Via D’Amelio, il pentito Avola si autoaccusa della strage

 

Il giornalista Gugliotta, che ha scritto un libro su di lui, “Ha deciso di liberarsi la coscienza, ma della ‘pista americana’ aveva già parlato il boss Costa nel 1994”. Probabili nuove rivelazioni

Roberto Gugliotta, il giornalista che con il collega Gianfranco Pensavalli scrisse nel 2008 il libro “Mi chiamo Maurizio sono un bravo ragazzo ho ucciso ottanta persone” dedicato al pentito catanese Avola, commenta così le ultime dichiarazioni di colui il quale si è autoaccusato, tra gli altri, dell’omicidio, nel 1984, di Giuseppe Fava.

Avola, che in luglio compirà sessant’anni, ha dichiarato: “Sono l’ultima persona che ha visto lo sguardo di Paolo Borsellino, prima di dare il segnale per fare quella maledetta esplosione. Mi accendo la sigaretta, lo guardo, mi soffermo, mi rigiro e faccio il segnale”.

Le sue dichiarazioni, rese alla Procura di Caltanissetta, fanno parte del libro del giornalista Michele Santoro, “Nient’altro che la verità” che sta per uscire e del quale sono state fornite delle anticipazioni.

La presenza di Avola a Palermo per l’uccisione di Paolo Borsellino e della sua scorta non era ancora emersa in sede di processi per la strage di Via D’Amelio e le sue dichiarazioni sono al vaglio della Dda Nissen

I mandanti, aveva raccontato Avola, appartenevano alla famiglia Gambino della Cosa nostra americana. Che mandò a Palermo un suo uomo d’onore esperto in esplosivi e telecomandi, per insegnare a lui (e a Giovanni Brusca) come maneggiare i congegni nuovi, l’esplosivo e i telecomandi che dovevano coprire una distanza di sei, settecento metri dal detonatore.

La finalità dei Gambino era quello di mandare un messaggio preciso ai giudici “amici” di Falcone e Borsellino che stavano processando la famiglia a New York.

Il pentito Gaspare Spatuzza, teste chiave del nuovo processo dopo la revisione di quello nato dalle dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino, non ha mai parlato della presenza di Avola sul luogo dell’attentato.

“Con me invece – racconta Gugliotta -, si scusò, dopo aver parlato della ‘pista americana’ davanti ai giudici nisseni, spiegando che non mi aveva riferito questi fatti quando lo avevo intervistato per il libro per evitare che potessi venire ucciso”.

“In realtà – spiega Gugliotta – io ero a conoscenza della ‘pista americana’ da tempo, visto che avevo intervistato il pentito messinese Gaetano Costa, ex capo della mafia peloritana noto per aver ucciso il suo rivale in carcere a coltellate, già nel 1994. Costa mi aveva detto che ‘il rumore delle bombe di Palermo doveva arrivare fino in America’”.

“E’ verosimile dunque – ha aggiunto Gugliotta – che, come dicevo, Maurizio Avola abbia deciso di liberarsi la coscienza. E questo potrebbe far luce anche su altri episodi ancora oscuri, come gli incontri a Catania tra Avola e Graviano. E poi il ruolo dell’uomo dei Gambino arrivato dall’America, un esperto di esplosivi che addestra Avola, al quale sarebbe stato affidato il compito di portare l’ordigno esplosivo”.

“Credo – conclude Gugliotta – che siano probabili nuove rivelazioni”. QDS 27.4.2021 – Giuseppe Lazzaro Danzuso

 

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