AUDIO – Deposizioni ai processi
Matteo Messina Denaro l’inafferrabile – Intervista ad Antonio Vaccarino.(Prima parte) – (Seconda parte)
1991 – A Castelvetrano si riunisce il gota di “cosa nostra”. Obiettivo, organizzare le stragi dell’anno successivo, nel corso delle quali avrebbero perso la vita Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e le rispettive scorte. A partecipare ai summit, Matteo Messina Denaro, oggi latitante e imputato nel processo in corso a Caltanissetta. Indagini, processi pentiti e depistaggi, hanno infarcito la storia post-stragi che ha visto Scarantino autoaccusarsi di aver partecipato all’attentato contro il Giudice Paolo Borsellino, salvo poi ritrattare sei anni dopo, dichiarando di essere stato un falso pentito manovrato da altri e trovando in questo conferma nelle dichiarazioni di Spatuzza, autore del furto dell’auto utilizzata per la strage. Se quello che accadde dopo la strage è stato oggetto – e lo è tutt’ora – di approfondimenti investigativi da parte della Procura della sede per la quale è processo, se in parte di quei fatti l’opinione pubblica è ormai a conoscenza, su quell’autunno del ’91 pesano ancora le ombre dei depistaggi, dei coinvolgimenti, degli interessi politici ed economici, che hanno permesso a Matteo Messina Denaro di organizzare gli attentati e vivere poi la sua lunga latitanza. Di questi ed altri aspetti, trattiamo nel corso delle tre puntate dell’intervista ad Antonio Vaccarino – ex sindaco di Castelvetrano – che con lo pseudonimo di Svetonio collaborò con il Sisde, fin quando i servizi non comunicarono ai magistrati che stava agendo per conto loro nella cattura di Matteo Messina Denaro e il giorno dopo tutta la stampa del mondo pubblicò la notizia del Sindaco 007. Mafia, politica, pentiti e depistaggi, ma anche “errori” di chi ha finito con il favorire la lunga latitanza dell’inafferrabile Matteo Messina Denaro. Perché finì Democrazia Cristiana? Chi erano gli uomini all’interno del partito che avevano timore di una corrente che voleva far pulizia all’interno del partito? Strage di Via D’Amelio, perché? Matteo Messina Denaro fa paura? A chi?
2007 – sono trascorsi 12 anni da quando l’operazione condotta dal Sisde con Vaccarino-Svetonio sembrava dover raggiungere il risultato della cattura di Matteo Messina Denaro. Perché fallì il piano per la cattura di Matteo Messina Denaro? Ne parliamo con l’ex sindaco di Castelvetrano che nel corso dell’intervista ci racconta particolari inediti della cosiddetta “Operazione Palma”, quando, a seguito delle propalazioni dello pseudo pentito Vincenzo Calcara vennero arrestati per mafia soggetti poi risultati innocenti. Mafia-appalti, l’inchiesta della quale nessuno sembra voglia parlare, affidata al Giudice Paolo Borsellino, dopo sue insistenti richieste, e comunicata allo stesso alle 7 del mattino del 19 luglio 1992, il giorno della strage. Un’inchiesta archiviata subito dopo la morte del Giudice Borsellino. La lettera a Pietro Grasso, superprocuratore antimafia. Nella puntata successiva, tutti i documenti atti a provare l’inaffidabilità di quanti accusarono ingiustamente persone innocenti, evitando accuratamente di fare il nome di Matteo Messina Denaro. Gian J. Morici
- Arrestato Vaccarino: “Favoreggiamento alla mafia”
- Vaccarino, nome in codice ‘Svetonio’ – Le lettere con Messina Denaro
19.5.2021 – Antonio Vaccarino – Fine pena mai!
11.4.2021 – Il dramma di Antonio Vaccarino, da collaboratore di Mori al rischio morte in carcere Ha 76 anni, gravemente malato ed è in attesa di giudizio recluso nel carcere di Catanzaro. Ma, come se non bastasse, ha da poco contratto anche il covid 19. La stessa direzione sanitaria del carcere dice che non riesce a monitorarlo visto che, a causa del contagio, è posto in quarantena in un altro reparto. Ma nulla, per i giudici non è il caso di mandarlo ai domiciliari. Parliamo di Antonio Vaccarino, già vittima di malagiustizia, tanto da essere stato recluso ingiustamente nel supercarcere di Pianosa. Nei primi anni del 2000 ha collaborato con i servizi segreti capitanati da Mario Mori per la cattura di Matteo Messina Denaro. Operazione vanificata a causa di una fuga di notizie.
Recentemente ha collaborato con la procura di Caltanissetta, tanto da essere risultato importante per fornire elementi utili che hanno contribuito a portare alla condanna recente del super latitante come uno dei mandanti delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio. Ma ancora una volta, la procura di Palermo l’ha inquisito e ottenuto la condanna di primo grado per aver favorito la latitanza di Matteo Messina Denaro. Vaccarino ora è in pericolo di vita: è anche a rischio infarto visto che è affetto da cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa, aritmia per fibrillazione atriale persistente. Il mancato impianto di pacemaker, consigliato dai periti, e la somministrazione del farmaco Cardior sta esponendo l’uomo ultrasettantenne a rischio blocco cardiaco e, conseguentemente, la morte.
Senza contare che durante la detenzione ha già subito un ricovero urgente in ospedale, ma è stato dimesso troppo presto. Tant’è vero – così si legge in una delle innumerevoli istanze presentate dai suoi avvocati Laura Baldassarre e Giovanna Angelo – che al rientro del centro clinico interno al carcere, gli stessi medici hanno accertato che il detenuto in attesa di giudizio stava ancora male. Lo hanno sottoposto a una coronarografia presso l’ospedale Pugliese di Catanzaro e sono state diagnosticate altre patologie legate al cuore, oltre alla sindrome ansioso – depressiva. Istanze rigettate anche in quel caso, nonostante la pandemia e il rischio contagio.
Poi è arrivato il covid. Un enorme focolaio all’interno del carcere di Catanzaro che ha coinvolto anche Vaccarino. Gli stessi medici scrivono testualmente nella relazione che «non sarà possibile effettuare quella assidua attività di controllo clinico prevista per la patologia». Ma per la Corte d’appello competente per ottenere i domiciliari, Vaccarino deve rimanere comunque in una struttura penitenziaria. Nell’ordinanza di rigetto, i giudici della Corte ordinano al Dap di trasferire il detenuto presso un altro carcere che possa garantire la cura del covid e l’assidua attività di controllo clinico che necessita l’uomo anziano. Sarà una impresa non facile per l’amministrazione penitenziaria individuare una struttura penitenziaria adatta: c’è il sovraffollamento con la conseguente difficoltà nel contenere i focolai.
La via crucis giudiziaria Vaccarino è stato sindaco di Castelvetrano e apparteneva alla corrente manniniana della Democrazia Cristiana. Il suo nome compare nel famoso rapporto di Amnesty International del 1993 in cui vengono denunciate le torture che avvenivano nel supercarcere di Pianosa riaperto dopo le stragi di Capaci e di Via D’Amelio. Torture pesanti, dai pestaggi all’illuminazione delle celle 24 ore su 24, raccolte anche dai magistrati di sorveglianza. Parliamo di un uomo che finì recluso per associazione mafiosa grazie alle parole di un pentito – tale Vincenzo Calcara – che in seguito sarà dichiarato inattendibile da diversi tribunali. Vaccarino verrà assolto per l’accusa di 416 bis e di recente ha ottenuto la revisione di un processo dove l’accusa si era basata sempre sulle parole di Calcara.
Più volte Vaccarino viene tirato in ballo dalla procura di Palermo. L’ennesima volta risale al 16 aprile del 2019. L’accusa – poi confermata dal tribunale (primo grado) di Marsala – è di favoreggiamento aggravato alla mafia, per un’indagine che ha visto coinvolti anche un colonnello della Dia che lavorava per la Procura di Caltanissetta (il colonnello Marco Zappalà) e un appuntato in servizio a Castelvetrano (Giuseppe Barcellona), in merito a informazioni su indagini che riguardavano il boss latitante Matteo Messina Denaro. Tutti e tre sono stati accusati a vario titolo dalla Dda di Palermo di “accesso abusivo a un sistema informatico” e “rivelazione di segreti d’ufficio” e inoltre all’ex sindaco Vaccarino viene contestata l’aggravante di aver favorito Cosa nostra e la latitanza di Matteo Messina Denaro.
E pensare che il Tribunale del Riesame di Palermo, al quale si era rivolto Vaccarino, aveva annullato il provvedimento di custodia cautelare, non rilevando la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Anzi per il Tribunale del Riesame, lo scopo di Antonio Vaccarino era quello di ingraziarsi il titolare di un’agenzia funebre in passato condannato per mafia, tale Vincenzo Sant’Angelo, per ottenere da lui informazioni sul contesto mafioso di Castelvetrano, da girare al colonnello della Dia Zappalà. Dopo qualche tempo, però, arriva il dietro front. La procura di Palermo è ricorsa in Cassazione che ha annullato il provvedimento, inviandolo nuovamente al Tribunale del Riesame. Questa volta il provvedimento viene ribaltato e a gennaio del 2020 Vaccarino viene rimandato in carcere. Poi il processo, e a luglio scorso arriva la condanna a sei anni di carcere. Da una parte abbiamo la procura di Palermo che considera un delinquente Vaccarino, dall’altra la procura di Caltanissetta che l’ha considerato utile per capire i misteri delle stragi del 1992 e per far condannare Matteo Messina Denaro.
I servizi segreti diretti da Mori In realtà, a causa di una fuga di notizie, grazie proprio alla sua passata collaborazione con l’allora Sisde, diretto all’epoca da Mario Mori, l’ex sindaco Vaccarino aveva ricevuto una minaccia direttamente dal superlatitante Matteo Messina Denaro. L’operazione d’intelligence era durata dai primi di ottobre 2004 fino a una buona parte del 2006. In sostanza Vaccarino era riuscito a intraprendere dei contatti epistolari con il latitante. Poi tutta l’operazione si fermò quando ci fu una fuga di notizie e un’indagine – poi subito archiviata – della procura di Palermo proprio sul fatto che Vaccarino scrivesse i pizzini al superlatitante firmandosi “Svetonio”, pseudonimo indicato proprio da Matteo Messina Denaro.
L’epistolario di “Alessio” (così invece amava firmarsi il super latitante), minuziosamente argomentato, talora orgoglioso e nello stesso tempo strategicamente vittimistico, è pubblico e si trova in un libro reperibile su Amazon. Matteo Messina Denaro cita Jorge Amado, scrive che la giustizia è marcia fin dalle fondamenta e dice di pensarla come Toni Negri. Non esita a bollare come «venditore di fumo» chi allora dirigeva il Paese, ovvero Silvio Berlusconi. Addirittura parla di questioni interiori. Il metodo di quella operazione è quello classico che Mori ha sempre adottato anche quando era ai Ros. Non solo catturare direttamente il latitante, ma anche individuare i suoi circuiti di fiancheggiamento e attività imprenditoriali illecite legate agli appalti. «Attraverso quindi i contatti che il signor Vaccarino fu sollecitato a prendere nell’ambito delle sue conoscenze dell’entourage di Messina Denaro – ha spiegato Mori durante il recente processo che ha visto come imputato Vaccarino –, verso l’ottobre del 2004 arrivò una lettera al Vaccarino tramite un circuito specifico di corrispondenza applicato dal Messina Denaro e dai sui fiancheggiatori». Da lì quindi iniziò lo scambio epistolare che è durato circa due anni.
Una operazione che, nonostante poi sia in seguito saltata, ha comunque prodotto dei risultati. Si sono identificate un certo numero di persone, in particolare si riuscì ad ottenere l’individuazione di un imprenditore che era colui che rappresentava gli interessi del superlatitante. Così come l’individuazione di Vincenzo Panicola, il cognato di Matteo Messina Denaro. Ma come mai l’operazione sfumò? È sempre Mori a spiegarlo. «Mentre era in corso questo scambio epistolare – racconta il generale -, nella primavera del 2006 viene catturato Bernardo Provenzano. Nel materiale di cui fu trovato in possesso emersero alcuni pizzini. Uno scambio tra lui e Matteo Messina Denaro, nel quale quest’ultimo segnalava il suo collegamento con Vaccarino». L’attività si fermò, teoricamente solo temporaneamente, perché lo stesso Messina Denaro scrisse una lettera a Vaccarino per dirgli che non poteva al momento più scrivergli visto che avevano arrestato Provenzano.
Il generale Mori spiega che si recò da Pietro Grasso, che nel frattempo era diventato capo della Procura nazionale Antimafia, e spiegò la situazione. Grasso poi lo richiamò informandolo che la Procura aveva preso atto dell’importanza della collaborazione di Vaccarino, ma che riteneva di non volerlo trattare come fonte o collaboratore. A quel punto ci fu una fuga di notizie. Il nome di Vaccarino fu pubblicato su alcuni organi di informazione, la Procura di Palermo che, ricordiamo, non era più guidata da Grasso, aprì un’inchiesta su di lui per associazione mafiosa, subito dopo archiviata da ben nove pm di Palermo.
Dopo qualche tempo, esattamente il 2 novembre del 2007, giunge a Vaccarino l’ultima lettera – ma questa volta minacciosa e rabbiosa – di Matteo Messina Denaro. «Non ha neanche da sperare in una mia prematura scomparsa o nel mio arresto – scrive il super boss nella parte conclusiva della lettera – perché qualora accadesse una di queste ipotesi, per lei nulla cambierebbe, in quanto la sua illustre persona fa già parte del mio testamento, ed in mia mancanza verrà sempre qualcuno a riscuotere il credito che ho nei suoi confronti, comunque vada lei o chi per lei pagherà questa cambiale che ha forsennatamente firmato. Lei è un essere snaturato che non ha voluto bene neanche alla sua famiglia, si vergogni di esistere». Leonardo Berneri — 11 Aprile 2021 IL RIFORMISTA
Mafia, antimafia, fede e politica Firmato Messina DenaroTra le poche cose che fanno di Matteo Messina Denaro un uomo in carne e ossa e non un fantasma c’è un carteggio. Risale ad alcuni anni fa, ma offre, ancora oggi, una delle rare opportunità per entrare nella mente del boss latitante. Per provare, nel giorno del suo cinquantaquattresimo compleanno, a capire come riesca a fuggire ormai da 23 lunghi anni.
Se c’è qualcosa che lo manda su tutte le furie sono gli errori, le leggerezze che possono costare caro. Figuriamoci se a commetterli è stato uno come Bernardo Provenzano. Al momento del suo arresto, il capo si era fatto trovare con una pila di pizzini, alcuni dei quali a firma “Alessio”, lo pseudonimo di Messina Denaro.
“La devo informare di alcune vicende accadute. Come lei sa a quello hanno trovato delle lettere. In particolare delle mie pare ne facesse collezione. Non so perché ha agito così e non trovo alcuna motivazione”: scriveva così nel giugno del 2006 il boss trapanese a Svetonio, e cioè l’ex sindaco di Castelvetrano, Tonino Vaccarino. Al suo nome si era risaliti perché veniva citato nei pizzini trovati a Provenzano nel covo di Montagna dei cavalli. L’inchiesta per mafia nei confronti del politico venne archiviata. Anni dopo si sarebbe scoperto che Vaccarino era stato assoldato dai servizi segreti per stanare il latitante. Fra Alessio e Svetonio ci fu una lunga corrispondenza fra il 2004 e il 2006. Le lettere di Alessio erano state scritte dalla stessa mano che aveva firmato quelle trovate nel covo di Montagna dei cavalli e attribuite a Messina Denaro. Stessa mano ma contenuti che sembravano pensati da persone diverse.
Il capo della mafia trapanese si fidava di Svetonio che era stato amico del padre, Ciccio Messina Denaro. A lui aveva deciso di confidare il suo stupore e di attribuirgli il nome in codice per evitare che si potesse risalire alla sua vera identità: come era potuto accadere che un personaggio del calibro di Provenzano avesse messo nelle mani dei poliziotti le lettere, sue e di altri boss. Proprio lui, che aveva fatto della prudenza la regola vincente per diventare l’inafferrabile capo di Cosa nostra.
Le lettere di allora tracciavano un ritratto del boss che non sappiamo quanto corrisponda a quello di oggi. Un boss che amava il lusso, le belle donne, gli affari milionari, e s’interessava di cultura e politica. Ed anche uno stratega. A una precisa strategia, infatti, rispondeva con tutta probabilità la scelta di non scrivere le lettere di suo pugno anche se una serie di riferimenti portavano inequivocabilmente a lui. Uno psicologo incaricato dalla polizia di studiare le sfaccettature della personalità del boss, leggendo tra le righe di quella corrispondenza, ipotizzò che un misterioso scrivano elaborasse i suoi pensieri su commissione. Messina Denaro gli affidava le sue riflessioni e lui le elaborava in modo articolato, ricco di citazioni, colto.
Messina Denaro parlava anche di politica: “Oggi per essere un buon politico basta che faccia antimafia, più urla e più strada fa, ed i politici più abietti sono proprio quelli siciliani che hanno sempre venduto questa nostra terra al potente di turno. Troppo semplicistico per lo stato italiano relegare il fenomeno Sicilia come un’orda di delinquenti. Abbiamo più storia noi che questo stato italiano”.
Si rammaricava del fatto di non avere potuto studiare: “Io qualche rimpianto nella vita ce l’ho. Il non avere studiato è uno di essi. E’ stato uno dei più grande errori della mia vita. La mia rabbia peggiore è che ero un bravo studente. Se potessi tornare indietro conseguirei la laurea. Non dico ciò perché avrei voluto un’altra vita, no io sono soddisfatto della vita che ho avuto e la rifarei. Vorrei la laurea solo per me stesso”.
Parlava di fede: “In me in passato non c’è stato niente di soprannaturale e il supremo. Tutto è accaduto al di là della mia volontà. Poi ad un tratto mi accorsi che qualcosa dentro di me si era rotta. Mi resi conto di avere smarrito la mia fede. Mi sono convinto che dopo la vita c’è il nulla, e sto vivendo per come il fato mi ha destinato”. 27.4.2016 LIVE SICILIA
Le lettere di Alessio a Vaccarino, alias Svetonio
22.5.2005 Carissimo mio, con gioia ho ricevuto sue notizie e con altrettanta gioia mi accingo a parlare, sperando, prima di ogni cosa, di trovarla in ottima salute assieme a tutti i suoi cari, così come le posso dire di me. La ringrazio di cuore di tutto ciò che mi ha detto e credo di non avere parole adatte per esprimerle la mia gratitudine; vorrei, però, sommessamente e con molta umiltà riuscire a farle comprendere ciò che io provo interiormente.
Veda, in me in passato non c’è stato niente di predisposto verso il soprannaturale e il supremo, tutto è accaduto aldilà delle mie volontà, io ho solo subito le sensazioni dettatemi dal mio ego, ci fu un tempo in cui io avevo fede, l’avevo in modo naturale senza imposizioni di sorta, poi ad un tratto mi resi conto che qualcosa dentro di me si era rotta, mi resi conto di avere smarrito la mia fede, ma non me l’ero imposto io ciò, è stata del tutto naturale la mia metamorfosi, vero è pero che non ho fatto mai nulla per ritrovarla, mi sono accorto che in fondo ci vivo bene anche così, mi sono convinto che dopo la vita c’è il nulla e sto vivendo per come il fato mi ha destinato, preoccupandomi soltanto di conservare integra la mia dignità e quella della mia famiglia per poterla un giorno riconsegnare integra per come mi è stata affidata alla memoria di chi me l’ha donata, cioè mio padre. Mi creda, sono un uomo interiormente sereno ed in pace con me stesso. Le racconto un aneddoto che mi è accaduto anni fa’, il mio dire comunque è fine a se stesso, mi sono solo ricordato per ciò che mi ha detto Lei.
Dunque, mi trovavo ad un appuntamento con amici e ci trovai anche un uomo in abito talare che io conobbi in quella occasione, lui penso mi conoscesse per la mia nomea; sul finire della giornata lui mi chiamo in disparte, l’avevo notato che era tutto il giorno che mi girava in tondo ma avevo fatto finta di niente, credo che l’attraessi perché ero stato l’unico tutto il giorno a non avergli chiesto alcunché, per la mia riservatezza ed anche per la mia giovane età. Lui esordì dicendomi se io avessi bisogno della benedizione di Gesù Cristo, io per educazione e per rispetto verso l’uomo e l’età non gli dissi che non ero credente e gli risposi in altro modo, senza alcuna arroganza, anzi con molta umiltà, ma senza tentennamenti, dissi testuale: “Padre, se io sono stato nel giusto, Dio mi ha già dato la sua benedizione, se io non sono stato nel giusto, mi perdoni, ma lei non può fare alcunché per me». Lui non si turbò, anche perché non era minimamente nelle mie intenzioni arrecargli offesa e lui lo capì, mi mise una mano sulla spalla e paternamente mi disse: “Se hai bisogno della benedizione di Gesù Cristo sai dove e come trovarmi, ti aspetto”. Risposi: “La ringrazio, lo terrò presente”. Non lo vidi più da allora ma penso che entrambi non ci siamo scordati perché ogni tanto mi manda i saluti che io puntualmente ricambio. In quanto alla morte credo di avere avuto un rapporto particolare con lei, mi e sempre aleggiata intorno e so riconoscerla, da ragazzo la sfidavo con leggerezza per via dell’incoscienza giovanile, oggi da uomo maturo non la sfido, più semplicemente la prendo a calci in testa perché non la temo, non tanto per un fattore di coraggio, ma più che altro perché non amo la vita, teme la morte chi sta bene su questa terra e quindi ha qualcosa da perdere, io non ci sono stato bene su questa terra e quindi non ho nulla da perdere, neanche gli affetti perché li ho già persi nella materia già da tanti anni. Quando la morte verrà mi troverà vivo, a testa alta e sorridente perché quello sarà uno dei pochi momenti felici che ho avuto nella vita. Spero solo di riuscire a portare a termine ciò che mi sono prefissato prima di andare via, per me stesso e, per dare un senso alla mia esistenza. Vero è che sono stato una persona sola e la mia vita è stata un guazzabuglio di sofferenze, delusioni e fallimenti (non per causa mia) ma e anche vero che ancora si sentirà molto parlare di me, ci sono ancora pagine della mia storia che si devono scrivere, non saranno questi “buoni” e “integerrimi” della nostra epoca, in preda al fanatismo messianico, che riusciranno a fermare un uomo come me, questo è un assioma.
La ringrazio per volermi offrire il suo cuore, non ho mai avuto alcun dubbio su ciò, la ringrazio per il suo paterno affetto ed anche in ciò non ho nutrito dubbi, lo stesso fatto che lei parla con me dimostra il suo affetto verso di me, tra noi due c’è sempre stato un feeling particolare dettato solo dai sentimenti; ricordo che era una domenica pomeriggio ed avevo solo 500 lire in tasca, volevo comprarmi un oggetto, andai alla cassa e pagai, solo che vicino la cassa c’era lei che riconosciutomi mi restituì le 500 lire; dei soldi non me ne fregava proprio nulla, però in quel momento mi sentii la persona più importante del mondo, il solo fatto di avermi riconosciuto mi fece sentire importante, in fondo ero un bambino e poteva facilmente non riconoscermi o quantomeno essere distratto, invece lei sarebbe stato mio amico, aldilà di tutto il resto. Avevo 12 anni quel giorno e sono passati 31 anni da allora e come vede non ci siamo sbagliati né io né lei su noi stessi, siamo amici.
Chissà se si ricorda di questo episodio, forse no, ma l’importante che me lo ricordi io. Gliel’ho raccontato per volerle dire che non mi deve offrire niente, mi basta solo avere un posto nel suo cuore … e che possa avere un pensiero per me mi fa capire che non sono vissuto invano; mi creda mi basta e tengo soltanto alla sua amicizia e non ho bisogno di altro.
In merito ai miei cari ed al suo volersi rendere utile anche per loro io la ringrazio immensamente e le sono moralmente obbligato per il pensiero, ma vale lo stesso discorso che per me, cioè non deve fare alcuno movimento e ci basta tenerci nel cuore.
Mi comprenda, non è superbia la mia, è soltanto che voglio e devo salvaguardare la sua persona, i tempi sono quelli che sono ed è dovere mio tutelare chi ci vuole bene, i miei cari questo lo sanno ed è da tanti anni ormai che non frequentano più ad alcuno. Detto ciò la ringrazio di nuovo per il pensiero verso i miei cari ed anche questo non lo scorderò mai. Saprà, poiché è di dominio pubblico, che ho una figlia, è una bambina di 8 anni e mezzo, vive assieme a mia moglie a casa di mia madre.
In merito al suo progetto dove io ho mostrato scetticismo, lo so che lei perseguirà sempre con tenacia i suoi obiettivi e questo le fa onore, non soltanto per la sua coerenza di vita, ma anche per non avere scordato i torti ingiustamente subiti; il mio scetticismo era ed è rivolto alla classe che dirige il paese, non vedo uomini, solo molluschi opportunisti che si piegano come fuscelli al vento, dico ciò con cognizione di causa, ed il peggiore è chi ne sta a capo, un volgare venditore di fumo e chiudo qua perché per iscritto non voglio andare oltre.
Ho saputo che vi siete incontrati con l’amico mandatole, lo sapevo che vi conoscevate ho scelto lui perché e una persona di provata fiducia, il tutto rimarrà sempre tra di noi. Sì, era in rapporti con papà ed è rimasto in rapporti con me, nella vita quando si e onesti c’è continuità. Lui si è già fatto sentire da me e mi ha detto che è felice che si è incontrato con lei e che vede buone cose per il futuro, ho poi aggiunto che lei e stato gentilissimo e disponibilissimo ed io la ringrazio di cuore di ciò. Mi ha detto che dovete rivedervi per cominciare a vedere il tutto e che ci vuole del tempo per conclude re. Da parte mia le posso solo dire di fare il possibile per concretizzare la cosa, da un canto lui lavorerà ma il tutto porterà beneficio anche a noi due perché avremo una percentuale su tutto quello che si farà; anzi deve essere lei a decidere cosa l’amico deve lasciare per noi due, per me quello che lei decide mi sta bene, capirà che se i lavori andranno in porto noi avremo una buona rendita su cui contare, quindi la prego di fare il possibile affinché tutto vada in porto, lo so che ci vogliono dei tempi ma l’importante è iniziare a muoversi che poi i frutti si vedranno. Veda che l’amico già sa che deve lasciare una parte del tutto a noi due, non sa soltanto l’entità che e poi quella che deciderà lei. Quando su ogni lavoro lei deciderà l’entità può dirgliela direttamente all’amico o se preferisce la dice a me e io la comunico a lui, non c’è problema, decida lei sul tutto e mi fa sapere, per me quello che lei decide è ben fatto. Dunque, ormai voi il contatto lo avete, spero che possiate concretizzare il tutto e portare beneficio a noi stessi. Man mano che le cose vanno avanti mi terrete informato, anche l’amico ha il contatto con me, quindi anche lui mi terrà informato, spero che il tutto vada a buon fine. Comprendo che con il cugino di suo fratello vi vedete sovente e ciò mi fa piacere, lei dia un caro abbraccio da parte mia e le dica che io sono a disposizione nel caso abbia bisogno di qualcosa. La prossima posta per me la deve dare al nostro tramite entro il primo di settembre e non oltre, poi io le risponderò con i tempi che sa. Dato il periodo estivo per agevolarla dirò al nostro tramite che sia lui a farsi vedere di lei nell’ultima settimana di agosto. Credo di averle detto tutto, ora la lascio — mai con il cuore — scusandomi se magari ho detto qualche parola in più. Spero tanto che i suoi cari stiano tutti bene così come io spero di lei, sappia che e nel mio cuore e nei miei pensieri come sempre è stato, le do’ un affettuosissimo abbraccio ed un bacio, la voglio troppo bene.
Non so quando verrà il giorno in cui noi due possiamo rivederci, spero che non resti nei nostri sogni, però una cosa e certa e cioè che comunque vada ci terremo sempre nel cuore, perché i veri sentimenti sono quelli che durano e si rafforzano nella disgrazia. La ringrazio del suo abbraccio paterno e dei suoi paterni consigli, grazie dal profondo del mio cuore. Avrò la massima cura di me, per vivere per come sono stato destinato e, comunque vadano le cose, sono stato un protagonista e spero di dentro di sé lei ne possa essere orgoglioso, in fondo mi ha visto crescere e ciò, per me, sarà importante, perché oltre a volerla bene la stimo tantissimo e tengo il suo giudizio. Sempre grazie di tutto. In piena coscienza e con l’immenso affetto di sempre ad maiora Alessio
30.9.2005 Carissimo mio, spero di trovarla bene assieme ad i suoi cari. La ringrazio e non ho parole per le cose che mi ha detto, grazie di cuore. Io oramai vivo fuori dal mondo, e lo preferisco perché non mi riconosco più in questa ipocrita società, quindi non relazionandomi più con alcuno non ho contezza di ciò che realmente si pensi di me, non so se ho fatto male o se ho fatto bene, posso solo dire, o voglio io sperare, di essere stato un uomo onesto, soprattutto verso le mie idee ed i miei valori, così come voglio io sperare di essere stato un uomo corretto, perché sin dal principio della mia storia decisi di fare della correttezza la mia filosofia di vita.
Lei dice che i pellegrini avevano considerazione idolatrante e che esaltavano le qualità; io non sono, non riesco a giudicarmi da me stesso, posso solo dire che fui sempre disponibile con tutti e con chiunque, non aspiro ad essere il migliore, in media stat virtus ci insegna Orazio. In merito ad i singoli maestri purtroppo devo dirle che sono ormai una razza quasi estinta, ci sono in giro solo squallidi musicanti, spesso preferisco tacere perché non riesco a misurarmi con la stupidità umana, che oltretutto e molto pericolosa, la verità è che dopo l’assenza di tanti e tanti amici e venuta a mancare la qualità delle persone, oggi c’è pochezza di tutto in tutti. Con ciò non è che mi voglia elevare a superuomo, no, sono un comune mortale c quindi umano, solo che non riesco a combattere con la stupidità, mi infastidisco, preferisco starmene a debita distanza un po’ da tutti, sfrutto soltanto le mie capacità senza fare affidamento su alcuno, tra l’altro sono stato educato a ciò quindi essendoci abituato non mi pesa.
Parlando dei miei mancati studi si è toccato un punto dolente; veda, io qualche rimpianto nella mia vita ce l’ho, il non avere studiato e uno di essi, e stato uno dei più grandi errori della mia vita, la mia rabbia maggiore è che ero un bravo studente, solo che mi sono distratto con altro, se potessi ritornare indietro conseguirei la laurea senza margine di dubbio, non dico ciò perche avrei voluto un altro tipo di vita, no, io sono soddisfatto della vita che ho avuto e la rifarei, vorrei la laurea solo per me stesso e non per altro. Oggi mi ritrovo ad avere letto davvero tanto. Ed essendo la lettura il mio passatempo preferito, a livello culturale mi definisco un buono a nulla (visto che non ho le basi) che se ne intende un po’ di tutto.
Noto con piacere che lei nonostante le sue pregresse esperienze riesce ad essere ottimista ed a coltivare ancora dei sogni, io purtroppo non ci riesco, non ho più sogni, un uomo che come me è riuscito finanche a deludere le proprie illusioni che sogni può avere!?! Non è che questo vuole dire che mi sono arreso alla vita, questo mai, combatterò sino al mio ultimo istante, soltanto che non c’è più enfasi in me, io penso che il destino di ognuno di noi è già scritto tutto per intero, io sto solo percorrendo ciò che è stato scritto per me, devo solo viverlo passo dopo passo.
Lei spera e mi augura che io possa costruire una nuova favola…, ed io non posso che ringraziarla di cuore per questo suo affettuoso pensiero. Veda, io reputo il dolore un sentimento intimo, non intimo inteso come segretezza, ma intimo come appartenente soltanto alla persona che lo vive, perché solo la persona che lo vive lo può riconoscere come tale. Partendo da questo assioma ho sempre ritenuto utile raccontare mie cose intime, tenuto anche conto che il mio carattere ce la fa da sé a superare tutte le prove con cui la vita mi mette a confronto.
Oggi metto da parte tutto ciò e le confido una cosa intima, gliela confido con l’affetto di un figlio; veda, io non conosco mia figlia, non l’ho mai vista, il destino ha voluto così, come posso io sperare in una favola?!
Nel dire ciò non stò piagnucolando, non ne sono il tipo e poi ho già razionalizzato il tutto, voglio solo dire che, se ho ancora qualcosa da sperare, e che se la vita ha tolto a me per dare a mia figlia mi sta bene e, se così è, quello che mi è rimasto è ancora tanto e spero che si prenda tutto di me per darlo a lei.
Se io le dovessi dire cosa si prova nel non conoscere i propri figli non saprei cosa dirle, posso però affermarle, con assoluta certezza, che essere genitore, padre o madre che sia, e non conoscere i propri figli, è contro natura. Mi scuso per averla distratta con i miei forse stupidi problemi passo ad altro. Farò sapere al nostro comune amico di venirla a trovare, anzi gli dirò che ogni tanto deve venirla a trovare di sua spontanea volontà, cosi se lei avrà da dirgli qualcosa non avrà l’onere di cercarlo. Spero che si possa concludere qualcosa con questo amico.
In merito al cugino del fratello, se ha bisogno di qualcosa da miei concittadini, la prego di rendersi disponibile, sempre nelle sue possibilità, da parte mia sono sempre propenso ad aiutare questo amico qualora ce ne fosse bisogno, io non lo conosco fisicamente ma ciò non lo ritengo importante, la stima ed il rispetto che c’è reciprocamente supera l’handicap della non conoscenza visiva, la prego di dargli un affettuoso abbraccio da parte mia. Spero di averle detto tutto, quando lei vuole sa che mi può sempre scrivere, se deve dire qualcosa deve dare il tutto al nostro tramite che per quella data sia lui a farsi vedere… nel caso non c’è bisogno che lei lo cerchi. Spero che questa mia la venga a trovare bene, sappia che fa parte del mio cuore e dei miei pensieri e che nel mio piccolo sono sempre a sua completa disposizione, la voglio bene.
Con accresciuta stima e l’immenso affetto di sempre un bacio ad maiora suo Alessio
nb. Mi piace il nuovo cammino, escluso Desantis
1.10.2004 “Sono il Malaussène di tutto e tutti” Carissimo amico mio, spero di trovarla bene in salute assieme a tutti i suoi cari. Ne è passata di acqua sotto i ponti dall’ultima volta che ci siamo visti e sentiti e tante cose sono cambiate da allora, forse troppe, noi stessi siamo cambiati, almeno io. So che lei ha risolto, bene o male, tutte le falsità che le addebitavano e ne sono felice per lei stesso per i suoi familiari e dal profondo del mio cuore le auguro un mondo di bene. Di me che (incomprensibile) Non amo parlare di me stesso e poi oramai è da anni che sono gli altri a parlare di me e magari ne sanno più di me medesimo; credo, mio malgrado, di essere diventato il Malaussène di tutti e di tutto, ma va bene così, sono un fatalista e penso che era tutto scritto così, (incomprensibile) uomo non può cambiare il proprio destino, l’importante e viverlo con dignità, io sono a posto con la mia coscienza e sono sereno, in fondo questo mondo non è mio e prima o poi passerà anche questa vita. So di avere vissuto da uomo vero tanto mi basta per me, per chi mi ha educato e fatto da maestro e per la mia famiglia.
Metto da parte queste nostre miserie umane e passo ai nostri discorsi ringraziandola aprioristicamente per non avermi dimenticato, le sono moralmente grato di ciò.
Nel febbraio scorso il mio parente intimo mi fece sapere che lei lo contattò e mi rese edotto dei discorsi che lei gli fece, ma mi disse anche che io potevo darle le mie risposte solo tramite lui perché lei non aveva fiducia ad altri e desiderava così. Subito dopo il mio parente si assentò ed io tenendo fede a ciò che lui mi disse non la cercai tramite altri, come era suo desiderio; pensai che sarebbe stato di nuovo lei a cercarmi scegliendosi la strada che più preferiva. Poco tempo fa mi ha contattato lo zio di suo cugino e mi ha detto che lei ed il di lui nipote avete parlato dei discorsi che lei sta portando avanti e tra questi discorsi c’è pure quello che mi aveva accennato il mio parente intimo. Io ho detto allo zio di suo cugino che ora io stesso avrei contattato lei per cercare di portare il tutto a buon fine ed è così che mi sono permesso di cercarla anche in assenza del mio parente intimo.
Riguarda il sito dell’autostrada ho capito il tutto per linee di massima ma so comunque troppo poco per poterle dare risposta, mi interessa sapere come lei vuole svolgere il tutto nella sua peculiarità e dei tempi di cui ha bisogno, solo dopo avere saputo il tutto in modo preciso potrò darle la mia risposta in modo esaustivo, mi dica pure se c’è bisogno di me per qualche intervento tecnico. Al momento posso risponderle solo su ciò che ho compreso e cioè che per la zona di Alcamo non si ponga problemi perché poi al momento opportuno me la sbrigo io. E riguardo al fatto che io devo trovare una persona per l’intestazione di qualche ipotetica quota non ci sono problemi, ho la persona adatta e quando dice lei gliela posso mandare. Solo che con la questione quote lei mi deve dire di preciso come le vuole dividere perché questo sito, a parte il territorio in cui ricade, verrà visto come diciamo un servizio per tutta la provincia e quindi io ho dei doveri verso altri comunque. Comunque sono cose di facile soluzione. Lei mi dica come vuole dividere il tutto e poi noi due assieme stabiliremo come fare. Quindi aspetto sua risposta su tutto ciò.
Per il discorso Anas ho capito il tutto e non ci sono problemi, ho l’imprenditore adatto e in grado di potere svolgere tutti i lavori, è ovvio che a questo imprenditore faremo lasciare una quota per lei ed una quota per me, anzi mi deve dire che percentuale devo chiedere all’imprenditore per noi due, desidero che la decida lei questa cosa. Quindi mi dia conferma se per lei va bene così ed io dopo manderò l’imprenditore direttamente da lei, questa persona verrà direttamente e da solo da lei e le dirà che viene da parte di suo figlioccio Alessio che sono io, quindi potrete discutere le cose tecniche per portare avanti ed a buon fine il tutto. Aspetto questa sua risposta e solo dopo le manderò l’imprenditore.
Lei mi deve mandare la sua lettera con le risposte sopradette tramite la stessa persona con cui riceverà questa mia, penso che non le verrà difficile trovarlo o farlo cercare, la lettera la chiude a bigliettino ed all’esterno del biglietto scriva “Alessio”, poi io le risponderò con lo stesso sistema. Lei mi deve mandare la sua lettera entro e non oltre il 20 dicembre 2004, la può anche consegnare il 19 ma non passi il 20 perché se no non mi arriva più.
Lei la mia lettera di risposta non la riceverà subito, dato i tempi e dato che sono tutti addosso a me capirà che devo agire con cautela quindi i contatti sono un po’ distanziati nel tempo, ma comunque anche con un po’ di ritardo riceverà la mia.
Quando incontra al suo cugino del suo paese natio glielo dica che ora noi due abbiamo il contatto diretto e nell’occasione me lo saluta tanto perché io non ho contatti con lui dato che ho il contatto diretto con il di lui zio.
Tutte le persone che hanno contatti con me hanno dei nomi convenzionali, il 500 è OMISSIS, ciò la preserva da rischi inutili, ad esempio il nostro tramite quando riceve un biglietto “OMISSIS” sa che lo deve portare a lei evitando così che io ogni volta gli spieghi a chi lo deve portare, quindi mi vorrà scusare se le ho cambiato nome.
Credo al momento di averle detto tutto, a breve sarà il santo Natale e le auguro di trascorrerlo in serenità con i suoi cari, così come vi auguro un buon anno. Sappia che è sempre nel mio cuore così come è stato nei miei pensieri nei suoi anni bui. Io sono il niente, un perdente, ma se ha bisogno di questo niente sappia che sono sempre e comunque a disposizione per la qualsiasi, ciò non è retorica, glielo dico con il cuore. La voglio tanto bene.
Con immutata stima ed il grande affetto di sempre
P.S. Dopo avere letto bruci questa lettera
1.2.2005 – Per me Dio non c’era più”. Carissimo mio, spero tanto di trovarla bene assieme ai suoi cari. La ringrazio infinitamente del suo abbraccio paterno, della sua amicizia e della sua affettuosità e, mi creda, non ho mai avuto alcuno dubbio su ciò; la lontananza può mortificare la quotidianità del vivere ma mai può offuscare i sentimenti anzi li rafforza quando sono onesti e sinceri come i nostri.
Non ho parole per ringraziarla degli elogi a quel faro ed alla mia persona, ne sono lusingato ed onorato perché provengono da lei. Veda, io non parlo mai con alcuno di quel faro, me lo sono ripromesso e sino ad oggi mantenuto, non è superbia la mia, soltanto che di lui si parlò così tanto mentre era in vita che oggi preferisco che riposi in pace, almeno da parte mia, mi restano i miei ricordi e quelli fortunatamente non me li può togliere alcuno; sento ora la necessità di mettere un po’ da parte ciò che mi ero ripromesso per sprecare due parole: veda che la ho voluto veramente tanto bene e lo stimavo tantissimo, provai tanto dolore e dispiacere per le sue vicissitudini e non ci trovo mai un senso in tutto ciò, si chiese sempre perché proprio lei, non si seppe mai dare una risposta; mi creda da figlio tutto ciò è sola verità. Discorso chiuso.
Ho notato con piacere per lei che nonostante il suo vissuto è riuscito a mantenere il suo credo e la sua fede, io non ci sono riuscito. La mia mamma è una credente e nella fede ha cresciuto i propri figli, ad un tratto non so come e non so quando mi sono reso conto con grande rammarico che con me aveva sprecato il suo tempo, non avevo più la mia fede e non credevo più in niente, per me dio non c’era più o quantomeno non gli andava di guardare giù quando si trattava di me; non avendo fede non c’è più speranza ed infatti oggi vivo per come il fato mi ha destinato, mi preoccupo soltanto di essere un uomo corretto, ho fatto della correttezza la mia filosofia di vita e spero di morire da uomo giusto, tutto il resto non ha più valore. Non pensi che io dica ciò con arroganza, non è così, se mi vedesse noterebbe solo umiltà in questo mio dire, non c’è neanche cattiveria e astio verso qualcuno nelle mie parole; veda, io ho conosciuto la disperazione pura e sono stato solo, ho conosciuto l’inferno e sono stato solo, sono caduto tantissime volte e da solo mi sono rialzato; ho conosciuto l’ingratitudine pura da parte di tutti e di chiunque e sono stato solo, ho conosciuto il gusto della polvere e nella solitudine me ne sono nutrito; può un uomo che ha subito tutto ciò in silenzio avere ancora fede? Credo di no. Oggi aspetto che il mio destino si compia seguendo questo pensiero: “Ho visto ciò che la vita mi ha dato e non ho avuto paura e non ho girato lo sguardo di là e non ho perdonato ciò che non si può perdonare”.
Mi scuso con lei per questo mio dire; il mio non è stato uno sfogo ho soltanto parlato a cuore aperto con un uomo che voglio bene, che stimo e che ho l’onore di essergli amico. Veda che per carattere non parlo mai con alcuno dei miei pensieri intimi, lo facevo soltanto con un uomo ed oggi l’ho fatto con lei. Se l’ho infastidito od annoiato me ne scuso sinceramente, io da parte mia la ringrazio perché parlando con lei mi sono accorto di essere me stesso. Facendola partecipe di ciò che io sento senza alcuna inibizione di sorta. Perché io non parlo mai con alcuno dei miei sentimenti e non soltanto per timore dei greci e dei loro doni, ma principalmente per un mio modo di vedere la vita, non faccio mai nessuno partecipe di ciò che io provo nel mio interiore. Grazie per avermi fatto compagnia in una giornata così uggiosa e non soltanto per le condizioni atmosferiche.
Passo alle miserie di tutti i giorni-.
Lei mi chiede una mia analisi su delle argomentazioni che mi ha fatto e che peraltro io già conoscevo perché me le aveva anticipate lo zio di suo cugino ed anche lui mi chiese cosa io ne pensassi; con lui fui più conciso e semplice, invece con lei articolerò il mio pensiero in maniera più ampia. Tengo aprioristicamente a precisare che il mio dire sarà basato esclusivamente sui fatti e non sulla sua persona, perché per me è un assioma che lei farà sempre tutto ciò che potrà nel limite umano affinché la nostra causa possa avere una svolta, so che darebbe la vita per ristabilire la verità delle cose, su ciò non ci piove e sempre grande stima alla sua persona da parte mia. Detto ciò analizzo i fatti a modo mio s’intende è per modo mio includo anche la mia ignoranza su certe tematiche.
Jorge Amado diceva che non c’è cosa più infima della giustizia quando va a braccetto con la politica ed io sono d’accordissimo con lui. In Italia da circa 15 anni c’è stato un golpe bianco tinto di rosso attuato da alcuni magistrati con pezzi della politica ed ancora oggi si vive su quest’onda. Oramai non c’è più un politico di razza; l’unico a mia memoria fu Craxi ed abbiamo visto la fine che gli hanno fatto fare. Oggi per essere un buon politico basta che faccia antimafia, più urla e più strada fa ed i politici più abietti sono proprio quelli siciliani che hanno sempre venduto questa nostra terra al potente di turno. Troppo semplicistico per lo stato italiano relegare il fenomeno Sicilia come un’orda di delinquenti ed una masnada di criminali, non è così, abbiamo più storia noi che questo stato italiano. Se io fossi nato due secoli fa, con lo stesso vissuto di oggi già gli avrei fatto una rivoluzione a questo stato italiano e l’avrei anche vinta; oggi il benessere, il progresso e la globalizzazione fanno andare il mondo in modo diverso ed i miei metodi risultano arcaici, quindi resto soltanto un illuso idealista ed entrambi sappiamo che fine fanno gli idealisti.
Quando uno stato ricorre alle più infime torture per vendetta ed ancor più per portare alla delazione gli esseri più deboli mi dica che stato è. Uno stato che fonda la propria giustizia sulla delazione mi dica che stato è, di certo le delazioni avranno fatto fare carriera a (incomprensibile) singoli ma come istituzione lo stato ha fallito. Hanno praticato e praticano ancora oggi tortura nelle carceri, facciano pure non contesto loro ciò, hanno istituito il 41 bis, facciano pure e che mettano anche l’82 quater, tanto ci saranno sempre uomini che non svenderanno la propria dignità (incomprensibile) da noi, che la smettano di ammantarsi di perbenismo e di alto grado di civiltà, ha nulla di paese civile questo sino a quando certe verità non verranno a galla. Solo la storia la scrive chi vince e loro hanno vinto.
(Incomprensibile) c’è una differenza sostanziale tra lei e me, lei è stato una vittima della giustizia italiana, invece sono un nemico della giustizia italiana che è marcia e corrotta dalle fondamenta. Lo dice Tony Negri ciò ed io la penso come lui; solo che la differenza sostanziale che c’è tra noi due non cambia i suoi effetti, perché ingiustizie ha subito lei ed ingiustizie subisco io senza alcuna differenza tra noi due.
In merito alle sue argomentazioni io penso che non si arriverà mai a niente, non per mancanza di una volontà, lo so che lei farà l’impossibile per arrivare a ciò che mi ha detto, solo che in politica non si fa niente per niente e noi oggi non abbiamo più un potere contrattuale, non abbiamo più nulla da offrire, siamo solo un fardello; chi vuole che si vada a sporcare la bocca per la nostra causa o per tipi come me che vengono considerati ormai carne da macello. C’è solo di prendere atto della sconfitta restando nella propria dignità, un uomo si vede da ciò, soprattutto da ciò, perché la sconfitta forgia noi uomini e non la vittoria. Chiudo così: “Ce l’abbiamo fatta con l’alluvione e la pestilenza; con la legge non s’è potuto, no: abbiamo perso”.
Per l’abolizione dell’ergastolo penso che con il tenpo ci si arriverà ma tutto andrà da sé con il processo di civilizzazione e comunque noi due non saremo più di questa terra perché saranno processi lunghi che vogliono il suo tempo.
Per la revisione dei processi non credo che mai si ci arriverà, glielo detto non interessiamo più ad alcuno ormai. Io ho condanne assurde senza uno straccio di prova oggettiva, la legge dice che due collaboratori di legge che dicono la stessa cosa è prva, ma io ho tante condanne con un solo collaboratore di legge e senza alcun riscontro; ho tante condanne con collaboratori che si contraddicono tra di loro, eppure prendo condanne ovunque e comunque perché è il nome che condannano, posso dire di essere stato in balia ed oggetto di scherno di tanti piccoli Torquemada; ormai è da tanti anni che ho revocato i mei avvocati e non mi difendo più, la mia non è stata una resa, solo che era assurdo che continuassi a difendermi, facciano quel che vogliono, non ho nulla da chiedere ed accetterò tutto con serenità. Quando revocai gli avvocati qualche piccolo ed insignificante Torquemada insinuò sui giornali che era un gesto di sfida. Non è così, non ho voluto sfidare nessuno, tra l’altro non è mio costume lanciare sfide a suon di scartoffie in quanto do alla sfida un valore più nobile, da vero uomo, solo che ho preferito non difendermi più, almeno potrò pensare di non essere stato partecipe a tutti i misfatti che ho subito.
In merito alla commissione d’inchiesta questo è un punto chiave; non tanto per cambiare le cose perché tutto rimarrà per come è, ma solo per il fatto di portare le isitituzioni ad assumersi le proprie responsabilità, sarebbe una grande vittoria portare le cose in chiaro, far sapere al popolo tutte le torture che ha perpetrato lo stato, così almeno la finiscono di definirsi paese civile, una commissione del genere prima di morire la vorrei vedere ma so che non la vedrò mai; vero è che di commissioni ce ne sono state, vedi la Mitrokin e la Telecom-Serbia ma queste interessavano ai potenti di turno e noi mio caro non interessiamo ad alcuno.
Per il discorso benzina mi sono reso conto che è una grande cosa, veda di fare il possibile per arrivare a buon fine, tenga presente che per tutto ciò che compete la mia persona e per tutto ciò che rappresento sono a sua completa disposizione, mi dica di cosa c’è bisogno e dopo farò il possibile.
Per il discorso strade più in là la verrà a trovare un imprenditore e le dirà testuale: “mi manda suo figlioccio Alessio”, con lui potrà discutersi come dovere sviluppare questo capitolo strade. Se la cosa andrà a buon fine poi lei deve decidere quale percentuale l’imprenditore deve lasciare per lei e per me e poi mi incaricherò io di dire all’imprenditore la percentuale che deve lasciare, su ciò non ci sono problemi. Spero che questi lavori vadano in porto.
La prego di dare sempre un caro saluto da parte mia a suo cugino ogni qualvolta lo vede, lo ringrazio.
Credo di averle detto tutto, la prego di scusarmi se ho detto qualche parola in più o se a tratti sono stato sfacciato od impudente, il fatto è che io la voglio tanto bene e la stimo e quindi con lei sono me stesso, associ a ciò anche il fatto che io sono un uomo molto pragmatico e che sono riuscito a deludere finanche le mie illusioni, che non è impresa da poco, tutto ciò fa sì che io veda la realtà delle cose o per meglio dire la mia realtà in un tale modo, l’unica differenza è che a lei ho detto i miei pensieri invece agli altri non li dico, ma se questo mio parlare senza inibizioni le ha provocato fastidio le chiedo umilmente scusa. La ringrazio per avermi concesso l’onore di scrivermi ed oltretutto mi ha regalato anche un po’ della sua compagnia, grazie di cuore. Quando mi vuole scrivere mi può fare solo immenso piacere, ormai sa la strada che deve usare, se scrive lo consegni entro il 20 aprile, non oltre, anche il 20 va bene, poi io le risponderò col tempo per via delle cautele. Se può dia un caro saluto da parte mia a sua moglie, la ricordo con affetto e mi spiace tutto quanto è accaduto, il pensiero a lei mi riporta a mia madre, io non sono stato un buon figlio per la mia mamma (incomprensibile)
28.6.2006 – Carissimo mio, spero di trovarla bene così come le dico di me. So che questa mia lettera è inattesa da lei ma, purtroppo, la devo informare di alcune vicende accadute. Come lei sa a quello hanno trovato delle lettere, in particolare di quelle mie pare ne facesse collezione. Non so perché ha agito così e non trovo alcuna motivazione a ciò e, qualora motivazione ci fosse, non sarebbe giustificabile. Non sto a dirle cosa penso perché non c’è alcuno rimedio al danno che ha causato, ormai che posso fare?
L’unica cosa di cui mi rammarico è di non aver intuito in tempo che lui facesse collezione delle mie lettere; d’altronde non avevo a che fare con persona inesperta quindi ero tranquillo, anche perché io non ho lettere conservate di alcuno. Quando mi arriva una lettera, anche di familiari, rispondo nel minor tempo possibile e subito brucio quella che mi è arrivata, tutto mi potevo immaginare ma non questo menefreghismo da parte di una persona esperta, comunque non vado oltre perché dovrei sbagliare a parlare e, per abitudine, non parlo mai alle spalle di alcuno.
Solo a lui potrei dire cosa penso se lo avessi davanti e, dopo di ciò, la mia amicizia con lui finirebbe; oggi posso solo dire che se la vede con la sua coscienza se ne ha, per tutto il danno che ha provocato in modo gratuito e cinico ad amici che non lo meritavano: chiudo qua che è meglio!
La informo che nelle mie lettere che hanno trovato a lui si parla anche di lei e le spiego come sono andati i fatti. Io e lui siamo sempre stati in contatto, però non c’era mai stato da parte mia il motivo di parlare di lei con lui, non ce n’era proprio motivo. Ad un tratto, circa 2 anni fa, lei cominciò a parlare con suo cugino di alcune cose, poi il cugino trasmetteva a lui i discorsi che avevate e lui li comunicava a me, infatti ad un tratto lui cominciò a parlare di lei, dicendomi, tra l’altro, che lei mi cercava, infatti poi io mi feci vivo con lei. Inutile dirle i discorsi che lui mi fece su di lei tanto lei già li sa, visto che erano gli argomenti che lei trattava con suo cugino. Comunque, quando lui cominciò a parlare di lei di conseguenza io gli dovevo rispondere a ciò che mi diceva, mica potevo non dargli risposte. Così ora ci sono queste mie lettere che, in alcuni passi, parlano di lei. Forse ci sono pure le copie di quello che diceva lui a me, ma questa è solo una mia ipotesi, ormai c’è tutto da aspettarsi, siccome usava la carta carbone, può anche darsi che si faceva le copie di quello che scriveva a me e se le conservava, ma, ripeto, quest’ultima è solo una mia ipotesi dovuta al fatto che ormai mi aspetto di tutto. Inoltre ho la certezza che lui con suo cugino non si incontravano e comunicavano tramite lettere, e ovvio che suo cugino parlava a lui di lei, se no lui non ne poteva parlare a me; avranno trovato pure queste lettere dove suo cugino parla di lei a lui, ma non so in che termini e con quali modalità, ma di certo le hanno trovate, ne sono sicuro per una conseguenza logica.
Comunque, essendo che fu lui a scrivermi per primo di lei fu lui a darle una sigla, lui parlava di lei usando le prime 3 lettere del suo cognome; io, dal canto mio, non potevo cambiare questa sigla da lui scritta perché non mi avrebbe più compreso, visto anche le limitazioni che aveva nello scrivere; così io risposi a lui sulle argomentazioni da lui dettemi usando la stessa sigla che lui aveva inventato per lei. Risposi in tale modo per 2 o 3 volte, non di più, non riesco ad essere preciso, comunque sono 2 o 3 volte; dopo di ciò, non piacendomi questa sigla che lui usava per lei, io, di testa mia cambiai lasigla, rischiai di non essere capito da lui ma lo feci lo stesso; lui però mi capì anche perché i discorsi lo riportavano a lei e, quindi, da quel momento si usò la sigla da me modificata. La modifica che feci io sta nel fatto che dalle 3 lettere che usò lui tolsi la vocale, quindi restarono le prime due consonanti, dunque in 2/3 lettere (da me a lui) usai la sigla dettami da lui; poi nelle altre mie lettere a lui la sigla era: le prime 2 consonanti. Quindi nelle missive ci sono discorsi con le prime 3 lettere e discorsi con le prime 2 consonanti. Vero e che io potevo inventare un appellativo tutto nuovo per lei e comunicarlo a lui, ma non avrei concluso lo stesso niente perché lui avrebbe conservato pure il trafiletto dove gli spiegavo che lei era un tale appellativo. Sono sicuro di ciò perché delle persone di cui io, per primo, parlai a lui mettevo gli appellativi o numeri (perché lui usava i numeri) ma non ho concluso nulla, perché è certo che gli hanno trovato i trafiletti dove io gli spiegavo che a tale persona corrispondeva un dato numero.
Capirà da se che ci sono persone, a me vicine e care, che ora sono nei guai, compreso lei, e mi creda sono imbestialito anche se mantengo la calma, perché l’ora non porta a niente, e sono anche troppo addolorato e dispiaciuto, ma questo è un fatto che concerne solo il mio intimo. Ritornando alla sua posizione: io credo che, pur pensando che si tratti di lei, avranno poco da fare perché dovranno dimostrare e portare riscontri su un suo eventuale coinvolgimento; dato che le sigle sono 2 potrebbero pensare che trattasi di 2 persone diverse, anche perché io cambiai la sigla senza dare alcuna spiegazione, quindi, la sigla con 2 consonanti che feci io, oltre ad essere più ermetica e stata cambiata senza spiegarlo a lui. Potrebbero pensare che si tratti di un’altra persona (che mai troveranno) invece la sigla che fece lui, cioè quella con le prime tre lettere ed a cui io risposi per 2 o 3 volte e più individuabile, ma, come le ho già detto, lo dovranno dimostrare. E l’unico modo per poterlo dimostrare è (INCOMPRENSIBILE NEL TESTO ORIGINALE – NDR) in ciò per loro sarà la prova del nove, e lei non avrà più difesa. Quindi, l’unica soluzione è rompere subito i nostri contatti: non ci sentiremo più, almeno non per ora; ora; lei già sarà attenzionato da loro con cimici, telecamere e pedinamenti quindi si faccia una vita alla luce del sole. Io sto azzardando a mandarle questa mia, ma non posso fare altrimenti, la devo informare di come sono messe le cose, ne va della mia onestà ed affettuosità nei suoi confronti, oltre che della mia lealtà. Da questo momento non ci sentiamo più, vediamo gli sviluppi e poi ci ricontattiamo, nel frattempo faccia una vita trasparente in tutto perché veda che è sotto la loro attenzione e la controlleranno continuamente per un bel pò. Allo stesso tempo non si faccia prendere dallo sconforto e dal panico, per esserle d’aiuto pensi che per lei è tutto da dimostrare, laddove ci sono altri amici completamente inguaiati, non ci voleva tutto ciò, è una cosa assurda dovuta al menefreghismo di certe persone che tra l’altro non si potevano e dovevano permettere di comportarsi in siffatto modo. Mi scuso se ho ritardato un po’ a darle queste notizie ma prima non ho potuto. Spero, nonostante tutto, che lei stia bene in salute così come spero di poterci sentire presto. La voglio bene. Con immutata stima e l’affetto di sempre suo
Nome in codice Svetonio – Le lettere con Messina Denaro Si firmava Svetonio nella corrispondenza con Matteo Messina Denaro. Si era guadagnato la fiducia di Bernardo Provenzano. Ha collaborato con i servizi segreti. Uomo influente, ieri come oggi. Chi è davvero Antonino Vaccarino, nato a Corleone, 74 anni fa e arrestato con l’accusa di avere favorito la mafia passando ad un vecchio amico e boss notizie investigative riservate?
Il 6 maggio 1992 Vaccarino viene arrestato nel blitz “Palma”. Con il gotha della mafia trapanese condivide le accuse di associazione mafiosa e traffico di droga. In primo grado il Tribunale di Marsala lo condanna a diciotto anni di reclusione, anche sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara.
Sotto processo ci sono pure don Ciccio Messina Denaro, il padre del latitante Matteo, Franco Luppino e Vincenzo Santangelo, l’uomo a cui nel 2017 Vaccarino consegna la trascrizione di un’intercettazione ricevuta dall’ufficiale della Dia Alfio Marco Zappalà. Episodio per il quale ora è tornato in carcere.
Vaccarino viene addirittura considerato il reggente della mafia di Castelvetrano. In appello, però, l’accusa di associazione mafiosa non regge. La condanna arriva per la droga e viene ridotta a sei anni.
Nel 2006 si torna a parlare di Vaccarino in occasione della cattura di Bernardo Provenzano. Nel casolare di Montagna dei Cavalli, dove finisce la latitanza del padrino corleonese, vengono trovati dei pizzini del 2004 e 2005. A scriverli è stato Matteo Messina Denaro, alias Alessio, che faceva riferimento all’amico e stimato Vac o Vc, imparentato tramite la moglie con Carmelo Gariffo, nipote di Provenzano: “… tengo a precisare che per me è una brava persona che voglio bene e che stimo…io so che lui agirà sempre In bene per tutti noi e per la nostra causa”.
Dal 2006 l’ex sindaco di Castelvetrano, c’è anche molta politica nella sua vita, finisce sotto intercettazione e si scopre che è un collaborazione del Sisde. Su indicazione dei servizi segreti Vaccarino, alias Svetonio, ha attivato una corrispondenza epistolare con Matteo Messina Denaro, tramite il cognato del capomafia di Castelvetrano, Vincenzo Panicola. Il livello di confidenza è intimo. Vaccarino spiega che è stato incaricato di stanare il latitante, ma finisce di nuovo sotto inchiesta per mafia a Palermo.
Vaccarino e Messina Denaro – Condannato l’ex sindaco L’ex sindaco Dc di Castelvetrano Antonio Vaccarino, 74 anni, processato per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale con l’aggravante per mafia, è stato condannato dal Tribunale di Marsala a sei anni di carcere. Vaccarino era stato arrestato il 16 aprile del 2019 insieme a due carabinieri (il tenente colonnello Marco Alfio Zappalà e l’appuntato Giuseppe Barcellona, entrambi condannati oggi dal gup di Palermo Annalisa Tesoriere, il primo a quattro anni di carcere in abbreviato, il secondo a un anno con pena patteggiata), nell’ambito delle indagini sul boss latitante Matteo Messina Denaro.
Secondo i pm della Dda, l’ex sindaco, che lo scorso anno era stato scarcerato 15 giorni dopo l’arresto, per poi essere arrestato nuovamente lo scorso 10 gennaio, nel febbraio 2018 avrebbe ricevuto da Zappalà, all’epoca in servizio alla Dia di Caltanissetta, uno stralcio di una intercettazione e l’avrebbe girata a Vincenzo Santangelo, titolare di un’agenzia funebre già condannato per mafia. Ad essere intercettata fu una conversazione tra due persone che parlavano del funerale di Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito di Matteo Messina Denaro e collaboratore di giustizia morto nel gennaio 2017 per una grave malattia. Alla prima udienza del processo, lo scorso 25 febbraio, Vaccarino chiese di rendere dichiarazioni spontanee.
“Ho sempre combattuto la mafia – si difese l’ex sindaco di Castelvetrano -. Ho contribuito alla sconfitta della sua manovalanza. Le forze dell’ordine lo possono confermare. Ho collaborato con i servizi segreti e a questo devo la mia condanna a morte da parte del sanguinario Matteo Messina Denaro. Per i mafiosi sono un morto che cammina, ma io, da ex sindaco, non fuggo. Però, mi strazia il cuore l’infamia di un favoreggiamento a persone che ho sempre combattuto”. E dopo parole di stima per i giudici, concluse dicendo che crede “nel giudizio di Dio”. Lo scorso 26 maggio, per Vaccarino i pm della Dda Francesca Dessì e Pierangelo Padova avevano chiesto la condanna a sette anni di carcere. Il pm Padova, inoltre, rivelò che Vaccarino, parlando con Santangelo, “non sapendo di essere intercettato, disse di Lorenzo Cimarosa ‘questo fango che si è pentito’”. Sul punto, però, gli avvocati difensori Baldassare Lauria e Giovanna Angelo hanno contestato che si stesse parlando di Lorenzo Cimarosa, ma i due pubblici ministeri hanno ribadito che il morto di cui si stava parlando nella conversazione intercettata non poteva che essere Lorenzo Cimarosa. 2.7.2020 LIVE SICILIA
Processo Vaccarino – Lauria: Quella di Antonio Vaccarino è una storia da pazzi “Diceva Ernest Hemingway – ha dichiarato il Dottor Padova – ‘Non lasciare che la verità rovini una bella storia’. Siccome qui siamo in un’aula di giustizia io credo che invece si debba applicare un principio radicalmente opposto e cioè non lasciare che una bella storia ci impedisca di vedere i fatti”. A replicare alle parole di Padova, pubblico ministero al processo che vede imputato Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano, è Baldassare Lauria, avvocato difensore di quest’ultimo.
“Vaccarino è stato sottoposto al regime carcerario di Pianosa che di legale aveva ben poco. Una storia drammatica quella che vede il professore Vaccarino non come un vincente ma come un perdente. Vaccarino è una vita che insegue un significato di giustizia. Quando mi contattò disse: ‘io non posso chiudere gli occhi se non faccio chiarezza su quella porcata di sentenza che mi condanna per droga’. Quella del professore Vaccarino non è una bella storia, è una storia drammatica, una storia da pazzi.” Forse, non è soltanto una storia da pazzi, forse come suggeriva Luigi Pirandello, in un suo libro, ’Basta che lei si metta a gridare in faccia a tutti la verità. Nessuno ci crede, e tutti la prendono per pazza!’
Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano era stato arrestato il 16 aprile dello scorso anno, insieme al colonnello Marco Alfio Zappalà della Dia di Caltanissetta e l’appuntato scelto Giuseppe Barcellona, in servizio a Castelvetrano, nell’ambito di un’indagine su una presunta fuga di notizie. Il 26 maggio, presso il tribunale di Marsala, si è tenuta l’udienza al termine della quale i pm della Dda di Palermo, Francesca Dessì e Pierangelo Padova, hanno chiesto sette anni di carcere per Vaccarino, con l’accusa di concorso in rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale, con l’aggravante mafiosa. Un’udienza durata tre ore e mezzo, nel corso delle quali l’accusa ha evidenziato i trascorsi di Vaccarino, accusato dall’ex pentito Vincenzo Calcara (ritenuto un falso pentito in più sentenze) di aver fatto parte di ‘Cosa nostra’, in una posizione apicale e di aver preso parte a un traffico di stupefacenti, per la cui accusa l’ex sindaco di Castelvetrano riportò e scontò una condanna definitiva, oggi oggetto di richiesta di revisione per la quale la Procura Generale di Catania ha già espresso parere favorevole. Dall’accusa di aver fatto parte di ‘Cosa nostra’, era già stato assolto in appello. Ne bis in idem, ma questo non è sufficiente per non riportare in un’aula di tribunale le pregresse vicende giudiziarie di Vaccarino, le accuse dello screditato pentito Calcara e i rapporti dell’ex sindaco con il Sisde, poichè i pubblici ministeri proprio su questi trascorsi hanno fatto affidamento per avvalorare l’accusa, depositando atti giudiziari contestati dalla difesa dell’imputato perché inutilizzabili. Nel corso dell’esame dell’imputato le domande poste dal pubblico ministero Padova hanno avuto per oggetto principalmente due aspetti. Il primo, l’incontro avvenuto con il colonnello Zappalà presso l’abitazione del Vaccarino; il secondo, il successivo incontro tra Vaccarino e Vincenzo Santangelo. Padova ha chiesto di sapere se nel corso dell’incontro avvenuto con il colonnello Zappalà, avessero parlato dell’intercettazione inviata da questi a Vaccarino, nella quale tali Ciro e Sebastiano parlavano tra loro del funerale del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, e che secondo l’accusa Vaccarino avrebbe successivamente consegnato al Santangelo già condannato per mafia. L’intercettazione riguardava tali Ciro e Sebastiano, che parlando tra loro facevano riferimento al fatto che Vincenzo Santangelo avrebbe organizzato a titolo gratuito il funerale di Cimarosa. Vaccarino rispondendo alle domande del pm ha dichiarato di non aver parlato dell’argomento nel corso dell’incontro con il colonnello Zappalà, precisando che l’incontro con il Santangelo – nonostante questi abitasse a 500 metri da casa sua – era avvenuto per caso e che la conversazione in merito a Ciro e Sebastiano, che Vaccarino non conosceva, nasceva dalla preoccupazione di quest’ultimo del fatto che i due avessero definito ‘fango’ il Cimarosa. “Io vivo con la minaccia di essere ammazzato – ha dichiarato Vaccarino – il chiacchiericcio che c’era anche su Cimarosa era quello che da un momento all’altro, anche lui era un morto che camminava, come me doveva essere ucciso”. Vaccarino si riferisce a Giuseppe Cimarosa, figlio del pentito Lorenzo, che nel corso di questo processo ha anche testimoniato raccontando di come dopo il pentimento del padre gli unici che lo sostennero furono l’ex sindaco Vaccarino e il figlio, il quale nel corso di un consiglio comunale ne prese anche le difese. Secondo l’accusa quando avviene l’incontro tra Vaccarino e Santangelo la polizia giudiziaria avrebbe trascritto ‘rumore di carta che viene sfogliata’, quindi il pm ha chiesto a Vaccarino se quando si è trovato a parlare con il Santangelo avesse avuto in mano una stampa dei file che gli erano stati inviati dal colonnello Zappalà. Vaccarino ha sottolineato di non aver avuto file stampati e che il fruscio poteva essere dovuto a qualsiasi altra cosa, ricordando inoltre come prima di questo casuale incontro da oltre vent’anni non avesse avuto alcun rapporto, neppure di saluto, con il Santangelo. Invero, la polizia giudiziaria non aveva messo a verbale ‘rumore di carta che viene sfogliata’, bensì ‘verosimilmente rumore di carta’. Secondo il pm Padova, Vaccarino, parlando con Santangelo, avrebbe indicato nel Lorenzo Cimarosa un ‘pezzo di fango’. Cosa dice Vaccarino a un certo punto – sostiene il pm – dice ‘che c’è andato a fare il funerale, fa finta, a questo fango che si è pentito è che si lanzò tutto.’ Chi è il fango che si è pentito e si lanzò tutto? Lorenzo Cimarosa, il padre di Giuseppe Cimarosa, parlando col quale invece Vaccarino manifesta grande solidarietà, ‘Tuo padre ha fatto la scelta giusta’, nello stesso arco di tempo, intercettato senza sapere ovviamente di essere intercettato – conclude Padova – Vaccarino come si esprime nei confronti di Lorenzo Cimarosa? ‘Questo fango”. Un voler rimarcare come Vaccarino, secondo l’accusa, nutra disprezzo nei confronti del defunto Lorenzo Cimarosa, dovuto proprio al pentimento di quest’ultimo. Però, ancor prima che l’accusa si soffermasse sulla presunta offesa alla memoria del pentito Cimarosa, lo stesso Vaccarino all’inizio dell’udienza, sia rispondendo alle domande del Pubblico Ministero che nel corso delle sue dichiarazioni spontanee, aveva fatto riferimento a quanto si erano detti Ciro e Sebastiano indicando nel Cimarosa ‘un fango’. Erano state proprio queste parole a preoccupare Vaccarino in merito a possibili pericoli che stessero correndo tanto lui quanto Giuseppe Cimarosa. Né nel corso del dibattimento il Pubblico Ministero ha contestato al Vaccarino di essere stato lui a utilizzare quel termine tanto offensivo, accettando dunque che lo stesso provenisse da quanto i due (Ciro e Sebastiano) si stessero dicendo nel corso della conversazione intercettata. Un aspetto che non è stato ignorato dalla difesa dell’imputato. “Devo dire con estrema onestà intellettuale – dichiara in udienza l’Avv. Baldassare Lauria – di avere apprezzato la requisitoria del dottore Padova nella sua ricostruzione dei fatti. Prima di questa udienza mi chiedevo come avrebbe fatto a mettere su il nulla in direzione accusatoria e invece c’è riuscito, e c’è riuscito con la polvere”. Lauria ripercorre dunque la requisitoria del pm, che a suo avviso travisa la realtà processuale, in merito all’unica intercettazione agli atti che riguarda l’imputato Vaccarino con Vincenzo Santangelo, riportata nelle memorie depositate poco prima dalla stessa accusa, evidenziando come proprio l’intercettazione depositata dall’accusa dimostri che Vaccarino aveva detto l’esatto contrario. “Cioè – afferma Lauria – una ricostruzione assolutamente falsa, infedele rispetto alla lettera della conversazione che il pubblico ministero ha la bontà di indicare integralmente nella sua memoria. Per questo dicevo che il ragionamento ricostruttivo che fa il pubblico ministero è un vero e proprio sofisma che cerca di buttare polvere negli occhi per coprire un vuoto probatorio assoluto”. Una storia da pazzi – aveva dichiarato l’avvocato Lauria riferendosi alla storia di Vaccarino. Una storia da pazzi, che vede riesumato un pentito ormai screditato, come spiega l’avvocatessa Giovanna Angelo – difensore insieme al collega Lauria, di Vaccarino – nel ribadire che l’accusa di favoreggiamento è destituita di qualsiasi fondamento, ricordando come la ricostruzione dei trascorsi dell’ex sindaco di Castelvetrano in merito all’accusa di far parte di ‘Cosa nostra’, venne puntualmente smentita dalle sentenze prodotte anche nel corso di questo processo.
Secondo l’accusa, Vaccarino, anche durante la sua collaborazione con i servizi segreti, non collaborò con l’Autorità Giudiziaria. Un aspetto contestato dall’avvocatessa Angelo che ha prodotto documentazione per dimostrare come il suo assistito più volte si offrì di collaborare con l’Autorità Giudiziaria – anche con la Procura di Palermo che oggi muove l’accusa – così come pure dimostrato dalla testimonianza a questo stesso processo, del Dottor Gabriele Paci, Procuratore Aggiunto di Caltanissetta. Una storia da pazzi quella di Vaccarino alla quale fa seguito un processo con continui colpi di scena. Le testimonianze del generale Mario Mori e del colonnello Giuseppe De Donno che hanno narrato non solo di come Vaccarino collaborò con il Sisde al fine di catturare Matteo Messina Denaro, ma anche come lo stesso Vaccarino – come dichiarato da De Donno – collaborò nella cattura di Bernardo Provenzano. Eppure, sembra che per l’accusa la collaborazione con il Sisde non sia di alcuna rilevanza.
Quali altri colpi di scena ci attendono in questo processo? Una piccola anticipazione sui prossimi articoli nel corso dei quali passeremo in esame le accuse mosse dai pm della Dda di Palermo e le repliche da parte dei difensori di Vaccarino, talune delle quali proprio sul piano tecnico, sull’utilizzazione di alcuni atti, e facendo riferimento ad aspetti normativi e di consolidata giurisprudenza, che mirano a smontare il castello accusatorio, in parte proprio partendo da aspetti inediti di questa vicenda, che vede intercettati due soggetti che parlano tra loro di un funerale, i quali non erano neppure indagati. Così come indagato non lo era neppure il Santangelo, al quale il Vaccarino si è rivolto in quell’unica conversazione intercettata per comprendere, a suo dire, se lui e Giuseppe Cimarosa stessero correndo dei rischi. Ma v’è di più. come emerso nel corso dell’udienza, l’unica indagine in corso sarebbe stata quella rispetto la latitanza di Matteo Messina Denaro. Un’indagine di almeno otto anni prima, rispetto la quale, peraltro, nulla è stato contestato a Vaccarino, e della quale, tanto l’imputato che i suoi difensori, apprendono soltanto nel corso del processo. Probabilmente, come affermato dall’avvocato Lauria, “È come se il pubblico ministero venisse da Marte, vede una comunicazione di un’intercettazione nel territorio di Castelvetrano la patria del noto latitante Messina Denaro Matteo, e ritiene quella notizia così rilevante per la vita dell’associazione mafiosa nell’articolazione castelvetranese da ritenere si possa applicare l’aggravante. Parliamo di un territorio in cui le intercettazioni sono come il pane quotidiano e nel caso in specie parliamo di uno stralcio di conversazione che aveva un contenuto assolutamente irrilevante e sterile.” Una storia da pazzi? No, soltanto una storia siciliana, nella quale hanno un ruolo determinante pentiti (poi giudicati falsi tali) soggetti non indagati e un’indagine vecchia di 12 anni addietro, su un boss latitante, un autentico fantasma, oggi imputato a Caltanissetta per le stragi nelle quali morirono i giudici Falcone e Borsellino e le loro scorte. Stragi, rispetto le quali, Vaccarino ha dato indicazioni a un colonnello della Dia incaricato dalla Procura. Che dire di Vincenzo Calcara, lo pseudo pentito che proprio mentre a Castelvetrano si pianificavano le stragi, distoglieva l’attenzione da Matteo Messina Denaro, del quale non parlò mai, e che solo dopo quasi trent’anni si ricorda di lui e vorrebbe testimoniare al processo? Una storia da pazzi, una storia tutta siciliana… Gian J. Morici 6.6.2020 LA VALLE DEI TEMPLI
- Processo Antonio Vaccarino
- De Donno: Antonio Vaccarino collaborò alle indagini per la cattura di Bernardo Provenzano
- Mario Mori: “Vaccarino collaborava con il Sisde”
Mafia, Mori a processo Vaccarino: «I suoi rapporti con il Sisde, noti dal 2004» L’ ex capo del Sisde sentito come imputato di reato connesso al processo in cui l’ex sindaco di Castelvetrano, è accusato di favoreggiamento aggravato alla mafia «Già dal 2004 parlai all’allora procuratore di Palermo, Piero Grasso, del rapporto che il Sisde aveva avviato con Antonio Vaccarino per arrivare alla cattura di Messina Denaro e per individuare la rete di imprenditori a lui vicini. Si era pensato a Vaccarino, come tramite per giungere all’arresto del capomafia in virtù delle relazioni che c’erano tra i due». A parlare del ruolo di «confidente» dei Servizi dell’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarinio è l’ex capo del Sisde Mario Mori, sentito come imputato di reato connesso al processo in cui Vaccarino è accusato di favoreggiamento aggravato alla mafia.
Vaccarino, arrestato a fine 2019 e ancora detenuto, è coinvolto in una indagine che ha svelato una rete di talpe tra ufficiali dell’Arma che avrebbero passato informazioni segrete su inchieste a carico di Messina Denaro. In carcere finirono il carabiniere Alfio Marco Zappalà, accusato di rivelazione di notizie riservate, e l’appuntato Giuseppe Barcellona, che risponde di accesso abusivo al sistema informatico. Secondo i magistrati Barcellona, addetto a trascrivere i contenuti delle intercettazioni disposte nell’ambito della cattura del boss latitante Matteo Messina Denaro, avrebbe passato a Zappalà, funzionario della Dia di Caltanissetta, un verbale di conversazione tra due indagati in cui si faceva riferimento a dinamiche interne alla famiglia mafiosa di Castelvetrano. Zappalà a sua volta avrebbe girato l’intercettazione all’ex sindaco di Castelvetrano Vaccarino che l’avrebbe data al boss Vincenzo Santangelo, condannato per mafia in passato in un processo in cui era imputato anche l’ex sindaco. Zappalà è sotto processo in abbreviato; Barcellona ha patteggiato.
L’udienza in cui Mori, attualmente imputato in appello nel dibattimento sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, ha deposto si è svolta davanti al tribunale di Marsala.
Mori ha raccontato di aver continuato a informare Piero Grasso dei rapporti tra il Sisde e Vaccarino anche dopo il trasferimento del magistrato alla Dna e ha sostenuto che Grasso gli avrebbe assicurato che della vicenda avrebbe riferito alla Procura di Palermo. Circostanza che cozza con l’indagine che su Vaccarino i pm del capoluogo siciliano aprirono, nel 2006, dopo la cattura del boss Bernardo Provenzano. Nel covo del padrino corleonese furono trovati ‘pizzinì di Messina Denaro. Nello scambio epistolare i due boss parlavano anche di un certo Vac definendolo affidabile. Si accertò che Vac fosse Vaccarino. La Procura, dunque, sarebbe venuta al corrente dei rapporti tra l’ex sindaco e il latitante trapanese solo allora. E solo allora l’ex sindaco sarebbe stato intercettato e sarebbero stati scoperti i suoi legami con il Sisde. La notizia del ruolo di Vaccarino nel tentativo di catturare il boss uscì sui giornali, la pista per arrivare all’arresto del boss saltò e Messina Denaro scrisse una lettera all’ex amico sindaco minacciandolo di morte. Al processo che lo vede imputato a Marsala, però, Vaccarino si difende rivendicando che, come nel passato da informatore del Sisde, avrebbe solo cercato di contribuire alla cattura del capomafia trapanese. Il dibattimento è alle battute finali. Il 26 maggio dovrebbe cominciare la discussione del pm. 18/04/2020 – LA SICILIA
Processo Vaccarino, Mori: ”Era uno del Sisde e lo dissi a Grasso” Il Generale: “La Procura al corrente che il sindaco di Castelvetrano fosse un informatore” “Già dal 2004 parlai all’allora procuratore di Palermo, Piero Grasso, del rapporto che il Sisde aveva avviato con Antonio Vaccarino per arrivare alla cattura di Messina Denaro e per individuare la rete di imprenditori a lui vicini. Si era pensato a Vaccarino, come tramite per giungere all’arresto del capomafia in virtù delle relazioni che c’erano tra i due”. A raccontarlo è l’ex capo del Sisde Mario Mori che ieri ha deposto a Marsala (sentito come imputato di reato connesso dopo la condanna in primo grado a 12 anni nel processo per la Trattativa Stato mafia) in un processo per favoreggiamento alla mafia contro l’ex sindaco di Castelvetrano. Vaccarino, arrestato a fine 2019 e ancora detenuto, è coinvolto in una indagine che ha svelato una rete di talpe tra ufficiali dell’Arma che avrebbero passato informazioni segrete su inchieste a carico di Messina Denaro. Nel corso dell’udienza Mori ha anche aggiunto di avere proseguito a informare Grasso di quel rapporto Vaccarino-Sisde anche quando questi fu trasferito alla Direzione nazionale antimafia. E sarebbe stato lo stesso Grasso ad assicurargli che della vicenda avrebbe informato la procura di Palermo. Processualmente parlando, però, il dato non era mai emerso. Basta andare a rileggere le carte dell’inchiesta che fu aperta dai pm di Palermo nei confronti di Vaccarino, nel 2006, dopo la cattura del boss Bernardo Provenzano. Nel covo del boss corleonese, arrestato a Montagna dei Cavalli nell’aprile 2006, furono trovati ‘pizzini’ di “Alessio”, poi individuato come il superlatitante trapanese Matteo Messina Denaro. Nello scambio epistolare i due boss parlavano anche di un certo Vac definendolo affidabile. I magistrati accertarono che quel Vac fosse Vaccarino ed iniziarono anche ad intercettarlo. E’ nell’ambito di quell’attività investigativa che emersero contatti con utenze telefoniche intestate al Ministero degli Interni, presso la sede degli uffici del Sisde. Solo dopo la richiesta di informazioni esplicita della Procura in ordine all’esistenza di contatti tra personale del Servizio e Vaccarino, il 23 agosto 2006 l’allora direttore Mario Mori aveva confermato il rapporto spiegando la natura di quei contatti con il boss trapanese ed aggiungendo che un discorso “parallelo” fu fatto contattando Carmelo Gariffo, soggetto vicino a Bernardo Provenzano, e per promuovere un’interlocuzione anche con l’allora latitante corleonese. Quindi si scoprì che con il nome in codice di Svetonio, Vaccarino intratteneva da un paio d’anni una corrispondenza con il boss, blandendolo ed elogiandolo e offrendosi come “facilitatore politico”, tra le altre cose, anche per la realizzazione di un autogrill sull’autostrada Palermo-Trapani. Vi fu una fuga di notizie e quel rapporto tra Vaccarino ed il Sisde, finalizzato alla cattura di Messina Denaro, venne addirittura pubblicato sui giornali. Messina Denaro non fece mancare il suo disappunto, tanto che il 15 novembre 2007 inviò un’ultima lettera a Vaccarino dal contenuto esplicito ed una minaccia di morte: “…ha buttato la sua famiglia in un inferno… la sua illustre persona fa già parte del mio testamento… in mia mancanza verrà qualcuno a riscuotere il credito che ho nei suoi confronti…”. Vaccarino è stato di nuovo arrestato dal Ros un anno fa con l’accusa di avere consegnato a Vincenzo Santangelo, condannato per mafia, il contenuto riservato di un’intercettazione fatta uscire dagli uffici investigativi grazie alla complicità, secondo l’accusa, di due carabinieri, raccomandandogli: “Con l’uso che tu sai di doverne fare e con la motivazione che la tua intelligenza sa che mi spinge”.
Ma torniamo al dato originario. E’ vero che la Procura di Palermo era informata di quella attività o siamo nel solito “modus operandi” adottato da Mori nel corso della sua carriera?
Va detto che già in un’intervista a tempi.it, nel settembre 2012, Mori era intervenuto sul punto addirittura dando a Grasso una responsabilità specifica: “Individuammo un personaggio che poteva essere la pista giusta per giungere al latitante. Antonio Vaccarino era ex sindaco di Castelvetrano, il paese di Messina Denaro, e suo ex insegnante. Il boss si sarebbe potuto fidare. Vaccarino iniziò una corrispondenza col boss, attraverso pizzini. Di fatto glieli dettavamo noi, d’accordo con il procuratore palermitano Pietro Grasso (oggi senatore della Repubblica, Liberi e Uguali, ndr), con cui avevamo deciso le tappe dell’inchiesta, perché i servizi non possono svolgere attività di polizia“. Grasso dunque ha, o non ha, informato la Procura di Palermo? La domanda resta aperta perché la circostanza cozza con i dati raccolti nell’indagine del 2006. Se la Procura fosse stata messa al corrente dell’operato di Vaccarino, che senso aveva aprire l’indagine? Certo è che dopo tanti anni Vaccarino si trova nuovamente inquisito e l’accusa è pesante perché riguarderebbe proprio il favoreggiamento del boss di Castelvetrano. Nell’inchiesta finirono il carabiniere Alfio Marco Zappalà, accusato di rivelazione di notizie riservate, e l’appuntato Giuseppe Barcellona, che risponde di accesso abusivo al sistema informatico. Secondo i magistrati Barcellona, addetto a trascrivere i contenuti delle intercettazioni disposte nell’ambito della cattura del boss latitante Matteo Messina Denaro, avrebbe passato a Zappalà, funzionario della Dia di Caltanissetta, un verbale di conversazione tra due indagati in cui si faceva riferimento a dinamiche interne alla famiglia mafiosa di Castelvetrano. Zappalà a sua volta avrebbe girato l’intercettazione all’ex sindaco di Castelvetrano che l’avrebbe data al boss Vincenzo Santangelo, condannato per mafia in passato in un processo in cui era imputato anche l’ex sindaco. Zappalà è sotto processo in abbreviato; Barcellona ha patteggiato. Vaccarino, da parte sua, si difende rivendicando che, come nel passato da informatore del Sisde, avrebbe solo cercato di contribuire alla cattura del capomafia trapanese. Il processo proseguirà il prossimo 26 maggio quando, secondo il programma, dovrebbe cominciare la discussione del pm. amduemila 19 Aprile 2020 di Aaron Pettinari
La procura dà ragione a Vaccarino sul processo del 1992: quello di Calcara fu depistaggio Giovedì scorso si è svolta l’udienza per la revisione del processo di Antonio Vaccarino. Si tratta di quell’udienza che era stata fissata per l’8 maggio a Catania (ne avevamo parlato qui) e che, dopo gli arresti dell’ex sindaco (poi scarcerato) e dei due carabinieri, era appunto stata rinviata al 27 giugno. La revisione è relativa alla condanna di Vaccarino per traffico di droga, in seguito all’arresto del 1992 (operazione Palma). Un processo nel quale si è sempre dichiarato vittima del controverso collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara, che fu uno dei suoi principali accusatori Ma stavolta sarebbe stata proprio la stessa Procura generale a chiedere l’accoglimento della revisione del processo, parlando delle falsità delle accuse del Calcara e facendo riferimento ad un depistaggio. Che il giudice possa accogliere la revisione diventa ormai una quasi certezza, che farebbe scaturire tutta una serie di domande, soprattutto sul depistaggio La vicenda, a questo punto, non riguarderebbe soltanto l’ingiusta condanna subita da Vaccarino per gli arresti del 1992. Soprattutto se il depistaggio venisse collegato con le stragi. In questo caso potremmo trovarci di fronte ad un altro “caso Scarantino”. Intanto Vaccarino, molto soddisfatto di un’udienza che è andata oltre le sue aspettative, ha manifestato la sua gratitudine agli avvocati Giovanna Angelo e Baldassare Lauria, “entrambi miei validissimi Difensori”. 30 giugno 2019 di Egidio Morici TP24
Vaccarino, “Stavamo per catturare Messina Denaro, informai io Piero Grasso” Il procuratore antimafia Piero Grasso era a conoscenza dell’operazione dei servizi segreti per la cattura di Matteo Messina Denaro. A dichiararlo è l’ex generale e capo del SISDE Mario Mori. Ascoltato in aula a Marsala circa due settimane fa nel processo che vede coinvolto l’ex collaboratore dei servizi Antonio Vaccarino, Mori ha infatti dichiarato in qualità di testimone di reato connesso: “Già dal 2004 parlai all’allora procuratore di Palermo Piero Grasso del rapporto che il Sisde aveva avviato con Antonio Vaccarino per arrivare alla cattura di Messina Denaro e per individuare la rete di imprenditori a lui vicini. Si era pensato a Vaccarino, come tramite per giungere all’arresto del capomafia in virtù delle relazioni che c’erano tra i due”. Una versione dei fatti che nella sostanza coincide perfettamente con quanto Vaccarino stesso ha dichiarato sulla stessa vicenda durante la nostra intervista, ma che non corrisponde nei tempi e nelle modalità alla ricostruzione dell’ex generale. Durante l’operazione dei servizi segreti nota per lo scambio epistolare tra Vaccarino e Matteo Messina Denaro, alias rispettivamente Svetonio e Alessio, ad avvisare l’allora procuratore antimafia Piero Grasso sarebbe stato lo stesso Vaccarino nonostante la ritrosia di Mori e De Donno che, a suo dire, avrebbero preferito allertare l’autorità giudiziaria in un’altra fase dell’operazione, così come previsto dal protocollo. Secondo quanto affermato dall’ex sindaco castelvetranese, oltre a questioni di tempismo e di protocollo, la mancata volontà di mettere al corrente l’autorità giudiziaria sarebbe stata legata anche ad una mancanza di fiducia, tanto che Mori e De Donno gli avrebbero confidato: “Ma di chi ci si può fidare?”, temendo forse per la buona riuscita dell’operazione. Ma nonostante la contrarietà di chi era alla guida dell’operazione, Vaccarino non si sarebbe comunque fermato: “Io ho scritto al superprocuratore antimafia di allora, che si chiama Piero Grasso, parlandogli della situazione in cui ci ritrovavamo”, ha dichiarato l’ex sindaco. “Mi sarei aspettato un intervento indispensabile per un’operazione che era ormai nella sua fase finale. Piero Grasso scrisse all’autorità investigativa di Trapani, dopo un paio di giorni sono stato convocato dalla Dia di Trapani e ho detto tutto quello che c’era da dire allo Stato. Dopo nemmeno 24 ore, tutto ciò che avevo detto ai funzionari della Dia finì su tutti i giornali e ‘stranamente’ Matteo Messina Denaro non fu più catturato”. Una cosa è certa. Sia Mori che Vaccarino sostengono comunque che Piero Grasso fosse al corrente dell’operazione. Se così fosse, allora sarebbe da chiarire il perché l’ex sindaco fu indagato dopo il ritrovamento dei pizzini di Matteo Messina Denaro nel covo di Bernardo Provenzano. La sigla Vac corrispondeva a Vaccarino. E i pizzini risalgono proprio al periodo dell’operazione del SISDE. Ma se la dichiarazione di Mori potrebbe ribaltare la narrazione dei fatti relativi al 2000, a scompaginare la storia del recente arresto di Vaccarino, Zappalà e Barcellona, accusati sulle prime di essere delle talpe del super latitante, è l’affermazione del procuratore aggiunto di Caltanissetta Gabriele Paci, ascoltato anche lui in aula a Marsala. Paci, oltre ad aver confermato il rapporto di collaborazione tra Vaccarino e il SISDE, ha anche dichiarato che le indagini del colonnello Zappalà a Castelvetrano venivano svolte proprio su sua delega. E non riguardavano la cattura di Messina Denaro, ma le stragi. “Vaccarino è stato, da parte della Procura di Caltanissetta, diciamo un portatore di informazioni”, ha dichiarato Paci – dal momento che l’ex sindaco avrebbe avuto una “rilettura critica delle vicende processuali che l’hanno riguardato”. Una lettura critica che secondo Vaccarino, ha aggiunto Paci, “per alcuni versi riguarderebbe anche la vicenda stragista, le vicende stragiste del ’92. E sotto questo profilo insomma era interesse dell’ufficio sentirlo”. Affermazioni, queste, in netta contraddizione con la possibilità che l’ex sindaco ed i due militari potessero essere delle talpe del boss. Le domande su questa vicenda dai contorni ambigui sono destinate a moltiplicarsi. Anche alla luce dell’appello che Vaccarino pochi mesi fa aveva rinnovato a Matteo Messina Denaro, approfittando delle nostre videocamere: “Matteo Messina Denaro, da tempo, comincia a diventare scomodo per quelli che lo hanno usato. Sono quasi certo che questa gente lo voglia morto. Ancora una volta l’appello che gli faccio è di dare ciò che meritano a questi che hanno strumentalizzato la tua veste di capo del nulla, se non delle malefatte, per raggiungere i loro obiettivi che ora vedono compromessi se tu continui con la latitanza. Per loro devi morire. Per me no, devi vivere. Perché devi spiegare alla collettività che ti ha dato i natali, perché sei arrivato a questo punto, chi ha manovrato alle tue spalle, chi hai manovrato tu. Matteo Messina Denaro, se mi ascolti, ti ribadisco che questa è la sorte che c’è chi ha stabilito per te”. TP24 3.4.2020
MAFIA, CHIUSE LE INDAGINI SU VACCARINO: DUE CARABINIERI AGLI ARRESTI L’ex sindaco di Castelvetrano Antonino Vaccarino I pm della Dda di Palermo hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini sull’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino e due carabinieri. I tre furono arrestati lo scorso 16 aprile dai militari del Ros di Monreale nell’ambito delle indagini che riguardano la caccia al latitante Matteo Messina Denaro. Pochi giorni dopo il Riesame annullò gli arresti per l’ex politico Dc per «mancanza di gravi indizi di colpevolezza» mentre si trovano ancora sottoposti a misura cautelare Giuseppe Barcellona, in servizio alla compagnia di Castelvetrano, e Marco Alfio Zappala, applicato al centro operativo della Dia di Caltanissetta. Il primo è agli arresti domiciliari, il secondo è detenuto nel carcere di Enna. L’appuntato Barcellona si occupava della trascrizione delle intercettazioni telefoniche e ambientali su delega della Procura di Palermo. «Abbiamo presentato nuovamente istanza di scarcerazione – dice l’avvocato Gianni Carracci, legale di Barcellona – ma già il Riesame ha escluso che i due militari abbiano potuto favorire Cosa Nostra, per questo riteniamo inesatto il termine «talpe» utilizzato sinora per parlare dei due». L’indagine è stata coordinata dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Francesca Dessì e Piero Padova. Secondo l’accusa, Zappalà avrebbe ricevuto da Barcellona alcuni ‘screenshot’ di conversazioni tra due soggetti sottoposti ad indagine che riguarda la ricerca del latitante Matteo Messina Denaro. A sua volta il tenente colonnello della Dia avrebbe inviato il contenuto di questi ‘screenshot’ arrivano a Vaccarino noto per aver intrattenuto tra il 2006 e il 2007 una corrispondenza con Messina Denaro, attraverso una serie di lettere in cui l’ex esponente democristiano (peraltro già condannato a 6 anni e sei mesi per stupefacenti) si firmava Svetonio e il latitante gli rispondeva con lo pseudonimo di Alessio. Vaccarino è stato condannato definitivamente per traffico di droga, anche sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara, ma lo scorso scorso 27 giugno la Procura generale di Catania ha chiesto la revisione della sentenza. (AGI 20 Luglio 2019)
4.5.2019 ANTONIO VACCARINO PENTITI !!!
LETTERA APERTA ALL’ EX SINDACO DI CASTELVETRANO ANTONIO VACCARINO : Caro Antonio Vaccarino , la prima cosa che ti suggerisco e’ quella di pentirti . Pentiti ,caro Vaccarino , fallo innanzitutto per tuo figlio che so’ che tu ami tanto e questo posso dirtelo perché non posso fare a meno di non ricordare l’ affetto e l’ orgoglio che tanto hai palesato il giorno della sua cresima nel 1981.
E’ fondamentale che tu ti penta prima interiormente per far in modo che la tua collaborazione sia totale e veritiera .
Fino adesso oltre UN MILIONE di persone di tutta Italia hanno ascoltato la mia intervista che ho rilasciato a Fanpage e su You Tube .
Ho voluto , con prove inconfutabili, parlare di te , in particolare di un episodio che ricorderai sicuramente , poiché e’ avvenuto a Castelvetrano , precisamente a casa tua . Quel giorno c’ eri tu , io -che ero latitante – , Francesco Messina Denaro …. Proprio tu , con le tue mani , hai scritto e mi hai consegnato un biglietto sul quale c’erano i nomi di ” amici ” dell’ Australia ai quali mi sarei dovuto rivolgere dopo aver ucciso il Dott. Paolo Borsellino .
In quello stesso giorno , Francesco Messina Denaro – padre di Matteo- , mi diede l’ incarico di tenermi pronto per uccidere Paolo Borsellino , perché di questo giudice non dovevano rimanere neanche le idee , doveva morire e basta ! . Tu eri presente , ricordo il tuo sguardo che annuiva freddo come la neve !!! Ti ricorderai bene la data : autunno 1991 . Questo non puoi negarlo , sia perché e’ stata effettuata una perizia calligrafica dalla quale e’ emerso che sei stato proprio tu a scriverla , sia perché c’e’ una condanna definitiva in cui e’ stata provata pienamente la tua colpevolezza per quanto riguarda il traffico internazionale di droga che abbiamo fatto insieme a uomini di ” cosa nostra” che tu ben conosci e che sono stati tutti condannati . Te ne cito alcuni : Francesco Messina Denaro , Vincenzo Santangelo , Francesco Luppino e altri …
Adesso ti invito a leggere la sentenza della Corte d’ Appello di Roma – ALLEGO LA SENTENZA-, nella quale e’ provato il trasporto di dieci miliardi di vecchie lire che io , tu , Francesco Messina Denaro , Vincenzo Furnari , Stefano Cannata e altri abbiamo trasportato da Castelvetrano fino a Roma , precisamente a casa del notaio ALBANO – quest’ ultimo membro dei cavalieri del santo sepolcro insieme a MARCINKUS e ANDREOTTI- . Sai benissimo che questi soldi li abbiamo consegnati al vescovo MARCINKUS il quale , a sua volta , li ha riciclati dentro la banca del Vaticano .
Di questo trasporto nessuno di noi e’ stato condannato , poiché il reato e’ andato in prescrizione ma le prove che ho portato sono rimaste !!! .
Sempre che tu non l’ abbia dimenticato , su ordine di Francesco Messina Denaro , dovevo sottostare a te e ubbidirti ciecamente . Ti ricordo di quando mi hai ordinato di andare a lavorare dentro la dogana dell’ aeroporto di Linate – Milano . Anche questo , ovviamente e’ provato .
Ci sono mille altre cose che abbiamo fatto insieme e tantissime altrettante che mi hai ordinato di eseguire e io ti ho ubbidito e sei anche consapevole che io ero sempre pronto a dare la vita per te , poiché con il tuo solito fare filosofico e diplomatico eri riuscito a plasmare completamente la mia vita !!! . Sei anche riuscito a convincermi che ogni ordine che tu mi davi fosse giusto e io lo eseguivo senza farmi tante domande .
Conoscendoti , penso che tu stia continuando a seguire quella che tu consideri una ”giusta causa” , la stessa che un tempo seguivo anch’ io .
Io ho avuto la grande fortuna di incontrare il Dott. Paolo Borsellino – l’ uomo che avrei dovuto uccidere – che mi ha fatto comprendere che la ” giusta causa ” fatta di omerta’ , favoreggiamenti alla mafia e modi di pensare e di agire di stampo mafioso non e’ quella da seguire , perché esiste una VERA CAUSA fatta di amore di Verita’ e Giustizia che da ventisei anni seguo e che continuero’ a seguire . Per questo l’ unica cosa che col cuore voglio dirti e’ : PENTITI , Antonio Vaccarino , PER AMORE DI VERITA’ E GIUSTIZIA !!! Il tuo contributo , se e’ autentico al cento per cento , sara’ sicuramente prezioso !!! Concludo informandoti che al piu’ presto andro’ a deporre alla Corte d’ Assise di Caltanissetta dove e’ imputato Matteo Messina Denaro per la strage di Via d’ Amelio . In quel processo sicuramente verrai anche tu a deporre poiché io ho gia’ citato e continuero’ a citare il tuo nome. Vincenzo Calcara
8.7.2020. Carissime Amiche , Carissimi Amici , per quanto riguarda l’ arresto e la condanna dell’ ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino si e’ fatto riferimento alla mia persona , tanto e’ vero che la Procura di Palermo ha chiesto che fosse acquisita la documentazione da me fornita relativa al vissuto storico del Vaccarino , atti che durante il dibattimento i P.M della D.D.A di Palermo Padova e Dessi’ hanno chiesto di produrre e che sono stati acquisiti .
L’ accusa ha fatto riferimento a tutto cio’ che ho sempre dichiarato sul Vaccarino , definendo quest’ ultimo un doppiogiochista affiliato a ” cosa nostra” .
Nonostante i testimoni chiamati in difesa del Vaccarino , l’ esito del Processo di 1° grado e’ stata una condanna per Antonio Vaccarino a sei anni di reclusione per concorso in rivelazione di segreto d’ ufficio con l’ aggravante di favoreggiamento personale alla mafia .
Come tutti sapete , la Procura di Palermo, fino ad ultimamente, ha avuto degli ottimi risultati per quanto riguarda la lotta a ” cosa nostra” ( Il Dott. Paolo Borsellino faceva parte di questa Procura) .
Non dimentichiamoci che grazie al lavoro integerrimo e professionale svolto dalla Procura di Palermo , sono stati arrestati Toto’ Riina , Provenzano e tantissimi altri pericolosi latitanti mafiosi .
Dalla fine del 1991 fino in data odierna ho collaborato con questa Procura che fino ad oggi mi ritiene un Collaboratore di Giustizia attendibile e di questo ne sono molto orgoglioso !!!
Con l’ affetto e la stima di sempre , mando ad ognuno di Voi un caloroso e fortissimo abbraccio VINCENZO CALCARA
Era accusato di rivelazione segreto d’ufficio e favoreggiamento Condanna a 4 anni per colonnello dell’Arma Zappalà Il Tribunale di Marsala ha deciso: l’ex sindaco Dc di Castelvetrano Antonio Vaccarino, 74 anni, è colpevole ed è stato condannato a sei anni per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale con l’aggravante per Mafia.
L’ex politico era stato arrestato il 16 aprile del 2019 insieme a due carabinieri il tenente colonnello Marco Alfio Zappalà e l’appuntato Giuseppe Barcellona, entrambi condannati oggi dal gup di Palermo Annalisa Tesoriere. Il primo a quattro anni di carcere in abbreviato, il secondo a un anno con pena patteggiata), nell’ambito delle indagini sul boss latitante Matteo Messina Denaro.
Secondo i pm della Dda Francesca Dessì e Pierangelo Padova, che avevano chiesto la condanna di Vaccarino a sette anni l’ex sindaco, avrebbe ricevuto da Zappalà, in servizio alla Dia di Caltanissetta, la trascrizione della registrazione di un colloquio tra due indagati che parlavano fra di loro di vicende relative alla cosca e al latitante.
A sua volta l’ex politico lo avrebbe inoltrato a Vincenzo Santangelo, titolare di un’agenzia funebre già condannato per mafia.
Ad essere intercettata fu una conversazione tra i due soggetti che parlavano del funerale di Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito del boss stragista e collaboratore di giustizia morto nel gennaio 2017 per una grave malattia. Poi Vaccarino fu proprio intercettato mentre ne leggeva una parte “con l’uso che tu sai di doverne fare e con la motivazione che la tua intelligenza sa che mi spinge” a Santangelo.
Prima di leggere il dispositivo di sentenza, il Tribunale di Marsala, collegio presieduto dal giudice Vito Marcello Saladino (giudici a latere Matteo Giacalone e Francesca Maniscalchi) ha acquisito una lettera di Vaccarino, ricevuta in questi giorni dai giudici. L’imputato ha assistito alla sentenza in video collegamento dal carcere di Catanzaro, dove si trova detenuto dall’11 gennaio.
Per quanto riguarda Zappalà, condannato a 4 anni, tenente colonnello dei carabinieri, in forza alla Dia, il processo si è svolto con il rito abbreviato. ANTIMAFIA DUEMILA 2.7.2020
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Calcara, perché Vaccarino? Una domanda, alla quale probabilmente non saprebbe rispondere neppure lo stesso Vincenzo Calcara che quando nel ’91 iniziò a collaborare con la giustizia dichiarò un suo assai improbabile ruolo di uomo d’onore riservato a servizio di Francesco Messina Denaro. Calcara, autore di quelle che riteniamo ormai si possano tranquillamente definire autentici insulti alla logica e al buon senso (dai dieci miliardi consegnati a Marcinkus all’omicidio commesso alla presenza di Giulio Andreotti ecc) è la figura chiave di uno scempio della verità e della giustizia, funzionale a quel depistaggio messo in atto nel ’91 al fine di permettere a Matteo Messina Denaro di pianificare le stragi del ’92. Il presunto pentito, infatti, accusò diversi soggetti indicandoli come appartenenti a “Cosa Nostra”, guardandosi bene dal fare il nome di Matteo Messina Denaro. Tra i tanti accusati, talvolta innocenti, altre volte persone delle quali si conosceva già la caratura criminale, l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino. Nei giorni scorsi a seguito della testimonianza della pentita di mafia Giusi Vitale, ci eravamo posti delle domande in merito alla credibilità che Calcara acquisì presso la magistratura dopo l’uccisione del Giudice Paolo Borsellino, non riuscendo a spiegarci come nessun magistrato si fosse accorto che Calcara, il quale aveva accusato Antonio Vaccarino di far parte di “cosa nostra” (reato per il quale Vaccarino venne assolto e Calcara rinviato a giudizio per calunnia aggravata) aveva ottenuto la sua condanna per un traffico di sostanze stupefacenti che – come riportato nella sentenza dell’omicidio del giornalista Rostagno – aveva attribuito a tale Lucchese, lasciando del tutto estraneo Vaccarino, quando, da correo, patteggiò la propria pena. Un caso “stravagante” che potrebbe rientrare nella casistica degli errori giudiziari causati dall’approssimazione di chi chiamato a giudicare condannando un uomo ad anni di carcere, non si accorse che Calcara – così come scrivono i giudici nella sentenza Rostagno – “dimentico, forse, di queste propalazioni sul conto del Lucchese, nel prosieguo della sua deposizione il Calcara ha attribuito esattamente le stesse cose ad un altro personaggio da lui chiamato in causa, Tonino Vaccarino”. Il processo in corso a Caltanissetta, che vede imputato Matteo Messina Denaro per le stragi del ’92, ci offre lo spunto per scrivere di un altro “caso stravagante”. All’udienza del 18/09/2017, viene sentito nella qualità di teste il luogotenente Di Pietro Giovanni, in servizio al Comando Provinciale Carabinieri, Nucleo Investigativo Trapani, che a proposito dell’appartenenza di Antonio Vaccarino a “Cosa Nostra”, sul quale aveva svolto indagini, dichiara che nel ’93 il Vaccarino viene arrestato per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti sulla base delle dichiarazioni di un collaboratore di Giustizia, Vincenzo Calcara, venendo assolto dal reato per associazione mafiosa, ma condannato per traffico di stupefacenti, precisando che ne prima ne dopo l’assoluzione di Vaccarino, risultò mai un suo inserimento organico o comunque sia a una vicinanza a “Cosa Nostra”. Stravaganza del caso, nonostante l’esito delle indagini, Vaccarino venne condannato a diciotto anni di carcere (il pubblico ministero ne aveva chiesti ventiquattro) per associazione a delinquere di stampo mafioso. Successivamente, in appello, venne assolto dai reati di mafia. La domanda che sorge spontanea, è: ma l’esito delle indagini, l’accusa e il giudicante lo conoscevano? Come si possono chiedere ventiquattro anni di detenzione per una persona che dalle indagini risulta estraneo al reato contestato e come la si può condannare a diciotto anni? Tranne che la relazione del luogotenente Di Pietro non sia stata messa agli atti (perché?) viene da dar ragione a chi sostiene che la Giustizia muore ogni giorno nelle aule dei tribunali e che un’organizzazione di lavoro irrazionale, l’approssimazione con la quale talvolta viene amministrata la giustizia, danneggia – oltre il condannato-innocente – anche quella Magistratura che lavora seriamente senza cercare alcun palcoscenico mediatico. Ma torniamo all’udienza del processo a Matteo Messina Denaro, nel corso della quale il pubblico ministero chiede al teste Di Pietro di mostrare la relazione per poterla acquisire. L’importanza del documento, non poteva sfuggire al Vaccarino, che aveva subito una ingiusta condanna a diciotto anni, il quale tramite il proprio legale di fiducia, avvocato Giovanna Angelo, ne faceva richiedere copia alla cancelleria del tribunale. Nonostante dal verbale d’udienza risulti che la relazione è stata acquisita, nonostante pubblico ministero e giudici diano parere favorevole al rilascio della copia, agli atti della cancelleria del tribunale non v’è traccia. La spiegazione potrebbe essere quella che probabilmente il pubblico ministero,così come i giudici, dopo averla esaminata, abbiano ritenuto irrilevante il contenuto ai fini del processo contro Matteo Messina Denaro. Ma così non è per Vaccarino, che potrebbe dimostrare non solo l’infondatezza dell’accusa da parte di Calcara (tanto da essere stato assolto in appello) ma finanche che la condanna in primo grado fosse stata pronunciata senza alcun riscontro alle accuse, tanto che appartenenti alle forze dell’ordine, che sul caso avevano condotto indagini (e non ci riferiamo al solo Di Pietro) avevano escluso qualsiasi vicinanza dell’ex sindaco a “Cosa Nostra”. Per avere copia del documento acquisito e esaminato dai magistrati, l’avvocato Giovanna Angelo dovrà adesso produrre un’ulteriore richiesta alla procura. Sarà interessante conoscere la relazione di cui sopra, con l’esito delle indagini – che comunque già conosciamo grazie alla lettura del verbale d’udienza – per cercare di capire cosa possa avere indotto il pubblico ministero a chiedere ventiquattro anni di carcere, e la Corte a comminare, in primo grado, una pena detentiva a diciotto anni. Intanto, dopo una serie interminabile di post sulle pagine Facebook di Vincenzo Calcara, dopo la promessa di pubblicare video per denunciare fatti clamorosi (in realtà ne pubblicò tre – insignificanti visto che non aggiungevano nulla a quanto detto in precedenza – l’ultimo dei quali, peraltro ha anche rimosso da YouTube) da oltre un mese non scrive e non dice più nulla. Che gli abbiano fatto notare come l’andare a ruota libera ci abbia permesso di fare le pulci al cosiddetto pentito, portando a conoscenza dell’opinione pubblica fatti che potrebbero rimettere in discussione alcune sentenze? Fatte le dovute considerazioni, in virtù da quanto emerso in questi mesi, l’ipotesi che Vincenzo Calcara, consapevolmente o inconsapevolmente, sia stato strumento di un depistaggio ante stragi, appare tutt’altro che peregrina e se un domani, si aprisse questa maglia, pure la relazione del luogotenente Di Pietro acquisterebbe una nuova valenza anche nell’ambito di un ulteriore processo a Matteo Messina Denaro e a quanti si siano resi eventualmente complici di un depistaggio finalizzato a poter portare a termine, indisturbati, le stragi del ’92. “Calcara, perché Vaccarino?” Un’idea noi ce la siamo fatta e va al di là del solo depistaggio che favorì Matteo Messina Denaro. La stessa domanda, potrebbe oggi essere formulata in ben altre sedi nel tentativo di conoscere i retroscena di quelle propalazioni del pentito che portarono ad allontanare le attenzioni dallo stragista Matteo Messina Denaro, per concentrarle su soggetti a carico dei quali, come ribadito in aula dal luogotenente Di Pietro, non risultava alcun inserimento organico o comunque sia a una vicinanza a “Cosa Nostra”. Gian J Morici 11.11.2018 LA VALLE DEI TEMPLI
L’ex pentito Vincenzo Calcara condannato per diffamazione a ex sindaco Vaccarino Il giudice monocratico di Palermo Maria Ciringione ha condannato l’ex collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara a 700 euro di multa per diffamazione in danno dell’ex sindaco Dc di Castelvetrano Antonino Vaccarino. A quest’ultimo, inoltre, il giudice ha riconosciuto una risarcimento danni di 1500 euro. Calcara è stato condannato per uno dei due casi contestati, e cioè alcune frasi scritte, il l8 dicembre 2010, su facebook, mentre per le dichiarazioni rilasciate al giornalista Gianfranco Criscenti (che è stato assolto) e riportate in un articolo pubblicato dal Giornale di Sicilia il 23 dicembre 2010 è stato scagionato dall’accusa. A difendere Calcara è stato l’avvocato marsalese Antonio Consentino, che dopo la sentenza ha dichiarato: “Ci riteniamo soddisfatti per l’assoluzione ottenuta per il capo B, mentre per il capo A faremo appello, rinunciando alla prescrizione”. Il capo “A”, per il quale Calcara è stato condannato a 700 euro di multa e a un risarcimento danni a Vaccarino di 1500 euro (il pm aveva complessivamente chiesto un anno di reclusione e 500 euro di multa), è relativo alle frasi scritte dall’ex collaboratore di giustizia sul più popolare dei social network. Per l’accusa, la reputazione di Vaccarino fu offesa con espressioni quali “brutto vigliacco, prima di nominare il nome e cognome del Dr. Paolo Borsellino, ti devi sciacquare la bocca con l’acido muriatico, hai capito? …. perchè non vai a porta a porta ??? Magari a chiedere l’elemosina !!! dove sono andati a finire tutti i miliardi che hai guadagnato con la droga ? Chi sono i tuoi prestanome ? ….siete riusciti ad ingannare i Servizi Segreti mettendo in atto un bellissimo stratagemma di doppio gioco …. di quei Servizi Segreti deviati che in passato il VACCARINO ha avuto a che fare …. continua a beffarsi della società civile!! ….”. Nel capo B, invece, “per avere offeso la reputazione di VACCARINO Antonio, comunicando con piu persone tramite il mezzo della stampa e, nello specifico, per avere nell’ambito di una intervista telefonica rilasciata al giornalista del Giornale di Sicilia Gianfranco Criscenti, utilizzato nei confronti del VACCARINO le seguenti espressioni: Doppiogiochista, se davvero avesse lavorato per facilitare la cattura del boss, sarebbe già morto ….”. Nel processo, l’ex sindaco si è costituito parte civile, con gli avvocati Giovanni Gilletta e Giovanna Angelo. Il giornalista Criscenti – che non fu querelato da Vaccarino, ma fu il pm ad estendere l’accusa anche a lui per altre dichiarazioni pubblicate in un articolo in cui si presentava una conferenza in programma al Teatro Selinus e alla quale dovevano intervenire Calcara e l’ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia – è stato, invece, difeso dall’avvocato Gioacchino Sbacchi. Nell’udienza dello scorso 29 maggio, Vincenzo Calcara ha chiesto di rendere dichiarazioni spontanee per affermare che i fatti dai quali è scaturito il processo sono derivati da una reazione ad un’intervista rilasciata da Antonio Vaccarino il 13 giugno 2008 sull’inserto del GdS, Magazine, in cui l’ex sindaco affermava, fra l’altro, che Calcara era un falso pentito, di essersi prodigato per la cattura del boss latitante Matteo Messina Denaro attraverso un collaborazione con i servizi segreti, e metteva in discussione i buoni rapporti fra la famiglia del procuratore Paolo Borsellino e Calcara. 6.6.2018 TP24
“Hanno svelato un’indagine su Messina Denaro”. Agli arresti un ufficiale della Dia e un carabiniere L’accusa è di favoreggiamento alla mafia e accesso abusivo al sistema informatico. In manette anche l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino. Ombre sul ruolo di Mori “Svetonio”, al secolo Tonino Vaccarino, ex sindaco di Castelverano, è tornato in manette. L’alias Svetonio glielo aveva attribuito il boss latitante Matteo Messina Denaro all’epoca in cui Vaccarino, per incarico del Sisde del generale Mario Mori, intrattenne una corrispondenza con il capo mafia latitante, si dice all’insaputa di questi, sperando in una resa. Il boss, una volta scoperto il doppio gioco, le minacce non gliele mandò a dire. Stanotte i Ros hanno arrestato Vaccarino e con lui un colonnello della Dia, Marco Zappalà, e un appuntato dei Carabinieri in servizio a Castelvetrano, Giuseppe Barcellona. Indagini nell’ambito delle ricerche del latitante di Cosa nostra. Già l’indagine “Artemisia” dei Carabinieri sulla massoneria segreta trapanese, con l’arresto di tre poliziotti, aveva messo in luce incredibili lacerazioni nella rete calata dalle forze dell’ordine per la cattura del latitante, adesso questa operazione conferma come Matteo Messina Denaro avrebbe al suo servizio proprio alcuni di quegli investigatori che sulla carta sono impegnati nella sua cattura. Zappalà, Barcellona con Vaccarino sono accusati di essere state delle “talpe”, per aver passato notizie riservate a un mafioso trapanese dell’entourage del padrino ricercato. A firmare gli arresti il procuratore Lo Voi, l’aggiunto Guido, i pm Padova e Dessì, a firmare l’ordinanza il gip Morosini. Pesanti le accuse per tutti e tre, in particolare Barcellona, addetto alle intercettazioni, ne avrebbe svelato una in tempo reale. Le indagini poi su Vaccarino confermano quello che da tempo si sospettava sull’ex sindaco Vaccarino e cioè che lui incaricato dal Sisde di tenere una corrispondenza con Messina Denaro, di fatto avrebbe fatto il doppio gioco, e questa circostanza aprirebbe squarci anche sul vero ruolo del generale Mori, all’epoca capo dei servizi segreti civili. LA STAMPA 16.4.2019
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a cura di Claudio Ramaccini Direttore Centro Studi Sociali contro la mafia – Progetto San Francesco