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Nata in Nigeria e sviluppatasi anche in Niger, Benin e nel resto del mondo, la mafia nigeriana si è formata agli inizi degli anni Ottanta, in seguito alla crisi del petrolio, risorsa chiave del paese, che portò i gruppi dirigenti a cercare l’appoggio della criminalità per mantenere i loro privilegi. Così protetta, la criminalità organizzata ha potuto svolgere i propri traffici indisturbata o quasi, aiutata oltre che dall’appoggio di una parte del mondo politico del paese anche dallo scarso controllo che lo Stato esercita sul vasto territorio nazionale. È una delle mafie più potenti e pericolose del mondo.[1]
Organizzazione Composta principalmente da persone di etniaIbo o Yoruba con un elevato grado di istruzione, la mafia nigeriana si è conquistata un posto di livello internazionale nel mondo del crimine. Presente in molti paesi (Germania, Spagna, Portogallo, Belgio, Romania, Regno Unito, Austria, Stati Uniti, Croazia, Slovenia, Repubblica Ceca, Ungheria, Ucraina, Polonia, Russia, Brasile, Malta e Italia), gestisce oltre al traffico di eroina e di cocaina, accattonaggio ed anche la prostituzione delle proprie connazionali tenute in schiavitù col sequestro dei documenti e le minacce ai familiari rimasti nel paese d’origine. Il modello strutturale della criminalità organizzata in Nigeria è formato da gruppi autonomi sciolti e, allo stesso tempo, dipendenti da un vertice unico. Si tratta di un sistema in cui cellule criminali più strutturate si accompagnano a cellule contingenti che, diversamente dalle precedenti, nascono in corrispondenza di un singolo affare criminale e si sciolgono al termine di quest’ultimo. I gruppi criminali sono di genere maschile, soprattutto per le attività di narcotraffico e truffe telematiche, femminile per quanto riguarda in particolare lo sfruttamento della prostituzione con la figura delle madame, tipicamente ex vittime di tratta che gestiscono il sistema di sfruttamento e vi sono anche gruppi misti.[2] Uno dei riti di iniziazione più frequenti è il sottoporsi a frustate da parte del Boss dell’organizzazione.[3]
Italia A partire dagli anni ottanta la mafia nigeriana si è espansa in molti paesi tra cui l’Italia. Ha importanti legami con Cosa nostra.[4][5] L’organizzazione dei Black Axe è nata negli anni ’70 a Benin City in Nigeria. Elementi di spicco di questa organizzazione criminale sono già stati rilevati in molte città italiane[6]. I criminali nigeriani si sarebbero insediati principalmente a Torino, Novara, Alessandria, Verona, Ferrara, Bologna, Milano, Roma, Napoli e Palermo.[7] Il 15 gennaio 2007 con l’operazione Viola vengono arrestati 66 presunti appartenenti alla mafia nigeriana (di cui 23 già in ottobre 2007) associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico di esseri umani e narcotraffico in Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Francia, Germania, Spagna, Belgio, Stati Uniti e Nigeria.[8] Il 18 febbraio 2010 vengono arrestati 5 nigeriani nell’operazione “Piovra nera” che gestiva un traffico di cocaina a Genova[9]. Nel 2009 a Brescia viene decapitata l’organizzazione capeggiata da Frank Edomwonyi con l’arresto di 12 persone[6]. A Torino nel 2010 vengono condannati per associazione mafiosa alcuni affiliati ai Black Axe e Eiye che si erano fatti la guerra già nel 2003[6]. Nel 2011 un’informativa dell’ambasciata nigeriana a Roma riporta:[6] Il 19 ottobre 2015 per la prima volta in Sicilia presunti membri di un’organizzazione criminale straniera vengono accusati del reato di associazione mafiosa. In particolare, come riporta il giornalista Giuseppe Pipitone sull’edizione online de Il Fatto Quotidiano, viene scoperta la confraternita nigeriana dei Black Axe che gestisce lo spaccio e la prostituzione nel quartiere Ballarò di Palermo sotto l’egida di Giuseppe Di Giacomo, boss del clan di Porta Nuova, ucciso poi il 12 marzo 2014[6]. L’Aisi, inoltre dal 2012 controlla il presunto capo della confraternita Eyie, Gabriel Ugiagbe che gestisce i suoi affari criminali da Catania, spostandosi poi in Nord Italia, Austria e Spagna[6][10]. La roccaforte dell’organizzazione è Castel Volturno.[11] Recentemente si è affermato in Italia un nuovo gruppo criminale, chiamato Viking. Si ipotizza che i tre gruppi distinti Axe, Eiye e Viking, siano coordinate da una struttura verticistica unitaria che opera al di sopra.[12] Europa La mafia nigeriana è presente in quasi tutti gli stati dell’Europa.[13] wikivand
Mafia nigeriana: catturato ”Boogye”, il capo dei Viking ferraresi Alla fine anche per il capo dei Viking ferraresi, Emmanuel Okenwa, detto Boogye, sono scattate le manette. Nella tarda serata di mercoledì gli uomini della squadra mobile lo hanno rintracciato e catturato a Verona dopo che, nel blitz scattato nei giorni scorsi, non era stato trovato nell’abitazione condivisa con la sua ragazza italiana. Gli investigatori si sono messi subito sulle tracce del dj di musica Afro beat e la pista investigativa, con l’ausilio di moderne tecnologie, li ha portati nella città scaligera dove il 50enne aveva in programma di esibirsi a pagamento come deejay e cantante a una festa di battesimo che si sarebbe dovuta tenere domenica prossima. Boogye era ospite di amici musicisti e cantanti di cui era una specie di manager. Il dj, ritenuto un esponente di spicco della mafia nigeriana, dopo un lungo appostamento, è stato avvistato nei pressi della stazione Portanuova di Verona, dove però si è dileguato tra i passeggeri. Successivamente, è stato visto seduto su una panchina nei pressi della stazione Porta Vescovo. A quel punto, gli agenti in borghese lo hanno avvicinato e chiamato e l’uomo, alzando la testa celata da un cappellino e dalla mascherina, ha riconosciuto i poliziotti. Agli agenti, al momento della cattura, avrebbe riferito che, nel corso della giornata, aveva saputo che era ricercato ed era andato a prendere il treno per rientrare a Ferrara e recuperare alcuni effetti personali e che la sua intenzione era quella di far perdere le proprie tracce.AMDuemila 31 Ottobre 2020
Mafia nigeriana, Tirrito e Verni: “Fenomeno invasivo e pericoloso. Serve un tavolo ad hoc”. “Il fenomeno della mafia nigeriana non va assolutamente sottovalutato, perché sta pervadendo la società italiana”
Dobbiamo avere paura della mafia nigeriana? Spesso trattata con toni da film horror, la mafia africana è al servizio delle mafie italiane, che non sono meno crudeli, ma hanno solamente scelto di agire nell’ombra. Un dialogo con Sergio Nazzaro, autore di Mafia nigeriana (Città Nuova)
Dobbiamo avere paura della mafia nigeriana? Certamente sì, come di tutte le mafie. Ma prima di tutto, racconta Sergio Nazzaro, «la dobbiamo capire e studiare». Giornalista, studioso, Nazzaro ha da poco pubblicato un bel libro,Mafia nigeriana. La prima inchiesta della squadra antitratta (136 pagine, 16 euro) per le edizioni Città Nuova. Nel 2013, per Einaudi, aveva pubblicato un lavoro pionieristico, Castel Volturno. Reportage sulla mafia africana. Gli abbiamo chiesto di aiutarci a capire.
Mafia nigeriana: se ne parla tanto, sostenendo che se ne parla poco… Qual è la situazione? Questo fenomeno, che sembra vogliano spacciare per una novità non lo è affatto. La prima informativa della polizia di Castelvolturno si chiama Restore freedom e indagava proprio la criminalità nigeriana per possibili reati di mafia e organizzazione di stampo mafioso…
Parliamo del 416bis… Esattamente. Parliamo di diciannove anni fa, nel 2000. Castel Volturno è la località da cui tutto parte. Sei anni dopo, ritroviamo la criminalità nigeriana a Torino, dove si è inserita. L’Operazione Niger porta a una condanna per mafia delle organizzazioni nigeriane nel 2006. È la prima condanna. Poi viene il Tribunale di Napoli che nel 2008, condannando queste organizzazioni nella sentenza scrive qualcosa che dovrebbe farci riflettere: «le organizzazioni criminali nigeriane diventano mafia in Italia».
Che cosa significa? Significa che assumono in Italia i caratteri dell’omertà, del mutuo soccorso mafioso e le caratteristiche del modello mafioso.
Arrivano quindi in Italia come organizzazioni criminali, ma come mafie vere e proprie si strutturano qui? Esattamente. Viene copiato proprio il carattere di essere mafia, mentre per quanto riguarda la struttura hanno la propria, con specifici ordini gerarchici.
È notizia di questi giorni un’operazione, da parte della Procura di Perugia, con oltre 150 arresti. Un’operazione che vedeva i tanzaniani al vertice delle organizzazioni interessate dall’operazione… Se ne è parlato come di una novità, ma negli anni Novanta registravamo già la presenza di spacciatori tanzaniani a Pescopagano e Mondragone. È esattamente questo il problema quando ragiona di queste mafie: il panorama storico non è sempre tenuto in debito conto.
Quindi o si minimizza o si amplifica… Mancano i database vissuti o ben codificati. Il Procuratore di Perugia, ad esempio, incorre in un errore affermando che è la prima volta che si individua un’etnia tanzaniana al vertice di un’organizzazione dedita al traffico di droga internazionale. Nel 2007, la Guardia di Finanza di Fiumicino porta avanti un’operazione denominata Venus, operazione conclusa nel 2012: a capo dell’organizzazione c’erano proprio i tanzaniani. Altra particolarità dell’Operazione Venus fu che, arrestato il capo, divenne capo una donna. Terza particolarità, per la prima volta si registra un’esportazione di droga dall’Italia vero il Canada. Questi sono solo alcuni dati di fatto, per far capire come è ampio il fenomeno. Le forze dell’ordine dovrebbero organizzare un database con tutte le operazioni fatte, distinguendo quella che è la semplice criminalità dalla mafia. Ma non ogni organizzazione criminale è mafiosa, visto che lo stabilisce il nostro Codice Penale che cos’è un’associazione mafiosa. E’ necessario avere un database che decodifichi le centinaia le operazioni di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza contro questo fenomeno.
Perché insiste tanto sull’importanza di un database delle operazioni? Perché affacciamo sul Mediterraneo e i nostri dirimpettai sono il mondo africano, nel bene e nel male. Le mafie non hanno colore, non sono razziste. Alcune intercettazioni ottenute nel corso di un’operazione a Casal di Principe, oltre dieci anni fa, sono molto interessanti: si capiva il rapporto di profonda amicizia e fiducia tra i camorristi e gli spacciatori di strada, tanto che gli stessi camorristi scesero in piazza per difendere la loro “manovalanza”. Uno dei due camorristi diceva all’altro: “nessuno si deve permettere di toccare il nostro amico”.
Una rete di fiducia e di mutuo soccorso, insomma… Basata su una fiducia mafiosa, beninteso. Detto in maniera provocatoria: le mafie sono quanto di più inclusivo c’è al momento.
La mafia nigeriana non entra dunque in conflitto con quella italiana? Chiariamo subito una cosa: se c’è una mafia nigeriana in Italia è perché le mafie italiane la vogliono. Tutte le mafie straniere che operano in Italia lo fanno sotto l’egida delle mafie italiane: ndrangheta, camorra, mafia. Accade perché l’interesse delle mafie “nostrane” è aver ceduto pezzi di mercato che a loro non interessano o non interessano più e su cui, comunque, guadagnano: la prostituzione, lo spaccio al dettaglio. Ma la droga che viene spacciata viene dalla “nostra” mafia. Un Report della Banca d’Italia ci ricorda che solo nel Nord del nostro Paese la ndrangheta fattura 3,5miliardi di euro: è chiaro che un’organizzazione così strutturata non ha interesse a impelagarsi in quel crimine che crea anche allarme sociale, lo gestisce da lontano e non si sporca le mani. Gli spacciatori “neri” sono usati come schermo da queste mafie. Ma ricordiamo anche il mercato della mafia nigeriana è alimentato dai consumatori di cocaina o di prostituzione…. italiani. Magari da quelle stesse persone che, poi, la sera, davanti a un talk show inveiscono contro lo spacciatore o la prostituta…
È un mercato… è un mercato che ha una domanda, quindi loro arrivano con l’offerta.
Spaventano molto i rituali di affiliazione alla mafia nigeriana, esistono? Esistono eccome. Ci sono rituali magici e riti vudù. Ad un certo punto, i termini usati per descrivere il fenomeno sono diventati, soprattutto sui giornali, degni di un film horror. Servono invece studio e analisi altrimenti si creano leggende metropolitane come quella sul presunto traffico di organi a Castel Volturno.
Resta un dato oggettivo: la difficoltà di accedere alle lingue nigeriane, mancano competenze linguistiche e interpreti… Il lavoro di intelligence svolto dalle nostre Forze dell’Ordine è di primissimo livello, proprio perché parte da difficoltà oggettive. Questo lavoro dovrebbe diventare un patrimonio nazionale. Forse dovremmo prendere esempio dall’FBI, che da decenni ha tra le sue fila ispanici, africani e ha persone con forti competenze interculturali e interlinguistiche. Non possiamo limitarci ad avere il corazziere di colore, dobbiamo aprire le nostre agenzie alla complessità di un mondo globale e complesso non solo nelle sue derive criminali.
Come? Magari creando una Task Force di investigazione sulle criminalità provenienti dal mondo africano, questo permetterebbe di superare alcune difficoltà investigative. Quando si dice che c’è bisogno dell’esercito contro la mafia nigeriana si dice una sciocchezza. La Squadra Antitratta, ad esempio, ha fatto operazioni straordinarie e come le ha fatte? Le ha fatte intercettando mezzo milione di telefonate, senza sparare un colpo. D’altronde, sono tre i soggetti che combattono la mafia nigeriana: magistratura, polizia e… le vittime. L’Operazione Atheneum, che porta all’arresto di 44 mafiosi, nasce dalla denuncia di una ragazza sfruttata dalla sua madame.
Come è nato il suo ultimo libro? Si tratta del mio terzo libro sul tema. Sono partito da una notizia, piccola, in cronaca. L’ho letta e mi sono messo a scavare. Nello specifico, lessi una notizia su un’operazione che stavano conducendo a Torino. Mi colpì una cosa, che inizialmente non riuscivo a decifrare ovvero che si trattava di un’operazione della polizia locale…
Dei vigili urbani… Proprio loro. Il commissario Lotito, che aveva condotto l’operazione assieme al PM Castellani, avevano creato una squadra di dieci uomini, una squadra antitratta… Una squadra distaccata presso la Procura, quindi in grado di svolgere operazioni giudiziarie. Questo è il fatto che mi ha colpito e mi ha spinto a scrivere il mio ultimo libro: la bravura, la professionalità, il sacrificio di questa squadra e del PM che hanno lavorato a testa bassa su un problema così complesso. Senza urlare, ma studiando e indagando. Cosa che anche noi dobbiamo continuare a fare, per non cadere vittime di stereotipi e pregiudizi. VITA. Marco Dotti 12 novembre 2019
Droga, schiavi e riti Juju, così agisce la mafia nigeriana La polizia ha arrestato decine di persone grazie a un’operazione internazionale. Dal Nord Italia si è progressivamente diffusa fino in Sicilia, dove ha trovato un proprio spazio, “anche con il sostanziale placet di Cosa Nostra” Scacco alla mafia nigeriana. Un’operazione internazionale della polizia di Stato ha portato ad arresti in italia, Germania, Francia, Olanda e Malta. Due organizzazioni mafiose di matrice nigeriana sono accusate di associazione a delinquere, tratta, riduzione in schiavitù, estorsione, rapina, lesioni, violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione. Decine di arresti e perquisizioni, eseguite su ordine della Direzione distrettuale antimafia della procura di Bari, sono in corso in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria, Lazio, Abruzzo, Marche, Emilia Romagna e Veneto.
Quella nigeriana è una mafia “tribale e spietata”, “difficile da decifrare nelle dinamiche interne”, che dal Nord Italia si è progressivamente diffusa su tutto il territorio nazionale, fino in Sicilia, dove ha trovato un proprio spazio, “anche con il sostanziale placet di Cosa Nostra”. È la Direzione investigativa antimafia a disegnare così la criminalità organizzata nigeriana, capace di crescere e di imporsi negli anni – secondo molti investigatori – come la più violenta e pericolosa tra le mafie straniere presenti nel nostro Paese. Un’organizzazione “unitaria e piramidale”, con solidi settori di interesse: traffico internazionale e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni soprattutto in danno di cittadini africani gestori di attivita’ commerciali, induzione e sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, falsificazione di documenti, contraffazione monetaria, tratta di esseri umani e riduzione in schiavitu’, truffe e frodi informatiche.
IL PRIMO ARRESTO NELL’87 – Storicamente la presenza di comunità nigeriane va fatta risalire agli anni ’80 nel nord Italia, per lo più in Piemonte (Torino in testa), Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. E risale al 1987 il primo arresto di un nigeriano narcotrafficante. Nei primi anni ’90 i gruppi organizzati diventano operativi anche al centro-sud, specialmente in Campania, nel Casertano e sul litorale domizio: spesso irregolari, i cittadini nigeriani sono oggi presenti “su tutto il territorio nazionale, con una presenza importante anche nelle isole maggiori, in particolare a Palermo e Cagliari”. Sempre più integrate nel tessuto criminale locale, si sono specializzate in vari settori ed hanno assunto “modalità operative tipicamente mafiose”. La loro, ammette la Dia, è “una minaccia criminale molto alta”.
VIOLENZA ED ESOTERISMO – Le organizzazioni criminali nigeriane sono figlie di una vera e propria degenerazione delle confraternite (cults), fondate, sul modello Usa, nelle Università della regione del Delta del Niger fin dagli anni ’50 dello scorso secolo: nate per veicolare messaggi di pace e di rispetto, uscirono presto dal mondo studentesco riuscendo, in breve tempo e con l’uso della violenza, ad infiltrare il mondo economico, politico e sociale. In Italia emergono, per attivismo e numero dei componenti, le cellule delle strutture denominate “The Black Axe Confraternity” e “The Supreme Eye Confraternity”, “ramificate a livello internazionale – spiegano gli analisti della Direzione investigativa antimafia – e caratterizzate da una forte componente esoterica”. Comune è il ricorso a “riti di iniziazione chiamati Juju, molto simili al vodoo e alla macumba, propri della cultura Yoruba, immancabilmente presenti in Nigeria, nella fase del reclutamento delle vittime: riti funzionali alla ‘fidelizzazione’ delle connazionali, che una volta giunte in Italia vengono destinate alla prostituzione”. Le ragazze sono costrette a pagare il prezzo alla ‘maman’ di riferimento, anche per l’utilizzo del luogo pubblico di meretricio, in gergo chiamato joint: il ricavato consente ai vari gruppi di ‘ammortizzare’ in fretta il plusvalore dell’investimento fatto e di reinvestire nuovamente il capitale, attraverso anche un ricambio continuo di ragazze.
LA TRATTA DELLE DONNE – La tratta degli esseri umani finalizzata alla prostituzione – spesso connessa alla contraffazione di documenti, necessari per entrare sul territorio nazionale – costituisce una fondamentale fonte di guadagno e di finanziamento per la criminalità nigeriana. Si può parlare ormai di “una collaudata metodologia che interessa l’intera filiera connessa allo sfruttamento della prostituzione, anche minorile, tendenzialmente gestita, nei diversi contesti territoriali, cercando di evitare qualsiasi tipo di conflittualita’ con la criminalità locale, specie quella mafiosa”. Le vittime dello sfruttamento sono sistematicamente bersaglio di minacce e violenze, e lo stesso trattamento è riservato ai familiari in Nigeria.
DROGA SPA – Il settore del trafficking risulta strettamente connesso con quello degli stupefacenti: la criminalità nigeriana sembra utilizzare opportunisticamente gli stessi canali e le medesime strutture per i diversi “servizi” criminali, operando, ormai da tempo, come fornitrice, mediatrice ed organizzatrice dei traffici di droga anche in molti Paesi europei ed extraeuropei. La criminalità nigeriana adotta una particolare tecnica di trasporto, cosiddetta “a grappolo” o “a pioggia”, che coinvolge un gran numero di corrieri incaricati di trasportare quantità relativamente piccole di stupefacenti: questi, spesso ingoiatori di ovuli od occidentali incensurati, utilizzano differenziate rotte d’ingresso, aeree, marittime e terrestri, anche attraverso bus privati di linea diretti verso il nord Europa: ogni eventuale arresto di un nuovo corriere consente cosi’ all’organizzazione di limitare al massimo le perdite.
PAROLA DI CASSAZIONE – Anche la Corte di Cassazione non ha mancato di sottolineare, in più occasioni, i tratti tipici di quella che giudiziariamente è stata qualificata come “mafia nigeriana”: il vincolo associativo, la forza di intimidazione, il controllo di parti del territorio e la realizzazione di profitti illeciti. Il tutto, sommato a una “componente mistico-religiosa”, a “codici di comportamento ancestrali” e a un “uso indiscriminato della violenza”, che in molti casi ha addirittura impressionato gli stessi mafiosi italiani. 03 dicembre 2019 di Stefano Barricelli. ADNKRONOS
Tratta di prostitute, droga, pestaggi: la mafia nigeriana tra Abruzzo e Marche Operazione di polizia con 19 fermi di polizia giudiziaria (4 da eseguire) lungo la costa da Martinsicuro ad Ancona. Smantellata una cellula violenta dell’associazione Eiye. Le indagini partite dalla Bonifica. I riti: dall’affiliazione segreta per tutta la vita alle punizioni corporali a chi “sgarrava”
Associazione di tipo mafioso dedita alla tratta di giovani prostitute sulla Bonifica, cessione di stupefacenti, reati violenti o punitivi nei confronti di altri connazionali, riciclaggio ed illecita intermediazione finanziaria. Sono le accuse che hanno fatto scattare 19 fermi di polizia giudiziaria _ 4 eseguiti in Abruzzo (Martinsicuro), 9 nella Marche (Jesi, San Benedetto del Tronto, Grottammare, Ascoli Piceno e Ancona), uno ad Agrigento, 1 a Galatina (Lecce) e 4 da eseguire _ nel corso di un’operazione di polizia coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia dell’Aquila.
Nei guai cittadini nigeriani (la maggior parte disoccupati soggiornanti in Italia) e appartenenti, secondo l’accusa, all’associazione denominata “Supreme Eiye Confraternity (SEC)” o “EIYE” , radicata appunto in Nigeria e diffusa in molti Stati europei ed extraeuropei ed equiparata per struttura e forza intimidatoria alle mafie tradizionali. Le indagini sono lo sviluppo di quelle culminate nelle operazioni di luglio 2019 (Operazione “Subjection” sulla tratta di giovani nigeriane) e di dicembre 2019 (Operazione the “Travelers” sul riciclaggio di ingenti profitti illeciti in Nigeria), In particolare è emerso che i nigeriani coinvolti sono organiche alla cellula locale (Nest) denominata “PESHA”, che ha competenza geografica e territoriale dalla zona costiera della provincia di Teramo fino ad Ancona. Un’associazione mafiosa caratterizzaya per la segretezza del vincolo associativo, la ritualità dell’affiliazione, l’adozione di linguaggio e simbologia rigorosi, la violenza delle azioni. L’ingresso nell’associazione era subordinato ad un rito di affiliazione, che avveniva alla presenza del vertice e di altri membri del gruppo e nel corso del quale si alternavano atti di violenza a riti tribali e veniva formulato il giuramento di fedeltà agli Eiye. Chi vi entrava a far parte si metteva a disposizione della Confraternita per tutta la vita e si impegnava al rispetto delle regole dell’associazione denominate “orientation”. Inoltre era previsto il pagamento di una sorta di “tassa di iscrizione”, che valeva come autofinanziamento. L’attività dell’associazione era finalizzata al riciclaggio ed illecita intermediazione finanziaria verso la Nigeria; tratta di giovani prostitute sfruttate lungo la strada Bonifica del Tronto e sottoposte a violenze e vessazioni; cessione di stupefacenti; reati violenti nei confronti di aderenti ad altri cults o punitivi nei confronti di altri connazionali. E chi “sgarrava” veniva punito con pestaggi comuni. Sono state commesse punizioni corporali nei confronti di affiliati non rispettosi delle rigorose regole, e anche per risolvere conflitti interni ritenuti di ostacolo alle finalità delinquenziali e di predominio dell’associazione. E’ stata utilizzata la violenza anche per costringere alcuni ad affiliarsi anche contro la loro volontà o per opporsi e scontrarsi con cult rivali (come quello dei “ Black Axe”) col fine di assumere e mantenere il predominio nela vasta comunità nigeriana.IL CENTRO di Andrea Mori 21 luglio 2020
Note
- ^ Droga, prostituzione e migranti: ecco come agisce la mafia nigeriana, in ilgiornale.it, 21 novembre 2018.
- ^ L’, su stampoantimafioso.it.
- ^ Droga, pestaggi e riti iniziatici la mafia nigeriana finisce in cella, in lastampa.it, 18 maggio 2006.
- ^ Mafia nigeriana: il patto con Cosa nostra, agguati con l’ascia e sangue bevuto. A Palermo prima inchiesta sulla ‘Cosa nera’, in ilfattoquotidiano.it, 19 ottobre 2015.
- ^ (EN) Nigerian gangs join forces with mafia to run vice rings in Sicily, in thetimes.co.uk, 27 giugno 2017.
- ^ a b c d e f Mafia nigeriana: il patto con Cosa nostra, agguati con l’ascia e sangue bevuto. A Palermo prima inchiesta sulla ‘Cosa nera’, in Fattoquotidiano, 19 ottobre 2015. URL consultato il 22 ottobre 2015.
- ^ “Black Axe”, la violentissima mafia nigeriana che spaventa l’Italia: “è più crudele della ‘ndrangheta”, interrogazione al Ministro Minniti, in strettoweb.com, 21 novembre 2018.
- ^ Maxi-blitz contro la mafia nigeriana Vendevano minori, 66 arresti – cronaca – Repubblica.it
- ^Mafia nigeriana: cinque fermi a Genova[collegamento interrotto], in Antimafia duemila.
- ^Ecco il “Capo dei capi” nigeriano nuovo barone della droga in Italia, in repubblica.it, 15 novembre 2013. URL consultato il 22 ottobre 2015.
- ^ Castel Volturno, il quartier generale della mafia nigeriana tra spaccio e prostituzione, in tgcom24.mediaset.it, 26 ottobre 2018.
- ^ https://www.ilmessaggero.it/italia/cafiero_de_raho_audizione_mafia_nigeriana_droga_traffico_esseri_umani-4890460.html
- ^ https://www.ilmessaggero.it/italia/cafiero_de_raho_audizione_mafia_nigeriana_droga_traffico_esseri_umani-4890460.html
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a cura di Claudio Ramaccini Direttore Centro Studi Sociali contro la mafia – Progetto San Francesco