare strano vedere il proprietario di un bar in piazza Garibaldi (già presente all’epoca dei fatti) chiudersi a riccio di fronte alla più sommessa domanda sulla portata degli sconvolgimenti che lo strapotere ‘ndranghetista ha causato in quegli anni alla cittadinanza tutta. Tanto più se si pensa che il bar in questione è letteralmente ‘attaccato’ al Commercio Cocktail Bar, il cui titolare fu vittima di una minaccia proveniente con certezza quasi assoluta dai Morabito: un proiettile calibro 9 ritrovato il 15 ottobre 2015 sul tettuccio della sua vettura. In modo analogo, il 26 novembre 2015 un passante denunciò di essere stato investito da una raffica di colpi sparati dai malavitosi contro la sua auto, dopo che aveva intimato loro di sgombrare il passaggio. Quindi, altre risse, violenze e persino l’incendio provocato da una bomba molotov all’insegna della discoteca ‘Spazio Renoir’: questo nel gennaio 2016.

Per non parlare poi di sparatorie e pestaggi. Il 4 agosto 2016, in via Corbetta, di fronte al locale ‘Grill House’, due colpi esplosi a bruciapelo da un fucile a canne mozze colpiscono Andrea Giacalone, un barista che ha ‘osato’ opporre resistenza alle vessazioni del clan. Resta in vita per miracolo. Antonio Manno, l’attentatore, si costituisce: chiederà l’abbreviato. Il 24 aprile 2017 un 27enne di Cantù originario della Repubblica Dominicana è fatto oggetto di un pestaggio. Riporta una frattura bifocale alla mandibola: la prognosi è di quaranta giorni. Il 24 novembre vengono eseguite tre ordinanze di custodia cautelare contro i presunti aggressori, che appartengono già al novero degli arrestati due mesi prima nell’ambito dell’operazione ‘Ignoto 23’: si tratta di Valerio Torzillo (nato a Cantù), Jacopo Duzioni (nato a Como) e lo stesso Giuseppe Morabito. Ancora una volta ad essere contestato è il metodo mafioso sotteso ai loro atti. Secondo i carabinieri, al termine della scarica di calci e pugni i tre avrebbero detto alla vittima: “Noi siamo calabresi: da noi in Calabria si fa così”.

Fatti oltremodo gravi, quindi, che per lungo tempo hanno sconvolto la vita di un’intera comunità. Il 20 aprile 2019 Tribunale di Como ha pronunciato 9 condanne per un totale di 101 anni a carico di: Giuseppe Morabito (18 anni), Domenico Staiti (16 anni e 6 mesi) e Rocco Depretis (16 anni e 4 mesi) per associazione a delinquere di stampo mafioso, in quanto membri – secondo i giudici – della locale di Mariano Comense; Antonio Manno (9 anni e 8 mesi), Valerio Torzillo (9 anni e 8 mesi), Emanuele Zuccarello (8 anni e 8 mesi), Jacopo Duzioni (7 anni e 8 mesi), Andrea Scordo (7 anni e 8 mesi), Luca Di Bella (7 anni, l’unico ai domiciliari) per reati di estorsione e percosse aggravati dal metodo mafioso, a danno dei locali pubblici e degli esercizi commerciali di piazza Garibaldi.

In appello, lo scorso 24 luglio, salvo qualche riduzione di pena (per Morabito si scende a 13 anni e 9 mesi, per Di Bella a 5 anni e 7 mesi), le condanne sono state confermate. I giudici d’appello di Milano, in particolare, hanno riconosciuto la continuazione dei reati nei confronti di Staiti e Depretis per il tentato omicidio di Muscatello. Le condanne di entrambi, pur ridotte rispetto a quelle subite in primo grado, superano quella del presunto capo-locale: 14 anni e 7 mesi per Staiti, 13 anni e 11 mesi per Depretis. Proprio oggi scade il termine per il deposito delle motivazioni.

Nel frattempo la città, istituzionalmente intesa, ha cominciato a risollevarsi. Ma i cittadini – almeno quelli più esposti a fenomeni di criminalità mafiosa, in primis commercianti e artigiani – non sembrano ancora aver fatto i conti col proprio recente passato. Un passato che – ebbene sì – torna ancora a bussare alla porta. Non bisogna dimenticare, infatti, le dichiarazioni della coordinatrice della Dda di Milano Alessandra Dolci a proposito dei ‘nuovi affari’ della ‘ndrangheta in tempo di Covid: mascherine, dispositivi di protezione, finte sanificazioni, test sierologici truffaldini sono, in questo periodo più che mai, prodotti e servizi di fin troppo facile accaparramento.

A fronte degli strascichi che ancora la ‘Città del Mobile’ si porta dietro, l’obiettivo delle amministrazioni locali dev’essere quello di costituire un presidio fondamentale per le garanzie e le libertà dei cittadini. Il problema principale (di carattere regionale, oltre che locale) resta sempre quello del traffico di droga, assai lucroso per le organizzazioni criminali. Su 5’020 persone denunciate nel 2018, di cui 3’341 arrestate, il 95,9% dei casi perseguiti – pari a poco più del 4% di quelli denunciati – ha riguardato proprio i reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (fonte: Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, Rapporto annuale 2019).

Anche per questo non si può non fare un appello al sindaco leghiata di Cantù Alice Galbiati, in carica dal 26 maggio 2019, e all’assessore ai Lavori Pubblici, alla Sicurezza e alla Legalità Maurizio Cattaneo – il quale, fra l’altro, ha rilasciato di recente un’intervista a WordNews – perché aiutino i canturini a riprendersi il controllo del loro territorio attraverso una campagna di sensibilizzazione sul problema ‘ndrangheta. Nessuno potrà avere la coscienza a posto finché l’ultimo dei baristi di piazza Garibaldi non potrà orgogliosamente dire: Io ho denunciato.

Alessandro Girardin 27.10.2020 WORD NEWS