SALVATORE CUFFARO

CUFFARO e le elezioni in Sicilia

 

 

Doppio gioco – Le talpe dell’antimafia. Questo sensazionale docFilm,  ricostruisce l’ indagine dei R.O.S. che, fra gli altri, portò a processo e fino alla condanna definitiva Totò Cuffaro, l’ ex presidente della Regione Sicilia. Oltre a contenere moltissime intercettazioni e filmati originali, mostra come la mafia è in grado di insinuarsi nella società civile. Nell’indagine,  il Maresciallo della GdF nella DIA di Palermo Giuseppe “Pippo” Ciuro ha un ruolo centrale. Ciuro, si preoccupava di indagare per poi informare il boss della sanità Ajello, anche dell’ attività dello S.C.O. che, come dice al Maresciallo Giorgio Riolo (l’ altra talpa), “… perchè questi li piazzano senza dire niente a nessuno…” [microspie e telecamere – n.d.r.].  Infine, l’ annotazione più importante: quest’ indagine ha permesso di abbattere i costi dell’ assistenza sanitaria in Sicilia “… con un risparmio per le casse regionali di molti, molti milioni di euro…” (Michele Prestipino – Sostituto Procuratore – di Palermo ed ora Procuratore della Repubblica di Roma)


 

Da Wikipedia,

Salvatore Cuffaro, detto Totò (Raffadali21 febbraio 1958), è un ex politico italiano, senatore e Presidente della Regione Siciliana dal 17 luglio 2001 al 18 gennaio 2008.

È stato condannato definitivamente a sette anni di reclusione per favoreggiamento personale verso persone appartenenti a Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio. Recluso nel carcere romano di Rebibbia dal 22 gennaio 2011, è stato scarcerato il 13 dicembre 2015[2].

È sposato con Giacoma Chiarelli, medico e imprenditrice agricola[3] e padre di due figli. Ha due fratelli minori: Giuseppe (imprenditore) e Silvio Marcello Maria (dipendente regionale, dal 2007 al 2012 e, nuovamente, dal 2015 sindaco di Raffadali)[4]. Alle medie e alle superiori ha studiato presso i Salesiani del collegio “Don Bosco Sampolo” di Palermo. Negli anni ottanta ha fatto parte del Consiglio di Facoltà e del Consiglio di amministrazione dell’Università degli Studi di Palermo in rappresentanza degli studenti e il 6 novembre 1982 si è laureato in Medicina e chirurgia con votazione di 110 e lode[5]. È poi stato ufficiale medico di complemento alla caserma Cascino di Palermo. Dopo aver ottenuto la specializzazione in radiologia nel 1987, ha partecipato alla fondazione del “Centro siciliano Don Luigi Sturzo”. Nel 1989 viene assunto all’Ispettorato regionale alla Sanità e nel 1991, dopo essere stato per la prima volta eletto all’Assemblea Regionale Siciliana, va in aspettativa. È stato soprannominato da alcuni giornalisti “Totò vasa vasa” (“bacia bacia” in siciliano) per la sua abitudine di salutare tutti quelli che incontra con due baci sulla guancia[6].

Gli inizi in politica

Da studente ha aderito alla Democrazia Cristiana, di cui è stato delegato regionale del movimento giovanile e dirigente organizzativo in Sicilia. Nel 1980 è stato eletto consigliere comunale di Raffadali, dove ha rivestito il ruolo di capogruppo. Nel 1990 viene eletto consigliere del Comune di Palermo nelle file della DC, secondo degli eletti dopo Leoluca Orlando[7]. A seguito delle elezioni regionali del 16 giugno 1991, con una buona affermazione personale (79.970 voti di preferenza su 287.166 della lista DC), diviene deputato del collegio di Palermo all’Assemblea Regionale Siciliana.
In quella legislatura è stato componente della Commissione attività produttive e vice presidente della Commissione regionale antimafia.
Il 26 settembre 1991 Cuffaro, all’epoca deputato regionale, intervenne ad una puntata speciale della trasmissione televisiva Samarcanda condotta da Michele Santoro dal Teatro Biondo di Palermo in collegamento con il Maurizio Costanzo Show e dedicata alla commemorazione dell’imprenditore Libero Grassi, ucciso dalla mafia. In quella occasione, Cuffaro – presente tra il pubblico – si scagliò con veemenza contro conduttori ed intervistati, sostenendo come le iniziative portate avanti da un certo tipo di “giornalismo mafioso” fossero degne dell’attività mafiosa vera e propria tanto criticata, e comunque lesive della dignità della Sicilia. Giovanni Falcone, presente in trasmissione, fece cenno a Maurizio Costanzo di non conoscerlo, mentre Cuffaro parlò di certa magistratura (riferendosi all’allora sostituto procuratore di Trapani Francesco Taurisano) “che mette a repentaglio e delegittima la classe dirigente siciliana”, con chiaro riferimento a Calogero Mannino, in quel momento uno dei politici più influenti della Dc.[8] Nel 2009, un video disponibile su YouTube dal titolo “Totò Cuffaro aggredisce Giovanni Falcone”, ha riportato questo fatto all’attenzione dell’opinione pubblica e riceve quasi 5000 commenti di biasimo, fra i quali gravi insulti e minacce di morte. Nell’ottobre 2009 Cuffaro ha denunciato per “diffamazione e minacce” gli autori di questi commenti YouTube[9]. Sempre nel 2009, Antonio Di Pietro, dal suo blog, ha accusato Cuffaro di aver screditato Giovanni Falcone nel corso di questa celeberrima staffetta televisiva. Il 10 aprile 2013, Cuffaro ha ottenuto dal Tribunale Civile di Palermo la condanna al risarcimento del danno per diffamazione del leader di IDVAntonio Di Pietro. Tribunale, con sentenza n. 1742/2013 ha accertato che Cuffaro non aveva detto nulla contro Falcone e che il video presente su YouTube “Totò Cuffaro aggredisce Giovanni Falcone”, al quale si era riferito Di Pietro, proiettato per anni anche nelle scuole e nelle università come educazione antimafia, fosse, in realtà, una grossolana falsificazione.
Con la temporanea uscita dalla scena politica di Mannino per problemi giudiziari (accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e successivamente assolto)[10], Cuffaro, da sempre vicino alle sue posizioni politiche, gli subentra in ruoli di primo piano nel partito in Sicilia.
Lascia il Partito Popolare Italiano, seguendo Rocco Buttiglione, e viene rieletto nel 1996 deputato all’Assemblea regionale siciliana (15.988 voti di preferenza su 61.367) nella lista dei Cristiani Democratici Uniti (CDU), il nuovo partito di Buttiglione, nato dopo la scissione avvenuta nel PPI, il partito che riprese l’eredità della Democrazia Cristiana.
Dopo i primi due governi di centro destra (presidenti Provenzano e Drago), partecipa al 52° e al 53º governo regionale, guidati dal DS Angelo Capodicasa, con una coalizione di centrosinistra. Aveva, infatti, abbandonato il CDU nel 1998, per aderire all’UDEUR di Clemente Mastella, partito con cui si candida alle elezioni europee del 1999, ottenendo 89.471 voti (risulta il candidato dell’UDEUR più votato in Italia, pur non ottenendo il seggio). Nel 1998, buona parte del CDU e del Centro Cristiano Democratico in Sicilia era confluita nell’UDEUR, determinando il “ribaltino” e la sostituzione del presidente della regione Giuseppe Drago alla guida di una giunta di centrodestra, con Capodicasa. Nella XIII legislatura infatti Cuffaro, ha rivestito la carica di Assessore Regionale all’Agricoltura e le Foreste nei cinque governi regionali, dal 50° al 54° durante la Giunta Provenzano di centrodestra (1996-1998), la I e II Giunta Drago di centrodestra (1998), la I e II Giunta Capodicasa di centrosinistra (1998-2000) e durante la Giunta Leanza di centrodestra (2000-2001).

Presidente della Regione

La caduta del secondo governo Capodicasa, nel 2000, determina il suo ritorno nel centrodestra e nel CDU, con l’appoggio del governo presieduto da Vincenzo Leanza, sempre come assessore all’agricoltura. Scelto dai leader siciliani del centro destra Gianfranco Micciché e Guido Lo Porto come candidato presidente della coalizione di centrodestra nella prima elezione diretta del presidente del governo regionale (che lo preferirono a Nello Musumeci), il 17 luglio 2001, è risultato eletto con il 59% dei voti, battendo altri due candidati accomunati dalla comune provenienza democristiana: Leoluca Orlando (37%) e Sergio D’Antoni (4%). Viene nominato Commissario straordinario per l’emergenza idrica e di Commissario delegato per l’emergenza rifiuti, il che gli permette di occuparsi della riorganizzazione del sistema degli acquedotti, facendo sequestrare numerosi pozzi privati e della predisposizione del piano energetico. Con il CDU ha partecipato alla fondazione dell’Unione dei Democratici Cristiani e Democratici di Centro (UDC), che ha unito a livello nazionale partiti che si richiamavano alla Democrazia Cristiana e che erano favorevoli a un’alleanza all’interno della coalizione di Silvio Berlusconi.
Eletto nell’Elezioni europee del 2004 come capolista dell’UDC nella circoscrizione Isole, ha rinunciato al seggio in favore del primo dei non eletti, Raffaele Lombardo. Nel 2005 è stato nominato vicesegretario nazionale dell’UDC, quando Lorenzo Cesa è subentrato a Marco Follini nella carica di segretario nazionale. È stato rieletto presidente della Regione il 28 maggio 2006, come candidato del centrodestra e del Movimento per l’Autonomia, battendo la candidata del centrosinistra Rita Borsellino, sua principale avversaria, con il 53% contro il 41,6%.
Cuffaro è stato eletto Presidente della Regione Siciliana dal 17 luglio 2001 (proclamato in data 20 luglio 2001) al 27 maggio 2006 nel primo mandato. L’articolo 9 dello Statuto speciale siciliano dal 2001 concede al Presidente regionale il potere di nominare e revocare gli Assessori da preporre ai singoli rami dell’Amministrazione regionale. Le prime nomine sono state effettuate il 21 luglio 2001. Questo Governo ha subito un unico grande rimpasto nel 2004 dopo le elezioni europee. [11]
Cuffaro è stato ri-eletto Presidente della Regione Siciliana dal 28 maggio 2006 (proclamato in data 10 luglio 2006) al 18 gennaio 2008 nel secondo mandato consecutivo, quando si dimette anticipatamente determinando la fine prematura della XIV legislatura, la prima nella storia siciliana a concludersi prima della naturale scadenza. L’articolo 9 dello Statuto speciale siciliano dal 2001 dà al Presidente regionale il potere di nominare e revocare gli Assessori da preporre ai singoli rami dell’Amministrazione regionale. Le prime nomine sono state effettuate il 13 luglio 2006. Questo Governo non ha subito alcun rimpasto rimanendo intatto per tutta la XIV legislatura anche dopo le dimissioni anticipate di Cuffaro. [12]

Le dimissioni  Dopo meno di due anni dalla seconda elezione, il 26 gennaio 2008, si dimette dinanzi all’Ars dalla carica di presidente della Regione siciliana, dopo la condanna in primo grado a 5 anni ed all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per i reati di favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio, dopo giorni di pressioni da parte dell’opinione pubblica. Il 28 gennaio, delega le funzioni di Presidente della Regione al vice presidente Nicola Leanza. Il 30 gennaio è però stato sospeso da deputato regionale con decreto del Presidente del Consiglio (in forza della legge 55/1990) a decorrere dal 18 gennaio. Nulli quindi tutti gli atti compiuti dopo quella data. Il 1º febbraio il Governo regionale solleva un conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale per la sua sospensione. Il 22 ottobre 2008 la Corte Costituzionale dichiara il ricorso non fondato, confermando la sospensione a decorrere dal 18 gennaio e dichiarando nulli gli atti firmati successivamente a quella data.
Nel febbraio dello stesso anno, Cuffaro viene nominato da Cesa commissario straordinario dell’UDC di Catania, dato che il precedente segretario provinciale ha abbandonato il movimento per aderire al Popolo della Libertà[13]. In vista delle elezioni politiche del 2008Pier Ferdinando Casini definisce Cuffaro un “perseguitato politico” ed annuncia che egli sarà candidato alle consultazioni nazionali, violando dunque la promessa, in campagna elettorale, di non candidatura per chi avesse subito condanne[14].

Senatore della Repubblica

Il 9 aprile 2006, è stato eletto Senatore della Repubblica, come capolista dell’UDC nella circoscrizione Sicilia, ma si è dimesso il 24 luglio successivo, vista l’incompatibilità con la carica di presidente della Regione Siciliana.
Il 13 aprile 2008 è stato nuovamente eletto Senatore nel collegio Sicilia, nella lista UDC, aderendo al sottogruppo Udc, all’interno del gruppo Udc-SVP, Io Sud, Autonomie[15]. Dal 24 febbraio 2009 è membro della Commissione di Vigilanza Rai.
Raffaele Lombardo, successore di Cuffaro alla Presidenza della Regione Siciliana, durante la seduta dell’Assemblea Regionale Siciliana del 13 aprile 2010 ha denunciato un patto tra l’ex governatore e alcuni ambienti mafiosi per la costruzione di quattro termovalorizzatori in Sicilia[16]. Nell’ottobre 2010 lascia l’UDC assieme a un gruppo di Parlamentari siciliani ed è tra i fondatori de I Popolari di Italia Domani.
Gli scissionisti abbandonano quindi il ruolo di opposizione, per il quale erano stati eletti nell’UDC, e si schierano a sostegno della maggioranza parlamentare di centrodestra di Silvio Berlusconi; come primo atto votano favorevolmente la fiducia al Governo Berlusconi. Tuttavia Cuffaro non formalizza il cambiamento restando nel gruppo parlamentare dell’UDC; inoltre preferisce non presenziare agli appuntamenti pubblici del nuovo Partito, per via dei suoi guai giudiziari[17]. A seguito della condanna definitiva, il 2 febbraio 2011 il Senato della Repubblica accoglie le sue dimissioni da parlamentare con 230 voti favorevoli, 25 contrari e 17 astenuti. Al suo posto è subentrata la trapanese Maria Pia Castiglione, candidata nella lista dell’Udc e poi passata, come Cuffaro, ai Popolari di Italia Domani.
A seguito della condanna definitiva del 22 gennaio 2011, l’amministrazione regionale lo ha licenziato, come previsto dalla legge per i dipendenti che sono condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Lo stesso giorno si costituisce a Rebibbia.

Dopo la detenzione

Iscritto ai Radicali Italiani dal 2014,[18], viene scarcerato in anticipo nel dicembre 2015 e nel settembre 2016 partecipa al 40º Congresso straordinario del Partito Radicale Transnazionale, che si tiene a Rebibbia.
Il 25 gennaio 2017 si laurea in Giurisprudenza presso la facoltà della Sapienza di Roma con una tesi sul sovraffollamento delle carceri.
Proprietario con la moglie di una azienda vinicola di 70 ettari all’interno della Sicilia, la “Tenuta Cuffaro”[19], al Vinitaly 2018 di Verona presenta i suoi vini[20].
Nell’ottobre del 2020 aderisce alla rinata Democrazia Cristiana conosciuta come Democrazia Cristiana Nuova.[21][22][23][24]
il 6 marzo 2022 inaugura la sede della segreteria della DC nuova a Partinico [25] e in vista delle comunali di giugno presenta una lista a Messina e una a Palermo a sostegno dei candidati del centro-destra Maurizio Croce e Roberto Lagalla.

I procedimenti giudiziari penali e civili

Durante la sua prima presidenza alla Regione Siciliana Cuffaro è entrato, nel giugno 2003, insieme ad altri, nel registro degli indagati per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta sui rapporti tra il clan di Brancaccio e ambienti della politica locale[26]. Con gli elementi raccolti, gli inquirenti ritengono che, attraverso Antonio Borzacchelli e Domenico Miceli (detto Mimmo, precedentemente assessore alla Sanità al Comune di Palermo, appartenente all’UDC e molto legato a Cuffaro) e grazie alle talpe presenti nella direzione distrettuale antimafia di Palermo, Cuffaro abbia informato Giuseppe Guttadauro, boss mafioso ma anche collega medico di Miceli all’Ospedale Civico di Palermo, e Michele Aiello, importante imprenditore siciliano nel settore della sanità, indagato per associazione mafiosa, di notizie riservate legate alle indagini in corso che li vede coinvolti.
Nel settembre del 2005, Cuffaro per questi fatti, negati dall’interessato, è stato rinviato a giudizio per favoreggiamento aggravato alla Mafia e rivelazione di notizie coperte da segreto istruttorio, mentre non è stata accolta l’accusa di concorso esterno. Secondo il GUP è accertato che abbia fornito all’imprenditore Aiello informazioni fondamentali per sviare le indagini, grazie a una fonte non ancora nota, incontrandolo da solo in circostanze sospette, riferendo che le due talpe che gli fornivano informazioni sulle indagini che lo riguardavano erano state scoperte. Nell’incontro, anche una discussione riguardante l’approvazione del tariffario regionale da applicarsi alle società di diagnosi medica posseduta dall’imprenditore. Aiello ha ammesso entrambi i fatti, Cuffaro afferma soltanto che si sia discusso delle tariffe.
Il GUP ipotizza inoltre che il mafioso Guttadauro sia venuto a conoscenza da Cuffaro delle microspie, in funzione del suo rapporto con Aiello, sempre per via del contatto con i due marescialli corrotti, in servizio ai nuclei di polizia giudiziaria della Procura di Palermo, uno dei quali è stato l’autore del piazzamento delle microspie. Secondo una perizia ordinata dal tribunale nel corso del processo a Miceli, nei momenti in cui si è scoperta a casa di Guttadauro la microspia, sarebbero state confermate le testimonianze secondo le quali la moglie del boss mafioso ha dato merito a Totò Cuffaro del ritrovamento[27].
Nel dicembre 2006, Miceli è stato condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa[28], condanna confermata in appello il 16 ottobre 2008, con pena ridotta a sei anni e mezzo[29]. Il 15 ottobre 2007 il procuratore aggiunto del processo a Cuffaro, Giuseppe Pignatone, ha chiesto 8 anni di reclusione per il presidente della Regione Siciliana, per quanto riguarda i seguenti capi d’imputazione:

  1. favoreggiamento a Cosa Nostra
  2. rivelazione di segreto d’ufficio[30]

Il 18 gennaio 2008 Cuffaro viene dichiarato colpevole di favoreggiamento semplice nel processo di primo grado per le ‘talpe’ alla Dda di Palermo. La sentenza di primo grado condanna Cuffaro a 5 anni di reclusione nonché all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Cuffaro assiste alla lettura della sentenza nell’aula bunker di Pagliarelli e dichiara immediatamente di non essere intenzionato ad abbandonare il suo ruolo di presidente della Regione Siciliana. Nel frattempo, la pubblicazione di una serie di foto che lo ritraggono con un vassoio di cannoli, mentre apparentemente festeggia per non essere stato condannato per favoreggiamento della mafia[31], provoca un grande imbarazzo[32].
Il 24 gennaio 2008 l’Assemblea regionale siciliana respinge la mozione di sfiducia (53 voti contro 32) presentata dal centrosinistra[33]. Nonostante il voto di fiducia del Parlamento siciliano, Cuffaro si dimette due giorni dopo, nel corso di una seduta straordinaria dell’Assemblea[34]. Il processo d’appello è iniziato il 15 maggio 2009 alla terza sezione della Corte d’appello di Palermo.[35] È inoltre accusato dal pentito di mafia Massimo Ciancimino (figlio dell’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino) di aver intascato tangenti. Per questo è iscritto nel registro degli indagati della DDA di Palermo per concorso in corruzione aggravata dal favoreggiamento di Cosa Nostra assieme ai politici dell’Udc Saverio Romano e Salvatore Cintola e del Pdl Carlo Vizzini[36].
La condanna all’interdizione perpetua dai pubblici uffici non gli impedisce di sedere in Parlamento come Senatore nelle file dell’UDC.
Nell’ottobre del 2009 il pentito Gaspare Romano, imprenditore condannato per aver favoreggiato Giovanni Brusca, accusa Cuffaro di aver partecipato ad un pranzo con i mafiosi Santino Di Matteo, uno degli assassini di Giovanni Falcone, ed Emanuele Brusca, fratello di Giovanni[37]. Alle dichiarazioni di Romano, tuttavia, non fecero seguito riscontri.
Nello stesso periodo gli perviene un nuovo avviso di conclusione delle indagini per concorso esterno in associazione mafiosa, fatto che presuppone un nuovo rinvio a giudizio. La Magistratura presume che Cuffaro sia stato sostenuto elettoralmente dalla mafia sin dall’inizio degli anni novanta e che perciò sia a disposizione delle cosche[38].

Il 23 gennaio 2010 la Corte d’Appello di Palermo condanna Cuffaro a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato nel processo ‘talpe alla DDA‘. Rispetto alla sentenza di primo grado la pena è stata inasprita di ulteriori due anni, con l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra. Dopo la sentenza Cuffaro ha annunciato di lasciare ogni incarico di partito e di voler ricorrere alla Corte di cassazione.[39][40]. Nel giugno 2010 la Procura della Repubblica di Palermo dispone una indagine sul patrimonio di Cuffaro, per accertare una eventuale sproporzione tra il patrimonio dell’ex presidente e il reddito dichiarato[41].
Il 28 giugno 2010 i pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene hanno chiesto la condanna a 10 anni di reclusione per Cuffaro, imputato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa in un altro processo con rito abbreviato noto come «Cuffaro bis». Tra le vicende al centro di questo ulteriore processo, quella delle candidature di Mimmo Miceli e Giuseppe Acanto, detto Piero, nelle liste del Cdu e del Biancofiore alle elezioni regionali del 2001. Entrambi, secondo l’accusa, furono sponsorizzati da Cosa nostra e Cuffaro per questo motivo li accettò come candidati nelle liste a lui collegate. La richiesta di pena tiene conto dello sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato[42]. Il 22 gennaio 2011[43][44] la Corte di cassazione conferma in via definitiva la condanna 7 anni di reclusione inflittagli l’anno prima dalla Corte di Appello di Palermo, nonostante la richiesta di eliminazione dell’aggravante mafiosa da parte del procuratore generale.
Il giorno stesso Cuffaro si costituisce[45] e viene rinchiuso nel carcere romano di Rebibbia, proclamandosi innocente e vittima della mafia pur ammettendo di aver commesso errori.[46][47]
Il successivo 2 febbraio il Senato della Repubblica accoglie le sue dimissioni da parlamentare con 230 voti favorevoli, 25 contrari e 17 astenuti[48][49]. Nelle motivazioni della sentenza i giudici della Cassazione dichiarano provato «l’accordo politico-mafioso tra il capo-mandamento Giuseppe Guttadauro e l’uomo politico Salvatore Cuffaro, e la consapevolezza di quest’ultimo di agevolare l’associazione mafiosa, inserendo nella lista elettorale per le elezioni siciliane del 2001 persone gradite ai boss e rivelando, in più occasioni, a personaggi mafiosi l’esistenza di indagini in corso nei loro confronti»[50][51].

Il 16 febbraio 2011 il giudice dell’udienza preliminare al termine del rito abbreviato del secondo processo di Cuffaro, per concorso esterno in associazione mafiosa, pronuncia sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell’ex Presidente della Regione Siciliana perché per gli stessi reati è già stato giudicato[52]. La sentenza viene confermata in appello nel giugno 2012 per “Ne bis in idem[53]. Nonostante ciò la Procura ricorre in Cassazione, dove, per la terza volte su tre gradi di giudizio, viene affermata la sussistenza del Ne bis in idem, con il conseguente proscioglimento di Salvatore Cuffaro. A seguito della condanna definitiva, nel maggio 2011 viene licenziato dalla Regione Siciliana dove nel 1989 era stato assunto dall’Ispettorato regionale alla Sanità ed era in aspettativa dal 1991[54]. Nei giorni successivi arriva anche il provvedimento di radiazione dall’Ordine dei medici[55].
Il 28 ottobre 2011 i legali di Cuffaro rendono noto di aver presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo istanze di revisione del processo in cui è stato condannato in Cassazione e del processo definito “Talpe alla DDA“.[56].
Il 10 aprile 2013, Cuffaro ottiene dal Tribunale Civile di Palermo la condanna al risarcimento del danno per diffamazione del leader di IDV, Antonio Di Pietro. Questi, nel 2009, dal suo blog, aveva accusato Cuffaro di aver screditato Giovanni Falcone nel corso della celeberrima staffetta televisiva tra il Maurizio Costanzo Show e Samarcanda del 26 settembre 1991. Il Tribunale, con sentenza n. 1742/2013, ha accertato che Cuffaro non aveva detto nulla contro Falcone e che il video presente su YouTube “Totò Cuffaro aggredisce Giovanni Falcone”, al quale si era riferito Di Pietro, proiettato per anni anche nelle scuole e nelle università come educazione antimafia, fosse, in realtà, una grossolana falsificazione.[57] Sempre nel 2013, il Tribunale di Palermo condanna la E-polis S.p.A., società editrice del quotidiano “E-polis”, ed il direttore della testata, Vincenzo Cirillo, a risarcire Cuffaro con la somma di 25000,00 €, (oltre alla pubblicazione della sentenza su due quotidiani ed al pagamento delle spese legali) per aver pubblicato, nel 2009, un articolo il cui titolo lasciava credere falsamente che Cuffaro avesse fatto parte di un sistema teso a favorire illecitamente le cliniche di proprietà di Michele Aiello.[58]
Il 20 dicembre 2013 il tribunale di sorveglianza di Roma respinge la sua richiesta di essere affidato ai servizi sociali, nonostante la Procura Generale si fosse pronunciata a favore della scarcerazione[59].
Il 13 gennaio 2014 la società editrice del Daily Telegraph, nel corso di un procedimento di conciliazione in materia di diffamazione a mezzo stampa, decide di risarcire Cuffaro a causa di un articolo pubblicato sul quotidiano londinese, dove si affermava erroneamente che Cuffaro avesse aggredito Giovanni Falcone nella trasmissione Samarcanda[60]. Sempre con riferimento al medesimo episodio, un giovane blogger, nel maggio 2014, ha diffuso una lettera in cui ha chiesto scusa pubblicamente a Salvatore Cuffaro per averlo accusato ingiustamente di aver aggredito Giovanni Falcone[61].
Nel novembre 2014, Cuffaro viene condannato in primo grado per diffamazione nei confronti dell’ex-pm Antonio Ingroia.[62] La sentenza tuttavia viene sospesa dalla Corte di Appello di Caltanissetta alla prima udienza del giudizio di appello.[senza fonte]
In seguito alla riduzione della pena (indulto di un anno per i reati “non ostativi”, quello riguardante la rivelazione di segreti di ufficio, e sconto di 45 giorni ogni sei mesi per buona condotta) sconta 4 anni, 10 mesi e 20 giorni, e il 13 dicembre 2015[2] esce dal carcere di Rebibbia.
Nel maggio del 2017, il Tribunale di Palermo ha condannato la società editrice de “Il Fatto Quotidiano” e la giornalista Sandra Amurri a risarcire per diffamazione Cuffaro, per aver inserito nel testo di una intervista a Maria Antonietta Aula, ex moglie di Antonio D’Alì, una falsa notizia su una inesistente partecipazione dell’ex presidente della Regione Siciliana al matrimonio della sorella di Matteo Messina Denaro, Rosalia, con Filippo Guttadauro.[63]
La Corte di Appello di Caltanissetta, nel gennaio 2019, ha condannato la società editrice GEDI S.p.A. a risarcire Cuffaro con 50.000,00 euro, oltre le spese legali di tutti i gradi del giudizio. La sentenza ha stabilito che non è possibile accostare l’immagine di Salvatore Cuffaro a quella di Bernardo Provenzano.[64]
Il 27 luglio 2021, la Corte di Appello conferma la sentenza del Tribunale di Palermo che aveva condannato l’ex PM Antonio Di Pietro per diffamazione nei confronti di Salvatore Cuffaro. La sentenza ha accertato che Cuffaro nel 1991 non si era scagliato contro Falcone e la Magistratura, ma soltanto contro il dott. Taurisano.[65]

Pubblicazioni

  • Il coraggio della politica. Mezzogiorno, Federalismo, DemocraziaRubbettino, 2003
  • Il candore delle cornacchie, Guerini e associati, 2012
  • Le carezze della nenia, Guerini e associati, 2014
  • L’uomo è un mendicante che crede di essere un re, Aliberti compagnia editoriale, 2015
  • La figlia delle monache. Rosa Gemma, Spazio Cultura, 2017

Onorificen

 

Compagno Onorario con Stella dell’Ordine Nazionale al Merito (Malta)

   

Insignito dall’Ordine Costantiniano di San Giorgio[66]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^Totò Cuffaro rilanca sui social la Democrazia Cristiana, su it.
  2. ^Salta a:a b Totò Cuffaro esce da carcere di Rebibbia: «Bello respirare la libertà», in Corriere della Sera, 13 dicembre 2015. URL consultato il 13 dicembre 2015.
  3. ^Peter GomezMarco LilloIn cantina c’è Cuffaro, in l’Espresso, 1º aprile 2008. URL consultato il 16 aprile 2013.
  4. ^Sergio RizzoSoldi pubblici ai governati. E al governatore, in Corriere della Sera, 10 febbraio 2003, p. 4. URL consultato il 16 aprile 2013 (archiviato dall’url originale il 1º novembre 2013).
  5. ^Foresta, 2006, pag.38.
  6. ^Totò Cuffaro. Totò, Peppino e la Malapolitica, su it. URL consultato il 4 ottobre 2009.
  7. ^Foresta, 2006, pag.73.
  8. ^Il video su YouTube[collegamento interrotto] e Mannino non è mafioso e il caso viene archiviato su la Repubblica del 12 ottobre 1991, pagina 6.
  9. ^Di Pietro difende gli utenti denunciati da Cuffaro, in it, 23 ottobre 2009. URL consultato il 23 ottobre 2009.
  10. ^Felice Cavallaro, Mannino e l’accusa di mafia Assolto dopo diciassette anni, in Corriere della Sera, 15 gennaio 2010. URL consultato il 22 gennaio 2010.
  11. ^
  1. ^

*III Giunta (Forza Italia, UdC, AN, MpA-Nuova Sicilia, L’Aquilone-Lista Cuffaro, tecnici; 13 luglio 2006-28 aprile 2008)

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  52. ^Cuffaro accostato a Provenzano Quotidiano condannato in appello
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