Il tesoro del Cavaliere. La lente dell’Antimafia su 70 miliardi di lire

 
Una nuova consulenza della procura di Firenze che indaga sulle stragi del 1993 ricostruisce i movimenti di capitali ignoti arrivati a Berlusconi per lanciare le sue aziende tra gli anni ’70 e ’80.
 
Le donazioni a Dell’Utri
Un nuovo documento giudiziario riapre lo scenario sull’origine dell’impero di Silvio Berlusconi.
Una consulenza tecnica adesso al vaglio dei magistrati antimafia di Firenze che vogliono capire se c’è un nesso tra le somme ancora oscure arrivate nelle casse di Fininvest e i boss di Cosa nostra.
Un documento che si inserisce nell’inchiesta sulle stragi del 1993 ancora aperta sui mandanti e che fa emergere “innesti finanziari” ancora opachi “nelle società che hanno dato vita al gruppo Fininvest”.
Soldi che hanno alimentato le casse delle società di Biscione tra febbraio 1977 e dicembre 1980.
La consulenza tecnica, che ha portato alla luce qualcosa in più rispetto a quanto era emerso nelle indagini svolte a Palermo durante il processo a Marcello Dell’Utri, è stata depositata nei mesi scorsi.
Gli esperti dei pm fiorentini hanno accertato, analizzando milioni di carte e documenti, che ci sono settanta miliardi e mezzo di lire che ingrossano l’impero societario di Berlusconi e di origini non decifrabile.
Una cifra enorme versata in gran parte in contanti e stimata dagli investigatori che cercano la risposta a una domanda in fondo semplice e inevasa da trent’anni: dove ha preso questi soldi l’allora rampante imprenditore Silvio Berlusconi per costruire un impero che regge ancora oggi e che ha segnato la storia economica, politica e sociale del Paese?
I magistrati di Firenze stanno indagando Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri nell’ambito dell’inchiesta sui mandanti delle stragi del 1993, coordinata dai procuratori aggiunti Luca Tescaroli e Luca Turco.
In questo contesto stanno seguendo la traccia dei soldi e la nuova consulenza accende i riflettori soprattutto su Dell’Utri, un uomo chiave in quegli anni dorati: il pupillo dell’ex cavaliere, che ha scontato la pena di sette anni perché ha svolto un’attività di “mediazione” e si sarebbe posto come “specifico canale di collegamento” tra Cosa nostra e il futuro premier.
Per i giudici Dell’Utri ha consentito ai boss di “agganciare” per molti anni Berlusconi, “una delle più promettenti realtà imprenditoriali di quel periodo che di lì a qualche anno sarebbe diventata un vero e proprio impero finanziario ed economico”.
I consulenti si soffermano a lungo sulle donazioni che Berlusconi ha fatto dal 2012 al 2021 a Dell’Utri, che ha incassato circa 28 milioni di euro. Versamenti che il fondatore di Forza Italia ha fatto per pura “amicizia e riconoscenza”.
Cifre che si aggiungono a quelle già note e pari a più di 4 miliardi di lire dal 1989 al 1994. Insomma, le “donazioni” a Dell’Utri sono andate avanti fino ai giorni nostri.
𝗜 𝘀𝗼𝗹𝗱𝗶 𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗽𝗮𝘁𝗲𝗿𝗻𝗶𝘁𝗮̀
Fino ad oggi tutti gli inquirenti si erano concentrati su alcuni finanziamenti arrivati tra il 1977 e il 1978 alle holding della Fininvest per 16,9 miliardi di lire.
Flussi di denaro che sono stati ricostruiti attraverso la cosiddetta “lista Dal Santo”: un elenco trovato nell’agenda di un commercialista di origine siciliana e sindaco revisore legato al Biscione.
Versamenti “in relazioni ai quali non sembrano disponibili informazioni circa l’origine ‘a monte’”.
Fin qui nulla di nuovo sotto il sole dell’impero di Berlusconi, indagato in passato a Palermo anche per riciclaggio e poi archiviato.
L’analisi, grazie alla “nuova produzione documentale”, alza il velo su altre operazioni anomale: e cioè una serie di acquisizioni di società da parte della Fininvest che pochi mesi prima del passaggio di mano sono state ricapitalizzate per miliardi di lire e anche qui senza nessuna traccia dell’origine dei soldi.
Ad esempio il 26 giugno del 1979 in «assenza di un apporto esterno di provvista finanziaria”, vengono acquisite da Fiduciaria Padana all’interno del gruppo Fininvest delle partecipazioni in Parking Milano 2, Società milanese costruzioni e Società generale costruzioni immobiliari.
Qualche mese prima le due società avevano aumentato il proprio capitale per un totale di sei miliardi di lire.
Ma attraverso quali fondi non è dato sapere.
Stesso discorso con l’acquisizione da parte di Fininvest della partecipazione in Cantieri riuniti milanesi e della Finanziaria commerciale: nessuna traccia dell’origine dei soldi “che hanno consentito di rappresentare un valore economico di 27,6 miliardi per la prima società e 20 miliardi per la seconda».
I consulenti indicano queste operazioni come «non meglio precisabili sotto il profilo quantitativo e della relativa provenienza”.
In totale sono 70 i miliardi di lire tra bonifici e capitali che Fininvest ha ricevuto nell’arco di pochi mesi e sui quali non si è riusciti a ricostruirne l’origine.
 
𝗜 𝘀𝗼𝗹𝗱𝗶 𝗱𝗶 𝗖𝗼𝘀𝗮 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗮
La prima inchiesta sui soldi era partita a Palermo quando ex mafiosi e testimoni avevano rivelato ai magistrati che i boss palermitani con a capo “il principe” 𝐒𝐭𝐞𝐟𝐚𝐧𝐨 𝐁𝐨𝐧𝐭𝐚𝐭𝐞, poi ucciso su ordine di 𝐑𝐢𝐢𝐧𝐚, avevano raccolto valigie piene di denaro frutto del traffico della droga e li avevano portati a Milano.
Collaboratori di giustizia hanno sostenuto che quelle somme, di cui solo Bontate sapeva la destinazione, fossero finite nelle società di Berlusconi.
Ma di questo passaggio di denaro fresco da ambiente mafioso alla Fininvest non vi è stata prova.
𝐆𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐁𝐫𝐮𝐬𝐜𝐚 ha raccontato nel 2010 ai pm di Palermo che un solo boss amico di Bontate, sopravvissuto alla carneficina di Riina e che aveva investito somme di denaro nella raccolta fatta dal “principe”, sarebbe ritornato nel 1982 a Palermo ed avrebbe minacciato di morte la famiglia di 𝐆𝐚𝐞𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐂𝐢𝐧𝐚̀, amico di Dell’Utri, per recuperare la sua quota dell’investimento.
Questo boss è 𝐆𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐧𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐆𝐫𝐞𝐜𝐨 e secondo Brusca avrebbe ottenuto ciò che chiedeva, perché era uno di quelli che sapeva dove erano finiti i suoi soldi.
𝗟𝗲 𝗱𝗼𝗻𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗮𝗹𝗹’𝗮𝗺𝗶𝗰𝗼 𝗗𝗲𝗹𝗹’𝗨𝘁𝗿𝗶
Di certo c’è che un manager chiave del successo della Fininvest in quegli anni ha un nome: Marcello Dell’Utri.
Il braccio destro di Berlusconi, che farà anche da garante del patto tra il rampante imprenditore milanese e la mafia che lo minacciava e gli chiedeva il pizzo.
Dell’Utri non ha mai messo in mezzo l’ex Cavaliere sia nel processo sulla mafia sia nei processi sui fondi sconosciuti arrivati a Fininvest. Da Berlusconi ha però ricevuto dal 1989 al 2021 grosse somme di denaro.
Tra il 1989 e il 1994 Berlusconi ha versato a Dell’Utri 4 miliardi di lire in varie forme: soldi ai quali si aggiungono 9 miliardi di lire di stipendi regolarmente erogati da Fininvest e 2 miliardi di lire come transazione per una causa di lavoro.
Fin qui la parte nota.
La nuova perizia però trova altre donazioni dal 2012 al 2021 per 28 milioni di euro.
L’8 marzo 2012 Berlusconi ad esempio versa sui conti intestati a Dell’Utri e alla moglie Ratti 20,9 milioni di euro per comprare Villa Camarcione, di proprietà dell’ex senatore: con quei soldi la moglie acquista un’altra villa a Santo Domingo.
Gli investigatori sospettano che la Villa dei Dell’Utri sia stata sopravvalutata: Berlusconi non ci metterà mai piede ma la intitola a sé stesso. Villa Berlusconi.
Il flusso di denaro Berlusconi-famiglia Dell’Utri si interrompe per qualche anno e riprende il 23 marzo 2015 con un bonifico di un milione di euro al figlio dell’ex manager, Marco Dell’Utri: soldi che saranno utilizzati ufficialmente per pagare gli avvocati del padre e per noleggiare uno yacht di lusso.
Il 2 agosto del 2016 arrivano altri due milioni di euro sul conto della signora Ratti.
Il 27 luglio 2017 500 mila euro, nel febbraio 2018 1,2 milioni, nel marzo dello stesso anno 800 mila euro, nel marzo del 2019 altri 500 mila euro.
E, ancora, nel gennaio 2020 1,2 milioni e nel giugno 2021 180 mila euro.
Perché Berlusconi continua a donare milioni di euro alla famiglia Dell’Utri anche in anni recenti?
Di certo c’è che collegate a primi versamenti i tecnici riportano nella consulenza alcune note degli investigatori in cui sostengono che «l’arco temporale in cui sono avvenute, è storicamente individuabile in quello delle stragi continentali, ma anche della nascita del partito di Forza Italia, dell’impegno politico di Berlusconi, del concorso di Dell’Utri nella nascita dello stesso partito».
E, non ultimo, “tra il 18 gennaio e il 21 gennaio 1994” c’è anche “il famoso incontro al bar Doney di Roma con Dell’Utri” poco prima dell’arresto dei fratelli Graviano.
Nella nuova consulenza si legge come non sia possibile confutare “le affermazioni di Berlusconi in relazione alle ragioni sottese a tali erogazioni, quali sostanziali atti di ‘amicizia’”.
 
 

“Da Berlusconi a Dell’Utri un vitalizio da trentamila euro al mese. E l’ex premier ha pagato anche le spese legali dell’ex senatore”

 

Dal maggio del 2021 Marcello Dell’Utri percepisce un vitalizio da trentamila euro al mese. No, non dal Senato, che al cofondatore di Forza Italia bonifica regolare assegno per le quattro legislature trascorse al servizio del Paese. Il vitalizio aggiuntivo viene bonificato sul conto di Dell’Utri dall’amico di una vita: Silvio Berlusconi. E l’ex premier ha pure pagato le spese legali dei processi affrontati dall’ex senatore. Lo racconta il giornalista Lirio Abbate su Repubblica, spiegando come i rapporti economici tra l’uomo di Arcore e il suo storico braccio destro siano al centro dell’esame della procura di Firenze. I magistrati che indagano sulle stragi del 1993 stanno analizzando gli “innesti finanziari” nelle società che hanno dato vita alla Fininvest.

Il quotidiano riporta ampi stralci delle oltre 500 pagine di una nuova relazione tecnica che esamina tutte le operazioni, considerate “anomale“, che erano alle origini delle fortune di Berlusconi. Sono vicende già ripercorse dalla prima consulenza fatta dalla procura di Palermo nell’ambito del processo di primo grado a Dell’Utri. L’ex senatore, come è noto, ha scontato una pena definitiva a sette anni di carcere per concorso esterno. È considerato il mediatore di un accordo tra Berlusconi e la mafia, che minacciava e chiedeva il pizzo all’uomo di Arcore. Fuori dal processo, però, è rimasta tutta la vicenda sulle origini dell’impero di Berlusconi, che a Palermo fu indagato per riciclaggio e poi archiviato. Ora la procura di Firenze ragiona anche su nuovi documenti acquisiti nel gennaio dell’anno scorso. E analizza i continui versamenti, per decine di milioni di euro, arrivati a Dell’Utri.

In una nota della Direzione investigativa antimafia si legge che questa continuità di versamenti è “sicuramente connessa a un riconoscimento anche morale, l’assolvimento di un debito non scritto, la riconoscenza, per quanto riguarda l’ultimo periodo”, dovuta a Dell’Utri “per aver pagato un prezzo connesso alla carcerazione, senza lasciarsi andare a coinvolgimenti di terzi”. Nelle carte della relazione ci sono alcune intercettazioni di Miranda Ratti, moglie dell’ex senatore che, come scrive la Dia, “ritiene di essere portatrice, e titolare, di veri e propri diritti economici verso Berlusconi“, e insiste per far capire “che il debito verso di loro è ancora aperto“. “È un fatto di principio, l’obiettivo va portato fino in fondo, io non mollo“, è una frase della donna, che aggiunge come alla base ci sia “una storia nostra”. Per la Dia c’è “la consapevolezza che tutte le loro richieste, assecondate da Berlusconi, trovano fondamento in una sorta di risarcimento di quanto hanno patito nel tempo per colpa sua, per averlo, probabilmente, coperto“. Secondo gli analisti della Dia di Firenze: “In quest’ottica scatta il ricatto“. A questo proposito viene riportata una confersazione tra Ratti e Simonetta Fossombroni, moglie di Denis Verdini: scrive la Dia che la consorte di Dell’Utri si lamenta del fatto che Berlusconi sta pagando chiunque mentre non ha ancora pagato i loro legali. “E, ma se uno non lo ricatta figlia mia…” dice Simonetta Fossombroni. “È quello il punto”, risponde Miranda Ratti.

Dalle nuove carte acquisite dai procuratori aggiunti Luca Tescaroli e Luca Turco emerge poi come le spese legali dei processi Dell’Utri siano state sostenute da Berlusconi. “La difesa dell’ex senatore dev’essere attenta e puntuale in quanto è anche la difesa di Forza Italia e di Silvio Berlusconi e pertanto se ne deve fare carico lui. Neanche concorrere nelle spese, ma proprio accollarsele tutte”, scrivono gli investigatori. Nella relazione viene riportata una conversazione tra lo stesso Dell’Utri e Alfredo Messina, tesoriere di Forza Italia. Secondo gli analisti della Dia dalla discussione emerge come “le richieste di Dell’Utri abbiano anche velatamente la funzione di ricordare, ad esempio, che pagare i suoi difensori è pagare anche la difesa di Berlusconi e di Forza Italia, quasi a significare che, al contrario, potrebbero esserci pericoli per l’ex premier“. Le parole dell’ex senatore e della moglie, secondo la Dia, “fanno ben considerare che alla base vi sia effettivamente una sorta di ricatto non espresso, ma ben conosciuto da tutti, e idoneo al persistere delle dazioni”. D’altra parte, proseguono gli investigatori, Dell’Utri ricorda più volte, quando parla dei suoi avvocati, che “questa difesa non è solo mia, effettivamente, sai che c’è dietro”.

In una lettera a Repubblica, pubblicata dal quotidiano, Marina Berlusconicomunque scrive che “ogni centesimo del nostro gruppo è stato creato dal talento, dal coraggio e dall’infaticabile lavoro di un grande imprenditore e dall’impegno di tutte le persone che con lui e dopo di lui hanno costruito il gruppo Fininvest. Lo dicono la nostra storia e il nostro presente, ma lo dicono anche tutte le inchieste che da decenni rovistano nei conti della Fininvest alla ricerca di infamanti e assurdi collegamenti. Inchieste che alla fine si sono concluse con l’unico risultato possibile: nei conti Fininvest non sono mai entrati una lira o un euro dall’esterno”. FQ 18.3.2023