«Il connubio tra politica e camorra è una miscela esplosiva, un furto di speranza»

 

30/04/2023  «Come Carmine Schiavone, Francesco Bidognetti, don Peppino Diana, anche Nicola Cosentino nacque a Casal di Principe. Un professionista serio, impegnato nel mondo dell’imprenditoria e della politica, non un furfante, un signore. Ma poi…». Don Maurizio Patriciello riflette sul caso Cosentino: «è stato condannato anche in Cassazione a dieci anni di carcere per concorso esterno in associazione mafioso. È stato ritenuto un referente del clan dei Casalesi. Dobbiamo ricominciare daccapo»

 

“Senza gli agganci con la politica saremmo rimasti solo una banda di delinquenti”, mi disse Carmine Schiavone, ex cassiere del clan dei Casalesi. Un camorrista spietato, cinico, banale, lo Schiavone. Collaboratore di giustizia, viveva in una località segreta. Gli scrissi una lettera aperta. Ci incontrammo. Fu, per me, un colloquio devastante. Mi parlò, per ore, dell’abbraccio asfissiante tra politica e camorra, un connubio maledetto che ha rovinato la nostra terra e le nostre vite. Come Carmine Schiavone, Francesco Bidognetti, don Peppino Diana, anche Nicola Cosentino nacque a Casal di Principe. Un professionista serio, impegnato nel mondo dell’imprenditoria e della politica, Cosentino. Un uomo in gamba, che seppe farsi strada, fino ad arrivare a ricoprire l’incarico di Sottosegretario di Stato all’Economia. Fu anche il Coordinatore di Forza Italia in Campania. Un pezzo grosso, insomma, un uomo di potere, al quale tanta gente guardava con rispetto e fiducia. Un vanto della nostra terra. Un volto pulito.

Poi le prime voci, i primi sospetti, i primi dubbi. Soprattutto per quanto riguarda lo smaltimento illecito dei rifiuti in Campania. Una storia penosa. Ma le voci sono solo voci. Non si può mettere una persona alla gogna per dei semplici sospetti. Ci si affida, fiduciosi, alla magistratura. Certo i tempi sono lunghi, il rischio della prescrizione è sempre in agguato, mentre schiere di avvocati scendono in campo. Fiduciosi, attendiamo. Si sa, nell’agone politico, non tutti sono gentiluomini; c’è anche chi tenta di sfruttare le disgrazie altrui per portare acqua al suo mulino. Senza contare le invidie, le gelosie, le piccole vendette personali.
Per noi, abitanti della “terra dei fuochi”, il “ caso Cosentino” non è stato solo un caso di mala politica. Le ruberie, gli imbrogli, il malaffare, in “terra dei fuochi” si sono tradotti, e si traducono ancora, in malattie e morte
. Il nesso di causalità tra l’illecito smaltimento dei rifiuti e la salute è stato confermato, nel febbraio del 2021, dall’Istituto Superiore di Sanità. Non solo, a preoccuparci seriamente è il timore che le giovani generazioni  vengano derubate del bene più prezioso: la speranza.

Don Peppino Diana, coetaneo di Cosentino, ha donato la sua vita per il riscatto sociale, economico, spirituale, della nostra terra. Era un prete, annunciava il vangelo, denunciava il male, dava fastidio.  Venne messo a tacere con quattro colpi di pistola. Dal seme marcito è nata una foresta di persone che continuano a lavorare e a lottare per il bene comune. Un lavoro immane. La camorra cambia continuamente pelle e lo Stato non sempre arriva in tempo. I ragazzi crescono in fretta, hanno bisogno di essere educati, aiutati, presi per mano. Necessitano di esempi buoni da imitare, in famiglia, nella Chiesa, nella scuola, nelle forze dell’ordine, nella politica. Una sola è la strategia vincente: mettersi insieme, rimanere uniti, senza alzare inutili barriere ideologiche. I ladri di cose e di denaro, pur dannosi per la società, impallidiscono di fronte ai ladri di speranza. Togli la speranza a un giovane e ne avrai fatto un uomo cinico, spento, senza passioni. Non deve accadere.

Per questo motivo ho sperato fino all’ultimo che l’ex onorevole Nicola Cosentino fosse innocente. Per poter continuare a dire ai miei ragazzi: « Vedete?  La camorra è una brutta bestia dalla quale dovete fuggire alla velocità del lampo. La politica, invece, è un’altra cosa. Nicola Cosentino non era un furfante, ma un signore…». Purtroppo, l’uomo di cui parliamo è stato condannato anche in Cassazione a dieci anni di carcere per concorso esterno in associazione mafioso. È stato ritenuto un referente del  clan dei Casalesi. “ L’un popolo e l’altro sul collo vi sta”. Amarezza immensa. Dalla poltrona alla cella. Dal potere alle sbarre. E mi ritornano in mente le parole di Shiavone alle quali avrei preferito non dar credito. Il vecchio capo dei camorristi mi aveva detto il vero.  Il connubio tra camorra e politica è devastante. Una miscela esplosiva. E noi, che sul territorio continuiamo a vivere e operare, ancora una volta, dobbiamo rimbocciarci le maniche e ricominciare daccapo. Senza smarrire la speranza. E nemmeno la pietà. Però, è proprio vero, fa più male un politico, un poliziotto, un magistrato, un prete corrotto, che mille camorristi messi insieme. 

 


Don Maurizio Patriciello nel mirino della Camorra