Audizione Liliana Ferraro in Commissione Parlamentre Antimafia

AUDIZIONI Liliana Ferraro in Commissione Parlamentare Antimafia

 

 


In questa audizione la dottoressa Liliana Ferraro riferisce dell’invio irrituale  di un atto giudiziario fatto da parte di Giammanco. Per ragioni tutt’oggi ignote, il Procuratore di Palermo inoltrò al ministero della Giustizia Martelli (ed ad altri organi dello Stato) l’informativa  mafia appalti coperta da segreto istruttorio, che era stata depositata il 16 febbraio 1991 in procura dal Ros. Giovanni Falcone, dispose che  tale documentazione fosse immediatamente restituita alla Procura di Palermo con una lettera di accompagnamento firmata dal ministro. 

 

16 febbraio 2011 “Mi racconto` che, da quando era andato via il dottor Falcone da Palermo, i rapporti con la procura erano diventati molto difficili. Con la morte del dottor Falcone evidentemente cadeva ogni speranza di qualche miglioramento. Anche lui, come Di Caprio, mi disse che da quel momento l’unico obiettivo nella vita era quello di catturare gli assassini di Giovanni Falcone. In proposito mi racconto` che aveva incontrato in aereo, nella tratta Roma-Palermo, il figlio di Vito Ciancimino, Massimo, da lui conosciuto in passato, non so se in occasione dell’arresto del padre o in qualche altra occasione. Mi disse che avevano pensato – io intesi lui e i suoi superiori – che vista la condanna inferta a Vito Ciancimino nel gennaio 1992 valeva forse la pena di tentare di verificare la disponibilita` di questi a collaborare con la giustizia. Aggiunse inoltre che, considerata la statura di Vito Ciancimino, definito non contiguo ma aderente a cosa nostra, forse era opportuno informare il ministro Martelli, per averne un sostegno politico. Io ri sposi che sicuramente avrei informato il Ministro, come peraltro era mi abitudine costante, ma che loro – intendendo con cio` il capitano e il raggruppamento del quale l’ufficiale faceva parte – dovevano immediatamente raccordarsi con l’autorita` giudiziaria che sola poteva valutare l’uti-
lita` di quella iniziativa. Dissi anche che per nostra fortuna alla procura di Palermo era finalmente arrivato il dottor Paolo Borsellino in qualita` di aggiunto. Era il miglior amico di Giovanni Falcone ed era anche quello che aveva sempre portato avanti con Giovanni tutte le indagini di mafia. Gli assicurai che anch’io avrei parlato con il dottor Borsellino al piu`presto. Cosa che feci una domenica che poi, dall’agenda del dottor Borsellino, e` risultata essere la domenica 28 giugno 1992, quando lo incontrai su sua richiesta all’aereoporto di Roma, proveniente da Bari, in compagnia della moglie Agnese che dopo la morte di Giovanni tentava di essergli sempre accanto. Grazie alla polizia e alle autorita` aeroportuali ci fu data la possibilita` di stare da soli in una saletta. Parlammo di molte cose e
io riferii a Paolo anche il contenuto della visita del capitano De Donno. Paolo non diede molta importanza a questo fatto e mi disse «ci penso io» o «me ne occupo io».
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Ritornati nella saletta, il dottor Borsellino mi fece altre domande sulle attivita` di Giovanni nell’ultimo periodo e volle che gli raccontassi cio ` che sapevo sulla cosiddetta indagine sugli appalti. Era un rapporto contenente spunti di attivita` investigativa in relazione a una rete di appalti in Sicilia che aveva diramazioni con grandi aziende anche sul continente e che, a giudizio del ROS che l’aveva redatto, se adeguatamente sviluppata avrebbe potuto portare all’accertamento delle attivita` economiche svolte da cosa nostra in Sicilia e nel resto del Paese. Questo rapporto era arrivato al ministro Martelli in plico sigillato inviato dal procuratore della Repubblica di Palermo. Il Ministro, come era sua abitudine per le questioni che riguardavano le attivita` degli uffici giudiziari in materia penale, lo aveva inviato immediatamente al dottor Falcone il quale era appena partito per Palermo per il fine settimana. Io lo avvertii dell’arrivo del plico ed egli mi prego ` di cominciare a leggerlo per capire quale provvedimento la procura della Repubblica di Palermo stesse chiedendo al Ministero. Poco tempo dopo– non piu ` di due ore il dottor Falcone mi richiamo ` e mi disse di risigillare immediatamente i faldoni pervenuti da Palermo e di predisporre una bozza di lettera a firma del Ministro per accompagnare la restituzione degli atti alla procura. Cosı` facemmo. Dopo quella domenica non ho piu ` incontrato di persona il dottor Borsellino, pur avendo con lui dei rapporti telefonici pressoche´ quotidiani. L’ho sentito l’ultima volta il sabato 18 luglio, in mattinata, allorche´ mi disse che nella settimana successiva avrebbe trovato comunque il tempo di venirmi a parlare, magari raggiungendomi a casa. Come ho riferito all’autorita` giudiziaria a Palermo, il capitano De Donno non mi parlo` affatto di «trattativa», ne´ io ebbi percezione alcuna che si stesse riferendo a qualcosa di diverso dal comune tentativo di convincere un appartenente all’organizzazione a collaborare, cosı` come previsto sto dalle norme sui collaboratori di giustizia. D’altra parte, a quanto mi e` parso di capire dalle notizie riportate dai giornali, anche il colonnello Mori raccontava ad altri rappresentanti delle istituzioni i tentativi che avevano avviato per indurre Vito Ciancimino a collaborare. L’avvocatessa Contri, all’epoca segretario generale di Palazzo Chigi, riferisce di aver appreso di queste iniziative sia il 22 luglio 1992, prima dei funerali di Paolo Borsellino, che il 28 dicembre dello stesso anno, quando Ciancimino era ormai detenuto.”

 


STRALCIO

…Dissi anche che per nostra fortuna alla procura di Palermo era finalmente arrivato il dottor Paolo Borsellino in qualita` di aggiunto. Era il miglior amico di Giovanni Falcone ed era anche quello che aveva sempre portato avanti con Giovanni tutte le indagini di mafia.

Gli assicurai che anch’io avrei parlato con il dottor Borsellino al piu` presto. Cosa che feci una domenica che poi, dall’agenda del dottor Borsellino, e` risultata essere la domenica 28 giugno 1992, quando lo incontrai su sua richiesta all’aereoporto di Roma, proveniente da Bari, in compagnia della moglie Agnese che dopo la morte di Giovanni tentava di essergli sempre accanto. Grazie alla polizia e alle autorita` aeroportuali ci fu data la possibilita` di stare da soli in una saletta. Parlammo di molte cose e io riferii a Paolo anche il contenuto della visita del capitano De Donno. Paolo non diede molta importanza a questo fatto e mi disse «ci penso io» o «me ne occupo io».

Nel tempo che passammo insieme all’aereoporto Paolo mi spiego` prima di tutto la ragione per la quale mi aveva chiesto d’incontrarlo e di andare con lui a Palermo: voleva parlarmi del caso Mutolo, che so essere gia` a conoscenza di questa Commissione perche ́ ne ha riferito il dottor Pierluigi Vigna. Gaspare Mutolo, detenuto per fatti di mafia, mesi prima aveva chiesto di parlare con il dottor Giovanni Falcone il quale aveva ritenuto di sentirlo ma si era fatto accompagnare dal dottor Sinisi, svolgendo egli funzioni amministrative. Il Mutolo dichiaro` di essere disponibile a collaborare con la giustizia ma chiedeva di farlo solo con il dottor Falcone, come era accaduto per Buscetta. Il dottor Falcone gli rispose che questo non era possibile ma aggiunse che avrebbe avvertito il Ministro della giustizia, il Ministro dell’interno e il capo della Polizia sollecitando questi ad affidare l’incarico a Gianni De Gennaro, mentre per la parte giudiziaria gli disse che lo avrebbe affidato completamente al dottor Borsellino. Questa e` la ragione per la quale Mutolo, come gia` detto dal dottor Vigna, si rifiutava di parlare con altri o in presenza di altri.

Il procuratore Giammanco, come ha gia` riferito il dottor Vigna alla Commissione, continuava tuttavia a respingere le richieste di Borsellino. Paolo mi spiego` che probabilmente se la stessa richiesta l’avessi formulata io al procuratore, considerato il mio ruolo al Ministero e la possibilita` che avevo di informare non solo il ministro Martelli ma anche il Ministro dell’interno, forse Giammanco si sarebbe convinto. Decisi di chiamare immediatamente  Palermo da una cabina telefonica nell’atrio dell’aeroporto, in quanto i cellulari non funzionavano, per avvertire il procuratore Giammanco che il giorno dopo avevo assolutamente bisogno di parlare con lui; cosa che feci l’indomani mattina trovando nel procuratore molta resistenza. Al termine di una lunga e vivace conversazione il procuratore passo` a una risposta piu` possibilista, ma da adottare qualche giorno dopo perche ́ aveva in corso, mi disse, una sorta di redistribuzione del lavoro tra i magistrati della procura.

Fu in occasione della telefonata dalla cabina dell’aereoporto che incontrammo, Paolo e io, alcune persone e l’allora Ministro della difesa Ando`. Ritornati nella saletta, il dottor Borsellino mi fece altre domande sulle attivita` di Giovanni nell’ultimo periodo e volle che gli raccontassi cio` che sapevo sulla cosiddetta indagine sugli appalti. Era un rapporto contenente spunti di attivita` investigativa in relazione a una rete di appalti in Sicilia che aveva diramazioni con grandi aziende anche sul continente e che, a giudizio del ROS che l’aveva redatto, se adeguatamente sviluppata avrebbe potuto portare all’accertamento delle attivita` economiche svolte da cosa nostra in Sicilia e nel resto del Paese.

Questo rapporto era arrivato al ministro Martelli in plico sigillato inviato dal procuratore della Repubblica di Palermo. Il Ministro, come era sua abitudine per le questioni che riguardavano le attivita` degli uffici giudiziari in materia penale, lo aveva inviato immediatamente al dottor Falcone il quale era appena partito per Palermo per il fine settimana. Io lo avvertii dell’arrivo del plico ed egli mi prego` di cominciare a leggerlo per capire quale provvedimento la procura della Repubblica di Palermo stesse chiedendo al Ministero. Poco tempo dopo – non piu` di due ore – il dottor Falcone mi richiamo` e mi disse di risigillare immediatamente i faldoni pervenuti da Palermo e di predisporre una bozza di lettera a firma del Ministro per accompagnare la restituzione degli atti alla procura. CosÌ facemmo.

Dopo quella domenica non ho piu` incontrato di persona il dottor Borsellino, pur avendo con lui dei rapporti telefonici pressoche ́ quotidiani. L’ho sentito l’ultima volta il sabato 18 luglio, in mattinata, allorche ́ mi disse che nella settimana successiva avrebbe trovato comunque il tempo di venirmi a parlare, magari raggiungendomi a casa.

Come ho riferito all’autorita` giudiziaria a Palermo, il capitano De Donno non mi parlo` affatto di «trattativa», ne ́ io ebbi percezione alcuna che si stesse riferendo a qualcosa di diverso dal comune tentativo di con- vincere un appartenente all’organizzazione a collaborare, così come previsto dalle norme sui collaboratori di giustizia. D’altra parte, a quanto mi e` parso di capire dalle notizie riportate dai giornali, anche il colonnello Mori raccontava ad altri rappresentanti delle istituzioni i tentativi che avevano avviato per indurre Vito Ciancimino a collaborare. L’avvocatessa Contri, all’epoca segretario generale di Palazzo Chigi, riferisce di aver appreso di queste iniziative sia il 22 luglio 1992, prima dei funerali di Paolo Borsellino, che il 28 dicembre dello stesso anno, quando Ciancimino era ormai detenuto.

Per quanto riguarda il colloquio tra me e il capitano De Donno  Come ho riferito all’autorita` giudiziaria a Palermo, il capitano De Donno non mi parlo` affatto di «trattativa», ne ́ io ebbi percezione alcuna che si stesse riferendo a qualcosa di diverso dal comune tentativo di con- vincere un appartenente all’organizzazione a collaborare, così come previsto dalle norme sui collaboratori di giustizia. D’altra parte, a quanto mi e` parso di capire dalle notizie riportate dai giornali, anche il colonnello Mori raccontava ad altri rappresentanti delle istituzioni i tentativi che avevano avviato per indurre Vito Ciancimino a collaborare. L’avvocatessa Contri, all’epoca segretario generale di Palazzo Chigi, riferisce di aver appreso di queste iniziative sia il 22 luglio 1992, prima dei funerali di Paolo Bor- sellino, che il 28 dicembre dello stesso anno, quando Ciancimino era ormai detenuto.

Per quanto riguarda il colloquio tra me e il capitano De Donno e la richiesta di questi di informare il ministro Martelli, la circostanza fu da me interpretata come una sorta di captatio benevolenti e considerati i rapporti difficili dei carabinieri del ROS con lo stesso Ministro. Quest’ultimo avrebbe voluto che del contrasto alla mafia si occupasse esclusivamente la DIA, struttura da lui voluta appositamente a questo fine e che doveva diventare una sorta di FBI sul modello statunitense. Ovviamente gli altri Corpi di polizia – che nel frattempo avevano istituito lo SCO, il ROS e il GICO – non erano d’accordo e quelli che maggiormente manifestavano il loro dissenso, in tutte le sedi e in tutti i modi, erano proprio i carabinieri del ROS. Ricordo che per cercare di rendere meno conflittuale la situazione il dottor Falcone chiese al generale Tavormina, appena nominato di- rettore della DIA, di organizzare una colazione con i carabinieri alla quale partecipammo anche il dottor Sinisi e io.