PAOLO BORSELLINO – biografia

 

Infanzia e formazione

Maria Lepanto arriva a Palermo nel 1930, dopo aver vissuto in diverse città a causa del lavoro del padre. Cinque anni dopo conosce l’uomo che sarebbe presto diventato suo marito, Diego Borsellino. 

I due sposi si stabiliscono alla Magione, una zona appartenente alla Kalsa, quartiere situato nel centro storico di Palermo a pochi passi dal mare.

La Kalsa degli anni quaranta è un quartiere in cui accanto alle belle case di professori, commercianti, impiegati, esponenti della media borghesia, troviamo le umili abitazioni di pescatori, ambulanti, muratori, operai.

Qui i Borsellino conducono insieme la farmacia di via Vetriera, avviata dal padre di Diego alla fine dell’Ottocento. 

Abitano in un’elegante casa, con affreschi e pavimenti di ceramica dipinti a mano, al secondo piano di un edificio dei marchesi Salvo davanti alla farmacia. Nel 1938 arriva la prima figlia, Adele. Il 19 gennaio 1940 nasce il secondogenito, Paolo Emanuele Borsellino, seguito da Salvatore nel ’42 e da Rita nel ’45. 

Lo scoppio della seconda guerra mondiale interrompe la serena e agiata vita della famiglia. Diego è chiamato a prestare servizio nell’esercito come farmacista dell’ospedale militare di Alcamo, in provincia di Trapani, e l’intera famiglia decide di seguirlo. Con loro c’è anche lo zio materno Ciccio, reduce dalla campagna d’Africa. 

I Borsellino seguono con ammirazione le imprese del Duce e i bambini ascoltano con meraviglia i racconti eroici dello zio. 

Ma la dura realtà è che il regime sta cadendo sotto le bombe degli Alleati. La famiglia Borsellino non ne è felice. 

È la fine di un sogno, di una certezza per Maria che osserva Saverio Lodato, Quarant’anni di mafia. Storia di una guerra infinita, con angoscia l’entrata degli americani ad Alcamo e vieta ai figli di accettare anche solo una caramella da questi. Finita la guerra la famiglia rientra a Palermo.

La loro casa è stata risparmiata dalle bombe ma la maggior parte delle altre abitazioni è inagibile o distrutta. 

Maria e Diego riaprono la farmacia ma vivono un periodo difficile: nel quartiere c’è molta povertà e spesso la gente chiede di pagare a rate. 

Marito e moglie sono costretti a lavorare senza sosta ma resta un momento di grandi ristrettezze economiche, come sarà durante il Sacco di Palermo, quando il Comune decide di sventrare il quartiere per creare una strada che colleghi via Roma al Lungomare Crispi costringendo gran parte dei residenti a trasferirsi altrove.

Paolo è un bambino curioso, non sta mai fermo, ha una bella parlantina e non ama essere interrotto. 

Manifesta già una certa insofferenza nei confronti di chi gli rivolge attenzioni particolari per la sua estrazione sociale elevata rispetto alla media. 

Vuole essere considerato come tutti gli altri bambini, tanto da chiedere alla balia, che lo accompagna ogni mattina a scuola, di stare distante qualche metro da lui per non essere guardato con ammirazione e invidia dai compagni. 

Le sue giornate passano tra lo studio e il gioco con i coetanei nel campetto della parrocchia di San Francesco dove è chierichetto. In questi anni coltiva la passione, che lo accompagnerà tutta la vita, per la storia.  Passa ore a studiare la materia e a otto anni riesce a ricreare su un grande foglio di carta l’albero genealogico di casa Savoia. 

Ha cura anche della sua storia famigliare: con diligenza e accuratezza quasi maniacale conserva ogni cosa che riguardi il passato suo e dei suoi cari. Il suo carattere irruento crea qualche problema alle scuole medie. 

I professori lo rimproverano perché parla sempre, interrompe e interviene quando non è interpellato o per fare battute spiritose. I genitori non riescono a controllarlo e si spaventano molto quando a dodici anni compie la sua prima bravata: seguendo la passione per la storia, decide di andare da solo e senza avvisare nessuno a Belmonte Mezzagno, paese natio della mamma a un’ora da Palermo. 

Dopo aver preso un autobus di linea si reca al Comune chiedendo di poter vedere tutti i documenti anagrafici della sua famiglia per ricostruirne l’albero genealogico.

 A Belmonte gli viene raccontata una storia che lo colpisce molto e che in futuro costituirà uno dei motivi che lo porterà a iscriversi a giurisprudenza: in una domenica mattina dei primi anni Trenta il nonno Salvatore Lepanto si rifiutò di baciare la mano al capomafia del paese e per questo motivo ricevette, a testa alta senza scomporsi, uno schiaffo dallo stesso.

Paolo non riesce a creare un legame affettivo col padre.  Diego ha un carattere introverso, ama i suoi figli ma non sa come relazionarsi con loro, si scioglie solo con la piccola di casa, Rita. 

Con mamma Maria invece Paolo ha un rapporto unico e intenso che non cambierà negli anni.35 La loro intesa è commovente e chiaramente visibile, così come le loro comuni passioni, tra le quali spicca l’amore per gli autori classici.  La madre, donna colta, con due lauree, allestisce in casa una ricca libreria in cui il giovane Paolo passa ore a leggere. È geloso dei fratelli soprattutto nei confronti della madre, ma l’affetto e la complicità prevalgono. Paolo e Salvatore sono inseparabili, compagni di giochi e imprese.”

Finite le scuole dell’obbligo Paolo si iscrive al Liceo Classico Meli. 

In questi anni, nodali per la sua formazione, sviluppa una grande passione per la scrittura. Il suo senso critico, la capacità di coordinamento e di guida dei gruppi lo portano a diventare direttore responsabile di “Agorà”, il giornale degli studenti del Meli. 

In più a casa Borsellino, trasferitasi in un appartamento di via Roma, prendono vita i “cenacoli”, incontri culturali in cui Paolo e i suoi amici conversano, dibattono e giudicano libri, canzoni, poesie. 

Dopo aver ottenuto il diploma liceale nel giugno 1958 con ottimi voti, nell’ottobre Paolo si iscrive a Giurisprudenza, matricola 2301. 

Durante gli anni all’Università prende l’abitudine, mai lasciata successivamente, di svegliarsi presto la mattina, non oltre le sei.  Le sue giornate trascorrono in mezzo ai libri con alcune pause per rilassarsi in sella alla sua amata bicicletta da corsa Bianchi. 

Paolo matura presto un orientamento politico di destra che lo induce ad aderire all’Associazione studentesca di azione nazionale e di ispirazione conservatrice “Giovane Italia”, nota poi come “Fuan” (Fronte universitario di azione nazionale).  Nel 1959 diventa membro dell’esecutivo provinciale, nel ’60 parte della giunta.  A un certo momento, la sua militanza e l’impegno attivo in politica gli causano qualche problema: Borsellino rischia di essere mandato a processo.  Viene infatti fermato dalle forze dell’ordine e portato davanti a un magistrato con l’accusa di aver partecipato a una rissa avvenuta nei pressi della facoltà di giurisprudenza tra studenti “rossi” e “neri” in cui restano a terra diversi feriti.  Viene interrogato da un giudice “rosso”, Cesare Terranova.  Ma il giudice, potenziale nemico, crede al giovane che, pur ammettendo la militanza nella destra, giura di non aver preso parte al pestaggio, e lo libera.  Dopo questa esperienza che lo segna profondamente, Borsellino si dedica allo studio riuscendo a raggiungere il traguardo della laurea a pieni voti con lode il 27 giugno 1962, con una tesi dal titolo Il fine dell’azione delittuosa.37

Entrata in magistratura e matrimonio

Poco dopo la laurea, il padre Diego si ammala e muore. Una malattia molto rapida lo fa spegnere a 52 anni.38 Paolo è accanto a lui negli ultimi istanti, momenti importanti in cui Diego riesce ad esprimergli con un appena sussurrato “ti voglio bene” tutto l’affetto che con difficoltà negli anni aveva esternato. Il lutto, oltre alla mancanza affettiva, lascia seri problemi economici legati alla conduzione della farmacia, poiché nessuno in famiglia ha la laurea per gestirla. Rita ha da poco intrapreso gli studi di farmacia e si impegna con l’ordine dei farmacisti a terminare l’università entro i quattro anni previsti. 

Nel frattempo i Borsellino sono costretti ad affittare l’attività a un prezzo irrisorio. È un periodo di sacrifici e privazioni e Paolo sente addosso la responsabilità del mantenimento della famiglia. Adele si è appena sposata, Salvatore e Rita devono finire gli studi. “La morte di mio padre mi fa diventare il capofamiglia. 

Devo fare preso, trovare un lavoro. L’anno che segue la laurea è un anno di dolore e di lotta contro il tempo. 

Riesco a sostenere gli esami di abilitazione per l’insegnamento di Diritto negli istituti commerciali e gli esami di magistratura, inizio a fare pratica nello studio di un avvocato amico di famiglia. 

Superare l’esame di giudice diventa una questione di sopravvivenza”.

Così, oltre ad aiutare i laureandi nella scrittura della tesi e fare ripetizioni di italiano per racimolare qualche soldo, studia incessantemente per il concorso di magistratura riuscendo a superarlo nel maggio 1963 e diventando il più giovane magistrato d’Italia. 

Borsellino per occuparsi della famiglia sceglie Palermo come sede dell’uditorato, affiancando prima un presidente della sezione penale, poi un pretore, un giudice fallimentare, un sostituto procuratore e infine un giudice all’ufficio istruzione. Quest’ultimo ha avuto già a che fare con Paolo, è infatti Cesare Terranova.

Il 14 settembre 1965 inizia ufficialmente la carriera da magistrato. Borsellino è inviato alla sezione civile del tribunale di Enna, dove si occupa di cause di lavoro. È costretto a trasferirsi ma ogni fine settimana rientra a Palermo dai famigliari. Nel 1967 riceve il primo incarico direttivo della sua vita: è nominato pretore a Mazara del Vallo. La vicinanza a Palermo gli permette di poter tornare a vivere con la famiglia.42

Nel settembre del ’67 Paolo incontra per la prima volta la donna che diventerà sua moglie. Agnese Piraino Leto proviene da una famiglia benestante, è la figlia del presidente del tribunale di Palermo e le sue giornate fino ad allora trascorrono tra prime al Teatro Massimo, feste nella villa dei genitori, lezioni di pianoforte e occasioni in cui sfoggiare i suoi preziosi abiti ricamati. Ma in breve tempo Agnese mette in discussione tutta la sua vita per amore. Paolo e Agnese si incontrano per caso nello studio del notaio Furitano. 

La cugina di Agnese, figlia del notaio, cerca successivamente di combinare un incontro, organizza una gita a Ustica con gli amici e invita anche Paolo. 

Ma lui è terribilmente timido e immerso nel lavoro; terminata la gita, si salutano senza darsi futuri appuntamenti. Passa un anno e una mattina mentre Agnese va a lavoro nella biblioteca della facoltà di lettere viene fermata per strada da Paolo che la saluta. Dopo pochi giorni un nuovo incontro casuale, ma stavolta Borsellino mette da parte la timidezza e propone alla ragazza di saltare entrambi il lavoro per passare la giornata insieme. 

Quel giorno si innamorano l’uno dell’altra e poco dopo decidono di sposarsi. Passa appena un mese: il 23 dicembre 1968 diventano marito e moglie, nonostante i dubbi e le paure delle famiglie e le dicerie della gente. 

Sul ‘Giornale di Sicilia’ appare la notizia del matrimonio con annessa foto degli sposi: un ricordo emozionante che Paolo rileggerà spesso e conserverà gelosamente.

I primi mesi di matrimonio trascorrono con la preoccupazione per lo stato di salute del neo-sposo che manifesta ogni sera una leggera febbre. 

Dopo molte visite senza trovare una causa al malessere, un medico suppone si tratti di leucemia. Sono mesi di ansia e paura, nessun medico riesce a dare una spiegazione alla febbre. Finché un giorno, dopo una radiografia alla bocca, si capisce che si tratta di un granuloma apicale sotto ai denti. 

Una volta tolta la cisti passano la febbre e la paura e i due sposini possono dedicarsi tranquillamente alla famiglia che stanno costruendo secondo valori condivisi da entrambi: il rispetto, l’amore, la religiosità, la nascita e l’educazione dei figli. Nel settembre 1969 nasce Lucia e Paolo si sente un uomo realizzato. 

La chiama “luce dei miei occhi”, la culla, le cambia il pannolino. Nel 1971 nasce Manfredi e nel ’73 Fiammetta. Sarà un padre presente, affettuoso, complice, protettivo, sempre pronto a farsi in quattro per la famiglia.

Tra l’amore per Agnese, le gioie dei figli, un mutuo per la casa di via Cilea e tanti sacrifici passano i primi anni di matrimonio del pretore di Mazara.

 Gli anni fino all’assegnazione della scorta

Borsellino si sveglia ogni mattina alle 5 per prendere il treno e andare a Mazara, dove è considerato una delle autorità del paese. Alla fine del 1969 però viene trasferito alla pretura di Monreale. Monreale dista pochi chilometri da Palermo e Paolo vi si reca con una Fiat Cinquecento acquistata da poco, la sua prima auto. Borsellino ricorderà: “Monreale: è lì che ho conosciuto la mafia. 

La mafia sanguinaria di provincia, i corleonesi, i viddani per intenderci. Con interessi radicati nelle campagne ma con ramificazioni già profonde in altri centri, Palermo in testa”.45 Qui conosce Emanuele Basile, capitano dei carabinieri e abile investigatore, con cui collabora soprattutto a partire dal ’75. 

In quell’anno infatti Borsellino è trasferito a Palermo come giudice del tribunale, fino al 14 luglio quando è assegnato all’ufficio istruzione processi penali. Un incarico non ben visto all’epoca, ritenuto di secondo piano, ma non dal soggetto in questione che ripete: “ogni posto diventa importante a seconda di chi lo occupa. Un giudice istruttore può essere un burocrate, e allora la sua presenza è inutile. 

Oppure ha voglia di lavorare, ha passione, crede in quello che fa: così un giudice istruttore diventa un magistrato che incide”.

La sua prima importante inchiesta è del ’79 e riguarda la gestione del teatro lirico di Palermo, poi nel luglio si occupa dello scandalo della ricostruzione della valle del Belice dopo il terremoto del 1968. L’inchiesta investe il democristiano ex presidente della Regione Giummarra e altri a lui vicini, e nell’ottobre travolge pure l’ex presidente della Provincia di Palermo Giganti, anch’egli democristiano, che viene arrestato divenendo il primo uomo politico palermitano a finire in carcere. 

Queste attività rendono popolare Borsellino tra colleghi e giornalisti, ma anche tra la gente comune che inizia a leggere il suo nome sui giornali. Insieme all’amico e collega Basile intraprende all’inizio del 1980 la prima indagine veramente importante di mafia. Borsellino ricostruisce la vicenda: “sono il titolare di un processo per la lupara bianca di due fratelli. […] Sembra un’indagine poco importante, Basile invece mi conduce fin dentro il covo di Leoluca Bagarella […] cognato e braccio destro di Salvatore Riina, il capo dei corleonesi”; nel covo “troviamo un paio di scarpe con su scritto il nome di uno dei due fratelli scomparsi. Da lì risaliamo a un traffico di droga le cui fila vengono tirate dai boss che dominano un paesino alle porte di Palermo”, Altofonte. 

Grazie alla collaborazione con Basile, Borsellino nel febbraio ’80 fa arrestare sei mafiosi del paese e nell’aprile emette nuovi mandati d’arresto, tra cui quello di Giacomo Riina, zio di Salvatore.

Di fronte all’offensiva statale la risposta mafiosa non si fa attendere. Il 4 maggio viene ucciso Basile. Per Paolo è un duro colpo, non è solo la morte di uno stimato collega ma di un amico. La moglie Agnese lo vede piangere per la prima volta. 

Da quel momento la loro vita cambia per sempre. 

L’omicidio del capitano Basile è un avvertimento anche per Borsellino, il quale inizialmente resta confuso ma poi capisce  velocemente che è necessario andare avanti con coraggio. Così inizia la vita sotto scorta. 

Borsellino e il collega Alfonso Gatto, che conducono insieme le indagini sull’omicidio, sono i primi magistrati palermitani a essere sottoposti a una vita blindata. Una scorta molto essenziale la loro, composta da due vecchie Alfa Romeo guidate da un carabiniere o un poliziotto affiancati da due colleghi armati di pistole. 

Per la famiglia è un trauma all’inizio: niente più cene al ristorante, serate al cinema o al teatro, semplici e tranquille passeggiate. 

Ma la moglie non gli fa pesare la situazione, ammira e rispetta le scelte di Paolo, il quale le racconta ogni cosa, non le nasconde nulla, nemmeno le prime lettere anonime, segno tangibile di un futuro segnato.

 


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