Rossano, inaugurato Anno accademico del Polo universitario penitenziario

L’evento, che ha visto anche la partecipazione di Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso nella strage di Via D’Amelio, è stato realizzato dall’istituto penitenziario diretto da Maria Luisa Mendicino in collaborazione con l’Università della Calabria.
Nel corso del suo intervento, Gianfranco De Gesu, direttore generale dei Detenuti e del trattamento, ha richiamato, in  un’articolata panoramica ricca di dati, le iniziative di formazione e artistico-culturali realizzate negli ultimi anni dall’Amministrazione penitenziaria. Dati che descrivono una realtà vitale e in crescita, benché ancora si riferiscano a oltre un anno fa e, dunque, risentano delle limitazioni portate dalla pandemia.
A dicembre 2021 risultavano 1093 i detenuti iscritti ai corsi universitari  (517 negli Istituti sede dei Poli, 576 in altre sedi) e 19 sono stati gli studenti che hanno conseguito la laurea.
Seguire un corso universitario in carcere può costituire, secondo De Gesu “sia opportunità di cambiamento per i soggetti reclusi, sia occasione di mutamento del microcosmo penitenziario e delle norme che ne regolano il funzionamento”. Per realizzare simili interventi formativi occorre una logica progettuale che coinvolga una pluralità di attori, in particolare tutte le Istituzioni chiamate alla formazione culturale. Un lavoro di rete favorito dai tanti protocolli d’intesa tra Amministrazione penitenziaria e Atenei e con  l’elaborazione, insieme alla Conferenza nazionale dei poli universitari penitenziari, di Linee Guida che vengono trasmesse a tutti i Provveditorati. Gianfranco  De Gesu  ha anche sottolineato l’importanza di “colmare il divario digitale di coloro che stanno scontando pene detentive, allo scopo di evitare il rischio di esclusione dalla conoscenza e dall’uso di tecnologie indispensabili oggi a ogni tipo di attività di istruzione/formazione, economica e associativo/relazionale”. In proposito, è stata ricordata la sperimentazione realizzata, grazie all’Università di Sassari, presso le sedi di Sassari Bancali,  Alghero, Tempio Pausania e Nuoro. Un modello che potrà essere adottato in altri istituti  grazie al virtual desktop su licenza CITRIX che consente di personalizzare,  in base alle esigenze di sicurezza,  i collegamenti con il mondo esterno.
Sempre nel 2021, secondo i dati del monitoraggio sull’attività teatrale riportati da De Gesu, nelle carceri erano attivi 124 laboratori di teatro, 69 dei quali esistenti da più di 4 anni quindi in grado di assicurare una continuità all’esperienza. In 113 laboratori i detenuti imparano tecniche di recitazione, in 37a realizzare scenografia e costumi, in 35 a eseguire accompagnamenti musicali e in 30 a danzare. Gli insegnanti sono per la maggior parte professionisti dei vari campi, mentre i finanziamenti sono per la maggior parte di provenienza pubblica. De Gesu ha ricordato anche gli accordi tra  ministero della Giustizia – Dipartimento amministrazione penitenziaria e il Coordinamento nazionale teatro in carcere, promotore della rassegna “Destini incrociati” e con ACRI  Associazione di fondazioni e casse di risparmio per il progetto “Per aspera ad astra”.
“Un obiettivo ambizioso a questo punto potrebbe essere – ha concluso De Gesu – quello di creare una ‘politica culturale’ della Giustizia che riconosca nel carcere un possibile luogo di produzione e di formazione ai mestieri  dello spettacolo e nel teatro penitenziario un’espressione della drammaturgia contemporanea, caratterizzata da una propria cifra stilistica”.