TULLIO CANNELLA, il mafioso non punciuto

 

 

TULLIO CANNELLA

Stato-mafia, Il pentito Tullio Cannella “Bagarella mi disse, dopo l’arresto di Totò Riina, che a fare la soffiata ai carabinieri era stato secondo lui Provenzano. ‘L’amico mio forse sa qualcosa’, mi disse Bagarella”. Lo ha detto il collaboratore Tullio Cannella, deponendo al processo Stato-mafia, che si sta svolgendo nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo. “Più volte mi disse: ‘Questo Provenzano ha avuto a che fare con i carabinieri, e’ uno sbirro – ha proseguito Cannella – Bagarella è un uomo d’onore tutto d’un pezzo, vecchio stampo, mai avrebbe avuto contatti con un appartenente alle forze dell’ordine”. Il pentito parla anche dell’attentato al presentatore Costanzo. “Quando ci fu l’attentato a Maurizio Costanzo, Bagarella mi disse: ‘Ora u signor Costanzo cu sta bombicedda s’assistemò”. L’intenzione di Cosa nostra, mi spiegò, non era di ucciderlo perché lavorava per Mediaset e quindi per personaggi che avevano un buon rapporto con Cosa nostra”. “Ero con Bagarella – ha proseguito – pure quando a fine luglio del 1993 ci fu un attentato. Mi disse: ‘Vedi tutti questi attentati, saranno i terroristi, quelli della falange armata’.
Me lo disse in maniera sarcastica, voleva intendere che questi fatti sarebbero stati imputati ai movimenti eversivi”. Cannella era molto amico di Leoluca Bagarella, tra gli imputati del processo, che conobbe attraverso i Graviano. “Conoscevo – ha spiegato – i fratelli Graviano (Giuseppe, Filippo e Benedetto), sapevo che il padre Michele era un personaggio di spessore di Cosa nostra. Loro erano soci occulti del costruttore Sanseverino, con cui ero in affari, per la costruzione del villaggio Euromare a Campofelice di Roccella (Pa) e avevano un credito nei nostri confronti di oltre un miliardo di lire. Il terreno del residence era stato acquistato anche grazie ai soldi dei Graviano. Io ho poi restituito ai Graviano oltre due miliardi e mezzo di euro, fino al 1993”.Il collaboratore racconta i presunti rapporti tra Cosa nostra e i partiti del tempo: “Tra il 1992 e il 1993, Leoluca Bagarella aveva capito che serviva un partito che fosse diretta espressione di Cosa nostra, non bastava più affidarsi ai singoli personaggi. Quindi mi diede l’incarico di costituire il partito ‘Sicilia libera’, nella fine del 1993, con obiettivi separatisti. Bagarella poi venne a sapere che c’era Silvio Berlusconi che stava per scendere in politica con un nuovo partito e i voti furono dirottati su Forza Italia”. “Sia la Dc, che per decenni aveva avuto connivenze con Cosa nostra, sia il vecchio partito socialista, che aveva chiesto e ottenuto i voti della mafia, avevano deluso le aspettative – ha spiegato – C’era sfiducia negli esponenti di questi partiti perché non avevano mantenuto gli impegni dopo l’aiuto che gli aveva dato Cosa nostra. Bagarella diceva che Totò Riina nei confronti di questi personaggi era sempre stato troppo buono. Così alle politiche del 1994 si candidarono per Forza Italia personaggi vicini a Cosa nostra e si decise di spostare i voti su quel partito, accantonando per il momento il progetto di Sicilia Libera”.

Processo trattativa, Cannella: “La mafia votò per Forza Italia” “Tra il 1992 e il 1993,Leoluca Bagarella aveva capito che serviva un partito che fosse diretta espressione di Cosa nostra, non bastava più affidarsi ai singoli personaggi. Quindi mi diede l’incarico di costituire il partito ‘Sicilia libera’, nella fine del 1993, con obiettivi separatisti.
Bagarella poi venne a sapere che c’era Silvio Berlusconi che stava per scendere in politica con un nuovo partito e i voti furono dirottati su Forza Italia”. 
Lo ha detto il collaboratore di giustizia, Tullio Cannella, che sta deponendo al processo sulla trattative Stato-mafia, nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo. “Sia la Dc, che per decenni aveva avuto connivenze con Cosa nostra, sia il vecchio partito socialista, che aveva chiesto e ottenuto i voti della mafia, avevano deluso le aspettative – ha spiegato – C’era sfiducia negli esponenti di questi partiti perché non avevano mantenuto gli impegni dopo l’aiuto che gli aveva dato Cosa nostra. Bagarella diceva che Totò Riina nei confronti di questi personaggi era sempre stato troppo buono. Così alle politiche del 1994 si candidarono per Forza Italia personaggi vicini a Cosa nostra e si decise di spostare i voti su quel partito, accantonando per il momento il progetto di Sicilia Libera”. “Quando ci fu l’attentato a Maurizio Costanzo, Bagarella mi disse: ‘Ora u signor Costanzo cu sta bombicedda s’assistemo”. L’intenzione di Cosa nostra, mi spiegò, non era di ucciderlo perché lavorava per Mediaset e quindi per personaggi che avevano un buon rapporto con Cosa nostra”. “Ero con Bagarella – ha proseguito il pentito – pure quando a fine luglio del 1993 ci fu un attentato. Mi disse: ‘Vedi tutti questi attentati, saranno i terroristi, quelli della falange armata’. Me lo disse in maniera sarcastica, voleva intendere che questi fatti sarebbero stati imputati ai movimenti eversivi”. Cannella era molto amico di Leoluca Bagarella, tra gli imputati del processo, che conobbe attraverso i Graviano. “Conoscevo – ha spiegato – i fratelli Graviano (Giuseppe, Filippo e Benedetto), sapevo che il padre Michele era un personaggio di spessore di Cosa nostra. Loro erano soci occulti del costruttore Sanseverino, con cui ero in affari, per la costruzione del villaggio Euromare a Campofelice di Roccella (Pa) e avevano un credito nei nostri confronti di oltre un miliardo di lire. Il terreno del residence era stato acquistato anche grazie ai soldi dei Graviano. Io ho poi restituito ai Graviano oltre due miliardi e mezzo di euro, fino al 1993”. “Conobbi Leoluca Bagarella in quel periodo – ha aggiunto Cannella -, viveva in uno dei miei appartamenti in via Malaspina. Per me Bagarella fu un amico, rappresento’ una garanzia, una soluzione ai problemi che avevo con i fratelli Graviano che mi volevano uccidere, molto probabilmente adesso non sarei qui se non si fosse interessato Bagarella”. “Persone come i Graviano – ha spiegato il pentito – ti ritengono qualcosa di loro proprietà e ti usano come meglio credono, grazie al potere che gli davano le intimidazioni. Io non riuscivo a vendere gli appartamenti che avevo costruito e non potevo ridare i soldi ai Graviano. Ricevetti molte minacce, venivano Vittorio Tutino o Cesare Lupo a pressarmi. Le cifre erano molto alte e io ero in crisi”. Blog SICILIA 12.12.2014


‘Ndrangheta stragista, un pentito: “Bagarella conosceva il nome di Forza Italia prima che fosse pubblico”  Il collaboratore di giustizia Tullio Cannella in aula: “Me ne parlò nel dicembre 1993 quando io ancora non sapevo della discesa in campo di Berlusconi e mi fece il nome di Forza Italia ancora prima che diventasse di dominio pubblico. Mi venne detto che tutti i voti sarebbero andati a questo movimento…” Cosa Nostra sapeva in anticipo che il partito di Silvio Berlusconi si sarebbe chiamato “Forza Italia”. A rivelarlo, oggi in un’aula di tribunale, è stato il collaboratore di giustizia Tullio Cannella sentito a Reggio Calabria nel processo “‘ndrangheta stragista” che vede alla sbarra il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, esponente di primo piano della cosca Piromalli di Gioia Tauro. Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, il pentito siciliano ha ricostruito il suo rapporto con Leoluca Bagarella e si è soffermato, in particolare, sui vari movimenti separatisti che si stavano formando nel sud Italia all’inizio degli anni novanta quando “Sicilia Libera” e “Calabria Libera” organizzarono un incontro a Lamezia Terme: “Patania, il responsabile di Catania Libera, mi ha detto che era importante farla lì perché è lì che c’erano legami solidi con la massoneria e alcuni apparati statali che avrebbero dato copertura al movimento”. Un incontro al quale ci sarebbero stati anche esponenti della Lega Nord. “C’era – ha riferito l’uomo di fiducia di Bagarella – un certo Marchioni che ho incontrato anche a Palermo e che faceva parte della segreteria della Lega Nord. ‘Calabria Libera’ invece era rappresentata da un onorevole della Regione, un certo Donnici, che aveva lo stesso ruolo che rivestivo io in Sicilia”. Nato come un semplice costruttore, Cannella si è ritagliato il ruolo di uomo politico legato a Bagarella: “La strategia dei vari movimenti separatisti era inserire soggetti politici pilotabili. Il fatto che Falcone andò al ministero con Martelli allontanò Cosa Nostra dal partito socialista”.  Così ha preso piede il progetto separatista che, però, subì lo stop direttamente dal cognato di Totò Riina: “Ad un certo punto, – è sempre la ricostruzione del pentito Cannella – prima delle elezioni, Bagarella mi disse che stava nascendo una situazione in cui loro credevano molto. Si trattava di un movimento che faceva capo all’onorevole Berlusconi e per questo dovevo stare calmo con ‘Sicilia Libera’. Bagarella parlava per lui, per Provenzano e a nome degli interessi di Cosa nostra. Me ne parlò nel dicembre 1993 quando io ancora non sapevo della discesa in campo di Berlusconi e mi fece il nome di Forza Italia ancora prima che diventasse di dominio pubblico. Mi venne detto che tutti i voti sarebbero andati a questo movimento e noi facemmo un club ‘Forza Italia-Sicilia Libera’”.  All’epoca, Cannella voleva essere coinvolto nella scelta dei candidati in modo da inserire qualcuno del movimento separatista nelle liste di Forza Italia: “Bagarella mi ha detto che c’erano candidati loro. Gli ho chiesto di farmi inserire qualcuno dei soggetti coinvolti in ‘Sicilia Libera’ e lui mi ha promesso di farmi avere un appuntamento con una persona per risolvere la questione. Tony Calvaruso mi ha detto che quella persona era Vittorio Mangano, ma l’incontro non c’è mai stato”. Del discorso di Forza Italia, Cannella si confrontò anche con il boss Giuseppe Graviano, imputato nel processo “‘ndrangheta stragista” con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio dei due carabinieri, uccisi sulla Salerno-Reggio Calabria nel 1994, e per il tentato omicidio di altri quattro. “Graviano mi disse di evitare queste cose e di lasciare fare a chi, come lui, ha i contatti giusti. Non mi ha fatto i nomi di questi contatti giusti. Mi disse che bisognava risolvere il problema dei pentiti”. IL FATTO QUOTIDIANO di Lucio Musolino | 18 MAGGIO 2018


Tullio CANNELLA nell’udienza del 28 aprile 1999 si è avvalso della facoltà di non rispondere, sicché gli sono state contestate ex art. 513 c.p.p. le dichiarazioni rese all’udienza del 17 ottobre 1997 nell’ambito del c.d. processo via D’Amelio bis nei confronti di RIINA Salvatore + 15, nonché quelle rese in sede di interrogatorio al P.M. in data 28 maggio 1997, 23 luglio 1997 e 18 febbraio1998. Pur non essendo mai stato ritualmente affiliato a COSA NOSTRA, il CANNELLA aveva avuto rapporti con eminenti personaggi di questa consorteria mafiosa sin da quando, ancora giovane, aveva iniziato a frequentare la sezione della Democrazia Cristiana del quartiere di Brancaccio- Ciaculli nel quale viveva. In tale sezione aveva ricoperto la carica di vice-segretario ed aveva anche partecipato con successo alle elezioni dei rappresentanti del consiglio di quartiere di Brancaccio. A quel tempo risale, quindi, la sua conoscenza con Salvatore e Michele GRECO; Pino DI MAGGIO, rappresentante della “famiglia” di Brancaccio, sino a quando non venne ucciso nella “guerra di mafia; GRECO Giuseppe inteso “scarpa”. Proprio per conto di quest’ultimo il CANNELLA aveva accettato di intestarsi fittiziamente dei beni immobili che appartenevano al GRECO ed a GRAVIANO Michele, padre dei fratelli Benedetto, Filippo e Giuseppe, ma di cui risultava all’epoca prestanome l’imprenditore SANSEVERINO Domenico, che però a seguito delle dichiarazioni di CONTORNO Salvatore a partire dal 1984 era stato sottoposto a misure di prevenzione di carattere patrimoniale. Da qui l’intensificarsi dei suoi rapporti con Pino GRECO sino al luglio del 1985, allorché a quest’ultimo subentrarono in sua vece i fratelli GRAVIANO. Ai predetti, all’epoca latitanti, egli aveva prestato ospitalità presso il Villaggio EUROMARE di Campofelice di Roccella, che egli aveva in costruzione nello svolgimento della sua attività di imprenditore, nonché presso un appartamento sito in Palermo, intestato ad una sua società. Con i GRAVIANO – dalla cui amicizia e “protezione” il CANNELLA aveva ritratto indubbi vantaggi perché ciò gli consentiva di ottenere congrue dilazioni nel pagamento delle forniture del materiale occorrente per la sua attività di costruttore – i rapporti avevano poi conosciuto dei momenti di grave tensione, in quanto gli stessi – che secondo l’opinione del CANNELLA erano stati tratti in inganno dal GRECO e dal SANSEVERINO – ritenevano di accampare nei suoi confronti esose pretese economiche per la cointeressenza nelle attività che egli si era fittiziamente intestato e tali richieste avevano assunto quasi il carattere di un’estorsione, rendendo particolarmente drammatica la situazione del futuro collaborante, sino a quando lo stesso non aveva trovato la protezione di BAGARELLA Leoluca, che a partire dal maggio-giugno 1993 egli aveva ospitato da latitante nel predetto Villaggio EUROMARE. Da allora era iniziato con il BAGARELLA un rapporto di frequentazione che, a detta del collaborante, lo aveva portato a raccoglierne alcune delicate confidenze in ordine alla strategia da questi perseguita per instaurare nuovi rapporti con esponenti del mondo politico. Tali confidenze sono state spiegate dal CANNELLA con l’incarico che il BAGARELLA gli aveva affidato, in quanto persona incensurata ed appartenente al settore imprenditoriale, di organizzare negli ultimi mesi del 1993 la formazione di un movimento politico indipendentista denominato SICILIA LIBERA, di cui egli era stato promotore a Palermo con finanziamenti fornitigli anche dal BAGARELLA e che doveva costituire l’interfaccia presentabile di COSA NOSTRA nei rapporti con gli esponenti politici nazionali, dai quali l’organizzazione mafiosa intendeva ottenere un sensibile allentamento dell’attività di contrasto alla mafia ed una modifica in senso favorevole delle misure legislative ed amministrative vigenti. Nello svolgimento di tale attività egli aveva preso contatti anche con personaggi di COSA NOSTRA del Trapanese e del Catanese, per promuovere anche in questi centri la formazione di quel movimento politico e la scelta di persone da proporre come candidate alle competizioni elettorali. L’impegno in questo campo del CANNELLA era stata interrotto tra il dicembre del 1993 ed il gennaio del 1994, allorché il BAGARELLA gli aveva detto che la prossima formazione del movimento politico FORZA ITALIA e la sua presentazione nelle prossime consultazioni politiche rendeva allo stato superfluo quel movimento indipendentista. Tratto in arresto nel luglio del 1995 per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., tra il 21 ed il 22 di quel mese il CANNELLA iniziò a collaborare con l’A.G., fornendo informazioni sull’attività criminosa svolta dallo stesso di fiancheggiamento di COSA NOSTRA e dagli affiliati per conto di quest’ultima.Il rifiuto di rispondere nell’ambito del presente processo non ha consentito a questa Corte di approfondire la verifica dell’attendibilità del CANNELLA, le cui dichiarazioni devono, pertanto, essere valutate con particolare cautela e richiedono riscontri esterni più rigorosi. E’ apparsa tuttavia evidente la profonda e diretta conoscenza che il collaborante ha manifestato sulle vicende interne al mandamento di Brancaccio-Ciaculli, sull’avvicendamento degli uomini al vertice del medesimo e su alcuni degli affiliati a quel mandamento, nonché su alcuni personaggi di vertice dei mandamenti di Porta Nuova e di Caccamo con i quali il CANNELLA aveva avuto rapporti in quanto la sua attività imprenditoriale in territorio di Campofelice di Roccella, controllato dalla “famiglia” mafiosa di Termini Imerese, rientrante nel mandamento di Caccamo, lo aveva portato a frequentare i fratelli GAETA, importanti “uomini d’onore” di Termini Imerese, che avevano stretti legami con CALO’ Giuseppe a CANCEMI Salvatore di Porta Nuova, nonché con GIUFFRE’ Antonino di Caccamo. Anche in questo settore, tuttavia, le evidenti ragioni di rancore che il collaborante può nutrire nei confronti dei fratelli GRAVIANO, per le esose pretese economiche da loro vantate nei suoi confronti, nonché nei confronti del CANCEMI – che secondo le stesse ammissioni del CANNELLA ne aveva decretato la punizione per una mancanza di rispetto che egli aveva mostrato verso MATTALIANO Gregorio, “uomo d’onore” di Porta Nuova e cognato del CALO’ – inducono a valutare con particolare prudenza le sue dichiarazioni in ordine ai predetti non tanto su singoli episodi specifici, che possono essere più facilmente riscontrati e spesso lo sono stati con esito positivo, quanto sulle strategie generali e le finalità che avrebbero ispirato la loro condotta, circostanze queste più difficilmente verificabili in modo oggettivo. MISTERI D’ITALIA