TRA LEGALE E ILLEGALE. LE MAFIE NEL GIOCO D’AZZARDO

 

Un giocatore alle slot machine

 

Azzardopoli, il paese del gioco d’azzardo

Non c’è crisi che tenga: il gioco d’azzardo – soprattutto quello online – cresce.
A dirlo è
l’Agenzia delle Accise, Dogane e dei Monopoli (ADM) che stima che nel 2022 gli italiani per le varie tipologie di gioco arriveranno a spendere fino a 140 miliardi di euro, con un aumento del 30%. Nei primi sei mesi di quest’anno la raccolta complessiva del settore dei giochi si è attestata infatti ad oltre 65,7 miliardi di euro (erano stati 48 miliardi nel 2021 e 55 miliardi nel 2019).
La
spesa, ovvero le giocate meno le vincite, è stata di 9,9 miliardi, contro i 9,7 miliardi del semestre precedente.
In crescita anche quanto arriva nelle casse dello Stato: quasi 5,5 miliardi nei primi sei mesi del 2022 contro i 5,4 miliardi del secondo semestre del 2021.
Miliardi di euro che arrivano nelle casse dello Stato e che alimentano almeno qualche contraddizione di fronte a quei tentativi dello stesso Stato di contrastare il fenomeno dell’azzardopatia.
D’altra parte, l’incessante crescita del settore giochi era già stata ratificata dal
Libro Blu 2021 di ADM (https://www.adm.gov.it/portale/libro-blu-organizzazione-statistiche-e-attivita-anno-2021) che aveva evidenziato come la raccolta dal gioco, dopo la flessione nel 2020, sia di nuovo risalita.
Ammontava infatti a 110,4 miliardi di euro nel 2019, era scesa a 88,2 miliardi di euro nel 2020 per poi
risalire nel 2021 a 111,17 miliardi di euro, in aumento di oltre il 25% e superiore anche al periodo pre-pandemia.
Un aumento dovuto soprattutto all’online, passato da 36,3 miliardi di euro del 2019 a 49, 2 miliardi del 2020 a 67,1 miliardi del 2021. Il gioco fisico scendeva invece dai 74 miliardi del 2019 ai 39 miliardi del 2020 per poi risalire a 44 miliardi nel 2021.
Con l’aumento esponenziale del gioco d’azzardo aumenta drammaticamente la ludopatia nel nostro Paese, con il suo enorme carico di disperazioni, di crisifamiliari e personali, di perdita del lavoro, di debiti, di attività illegali e di usura.
La ludopatia, come riconosce l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è una vera e propria malattia mentale, con sintomi specifici, con impulsi incontrollabili a giocare d’azzardo o a fare scommesse in denaro. Sul sito del Ministero della Salute si legge che la ludopatia è «l’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o di fare scommesse, nonostante l’individuo che ne è affetto sia consapevole che questo possa portare a gravi conseguenze». Da qualche tempo la ludopatia è entrata nei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza del Servizio Sanitario Nazionale.
Si tratta di una patologia che interessa tutte le fasce anagrafiche, dal pensionato ai giovani e giovanissimi, con una
media nazionale di spesa pro capite di oltre 1.400 euro.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità in Italia vi sono
1,5 milioni di giocatori “problematici”, 1,4 milioni di giocatori considerati “a rischio moderato” e due milioni di giocatori “a basso rischio.

L’Osservatorio Giochi d’azzardo 2021 di Nomisma ha certificato che nel 2020 il 42% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni ha fatto giochi d’azzardo/di fortuna, sviluppando nel 9% dei casi pratiche di gioco problematiche, con ripercussioni negative sulla sfera socio-emotiva e relazionale.
Maschio
, maggiorenne, frequenta istituti tecnici o professionali con rendimento scolastico insufficiente, residente al Sud, con familiari o amici anch’essi giocatori: questo è l’identikit del giovane “giocatore problematico”.
L’Osservatorio Nomisma sul Gioco d’Azzardo ha passato in rassegna anche le attitudini di gioco della
Silver Age, sottolineando come nel corso del 2020 sia stato il 25% degli over 65 a fare giochi d’azzardo o di fortuna, il 16% con una frequenza almeno mensile. Tra i player della Silver Age, è il 12% ad aver sviluppato un approccio problematico al gioco, mentre il 5% del target è considerato a rischio.
L’Osservatorio di Nomisma mette inoltre in evidenza aspetti
sentinella di possibili situazioni problematiche legate alle pratiche di gioco degli over65.
Il 13% dei
player dichiara di aver giocato col proposito di recuperare soldi persi e il 10% di sentirsi di colpa per aver giocato mentre l’1% ha chiesto prestiti o venduto qualcosa per aver i soldi da giocare (https://www.nomisma.it/gioco-dazzardo-in-italia-osservatorio-nomisma/).

Gioco d’azzardo che mentre impoverisce e porta alla disperazione tante famiglie, fa contemporaneamente la fortuna delle mafie, le uniche che ci guadagnano, oltre allo Stato.
È la Direzione Investigativa Antimafia a dirlo nella sua relazione semestrale presentata dal Ministro dell’interno e relativa all’analisi sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso del secondo semestre del 2021, sottolineando come lo specifico settore oltre che fonte primaria di guadagno verosimilmente superiore al traffico di stupefacenti, alle estorsioni e all’usura, rappresenta uno strumento che ben si presta a qualsiasi forma di riciclaggio (https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/420671.pdf). Come sottolinea l’Associazione Libera, quella del gioco d’azzardo: «È “la terza impresa” italiana, l’unica con un bilancio sempre in attivo e che non risente della crisi che colpisce il nostro paese. Benvenuti ad Azzardopoli, il paese del gioco d’azzardo, dove quando il gioco si fa duro, le mafie iniziano a giocare.
Ben 41 clan che gestiscono “giochi delle mafie” e fanno saltare il banco. Da Chivasso a Caltanissetta, passando per la via Emilia e la Capitale… Le mafie sui giochi non vanno mai in tilt e di fatto si accreditano ad essere l’undicesimo concessionario “occulto” del Monopolio di Stato
».

Non sono pochi, per fortuna, gli interventi regionali e comunali messi in atto in questi anni sul territorio per cercare di contrastare una diffusione selvaggia del gioco d’azzardo e non mancano interventi, soprattutto dell’associazionismo, del volontariato e del terso settore, sul fronte della prevenzione, dell’informazione, della formazione, del supporto (anche in caso di sovraindebitamento e di rischio usura) e della cura nei confronti di chi cade nel vortice del gioco d’azzardo patologico. Ad essere drammaticamente inerte rispetto al tema è invece la politica.

Il settore del gioco d’azzardo sconta una diffusa frammentazione delle misure di limitazione del fenomeno adottate negli anni da Regioni e Comuni nell’ottica della prevenzione e del contrasto della diffusione dei disturbi da gioco d’azzardo (in www.avvisopubblico.it è possibile rinvenire la normativa regionale sul gioco d’azzardo).
Da tempo si discute
di una legge delega di riordino del settore che dia certezze rispetto ad alcuni interrogativi ancora aperti, per esempio sulle concessioni per gli operatori del gioco, con bandi che consentano di superare l’attuale regime di continue proroghe, realizzando una pianificazione quantitativa e territoriale del gioco in Italia.
Una pianificazione che non può non considerare che la
proliferazione dell’offerta di gioco a cui si è assistito negli ultimi anni è il primo elemento di rischio rispetto alla diffusione dei disturbi da gioco d’azzardo e partire quindi dallariduzione dell’offerta di gioco, dal distanziometro e dalla limitazione degli orari di gioco.
Interventi necessari per tutelare soprattutto quelle fasce di popolazione che, per condizione socio-economica o per età, si rivelano più fragili di fronte al gioco d’azzardo.
L’obiettivo deve essere quello di garantire una maggiore omogeneità a queste misure, pur garantendo in ogni caso a
Comuni e Regioni la possibilità di intervenire con misure più restrittive, cogliendo gli spazi di interventi che da almeno un decennio la giurisprudenza amministrativa riconosce agli enti territoriali, i primi a fronteggiare anche le conseguenze del gioco sulla salute.
Sulla necessità di intervenire per una
legge di riordino è di recente intervenuta anche la Campagna Mettiamoci in gioco che sollecita Regioni e Comuni affinché chiedano a Governo e Parlamento una legge di settore attesa da almeno un decennio:https://www.mettiamociingioco.org/.
Una legge in grado di intensificare i controlli sulle società e di inasprire le pene per società non autorizzate e per il gioco illegale, di recidere i collegamenti che legano le attività del gioco d’azzardo alle attività tipicamente oggetto della criminalità organizzata (quali, ad esempio, prestiti a tassi usurari e riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite), di rendere effettivo il divieto di gioco d’azzardo per i minorenni (anche con un’attenzione particolare al fenomeno del gaming), ma una legge in grado anche di considerare un forte investimento culturale ed educativo, perché – come sottolinea Libera la fame dell’azzardo cresce laddove mancano da un lato concrete e dignitose opportunità di benessere, dall’altro la voglia d’impegnarsi per costruirle, a beneficio proprio e di tutta la comunità.

C’è però da domandarsi: ma uno Stato che lucra – e tanto – sull’azzardo avrà interesse a dotarsi di una tale legge?

22-12-2022 – di: Giovanni Caprio  VOLERE LA LUNA

 


Nel 2022 nuovo record del gioco d’azzardo, oltre 136 miliardi di euro

 

Cafiero de Raho, vicepresidente della commissione antimafia, «Il gioco legale può essere argine del gioco illegale, ma a condizione di una limitazione complessiva dell’offerta e dei punti vendita.
Già da alcuni anni il gioco online è la nuova frontiera di interessi criminali nell’azzardo». Milleottocentoventisette euro: è la cifra pro-capite in puntate d’azzardo ogni anno

Milleottocentoventisette euro: è la cifra pro-capite in puntate d’azzardoogni anno per un totale di 111,7 miliardi di euro. Una cifra abnorme che supera di misura i bilanci dei quasi ottomila comuni italiani.
Tuttavia, stando alla Relazione del Libro Blu dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), le stime per il 2022 fanno toccare un nuovo record.
Siamo a oltre 136 miliardi di euro in giocate. Secondo l’ADM l’aumento è dovuto all’azione di repressione del gioco illegale, ma le inchieste giudiziarie dimostrano invece come l’attuale organizzazione del comparto azzardo favorisca le mafie e come esse continuino a gestire parti del settore legale e illegale.
Sono alcuni dei dati emersi durante la presentazione dell’edizione aggiornata de “La pandemia da azzardo. Il gioco ai tempi del Covid: rischi, pericoli e proposte di riforma”, edito da Altreconomia. Il volume, discusso giovedì 8 giugno alla Camera dei Deputati, è curato da Claudio Forleo e Giulia Migneco per Avviso Pubblico, la rete di enti locali antimafia in collaborazione con Fondazione Adventum.
Al tavolo dei relatori, oltre agli autori, anche la Vicepresidente della CameraAnna Ascani, il Vicepresidente della Commissione Antimafia Federico Cafiero de Raho, già procuratore nazionale antimafia, Andrea Bosi, Vicepresidente di Avviso Pubblico e il deputato dem Gian Antonio Girelli.
“Il gioco d’azzardo è un fenomeno in crescita che evidenzia due aspetti preoccupanti: il primo è il noto coinvolgimento delle criminalità, aspetto trattato anche dalla Commissione antimafia; il secondo è l’aumento di persone affette da ludopatia che spesso sono le più fragili ed esposte a vere patologie da dipendenza – spiega in apertura la Vicepresidente della Camera Anna Ascani –. Serve sensibilizzazione e informazione dei gestori degli esercizi commerciali per prevenire il consumo eccessivo di prodotti da gioco in denaro e formazione di docenti ed educatori capaci di motivare gli studenti sul pericolo del gioco d’azzardo”.
“La pandemia da azzardo è un titolo azzeccatissimo sia per il libro che per descrivere la realtà in cui ci troviamo, soprattutto quella italiana – le fa eco il Presidente della Fondazione Adventum Franco Evangelisti – Il denaro, e il desiderio di averne sempre più, è il tema di questa educazione. Per questo come fondazione lavoriamo da anni per far conoscere il valore del denaro e quanto sia importante farne un uso corretto”.
“Ci sono decisioni su questioni aperte inerenti all’azzardo che la politica ha rinviato per troppo tempo. Criticità che le varie maggioranze, succedutesi nel corso degli anni, hanno contribuito a creare. La legalizzazione dell’azzardo aveva due scopi: limitare gli affari illegali e creare gettito erariale”, spiegano gli autori del volume.

“Sebbene il gettito arrivi copioso, sono incassi fittizi se andiamo ad analizzare gli enormi danni – economici, sociali, culturali – che l’azzardo sparge sui territori. La prima vittima dell’enorme offerta d’azzardo è proprio il comparto legale, troppo esteso e aggredibile da interessi criminali, come dimostrano decine di indagini. Ridimensionare non significa proibire, significa allinearci ad altri Paesi europei. Vuol dire tutelare i cittadini dalla dipendenza e gli operatori del settore azzardo dall’aggressione mafiosa”.
Quello italiano è un azzardo troppo grande per un paese che ha imparato presto a spendere fiumi di denaro senza nemmeno uscire di casa, o dalla scrivania del proprio ufficio. Un fenomeno che a dispetto di una pandemia messa quasi alle spalle, sconta il cosiddetto “effetto covid”. I lockdown hanno generato una strana entropia, spostando l’equilibrio dell’azzardo verso le giocate telematiche. La raccolta fisica è crollata sotto il 40 per cento, quella telematica ha superato il 60 per cento.
Ma l’azzardo, in Italia, coinvolge sempre più giovanissimi. Si conta che dei 12 milioni di conti gioco aperti nel 2021, 1 milione e 300 mila sono riconducibili a giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Un mercato gigantesco e difficile da controllare, nel quale operano anche le mafie che riciclano ingenti quantità di capitali accumulati illegalmente. Tanto che le maggiori agenzie investigative inseriscono l’azzardo tra i principali settori di interesse della criminalità organizzata, insieme al traffico di droga. La presentazione del libro è stata soprattutto l’occasione per discutere nel merito del disegno di legge delega al Governo per la riforma fiscale in discussione in Parlamento. “Dato il ruolo di Regioni ed Enti locali, richiamato anche nel corso delle audizioni e nei testi degli emendamenti alla legge delega, è assolutamente imprescindibile un loro diretto coinvolgimento nella concertazione sulle regole che investono da vicino gli enti territoriali”, spiega Andrea Bosi, Vicepresidente di Avviso Pubblico e assessore ai Lavori pubblici e alla Legalità del comune di Modena.
“La loro compartecipazione al gettito erariale non ci sembra sia una risposta corretta alle criticità legate al dramma rappresentato dalla dipendenza, ma rischia semmai di alimentare un circuito vizioso. Riteniamo – spiega ancora Andrea Bosi – che sia inconciliabile quanto si propone la legge delega: combattere la dipendenza da gioco d’azzardo mantenendo l’attuale gettito erariale garantito dall’attuale mercato. Il gioco legale va tutelato attraverso il suo ridimensionamento, nel numero dei punti vendita e nell’offerta di tutti i giochi”.  
“C’è una proliferazione di punti scommesse, soprattutto in territori e quartieri ad alto disagio sociale. È presumibile che dietro alcuni di questi punti scommesse si celino attività di riciclaggio della criminalità organizzata – chiosa Federico Cafiero de Raho, vicepresidente della commissione antimafia –. Il gioco legale può essere argine del gioco illegale, ma a condizione di una limitazione complessiva dell’offerta e dei punti vendita. Già da alcuni anni il gioco online è la nuova frontiera di interessi criminali nell’azzardo, sfruttando i mancati controlli da parte di alcuni paesi europei come Malta, Austria e Romania”. VITA 9.6.202


 

Giochi, nel 2022 lo stato incassa 10,3 miliardi (+22%) e gli italiani hanno speso quasi 20 miliardi

Scommesse, gratta e vinci ma soprattutto poker e casinò on line fanno tornare gli incassi

Dopo le chiusure forzate del 2020 i giochi tornano a correre e sul contatore dell’Erario fanno registrare nuove entrate per 10,3 miliardi. Ci si avvicina così ai livelli pre-pandemia: secondo i dati dell’industria del gaming, elaborati dall’agenzia specializzata Agipronews, nel 2022 lo Stato riscuoterà infatti circa 10,3 miliardi di euro, un dato inferiore (-9%) rispetto a quello del 2019 – quando l’Erario incassò 11,3 miliardi – ma nettamente superiore al 2021 (+22%), anno in cui l’onda lunga del Covid aveva fatto ancora sentire i suoi effetti su sale giochi e agenzie di scommesse, chiuse per circa 6 mesi.
Anche la spesa – cioè gli incassi depurati delle vincite – tende a stabilizzarsi: nel 2022 i giocatori hanno speso oltre 19,6 miliardi di euro, +2% rispetto ai 19,3 miliardi del 2019 e +28% rispetto ai 15,4 miliardi dello scorso anno.
Rispetto al 2019, però, cambia la distribuzione della spesa: il network dei punti vendita “retail” registra un calo complessivo dell’8,7% (da 17,4 a 15,9 miliardi), dovuto soprattutto alla flessione degli apparecchi da intrattenimento slot e videolottery, che nel giro di tre anni perdono il 17% (da 10,2 a 8,5 miliardi).
La ripresa del settore è trainata soprattutto dall’online: la spesa raddoppia nel giro di tre anni da 1,8 a 3,7 miliardi, trainata da poker e casinò – che passano dai 969 milioni del 2019 a 3,7 miliardi – e dalle scommesse, che registrano un aumento dell’89% (1,4 miliardi vs. 783 milioni).
Il mercato supera i valori di tre anni fa (131 miliardi vs 110 miliardi, +19,5%) ma con un diverso peso dell’online sul retail: i dati confermano lo spostamento di parte dei giocatori verso il web, anche se la forbice si restringe con la completa riapertura dei negozi. Il retail risale a quota 61,3 miliardi, mentre la raccolta del gioco online ha registrato 70,5 miliardi, il doppio rispetto ai 36,4 miliardi del 2019. SOLE 24 ORE


ALCUNI RISULTATI DI UNA RICERCA SULLA PRESENZA DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA DI STAMPO MAFIOSO NEI MERCATI DEL GIOCO D’AZZARDO. LO STUDIO, COMMISSIONATO DALL’ASL 3 DI TORINO E COFINANZIATO DAL CENTRO PER LA RICERCA SOCIALE PUBBLICA E APPLICATA ‘LUIGI BOBBIO’ DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO, HA APPROFONDITO IL RAPPORTO TRA SISTEMI DI REGOLAMENTAZIONE DEL GIOCO E ATTIVITÀ DELLE MAFIE.

 

Il lavoro si è concentrato non soltanto sugli attori criminali, ma anche e soprattutto sui processi di regolazione che interessano il gioco pubblico. È stata pertanto seguita una duplice prospettiva: una focalizzata sullo studio delle filiere di mercato alla ricerca dei fattori di contesto intorno ai quali si schiudono varchi per la penetrazione criminale; l’altra centrata sull’operatività delle mafie in alcuni settori di gioco specifici.
L’indagine si è basata sull’analisi sistematica e approfondita di trenta inchieste giudiziarie che hanno interessato diverse regioni italiane in riferimento sia al gioco su rete fisica, sia a quello a distanza, in grande espansione negli ultimi anni (nel 2021 ha registrato un aumento del 36% rispetto all’anno precedente, superando per la seconda volta consecutiva i volumi raccolti su rete fisica). A questa analisi è stata affiancata una campagna di interviste a testimoni qualificati.
Com’è noto, il mercato italiano del gioco pubblico presenta rilevanti dimensioni industriali ed economiche e risulta tra i più estesi e in crescita in Europa. Questo sviluppo è ascrivibile a scelte politiche che nell’ultimo trentennio hanno favorito l’allargamento dell’offerta di giochi per ragioni di bilancio pubblico, rimpinguato con i proventi dell’imposizione fiscale sugli ingenti volumi di gioco.
Vale la pena ricordare a tal fine che la regolazione statale è affidata in regime monopolistico all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Adm), ente che autorizza alcuni soggetti privati all’esercizio pubblico del gioco mediante il rilascio di concessioni. I concessionari operano quindi in mercati a concorrenza controllata che, a seconda dei vari tipi di gioco, disegnano articolazioni di filiera differenziate e con forti interessi organizzati, spesso confliggenti con quelli pubblici.

La permeabilità criminale

La riserva statale è perciò oggetto di numerose critiche, relative soprattutto alla produzione di esternalità negative quali la diffusione di disturbi derivanti dal consumo di giochi. Tra le tante questioni discusse, troviamo anche quella che riguarda la tradizionale fragilità del settore rispetto a infiltrazioni e interessi criminali. Un tema controverso, sul quale si è generato un dibattito polarizzato.
Da un lato, l’estensione dell’offerta di gioco legale viene concepita come argine alla diffusione di quello illegale; dall’altro, si sottolinea il crescente ruolo delle organizzazioni mafiose in questo tipo di attività, evidenziando un rapporto direttamente proporzionale tra l’allargamento dell’offerta legale e la crescita degli illeciti. A queste posizioni conseguono orientamenti più o meno restrittivi circa le forme di regolamentazione a cui sottoporre il mercato.
In realtà, i risultati della nostra indagine suggeriscono di ricondurre la questione della permeabilità criminale agli assetti istituzionali e regolativi, superando al tempo stesso la visione dicotomica del rapporto tra legale e illegale, che a sua volta sfocia in una fuorviante visione idraulica della relazione tra offerta e domanda di giochi leciti e illeciti.
I mercati del gioco d’azzardo sono infatti attraversati da elevati livelli di opacità e dalla presenza di diversi profili di illegalità che costituiscono fattori di vulnerabilità alla penetrazione delle mafie. Esse vi operano in modo variabile. Tra le forme più elementari di azione troviamo l’organizzazione di mercati clandestini. È il caso di fenomeni tradizionali come le bische, il totonero o le corse e scommesse ippiche illegali, che risultano tuttavia un ambito residuale di attività al quale le mafie affiancano una più complessa strategia di affermazione imprenditoriale.

Quattro tipi di infiltrazione

Le modalità maggiormente utilizzate dai mafiosi per infiltrarsi nell’economia legale dei giochi sono soprattutto di quattro tipi: il riciclaggio, l’acquisizione di società, la distribuzione di prodotti illeciti e il controllo violento del mercato. Le prime due attività sono trasversali e si manifestano, ad esempio, con l’acquisizione e gestione di sale in cui viene offerto gioco d’azzardo. Sulla distribuzione e imposizione – anche violenta – di prodotti leciti e illeciti si rivelano centrali invece gli apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro – le cosiddette slot machines – e il comparto del gioco online.
La differente operatività mafiosa è rintracciabile nelle diverse caratteristiche dei mercati e delle relative configurazioni di filiera. Gli ultimi due settori si distinguono infatti per la presenza di figure imprenditoriali intermedie, che agiscono con ampi margini di autonomia e rivelano un forte rapporto con il territorio, ma a cui non sono richieste particolari competenze manageriali né conoscenze specialistiche.
Per la penetrazione mafiosa nel comparto delle slot machines è rilevante il segmento di filiera dei gestori, soggetti che distribuiscono le macchine presso una molteplicità di esercizi commerciali come bar e tabaccherie. Con riferimento al gioco online risultano invece centrali i master, ossia gli agenti di vendita territoriali dei concessionari, il cui ruolo evidenzia la significativa dimensione fisica di un canale che teoricamente sarebbe immateriale.
Autonomia, bassa specializzazione e legame col territorio si configurano come fattori di debolezza di questi segmenti intermedi perché consentono ai mafiosi di far fruttare le principali competenze di cui dispongono. Essi investono in capitale sociale, risorsa per costruire alleanze con imprenditori del settore e con altri attori dell’area grigia come tecnici e professionisti, e ricorrono alla violenza quale strumento di regolazione del mercato al fine di eliminare la concorrenza e favorire i soggetti economici collusi, anche tramite l’imposizione dei prodotti di gioco leciti.

Attenzione ai Pvr e ai Ctd!

Accanto a questi ultimi le mafie gestiscono apparecchi e siti non conformi alle disposizioni di legge. È il caso delle slot modificate in modo da alterare i reali flussi di gioco per sottrarre denaro all’erario. Sull’elusione fiscale si basa anche la distribuzione di prodotti totalmente illegali come i videopoker o i totem, collocati solitamente negli stessi locali in cui sono presenti quelli legali.
Un meccanismo analogo a quanto si verifica per i cosiddetti siti “.com”, anch’essi privi delle autorizzazioni statali. L’accesso a queste piattaforme online è possibile sia in luoghi formalmente legali, come le agenzie di scommesse e i punti di vendita e ricarica (Pvr), sia nelle sedi territoriali di concessionari esteri, i cosiddetti Centri di trasmissione dati (Ctd). Su questi ultimi profili è opportuno soffermarsi.

I Pvr non sono infatti luoghi in cui si può fruire di gioco online ma semplici terminali che prevedono servizi collaterali per i consumatori. Essi tuttavia vengono utilizzati per coprire l’attività clandestina di somministrazione di siti illegali. I Ctd sono invece luoghi fisici simili alle agenzie di scommesse, ma che permettono il collegamento a siti di gioco riconducibili a operatori stranieri. La legittimità di questi ultimi a esercitare in Italia non è ben definita ed è motivo di controversie giurisprudenziali, dovute a irrisolte asimmetrie normative tra il diritto europeo e quello nazionale in materia di libertà di impresa.

Gli alti guadagni

Insieme a questi fattori regolativi, a spiegare la presenza mafiosa nel settore ci sono anche le ingenti possibilità di guadagno, investimento e reinvestimento per i clan in mercati estremamente remunerativi. Un altro elemento di forte attrattività è la debolezza dei controlli e il difficile accertamento degli illeciti da parte delle agenzie di contrasto, riscontrato nelle testimonianze raccolte durante la ricerca.
Al netto degli elementi comuni è comunque possibile rilevare differenze tra i settori maggiormente infiltrati. Se nel caso dell’online le mafie fanno ricorso prevalentemente a metodi fraudolenti, basati sulla sistematica evasione fiscale, l’aggiramento delle norme, la promiscuità tra attività legali e illegali, nel comparto delle slot è più frequente l’utilizzo dell’intimidazione, finalizzata all’imposizione dei prodotti presso gli esercizi commerciali. Il ricorso a metodi violenti è comunque circoscritto alle zone di tradizionale radicamento mafioso, dove i clan attingono alla consolidata reputazione criminale. Al contrario, nelle aree non tradizionali più frequente è l’adozione di metodi collusivi.

Reti transnazionali per l’online

Per quanto riguarda l’online appare infine decisivo il quadro di confusione normativa, che rende particolarmente vulnerabile il settore a pratiche che si muovono a cavallo tra legale e illegale, crinale lungo il quale i mafiosi sembrano trovare particolare agibilità. Le reti criminali che si sviluppano in questo settore tendono ad assumere una configurazione transnazionale, elemento che complica ulteriormente il quadro.
Giocano un ruolo infatti anche attori economici indipendenti, che operano in paesi stranieri in cui basse sono le barriere di ingresso al mercato dei giochi. Tale aspetto produce una proliferazione di figure, attive in un contesto opaco non soltanto dal punto di vista normativo ma anche in relazione alla circolazione del denaro.
Si rileva fondamentale così il ricorso ai paradisi fiscali e a sistemi tributari che agevolano l’occultamento di proventi illeciti. In tal senso, commercialisti e avvocati detengono il capitale umano indispensabile per agire in scenari complessi, dove risultano importanti anche le carriere di alcuni imprenditori specializzati a cui i mafiosi chiedono collaborazione.

Non solo mafiosi

Ad ogni modo, nel mercato dei giochi sono presenti molteplici forme di criminalità organizzata. Ciò suggerisce di rifuggire da uno sguardo focalizzato esclusivamente sui mafiosi e quindi di allargare il campo di osservazione alle reti di relazioni e di affari in cui sono inseriti.
Di fondamentale importanza risultano, come si è detto, i meccanismi di funzionamento delle filiere di mercato, come pure i fattori di contesto e i vincoli istituzionali. Alla luce di quanto emerso nell’indagine, anche il problema delle mafie – al pari delle altre questioni che interessano l’universo del gioco d’azzardo – richiede di essere affrontato attraverso un ripensamento complessivo della regolazione del comparto.

* Assegnisti di ricerca presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino

** Professore di Sociologia economica presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino

AVVISO PUBBLICO 18.5.2023 Rocco Sciarrone


 

 

LEGGI

 

 


IL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO


Disciplina giuridica del gioco e delle scommesse.


24.8.2023 Sale giochi in Lombardia, nuovo boom alle slot macchine e le imprese assumono

Nell’ultimo anno le aziende attive in Lombardia hanno incrementato del 5,78% i dipendenti. La raccolta nei locali fisici è tornata a salire dopo il trasloco sui siti internet durante il Covid

L’industria del gioco d’azzardo ha ripreso a correre nel 2022. Le 863 imprese attive in Lombardia sono tornate ad assumere.

La metà (398) lavora nel comparto relativo a slot machine e videolotterie, quella parte del settore che il Covid aveva messo in pausa con il lungo lockdown delle sale giochi. Secondo il “Percorso di studio sul settore dei giochi in Italia” condotto dalla Cgia di Mestre, in collaborazione con As.tro, gli addetti in Lombardia sono 1.600, un dato in crescita del 5,78% rispetto ai 1.522 lavoratori impiegati nel 2021.
Numeri persino superiori al periodo pre-pandemia: nel 2018 slot e videoterminali di lotteria occupavano 1.340 persone nelle sale gioco della regione.
L’indagine della Cgia, focalizzata in particolare sugli apparecchi da gioco (le slot e le videolottery), parte dalla stima del numero di addetti del comparto, realizzata sulla base di informazioni fornite dagli archivi camerali e dalla banca dati del Ries, il registro degli operatori di gioco dell’Agenzia Dogane e Monopoli, al quale i soggetti che operano nel settore sono tenuti a registrarsi. A livello nazionale lo studio evidenza una diminuzione di 2.328 addetti a fine 2022 (scesi da 47.336 a 45.008), il 5% in meno rispetto al 2021, con 1.314 aziende che nel giro di un anno sono uscite dalla filiera del gioco lecito.
In Lombardia , invece, il trend è positivo. Le imprese assumono perché la domanda è tornata a crescere con la fine dell’emergenza sanitaria. Il Covid aveva dimezzato le raccolte, l’ammontare complessivo delle puntate effettuate dai giocatori. Secondo il “Libro Blu 2021“ – il documento con cui l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli ha fotografato l’industria del gioco (dati aggiornati al 15 aprile 2022) – dai 14,5 miliardi del 2019 la quota del “gioco fisico“ d’azzardo dei lombardi era scesa a 7,2 miliardi nel 2020 per poi risalire velocemente sopra gli 8,5 nel 2021.
Analoga la curva delle vincite – scese da 11,2 miliardi a 5,2 nel 2020 prima d tornare a crescere (6,2 nel 2021) – e delle spese, la perdita di denaro provocata dalla differenza tra gli importi giocati e quelli vinti: nel 2019 i lombardi avevano bruciato 3,2 miliardi, 1,9 nel 2020, 2,3 miliardi nel 2021. Durante l’emergenza sanitaria, con le sale chiuse ci ha pensato internet a spostare una parte dell’industria del gioco: la raccolta online ufficiale è stata però di 5 miliardi, un terzo di quella fisica raggiunta nel 2019.
Il 2022 è stato l’anno del ritorno alla piena operatività, anche se gli imprenditori del settore hanno dovuto fare i conti con le conseguenze della pandemia e con le novità normative entrate in vigore nel biennio precedente. Tra queste, l’introduzione della tessera sanitaria per l’uso delle videolotterie, la riduzione del payout (la restituzione di una parte dell’importo giocato in caso di sconfitta) e l’aumento della tassa sulle vincite.


La relazione della Dia. «Azzardo prima fonte di ricavo dei clan» Dalla gestione dei centri scommesse all’investimento in sale slot, così la criminalità diversifica – .

«Le mafie tradizionalmente opportuniste e costantemente alla ricerca di nuove modalità di arricchimento considerano’ il settore del gioco d’azzardo ‘fonte primaria di guadagno verosimilmente superiore al traffico di stupefacenti, alle estorsioni e all’usura’ e ‘uno strumento che ben si presta a qualsiasi forma di riciclaggio’. Sono le parole molto chiare e preoccupanti della Direzione investigativa antimafia nell’ultima relazione al Parlamento. Affermazioni che confermano l’enorme affare dei clan su slot e scommesse, e la loro forte presenza nel mercato legale dell’azzardo. Infatti, aggiunge la Dia, ‘al fine di riciclare denaro provento da altre attività illecite, infiltrano l’economia legale attraverso l’apertura e la gestione diretta di ‘punti scommesse’, sia intestandoli a prestanome sia attraverso la compartecipazione delle società concessionarie, titolari dei ‘nulla osta’ dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli’.

Azzardo legale, dunque, e questo smentisce la tesi che questo tenga lontano le mafie. Invece è esattamente il contrario, perché secondo gli investigatori antimafia, i clan di ‘cosa nostra’, camorra, ’ndrangheta e mafie pugliesi, spesso alleate, ‘soci’ nell’affare, sono ben presenti nel mercato legale, ‘quello dei giochi e delle scommesse in concessione dello Stato che genera elevati e rapidi guadagni a fronte di bassi rischi. La mafia – denuncia la Dia – continua a investire consistenti capitali attraverso la gestione diretta o indiretta di società concessionarie di giochi e di sale scommesse o mediante l’imposizione di slot machine’. Così ‘risulta attivarsi per assumere la gestione dei centri scommesse riuscendo a realizzare un controllo diffuso sul territorio di competenza nel mercato legale dei giochi e scommesse on line sfruttando società di bookmaker con sede formale all’estero’.

E l’azzardo illegale è stato favorito dell’aumento esponenziale del mercato legale. Anche qui le parole della Dia sono chiarissime. ‘Non trascurabile poi l’interesse mafioso verso la gestione del gioco illegale, un settore che negli ultimi decenni ha avuto un notevole sviluppo grazie all’ampliamento dell’offerta di gioco da parte dello Stato a partire dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso. In tale ‘giro d’affari’ inevitabilmente, si creano ‘nuove opportunità’ per la criminalità organizzata sempre pronta ad infiltrarsi nella filiera del gioco lecito’. Insomma legale e illegale strettamente uniti e in mano alle mafie.

La Dia cita come esempio l’operazione ‘Game Over II’ della Polizia contro la mafia siciliana che ha confermato ‘l’esistenza di una forte compenetrazione tra l’attività dell’organizzazione mafiosa ‘cosa nostra’ e la gestione e distribuzione sul territorio delle sale gioco e scommesse in seno alle quali, quotidianamente, si muove una mole di denaro, spesso sottratta a qualunque forma di controllo legale e fiscale, di non facile quantificazione, che va a rimpinguare significativamente le ‘casse’ della associazione mafiosa fino a diventarne la più cospicua fonte di reddito degli ultimi anni.’

E questo avviene al Nord come al Sud. Come confermato dai collaboratori di giustizia ‘il ruolo della criminalità organizzata nel settore delle scommesse illegali si evidenzia nel Sud Italia perché la camorra ha i contatti sul territorio e quindi può imporre il gioco illegale ai bar ed anche quello legale, diversamente da quanto avviene nei territori del Nord Italia dove la diffusione sul territorio delle piattaforme illegali avviene per il tramite di una contrattazione diretta con il singolo esercente il quale riceve una parte del guadagno. Allo stesso modo per le piattaforme legali al Nord la trattativa avviene con ogni singolo esercente.

Dunque nelle aree della Campania e nelle altre aree del Sud dove vi è la criminalità organizzata basta parlare con il capo del locale clan di camorra o di ’ndrangheta e in quella zona avviene la diffusione delle piattaforme illegali e legali senza dover contattare i singoli esercenti’. Tutto in mano ai clan. Così ‘cosa nostra’ trapanese, gli uomini di Matteo Messina Denaro, sfrutta tutto il settore dell’azzardo ‘attraverso la tradizionale attività estorsiva ai danni delle società concessionarie oppure infiltrando e controllando direttamente società, punti scommessa e sale da gioco mediante l’intestazione fittizia a prestanome’. Ancora una volta legale e illegale in mano alle mafie. Con un’ulteriore grave conseguenza. ‘Il fenomeno dell’usura – denuncia la Dia – si conferma tra le forme delittuose più ricorrenti e spesso collegato allo sfruttamento della ‘ludopatia’ favorita dal sistema delle piattaforme online di gioco e scommesse’. E il perverso cerchio delle azzardomafie si chiude.  


I profitti delle mafie nel gioco d’azzardo

Negli ultimi trent’anni il giro d’affari legato al gioco d’azzardo è cresciuto in maniera tumultuosa in Italia, raggiungendo circa 110 miliardi di euro nel 2019. Oltre a essere cresciuto, il settore ha anche profondamente cambiato fisionomia.
Attraverso un processo di apertura regolata che ha abbattuto anche le barriere nazionali, sono comparsi giochi sempre più sofisticati e accattivanti. I giochi online hanno guadagnato terreno, passando dai due miliardi di euro giocati nel 2009 agli oltre 36 miliardi del 2019. Malgrado ciò, le slot machine (e le più attraenti videolottery, chiamate anche Vlt) installate nei bar o nelle sale scommesse raccolgono ancora la metà delle somme giocate. Un piatto molto ricco che attira gli appetiti criminali, compresi quelli di tipo mafioso. In effetti, nel settore del gambling le organizzazioni criminali si trovano da sempre a loro agio.
Tagliando con l’accetta, possiamo dire che in questa attività le mafie sono impegnate su cinque fronti diversi: riciclano denaro derivante da altri traffici; impongono beni e servizi (per esempio le slot machine) agli esercenti dei locali; estorcono denaro ai giocatori fortunati o lo prestano a usura a quelli sfortunati; truffano lo stato manomettendo gli apparecchi di gioco; investono in questo campo con società formalmente legali.
In che modo queste organizzazioni criminali sono riuscite a tenere il passo in un settore investito da cambiamenti così radicali e rapidi? Le indagini giudiziarie mostrano che hanno solitamente agito nei rami bassi della filiera, in particolar modo imponendo agli esercenti le loro macchinette “mangiasoldi”. Per le mafie, le slot machine sono un prodotto come un altro da usare per realizzare le estorsioni, mettendo a frutto le loro risorse e competenze distintive: l’uso specializzato della violenza e il controllo del territorio.
Al pari dei criminali comuni, le organizzazioni mafiose hanno poi truffato giocatori ed erario manomettendo i dispositivi di gioco o installando apparecchi clandestini. Col tempo, però, grazie alle contromisure messe in campo, è diventato sempre più difficile alterare il funzionamento dei dispositivi.
Per non essere espulsi dal redditizio settore, alcuni gruppi criminali, come quello finito al centro dell’indagine Black monkey, hanno allora provato a diversificare le proprie attività e a risalire la filiera, sia diventando produttori di dispositivi di gioco sia avventurandosi nel mercato dei giochi online, commercializzando in Italia accessi a siti illegali. Muoversi nei rami più alti, però, cambia le regole del gioco e la natura delle risorse necessarie per sedersi al tavolo. La violenza e il controllo del territorio non bastano più. Servono competenze informatiche, finanziarie e manageriali da acquisire sul mercato, retribuendole regolarmente.
In definitiva, “legalizzare la mafia”, come cantava tempo fa Francesco De Gregori, sembra esser stato uno degli esiti prodotti dalla “apertura regolata” del settore del gioco d’azzardo degli ultimi decenni. 

Vittorio Mete è professore associato di sociologia politica presso il dipartimento di scienze politiche e sociali dell’università degli studi di Firenze.

G. Corica, N. De Luigi, V. Mete, Mafie e gioco d’azzardo. Filiera imprenditoriale e dinamiche criminali, Quaderni di sociologia, 84 (2020)

16.8.2023 L’INTERNAZIONALE


 

 

A Como troppe slot 

COMO. Quando il gioco si fa duro_

 

 

 

 

 

 

 

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La ludopatia

Ultimo articolo di approfondimento sul tema del gioco d’azzardo e la ludopatia, a cura di Valter Brunetti, sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di Napoli.

 

Il gioco d’azzardo in Italia. La dimensione del fenomeno e gli interessi della criminalità organizzata

Parte prima

  1. Premessa

Chi oggi decide di affrontare il tema sempre più sentito del gioco d’azzardo legale – e quello connesso della ludopatia come nuova forma di dipendenza – può essere tentato da diversi approcci, attesa la complessità della materia, che impone nuove esigenze di sistemazione.
La dimensione economica e la diffusione sociale del settore del gioco di azzardo legale-avuto riguardo al volume della spesa complessiva-, spiegano l’interesse di soggetti pubblici e privati per il fenomeno.  Rileva, infatti, l’attenzione dagli Uffici preposti al contrasto alle attività della criminalità organizzata, interessata a moltiplicare proventi e a fare impresa dove più conviene, in una prospettiva di crescita del consenso sociale. Rileva, inoltre, l’interesse economico finanziario dello Stato alla disciplina del settore, sicura fonte di entrate, non essendo destinato a esaurirsi il flusso collegato al pagamento di tasse sulla speranza.
La diffusione sociale ha tuttavia imposto nelle più recenti analisi la considerazione dei costi sofferti dai più deboli (giovani e anziani) a rischio di nuove forme di dipendenza, di cui sarà necessario farsi carico. Chi scrive non può dimenticare che se la ludopatia è un fenomeno che merita attenzione in sede normativa, scientifica, giudiziaria, prima si incontra e viene il ludopatico, persona che, con la famiglia, vive un dramma. La dipendenza dal gioco di cui è vittima lede il suo diritto alla salute, viola la sua dignità e mette in pericolo con il patrimonio la sua vita relazionale. La diffusione della nuova dipendenza della ludopatia tra i giovani impone soluzioni nette sul piano normativo e su quello morale e culturale.

  • La rilevanza della dimensione economica del gioco.

I dati possono essere ricavati dalla pubblicazione di studi periodici dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Il 10 settembre 2021 l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha fornito al pubblico nel Libro blu per il 2020 i dati principali relativi alla Raccolta, Spesa, vincite e incassi erariali legati al mercato del gioco d’azzardo legale in Italia. Sebbene i valori risultino inferiori del 20% rispetto al periodo precedente la pandemia – quando risultavano attive le sale di gioco, di cui è stata disposta la chiusura al fine di limitare la diffusione del Covid 19 – il volume di denaro giocato in Italia nel 2020 è di 88,38 miliardi di euro.
Il totale della raccolta delle puntate mediante i punti di rete non a distanza è stato pari a 39,1 miliardi di euro.  Volendo segnalare il datoimmaginando un’ideale classifica, il primo posto nella raccolta da rete fisica va riconosciuto alla Lombardia. La Lombardia ha, infatti, contribuito con 7,204 miliardi euro; distanziata al secondo posto, la Campania con 4,349 miliardi di euro. Seguono il Lazio con 3,902 miliardi di euro e l’Emilia Romagna con 3,058.
Le chiusure delle sale gioco hanno tuttavia alimentato la raccolta online.  Nel 2020 la raccolta on line è stata pari a 49,2 miliardi di euro (+35% rispetto al 2019), pari al 55,7% delle giocate complessive in Italia. In media ogni italiano ha speso nel gioco legale circa 1.760 euro.
Risulta particolarmente attiva  la raccolta da giochi di carte o abilità per complessive 37,5 miliardi di euro; segue la raccolta legata a giochi da newslot e vlt per complessive 18,97 miliardi di euro; quella relativa a scommesse a base sportiva/ippica per 11,34 miliardi di euro, alla lotteria istantanea  ‘gratta e vinci’ per 8,17 miliardi di euro, al gioco del lotto per 6,41 miliardi di euro, alle scommesse virtuali e betting exchange  per 3,81 miliardi di euro, giochi numerici a totalizzatore per 1,26 miliardi di euro e, infine, al bingo per 0,92 miliardi di euro.
Dai dati aggregati forniti dall’Agenzia per illustrare il trend delle dimensioni del gioco, risulta che, a fronte di puntate per 88,3 miliardi di euro, i giocatori hanno complessivamente perso nel periodo considerato 12,96 miliardi di euro al gioco. Sebbene l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli non manchi di evidenziare anche il preoccupante dato del calo delle entrate erariali collegato alla flessione complessiva delle puntate in periodo pandemico – e, comunque, pari a 7,24 miliardi di euro – quello relativo alla raccolta delle giocate espresso nei vari prospetti del libro blu con riferimento alle tipologie di gioco spiega la rilevanza economica del fenomeno, peraltro collegato al solo gioco d’azzardo legale in Italia.  Un banale calcolo consistente nel sottrarre l’ammontare delle entrate erariali collegate al gioco d’azzardo legale (pari a circa 7,24 miliardi di euro) alla perdita della collettività dei giocatori (pari a circa 12,9 miliardi di euro), consente di individuare – malgrado la crisi pandemica e il sacrificio dei punti di raccolta della cd rete fisica – in oltre cinque miliardi di euro il “volume d’affari” complessivo di chi fa impresa nel settore.

  • L’interesse delle organizzazioni criminali.

La rilevanza economica della raccolta delle scommesse è evidenziata altresì nella Relazione annuale del 24 novembre 2020 sulle attività svolte dal Procuratore nazionale e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo 1° luglio 2018 – 31 dicembre 2019. La relazione dedica attenzione al tema dedicando un capitolo alla materia delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel gioco (anche) lecito.
Il Procuratore Nazionale evidenzia che, alla luce delle risultanze investigative acquisite nel tempo, l’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore delle scommesse sportive e dei giochi online risulta più volte documentato. Possibilità di fare impresa con prospettiva di elevati guadagni e rischi di reazione da parte dello Stato ridotti rispetto ad altri sistemi; controllo del territorio e implementazione del consenso sociale, spiegano l’interesse delle organizzazioni criminali nel settore.
Si legge, in particolare, nella relazione: ‘La criminalità organizzata mafiosa utilizza tale canale sia per riciclare capitale, sia come forma di impresa. Il settore consente, con facilità, di inserirvisi e di perseguire guadagni elevati, a volte superiori a quelli provenienti dal traffico di sostanze stupefacenti, ma con rischi di gran lunga inferiori, sotto il profilo della reazione da parte dello Stato. La lotta all’illegalità risulta infatti compromessa anche in ragione del grado di sofisticazione tecnologica di cui il mercato illegale può beneficiare, ricorrendo all’uso di hackers e di tecnici assai specializzati del settore.
Sono le associazioni di tipo mafioso, in particolare, a manifestare la più spiccata capacità di penetrazione, in ragione del pervasivo controllo esercitato sul territorio.
Anzi l’apertura o la gestione, diretta o mediata, di numerosi negozi di gioco, permette di rafforzare proprio detto controllo, incrementando anche il consenso sociale per i posti di lavoro creato attraverso i centri scommesse ed il relativo indotto. A questo consegue che la maggiore concentrazione dei fatti delittuosi accertati si registra proprio in quelle aree del territorio nazionale a maggiore indice di presenza mafiosa, fatte salve alcune eccezioni che hanno riguardato aree circoscritte del Nord Italia, in cui sono stati individuati alcuni punti scommesse comunque riconducibili a soggetti mafiosi.    
Si può forse affermare che Cosa Nostra,negli ultimi anni, ha fatto registrare il maggior interesse nello specifico ambito, ritenuto funzionale sia per l’attività di reinvestimento dei patrimoni illecitamente accumulati, sia per l’elevato volume d’affari registrato.
Al riguardo l’organizzazione non si è fatta scrupolo di tentare di accedere persino a finanziamenti pubblici per progetti contro la ludopatia: in un paradosso solo apparente, essa ha provato a lucrare contemporaneamente da una “cosa e dal suo esatto contrario”, da una parte promuovendo ed agevolando sempre più la possibilità di accedere al gioco d’azzardo, dall’altra operando per il contrasto delle patologie connesse proprio al gioco d’azzardo’.
L’analisi proposta nella Relazione consente di cogliere a fortiori i risultati – invero significativi – conseguiti dagli investigatori, che hanno evidenziato come la criminalità organizzata faccia impresa in questo settore, su tutto il territorio nazionale.
Essa fornisce argomenti a chi ritiene del tutto inadeguata alla lotta alla criminalità – e alla sua capacità di fare impresa e produrre ricchezza – la soluzione della legalizzazione e del controllo statuale delle condotte legate al mondo delle dipendenze. L’analisi in questione consente, infatti, di constatare che le organizzazioni criminali sono, comunque, capaci di fornire con il circuito illegale del gioco on line proposte alternative convenienti e appetibili, attraverso la garanzia del pronto pagamento e dell’anonimato. Il che dimostra che la legalizzazione delle attività che creano dipendenza non solo non è immune da infiltrazioni della criminalità organizzata, ma non elimina affatto il circuito illegale.
L’analisi induce, dunque, sin da subito, a formulare l’auspicio che, con la risposta repressiva, cresca l’attività di prevenzione e lo sforzo di garantire interventi sul piano culturale di promozione della persona umana, della sua dignità e di un uso responsabile della sua libertà.

Il gioco d’azzardo in Italia. L’intervento dello Stato e l’emersione della ludopatia

  1. La disciplina del settore dei giochi pubblici con vincita in denaro. Interesse fiscale dello Stato all’imposizione della tassa sulla speranza.

Lo studio degli interventi normativi che si sono succeduti nel tempo consente di ritenere il settore di rilevante interesse per lo Stato. Gli interventi normativi esprimono esigenze di diversa natura di volta in volta ritenute prevalenti.   Il sociologo Maurizio Fiasco, studioso della materia, ha fornito diversi contributi che evidenziano la opportunità di procedere alla periodizzazione degli interventi normativi. Il metodo aiuta a cogliere le logiche nel tempo sottese alla produzione delle norme.[1]

Di seguito si evidenziano le fasi degli interventi, in ragione delle esigenze considerate.

  1. L’esigenza di controllo dell’offerta.

In Italia l’offerta è tradizionalmente garantita dalla diffusione del gioco del Lotto, giocato sulle sei differenti ruote di Firenze Milano Napoli Palermo Torino Venezia sin dal 1863.  Il Gioco appartiene alla nostra storia. Ognuno è testimone per sé cosa significhi l’accostamento suggestivo tra eventi e numeri e se non sia vero che comunque il Banco alla fine vince sempre.

E’ significativo che la prima sistemazione della materia la si rinviene in un Testo Unico in materia di pubblica sicurezza nel 1931. Le disposizioni in esso contenute disciplinavano la materia, esprimendo la preoccupazione del legislatore dell’epoca per la pubblica sicurezza verso l’attività di gioco e di raccolta delle scommesse, l’azzardo essendo considerato un rischio sociale. In particolare, rileva la disposizione ex art 110 del TULPS che definisce le condizioni di liceità del gioco consentito e pone al comma IV divieti al gioco puramente aleatorio. Il TULPS prevede nella norma ex art. 86 e 88 che l’esercizio di un’attività di gioco debba essere autorizzato con licenza del Questore.   

Con l’art 1 del d.lgs. 14 aprile 1948 nr 496, lo Stato ha riservato a sé l’organizzazione, l’esercizio e il controllo dell’attività ludiche, prevedendo sia l’esercizio diretto che la concessione a soggetti privati appositamente selezionati in ragione di garanzie di idoneità. Nel primo dopoguerra in Italia lo Stato introduce e disciplina una serie di giochi, che iniziano ad arricchire l’offerta pubblica. Viene alla luce il concorso a premi del Totocalcio gestito dalla concessionaria Sisal ed istituito nel 1946. Nel 1948 viene istituto il concorso Totip e alla stessa Sisal viene assegnata in concessione la raccolta di scommesse legato al mondo dell’ippica. Viene nello stesso periodo regolamentata in concessione l’attività di 4 casinò (Casinò di Sanremo, Venezia, Saint-Vincent e Campione d’Italia).

b. L’azzardo diventa leva fiscale. Periodo 1992\2003 – Negli anni 90 l’Italia conosce una grave crisi valutaria. Essa costituisce l’occasione per avviare un nuovo processo di regolamentazione del settore, con il non celato scopo di favorire, in nome del gioco sicuro perché controllato dallo Stato, un travaso dei risparmi degli italiani nelle casse dell’erario. Nel 1992 si prevede l’esternalizzazione dei punti di raccolta (cfr. Fiasco 2010, nota 12\13).  Nel 1994 viene alla luce il gioco “Gratta e Vinci”, una lotteria che consente di conoscere immediatamente l’esito del gioco. La semplicità del gioco e l’azzeramento dei tempi di attesa dei risultati induce i giocatori alla frequenza nel rilancio, sino alla compulsività, per superare la delusione della perdita. Dal 1997 si assiste a una continua implementazione di giochi ovvero delle opportunità di raccolta di scommesse. Aumentano il numero delle estrazioni del Lotto (da una volta a settimana a due volte a settimana). Il 3 dicembre 1997 è istituito il “SuperEnalotto” che riportaun grande successo. Attrae l’entità delle somme messe in palio, malgrado l’assoluta improbabilità di estrazione dei numeri vincenti. Non è un caso che proprio nel 1997 anche sulla stampa si inizi a usare il termine ‘Ludopatia’. (cfr. M.C. Torchia, Ludopatia. Consulenza linguistica. Accademia della Crusca https://accademiadellacrusca.it).  

c. Nel periodo 2003\2009, lo Stato continua a utilizzare l’azzardo come leva fiscale. Si estende l’offerta regolamentata. Con il D.lg. 8 luglio 2002, n. 138 il legislatore disciplina l’affidamento all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) delle attività di organizzazione, esercizio e controllo dei giochi, delle scommesse e dei concorsi pronostici. Le disposizioni del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 31 maggio 2002 regolamentano per la prima volta la raccolta di scommesse effettuate per via telematica e a distanza sugli eventi sportivi.
Nel 2006 lo Stato prevede con il D.lg 4 luglio 2006, n.223 (cd. Decreto Bersani) che operatori esteri possano sul mercato italiano offrire giochi di azzardo on line. Il Decreto Bersani introduce due nuove tipologie di gioco: le scommesse peer to peer e i giochi di abilità.
Il terremoto in Abruzzo del 6 aprile 2009 – e la conseguente impellente necessità di reperire fondi per la ricostruzione – offre giustificazione per una nuova offerta pubblica di giochi d’azzardo.  Il D.lg 28 aprile 2009, n. 39 (cd Decreto per la ricostruzione)  estende l’offerta di giochi regolamentati dall’AAMS, prevedendo sale per il gioco del poker on line e per i  giochi di carte in modalità cash, in forma diversa dai tornei.   Con lo stesso decreto è prevista l’introduzione degli apparecchi VLT – ovvero terminali di videolotteria, sistema di gioco che genera in remoto combinazioni casuali vincenti, controllate a distanza in ambienti dedicati; e l’introduzione del Win for Life, ovvero una lotteria quasi istantanea.

d. Evidenza dell’emergenza sociale. La tutela dei minori e dei giocatori adulti fragili. Il riconoscimento della ludopatia.

Nel 2009 la legge del 7 luglio 2009, nr 88 (legge comunitaria per il 2008) prevede nuove disposizioni di disciplina del settore, con il dichiarato scopo di perseguire la tutela del consumatore e dei minori. Significativa espressione di un nuovo approccio alla materia – e verosimile conseguenza della emergenza collegata alla diffusione del fenomeno del gioco di azzardo pubblico e ai connessi fenomeni di nuova dipendenza legati al gioco – è la previsione, in capo ai concessionari, di obblighi con lo scopo di promuovere l’assunzione di comportamenti responsabili di gioco da parte dei giocatori mediante l’istituzione di un conto gioco personale – per la cui attivazione è necessario fornire il Codice fiscale – e conseguente autolimitazione obbligatoria per il giocatore di tetti limite di spesa. Le disposizioni mirano altresì alla tutela dei minori, favorendo l’adozione di accorgimenti volti alla loro esclusione dal gioco.
Nel 2010 la legge 220 prevede con le disposizioni ex art 1 co 78 e ss nuovi schemi di convenzione tipo per l’esercizio e raccolta di giochi pubblici, al dichiarato scopo –ritenuto meritevole dalla Corte costituzionale con sentenza nr 56 del 2015- di garantire con l’ordine pubblico, la pubblica fede e la trasparenza, la protezione dei minori e delle fasce di giocatori adulti più deboli, la protezione degli interessi erariali circa i proventi del gioco, il contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata.
Nel 2011 la Legge n. 111 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 recante Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria (G.U. n. 164 del 16 luglio 2011) all’ art 24, comma 23 – pure prevedendo disposizioni in materia di raccolta delle scommesse sportive ed ippiche e introducendo nuove forme del gioco del Lotto – ripropone il divieto per i minori alla partecipazione ai giochi pubblici in cui è prevista una vincita in denaro. La suddetta legge, “avvia procedure di analisi e verifica dei comportamenti di gioco volti ad introdurre misure di prevenzione dei fenomeni ludopatici.
Nel 2012 la ludopatia viene riconosciuta come patologia da gioco d’azzardo. Con il D.lg. 13 settembre 2012, n. 158 (cd Decreto Balduzzi) convertito in legge 189\2012 per la prima volta la ludopatia, individuata come Patologia da gioco d’azzardo, viene riconosciuta tra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Viene riconosciuto dunque al soggetto ludopatico, il diritto alla cura presso il sistema sanitario pubblico. Il legislatore prevede un Piano d’azione nazionale, allo scopo di contenere i messaggi pubblicitari di giochi con vincite in denaro che possano incentivare la pratica del gioco, su giornali e riviste nonché nel corso di trasmissioni televisive e radiofoniche o di rappresentazioni cinematografiche e teatrali, nonchè per internet; divulgare avvertimenti sul rischio di dipendenza, prevedendosi chiarezza nella indicazione della percentuale di probabilità di vincita. Il piano prevede un nuovo divieto di ingresso nelle aree di gioco ai minori di 18 anni, sanzioni amministrative per i trasgressori e l’intensificazione dei controlli sul rispetto delle norme; la predisposizione di una progressiva riallocazione dei punti di gioco e di raccolta tenendo in considerazione la presenza di aree sensibili ed infine. Il Decreto ha previsto la costituzione di un Osservatorio per la individuazione delle misure idonee per contrastare sia la diffusione del gioco d’azzardo che la dipendenza a suddetti giochi.
Con la Legge 23 dicembre 2014, n. 190, legge finanziaria per il 2015, nota anche come Legge di Stabilità 2015, è prevista la destinazione di 50 milioni di euro l’anno, a decorrere dal 2015, per scopi di prevenzione, cura e riabilitazione di soggetti affetti da dipendenza da gioco d’azzardo (DGA). Una parte di questo fondo, nel limite di 1 milione di euro per gli anni 2015, 2016 e 2017, è destinata alla sperimentazione di software per il controllo dei soggetti a rischio di dipendenza.  Con la stessa legge si prevede il trasferimento dell’Osservatorio, istituito con Decreto Balduzzi presso il Ministero della Salute, con una modifica della composizione per garantire la presenza di esperti in materia di ludopatia.
Considerazioni critiche sul funzionamento del sistema di prevenzione, sul corretto monitoraggio della diffusione della nuova dipendenza, sulla gestione delle risorse nell’interesse della collettività si rinvengono peraltro ancora nella relazione avente a oggetto “Il Fondo per il gioco d’azzardo patologico”, approvata con delibera 3 Dicembre 2021 della Corte dei conti.
Con la Legge 28 dicembre 2015, n.208, conosciuta come legge di Stabilità per il 2016 – che pure introduce norme in tema di prelievo fiscale – si prevede la riduzione dal 2017, del 30% il numero delle New Slot attive. E’ riproposto il tema del divieto di pubblicità. La suddetta legge ha affidato al Ministero della Salute, coadiuvato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, di organizzare e divulgare, presso gli istituti scolatici, campagne di informazione e sensibilizzazione sui potenziali rischi del gioco d’azzardo. La legge prevede nella norma ex art 1 co 946 che le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano adottino Piani Operativi Regionali per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione alle persone affette da gioco d’azzardo patologico, propedeutici alla ripartizione del fondo.
Il D.lg. 24 aprile 2017, n.50 prevede norme per la riduzione progressiva negli anni 2017 2018 del numero dei nulla osta degli apparecchi New Slot, già prevista nella Legge di Stabilità 2016. Risponde alla stessa ratio di contrasto alla ludopatia mediante la riduzione dei punti vendita del gioco d’azzardo l’Intesa Stato Regioni del 7\9\2007 che definisce direttive di cui gli enti locali dovranno tener conto nell’adottare interventi in materia.
Il D.lg. 12 luglio 2018, n. 87 (Decreto Dignità), convertito in Legge 9 agosto 2018 n. 96 tratta ex novo il tema della pubblicità, ponendo un generale divieto di pubblicità di giochi o scommesse dove sono previste vincite in denaro, e prevedendo un’eccezione per la promozione delle lotterie nazionali ad estrazione differita, delle manifestazioni di sorte locali e i loghi su cui è riportata la dicitura sul gioco sicuro e responsabile.  La trasgressione del divieto comporta da parte dell’AGCOM una sanzione amministrativa pecuniaria. La legge di conversione 9 agosto 2018 nr 96 del Decreto Dignità impone ancora, in funzione della promozione di un gioco responsabile:  l’indicazione della probabilità di vincita delle lotterie istantanee; l’affissione della scritta “questo gioco nuoce alla salute” su tagliandi delle lotterie istantanee, nelle sale da gioco e sugli apparecchi AWP ( Amusement With Prices – dette anche New Slot) e VLT; la previsione della necessità di accessi monitorati agli apparecchi AWP e VLT mediante uso delle tessere sanitarie, per impedire l’accesso ai minori.
La Legge 30 dicembre 2018, n.145 (Legge di Bilancio 2019) prevede la possibilità per gli enti locali di monitorare il rispetto delle proprie norme in tema di gioco d’azzardo che impongono gli orari di funzionamento degli apparecchi AWP e VLT presenti sul territorio mediante l’Agenzia delle Entrate. L’Agenzia delle Entrate ha sviluppato un’applicazione soprannominata SMART (Statistiche, Monitoraggio e Analisi della Raccolta Territoriale del gioco fisico) che consente un monitoraggio informatico  della distribuzione dei punti vendita dei giochi pubblici sul territorio e dell’offerta degli stessi a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale. L’applicazione consente di verificare l’illegale utilizzo ovvero la mancata disattivazione degli apparecchi per il gioco anche nelle fasce orarie nella quali, alla stregua delle disposizioni degli enti locali, ne era stato interdetto l’uso.
Nel 2019 il legislatore interviene in diverse occasioni sul settore, evidentemente consapevole della necessità di introdurre norme di contrasto alla criminalità organizzata. Viene così introdotto il Registro unico degli operatori del gioco pubblico come strumento abilitativo per coloro che svolgono attività in materia di giochi pubblici; nonché un sistema di garanzia di maggiore tracciabilità dei flussi di denaro, prevedendosi che le società che possono emettere carte di credito, operatori bancari, finanziari e postali non possono recapitare denaro a favore di soggetti, privi di concessione e licenza, che offrono nel territorio italiano giochi, scommesse o concorsi pronostici in cui è prevista una vincita in denaro. Tanto alla stregua delle norme ex art. 27 e ex art. 28 del Decreto-legge 26 ottobre 2019, n.124, coordinato con la legge di conversione 19 dicembre 2019, n. 157, recante: «Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili».
La Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Legge di Bilancio 2020), interviene in materia stabilendo norme di inasprimento di prelievo fiscale, così confermando un trend di crescita sin dal 2015 del PREU (PRelievo Erariale Unico) sulle slot machine e sulle vincite di alcune tipologie di gioco. Lo scopo dichiarato dal legislatore del 2019 è quello di accrescere la quota degli utili del gioco del lotto destinata alla conservazione e al recupero dei beni culturali.
Concorre in materia il potere di legislazione nazionale con la potestà legislativa regionale. La Corte costituzionale ha riconosciuto la conformità a Costituzione di detta concorrenza, ritenendo che la materia del gioco d’azzardo afferisse non solo alla materia dell’ordine e della sicurezza pubblica ma, soprattutto, a quella della tutela del diritto alla salute, garantito ex art 32 Cost. (sul punto cfr. Corte Cost. snt. Nr. 300\2011; snt. Nr. 108\2017; snt. nr. 27\2019). Norme regolamentari sono contenute in atti normativi degli enti locali, per la tutela di interessi comunque implicati (viabilità, sicurezza urbana, inquinamento acustico, quiete pubblica). L’analisi del complesso sistema delle fonti in materia – come rilevato anche nella richiamata relazione della Corte dei conti – evidenzia che oggetto di diffusa attenzione, nell’ambito delle misure idonee ad arginare il fenomeno, appaiono le norme che disciplinano le misure regolative previste in relazione alle distanze.  Le norme prevedono il rispetto distanze minime dei luoghi e delle aree dove sono previsti gli insediamenti degli esercizi commerciali nei quali si svolgono le attività di gioco, rispetto ai luoghi definiti “sensibili” (quali scuole, luoghi di culto, impianti sportivi). ‘Questo, perché è stato inteso correlare il posizionamento di tali strutture con i possibili rischi di dipendenza da gioco derivante da una offerta capillarmente, forse troppo, presente sul territorio, non dovendosi trascurare quel distanziamento virtuale che pure, nel ricorso alle scommesse previsto con modalità elettroniche, appare costituire un dato sempre meno secondario’.

[1] Cfr. M. Fiasco, Verso l’economia del gioco – Toward game economy, Il redattore sociale, 2010;  M. Fiasco, ‘L’azzardo di Stato sarà la nostra bolla, AA.VV.,  ‘Ma a che gioco giochiamo? Il gioco d’azzardo da problema sociale e di dipendenza a interessi economici, politici e criminali’ 2011; cfr anche Alessandra Faraudello, Il fenomeno del gioco d’azzardo: sintesi dell’evoluzione normativa in Italia in Il diritto.it  – 10 novembre 2020.

a. L’evoluzione normativa descritta nelle precedenti parti d questa riflessione, evidenzia una nuova attenzione del legislatore per i costi occulti sopportati dalla società a causa della politica non virtuosa promossa nel settore del gioco legale d’azzardo. Costi che si sono palesati con una tal evidenza che lo stesso termine ‘ludopatia’ ha finito per significare nel linguaggio tecnico del legislatore e nei testi di medicina meno di quanto la semantica potesse suggerire.
Invero, come evidenziato in una ricerca di Maria Cristina Torchia – studiosa specializzata in sociolinguistica e consulente linguistica dell’Accademia della Crusca (cfr. M.C. Torchia, Ludopatia. Consulenza linguistica. Accademia della Crusca https://accademiadellacrusca.it) – la ricerca semantica del significato del termine ‘Ludopatia’, partendo dalla origine latina e greca dei termini che lo compongono (ludus\ gioco e pateia\ sofferenza) approda alla conclusione che esso possa indicare ‘le forme in cui la tendenza al gioco, anche a giochi che non prevedono scommesse o esborso di soldi, degenera in comportamento patologico, compulsivo, reiterato ossessivamente’.  Il contributo di Maria Cristina Torchia, nell’evidenziare l’uso del termine ludopatia con valore di iperonimo rispetto a Gioco d’azzardo patologico, richiama il saggio sul tema del semiologo Stefano Bartezzaghi (Il gioco infinito. Forme, linguaggi, sconfinamenti, patologie, pubblicato nel 2008 nel numero 337 della rivista “AutAut”), interamente dedicato al tema del gioco. Evidenzia dunque l’autrice: ‘Sull’azzardo disponiamo di descrizioni letterarie, scientifiche e testimonianze personali: la rilevanza sociale del problema lo ha reso più riconoscibile.  Ma così come sarebbe sbagliato espellere i giochi d’azzardo dal novero dei giochi – sulla base di una moralistica considerazione della nobiltà disinteressata del gioco – un errore simmetrico e non meno rilevante sarebbe quello di confinare la ludopatia al solo ambito del gioco d’azzardo. Vere e proprie forme di ludopatia scacchistica sono, per esempio, quelle descritte in opere come la Novella degli scacchi di Stefan Zweig ( scrittore e drammaturgo ndr). Se dal punto di vista del trattamento clinico conviene che le diverse forme di ludopatia vengano ben distinte, dal punto di vista teorico andranno riassorbite nel quadro delle diverse degenerazioni del gioco che l’antropologo Roger Callois aveva delineato e previsto già negli anni cinquanta. Nello stesso saggio, come pure in altri interventi su questi temi, Bartezzaghi include nel novero delle ludopatie diversi possibili comportamenti di gioco devianti legati, per esempio, ai videogiochi, ai giochi di simulazione, a quelli in cui la competizione degenera in scontro fisico e, per quanto possa apparire improbabile, anche a giochi di tipo verbale’.
A fronte di tanto il termine ludopatia è usato dal legislatore nel meno esteso significato di malattia legata al gioco d’azzardo, ovvero come sinonimo di gioco d’azzardo patologico (G.P.A.). Il decreto-legge 158\2012 – convertito in legge 189\2012 e recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute – introduce, con la disposizione di cui all’ art 5, la disciplina dell’Aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con particolare riferimento alle persone affette da malattie croniche, da malattie rare, nonché da ludopatia.  Per quello che rileva, il comma secondo dell’art. 5 recita: Con la medesima procedura di cui al comma 1 e nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica, si provvede ad aggiornare i livelli essenziali di assistenza con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia, intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (G.A.P.)’.
Il legislatore ha, dunque, utilizzato il termine ludopatia attribuendo il significato meno ampio di gioco d’azzardo patologico, che in vero trova cittadinanza nelle classificazioni scientifiche. Si evidenzia ancora nel contributo di Maria Cristina Torchia che “fanno fede le versioni italiane del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, curato dall’ American Psychiatric Association) a partire dalla terza edizione, e della decima revisione dell’ICD (International Statistical Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death, redatta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità). Il lessema gioco d’azzardo patologico è stato scelto come termine tecnico della lingua medica italiana per tradurre il corrispettivo inglese pathological gambling in maniera esatta (gambling = ‘gioco d’azzardo’ vs play e game). Ludopatia è invece il traducente adottato come tecnicismo medico-scientifico in lingua spagnola: ha il vantaggio di essere più breve, trattandosi di una parola sola, ma è meno preciso dal momento che si perde il riferimento specifico alla componente dell’azzardo”.  Conclude, dunque: “(…) Sembra quindi corretto segnalare le preoccupazioni di chi, occupandosi di questi problemi da clinico o specialista, percepisce l’uso di ludopatia, in luogo del tecnicismo appropriato, come ambiguo e potenzialmente fuorviante”.

2. La tutela del ludopatico nel diritto giurisprudenziale. L’imputabilità del ludopatico. Il regime sanzionatorio più favorevole della continuazione per i reati. Non assimilabilità della Ludopatia allo stato di tossicodipendenza

a. Ludopatia e imputabilità

Il riconoscimento in epoca relativamente recente della ludopatia come patologia classificata non è indifferente per il nostro ordinamento. Se la patologia consiste in un’alterazione del meccanismo di controllo degli impulsi al gioco d’azzardo, si pone la questione della sua incidenza sulla imputabilità del ludopatico, ovvero sulla sua capacità di intendere e volere al momento del fatto. La cosa non è di poco conto tenuto conto di quanto previsto dall’art 85 cod. pen.: ‘Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. E’ imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere’. La mancanza di imputabilità al momento del fatto esclude la punibilità ex art 88 cp o comunque incide sulla entità della risposta punitiva, imponendo una diminuzione della pena da irrogare, ove la capacità di intendere e volere senza essere esclusa risulti solo grandemente scemata a causa dell’infermità sofferta, ex art 89 cp 

Sul punto rileva la decisione della Sesta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione del 18 luglio 2018 nr 33463. La sentenza pone il principio della possibile incidenza della patologia del Gioco d’azzardo patologico sull’imputabilità, sotto il profilo della incidenza sulla capacità del volere, pure dichiarando l’inammissibilità del ricorso per cassazione per ragioni formali avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 29\9\2016 di conferma della sentenza del Tribunale di Arezzo. I giudici di primo grado avevano condannato un dipendente della Asl di Arezzo che si era appropriato in tempi diversi di circa 16 mila euro, somme di cui aveva disponibilità per ragioni di ufficio. La difesa aveva proposto il tema della esclusione della imputabilità per effetto della ludopatia da cui l’imputato era provato fosse affetto al momento dei fatti contestati. La Suprema Corte, per quello che interessa, inquadra il Gioco d’azzardo patologico tra i disturbi della personalità consistente in particolare – alla stregua dei più recenti approdi della nosologia medica (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali o DSM nei suoi successivi aggiornamenti) – in disturbo del controllo degli impulsi e definito come comportamento persistente, ricorrente e maladattativo che registra una compromissione delle attività personali, familiari o lavorative. La decisione rileva nella parte in cui riconosce che il disturbo della personalità ben possa integrare gli estremi dell’infermità in grado di incidere sulla capacità di intendere e volere, escludendola o scemandola grandemente, purché ne sia provata la consistenza, intensità e gravità e si verifichi la condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale.

Il principio della possibile incidenza della patologia del Gioco d’azzardo patologico sull’imputabilità e dell’esclusione di ogni automatismo tra l’accertato detto disturbo della personalità e l’imputabilità è confermato ancora in una recente decisione della Suprema Corte di Cassazione. Rileva la decisione della seconda sezione penale della Suprema Corte nr 14467\2020. Nel caso di specie, la incapacità di intendere e volere era stata inutilmente vantata da un agente assicurativo ludopatico condannato per il reato di truffa consumata incassando premi versati da clienti cui aveva fatto sottoscrivere polizze mai emesse dalle Compagnie di assicurazione la cui intestazione risultava sul contratto.

La correlazione tra ludopatia e consumazione di illeciti – a riprova dell’attualità dell’emergenza – è segnalata anche nella diffusa e interessante relazione – già sopra richiamata –  approvata con delibera 3 Dicembre 2021 della Corte dei conti – Sezione Centrale Di Controllo Sulla Gestione Delle Amministrazioni dello Stato, ove per quello che interessa al f. 39 si legge: Inoltre, appare opportuno segnalare, che, nella più recente giurisprudenza della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativo-contabile, ricorrono, non raramente, casi di peculato o ammanco contabile, a fronte dei quali le difese invocano, a discolpa dei convenuti, la ludopatia da cui questi erano affetti. In nota sono ivi richiamati a titolo di esempio le decisioni più recenti cfr. Sez. giur. Sardegna, sentenza n. 352 del 4/11/2021; Sez. giur. Campania, sentenza n. 675 del 08/06/2021; Sez. giur. Emilia-Romagna, sentenza n. 104 del 25/03/2021; Sez. giur. Calabria, sentenza n. 243 del 15/07/2020; Sez. giur. Abruzzo, sentenza n. 60 del 6 giugno 2014”.

b. Ludopatia e istituto della continuazione

Il Gioco d’azzardo patologico in quanto patologia destinata a incidere sulla capacità di volere del reo e a predisporre lo stesso alla commissione di più reati è stata ritenuta compatibile con la sua capacità di ideazione originaria degli illeciti commessi, anche in tempi diversi, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. E’ noto che il legislatore ha previsto, con l’art. 81 comma II cp, un regime sanzionatorio più favorevole per il caso di commissione di più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in ragione della ritenuta minore pericolosità del reo.

Sul punto rileva la decisione della Prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione del 17 dicembre 2018 nr 56704. La sentenza pone il principio del possibile riconoscimento della più favorevole disciplina della continuazione anche con riferimento ai reati commessi da un ludopatico, imponendo al giudice di merito un vincolo a motivare se con riferimento al caso di specie la patologia oltre a predisporre il reo alla commissione di particolari reati, possa aver inciso in concreto sulla insorgenza di una determinazione originaria a commettere tutti o parte dei singoli reati, per i quali si chiede l’applicazione della disciplina della continuazione». La Corte ha, dunque, posto il principio per il quale: «la valutazione del giudice, […], deve svolgersi necessariamente sulla base dei dati emergenti dalle plurime sentenze di condanna, raffrontando i singoli fatti concreti nel periodo in cui sono stati commessi con il periodo di persistenza della situazione di ludopatia, anche alla luce dell’avvenuta cura successiva di tale stato».

c. Ludopatia e stato di tossicodipendenza

La sentenza rileva anche per avere statuito la non assimilabilità del ludopatico al tossicodipendente.  Il principio della non assimilabilità della ludopatia alla tossicodipendenza è ribadito in altre sentenze della Suprema Corte della Cassazione.
Da segnalare è la decisione della Prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione nr 866 del 20 aprile 2017 ( dep. Il 11\1\2018), cheesclude che in fase esecutiva, ex art 671 cpp primo comma ultimo periodo, lo stato di dipendenza patologica dal gioco d’azzardo si debba considerare come lo stato di tossicodipendenza ai fini del riconoscimento della continuazione tra reati per cui è condanna.
Nel caso di specie, la Corte pure prendendo atto che diverse condanne erano stato irrogate nei confronti di un ludopatico per reati contro il patrimonio consumati a breve distanza di tempo, non riteneva censurabile la decisione del Giudice dell’esecuzione. Il Tribunale di Bari aveva, nel caso di specie, assunto che la ludopatia – e la necessità di conseguire denaro per pagare debiti di gioco – poteva rilevare sul piano del movente dei delitti ma non poteva di suo costituire indice dell’unicità del disegno criminoso, inteso quale rappresentazione, già al momento della realizzazione del primo reato, degli elementi essenziali dell’illecito che si sarebbe successivamente commesso. La scelta, infatti, di pagare i debiti di gioco con i proventi dei reati non poteva implicare una predeterminazione, nelle loro linee essenziali, dei reati poi commessi.
La Corte ha dunque ribadito un principio di diritto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità: “Anche se il D.L. 158/2012, art. 5, coordinato con la legge di conversione 189/2012, ha introdotto un programma di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza “con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia, intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dalla Organizzazione mondiale della sanità (G.A.P.)”, la ludopatia, pur potendo avere in comune con la tossicodipendenza la dipendenza dal gioco d’azzardo, non diversamente peraltro da altre situazioni che creano dipendenza come il tabagismo, l’alcolismo e la cleptomania, affonda le proprie radici in aspetti della psiche del soggetto e non presenta, al momento attuale, quegli aspetti di danno, che l’esperienza ha dimostrato essere alla base dei comportamenti devianti cui, nell’ambito della discrezionalità legislativa, la modifica normativa sopra indicata ha inteso porre un rimedio”, pervenendosi al rilievo conclusivo che “in definitiva, l’estensione dei livelli di assistenza alle persone affette da ludopatia non ne ha comportato l’assimilazione alla tossicodipendenza, né consente, per la differenza che si riscontra tra le situazioni di base, il ricorso all’analogia” (Sez. 1, n. 18162 del 16/12/2015, dep. 2016, Bruno, n.m.).
Rileva ancora in tema di non assimilabilità della ludopatia alla tossicodipendenza una recente sentenza della Suprema Corte intervenuta in materia di sospensione dell’esecuzione della pena detentiva di cui all’art. 656 c.p.p., comma 5 e D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 90 e 94,. In particolare, la Corte di Cassazione penale, sez. I, con sentenza dell’8 ottobre 2021 n. 36709, riconosce alla ludopatia il rango di disturbo psichico compulsivo che determina dipendenza e disturbo psichico alla stregua dei parametri elaborati dal DSM V, che costituisce l’ultima versione del Manuale diagnostico dei disturbi mentali, pubblicato a cura dell’American Psychiatric Association (APA).  Stabilisce, tuttavia,  il principio per il quale la sospensione della pena è istituto eccezionale espressamente previsto per le sole ipotesi di dipendenza da sostanze stupefacenti e non applicabile ad altre patologie, quali la ludopatia, non previste. Tanto, conformemente alla giurisprudenza consolidata della Suprema Corte in relazione al cit. D.P.R., art. 90 (cfr. Sez. 1, n. 42562 del 06/11/2008, De Giovanni, Rv. 241719; Sez. 1, n. 12372 del 21/03/2006, Sitzia, Rv. 233861). In caso dunque di condanna  alla pena detentiva a pena non superiore agli anni sei per reati commessi dal ludopatico in relazione al proprio stato di dipendenza, il PM dell’Ufficio esecuzioni competente dovrà ordinare – sussistendone le condizioni di legge – l’esecuzione della pena e l’accompagnamento del condannato presso un istituto di pena, senza contestualmente ordinare la sospensione dell’esecuzione, per consentire al condannato la presentazione di un’istanza indirizzata al Tribunale di Sorveglianza per le ulteriori valutazioni, previste per i tossicodipendenti ex art 90 dpr 309\90.

Conclusioni. Esigenza di una risposta globale alla questione delle dipendenze

La Commissione parlamentare mista per l’infanzia e l’adolescenza ha pubblicato in data 23 febbraio 2022 un documento di sintesi dell’Indagine conoscitiva condotta sul problema delle dipendenze patologiche, denominato: ‘Le dipendenze patologiche diffuse tra i giovani’. Tra le dipendenze comportamentali la Commissione, nel considerare la dipendenza patologica da gioco d’azzardo, ne individua l’allarmante diffusione tra i giovani, alla stregua dei dati risultanti da uno studio della Deloitte e dell’Università Luiss Guido Carli, forniti nel contributo dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. L’analisi del profilo sociodemografico dei giocatori evidenza in Italia una prevalenza dei giocatori giovani. Il 47 per cento ha, infatti, meno di 35 anni. Si legge nella relazione: ‘I luoghi preferiti dagli italiani per il gioco online differiscono in modo significativo rispetto a quelli del canale tradizionale. In relazione a quest’ultimo, i bar e le tabaccherie sono ancora i luoghi di scommessa più popolari (67,3 per cento), al contrario, per i giocatori online, è il proprio computer il modo più popolare di scommettere (71 per cento). In netta crescita è la quota di chi gioca online tramite smartphone (si è passati dal 16,4 per cento del 2013 al 50 per cento del 2017). Questa tendenza risulta particolarmente rilevante per i giocatori più giovani (15-34 anni)’.
La insidiosità dell’offerta on line di gioco d’azzardo e la sua diffusione tra i giovani rende necessario e urgente in una prospettiva di riforma una risposta dell’ordinamento netta alle questioni poste dalle dipendenze. Una risposta non può che essere globale e deve dunque interessare sia il piano normativo ma anche quello culturale. Sul piano normativo, a livello nazionale e regionale, appare decisivo – con la crescita del coinvolgimento degli enti locali e delle istituzioni scolastiche nell’attività di prevenzione – una coerente e chiara esclusione del gioco d’azzardo pubblico dal novero degli strumenti di politica fiscale. Vi sono ragioni evidenti per ritenere l’immoralità di una tassa sulla speranza dei più deboli. Una buona normazione e un’efficiente azione amministrativa nel settore alimenterà l’affermazione di chiari principi e valori di riferimento. Esse hanno pertanto un’immediata incidenza sul piano morale e culturale. Sotto questo profilo è auspicabile che la risposta si traduca nell’attivazione di virtuosi sistemi, che finalmente riconoscano alla persona – come del resto lo stesso Costituente ha inteso affermare con chiarezza nelle norme ex art 2, 3 co II,  4 Cost –  il ruolo di  protagonista del suo pieno sviluppo nella società in cui vive,  in quanto capace di una corretta vita di relazione nell’interesse comune e di esercizio di libertà responsabile in una prospettiva segnata dal valore della solidarietà.

Valter Brunetti CENTRO STUDI LIVATINO


“Dipendenza senza droghe”: la ludopatia dilaga tra i giovani

La chiamano “dipendenza senza droghe”: è il gioco d’azzardo patologico, che rappresenta un fenomeno sempre più diffuso tra le giovani generazioni. Una crescente forma di sballo che preoccupa i genitori non meno di quella da sostanze stupefacenti. Lo sottolineano Bper Banca e Avviso Pubblico, che martedì 7 febbraio hanno tenuto a Torino un’ulteriore tappa del loro progetto “La Trappola dell’Azzardo” per sensibilizzare gli studenti.
“Parliamo di gioco d’azzardo perché è ovunque, nelle città in cui viviamo, nei dispositivi che utilizziamo. Ha invaso le nostre vite e, senza consapevolezza dei rischi, non è facilmente gestibile”, spiega Claudio Forleo, responsabile dell’Osservatorio parlamentare di Avviso Pubblico, ai ragazzi del liceo classico Massimo d’Azeglio. Secondo i risultati dell’indagine epidemiologica realizzata dall’Istituto superiore di sanità (Iss), risalente al 2018, ma la più completa per complessità a livello nazionale, si tratta di un fenomeno che coinvolge quasi un terzo dei maggiorenni. Con oltre 1 milione e mezzo di giocatori problematici e un fatturato annuo intorno ai 110 miliardi, l’Italia è il primo Paese in Europa in rapporto alla ricchezza, il terzo al mondo dopo Cina e Australia. La percentuale di problematici tra gli studenti tocca la soglia del 10% (circa 70mila), a cui si aggiungono altri 80mila ritenuti a “rischio”. La stessa età di iniziazione all’azzardo rappresenta un dato allarmante: il 40% ha cominciato tra i 9 e i 12 anni. “Nel nostro Paese c’è una febbre che brucia sul gioco d’azzardo”, afferma l’esperto.
D’altra parte, “le vie per azzardare” sono sempre più numerose: tra poker, casinò online, lotterie, lotti, slot, vlt e scommesse, l’offerta si fa sterminata. La stessa industria dei videogiochi è sempre più permeata dal gioco d’azzardo. Lo spiega Fabio Pellerano, educatore professionale presso un Servizio per le dipendenze della sanità pubblica di Torino, che insieme a Forleo parla di un “invito” da parte dello Stato: “Non serve che ci sia una propensione di fondo, perché è sempre più facile imbattersi in possibilità di gioco: il nostro Paese ‘te le tira dietro’”.
Del resto, questo è uno dei motivi per cui a Torino (e in Piemonte in generale) sono state istituite norme che impongono una distanza minima tra i luoghi dove l’azzardo è quotidiano e quelli frequentati da categorie sensibili, tra cui proprio gli studenti. Eppure queste misure non bastano, soprattutto a fronte dell’impatto del Covid-19 sulle abitudini dei giocatori. Le ricerche di Avviso Pubblico, in collaborazione con il Comitato nazionale per la ricerca (Cnr), mostrano infatti un’inversione di tendenza che rende sempre più difficile controllare la diffusione del fenomeno: se nel 2019 le persone giocavano soprattutto attraverso canali fisici, ora prediligono le piattaforme online.
Un altro problema è rappresentato dalle nostre percezioni troppo spesso distorte, che trovano terreno fertile nella scarsa informazione sul tema. Basti pensare alle probabilità di vincita: quelle di fare 6 al Superenalotto sono dello 0.0000002%, mentre i biglietti vincenti dei Gratta e vinci sono uno ogni 6 milioni (per quelli da 500.000 euro) e uno ogni 106.000 (per quelli da 100.000 euro). Statisticamente è molto più probabile essere colpiti da un fulmine nell’arco della nostra vita (1 su 10.000), eppure l’impressione generale è diversa. A diventare virali sono infatti le notizie di quelli che vincono, mentre “le storie di centinaia di migliaia di persone inghiottite dal tunnel dell’azzardo non finiscono sui giornali”, afferma Forleo.
C’è quindi più che mai bisogno di studiare, comprendere e approfondire il tema delle ludopatie, che rappresentano “una realtà insidiosa e sommersa, ma più diffusa di quanto possiamo immaginare”, spiega il dirigente scolastico Franco Francavilla. Da qui l’appello di Forleo e Pellerano a informarsi, condividere le informazioni e fare scelte consapevoli. Soprattutto, però, l’invito rivolto ai giovani è a non pensare di essere immuni: la dipendenza non si sviluppa per caso e “affidarsi alla fortuna è uno stile di vita perdente”.




TESTO


 

 MAFIA E GIOCHI


Azzardopatia. La mafia fa affari con l’azzardo «legale»

Sono circa sessanta i clan mafiosi che, dal Veneto alla Sicilia, fanno affari nell’azzardo legale e illegale. Un affare gigantesco, come sottolinea il nuovo procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho: «Quello del gioco d’azzardo, assieme al traffico di sostanze stupefacenti, oggi appare l’affare più lucroso col quale rimpinguare le casse delle cosche». IL DOSSIER

Numeri e parole che smentiscono lo slogan secondo il quale la legalizzazione dell’azzardo avrebbe tenuto lontano le mafia. Non è così. «Per troppo tempo infatti si era erroneamente creduto che se lo Stato avesse ampliato, controllato e gestito l’offerta del gioco lecito, si sarebbe contrastata la presenza dell’illegalità, sino a rendere il mercato del gioco improduttivo per la stessa. Il corso degli eventi, invece, ha sancito ben altro. I tentacoli dell’illegalità prosperano benissimo su un binario “parallelo” e con un giro di affari difficilmente quantificabile; la realtà incontrovertibile evidenzia come, a fronte di una maggiore offerta del “gioco legale” sia più semplice per i clan malavitosi trarre profitti attraverso pratiche di usura, riciclaggio, estorsione, imposizione». Lo denuncia il dossier “Gioco sporco, sporco gioco. L’azzardo secondo le mafie”, promosso dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca) e curato da Filippo Torrigiani, consulente della Commissione Parlamentare Antimafia e del Cnca.

Ecco come la mafia si finanzia con l’azzardo

I numeri parlano da soli. Nel 2016 solo l’Agenzia dei Monopoli ha accertato 223 violazioni penali, 1.687 violazioni amministrative, con 549 misure cautelari, 53 sequestri penali, 245 persone denunciate, 30 milioni di euro di sanzioni e 22 milioni di imposte accertate. «Tra i canali degli arricchimenti, come dimostra questo studio, uno dei più importanti è proprio il gioco d’azzardo – scrive nella prefazione, Luciano Violante, ex presidente della Camera e della Commissione Antimafia -. Esso consente anche un controllo dei bar, tabaccherie, sale gioco e quindi anche del territorio. È un polmone mafioso». E aggiunge che «se nessuno comincia a smettere la mafia continuerà a prosperare dissestando il tessuto civile, democratico e imprenditoriale delle nostre città». Un affare enorme a basso rischio. «Non va infatti dimenticato – si legge nel dossier – che, a fronte di rilevanti introiti economici, l’accertamento delle condotte illegali è alquanto complesso e le conseguenze giudiziarie risultano piuttosto contenute in ragione di un sistema sanzionatorio che prevede l’applicazione di pene non elevate». Mentre le mafie allargano i propri interessi.

Il «fiuto» per l’azzardo online e le “macchinette”

«Negli ultimi tempi si registra un interesse prevalente, da parte delle associazioni criminali, per il gioco online e per il settore degli apparecchi da intrattenimento, le cosiddette “macchinette”». Per le slot viene citata un’inchiesta della Dda di Caltanissetta che «ha acclarato che ogni singolo apparecchio “manomesso” ha garantito alle mafie circa 1.000 euro di guadagno per ogni settimana di esercizio». Per il l’online il dossier ricorda come sono più di 6.200 i siti illegali oscurati. Mentre da numerose indagini (nel dossier ne vengono ampiamente descritte 13) emerge che «la criminalità mafiosa ha operato enormi investimenti nel comparto online, tanto più acquisendo e intestando a prestanome sale destinate al gioco, oppure inserendo uno o più sodali all’interno delle compagini delle singole società di gestione del luogo, quali “preposti” o con altri compiti di rappresentanza, sia per percepire rapidamente guadagni consistenti (soprattutto se le regole vengono alterate per azzerare le già scarse possibilità di vincita dei giocatori o per abbattere l’entità dei prelievi erariali), sia per riciclare capitali illecitamente acquisiti».

Affari talmente importanti che si arriva a uccidere. Vengono così ricordati due omicidi avvenuti a Roma in epoca recente: quello di Angelo Di Masi, ucciso il 19 gennaio 2012 con una scarica di proiettili davanti alla sala giochi dove lavorava, e quello di Antonio Bocchino che gestiva le slot machine nei bar e locali del quartiere Casalotti, ucciso il 12 febbraio 2013. Sempre nel medesimo contesto è maturato l’omicidio di Donato Abruzzese, gestore di alcune sale giochi a Potenza, ucciso il 29 aprile 2013 da Dorino Rocco Stefanutti, esponente della criminalità organizzata locale.

Le proposte per contrastare l’azzardo mafioso

Cosa fare per combattere l’affare delle mafie? Il dossier ricorda le 23 proposte della Commissione antimafia. E tra queste in particolare «ridurre drasticamente la diffusione dei punti gioco, rendere più sicuri i rimanenti, alzare l’asticella degli standard antimafia e di moralità affinché sia omogeneo per tutti gli attori della filiera del gioco pubblico e legale, dal vertice a valle, dare agli enti locali poteri straordinari per gestire le emergenze sui territori, adeguare le norme antiriciclaggio», come sottolinea nella postfazione il relatore, sentore Stefano Vaccari. A questo punto davvero è giustificata la domanda di don Armando Zappolini: «Davvero vogliamo continuare a chiudere un occhio – anzi tutti e due – davanti all’impressionante scenario che emerge dalle tante informazioni presenti in questo dossier? Valgono davvero la manciata di miliardi di euro che lo stato ricava ogni anno da un business quasi senza controllo?».  Antonio Maria Mira AVVENIRE 5.12.2017

 

 

Mafie e gioco d’azzardo

  • 1 Le analisi contenute nel saggio si basano sulle acquisizioni empiriche raccolte nell’ambito della r (…)

1In questo articolo indaghiamo il ruolo delle mafie nel settore del gioco d’azzardo1. Sottraendoci a un’idea “mafiocentrica” della società e dell’economia (Sciarrone, 2019, 10), proveremo a individuare lo spazio occupato da diversi attori, legali e illegali, in questo complesso, articolato e remunerativo ambito dell’economia italiana. Come già alcuni contributi classici hanno messo in evidenza per il contesto americano (Albini, 1971; Block, 1980; Reuter, Rubinstein, 1982; Reuter, 1983), e come emerge anche dalla letteratura più recente (Lupo, 2008; Sciarrone, 2009; Spapens, 2014), il gioco d’azzardo è un campo di attività tradizionalmente frequentato da criminali di tipo mafioso. Ovviamente, essendo in bilico tra legale e illegale, il settore è preda di forme diverse di criminalità, più o meno organizzate e con finalità differenti (Bianchetti, Croce, 2007; Ferentzy, Turner, 2009; Savona et al., 2016). Tra queste, la più importante è probabilmente il riciclaggio del denaro sporco proveniente da altri traffici illeciti. Questo può avvenire sia attraverso una “ripulitura” dei soldi giocati nelle diverse attività del gambling (si immette denaro sporco nelle scommesse, si ricava denaro pulito dalle vincite), sia investendo nel settore dell’azzardo così come si investe in qualsiasi altra attività economica: acquisendo e gestendo punti scommesse, sale bingo ecc. Accanto al riciclaggio del denaro, i mafiosi possono frequentare alcuni segmenti del settore del gioco d’azzardo per estrarne risorse attraverso gli usuali meccanismi dell’estorsione. Il pizzo, com’è noto, può assumere forme differenti (Scaglione, 2008): dal versamento periodico di una somma di denaro, all’acquisto forzato di beni e servizi, fino all’imposizione dell’assunzione di persone gradite al gruppo criminale. Nel caso del gioco d’azzardo, l’estorsione può manifestarsi con la richiesta del pizzo o con la imposizione di beni prodotti o distribuiti dai mafiosi, come ad esempio il noleggio delle slot machine. I mafiosi, infine, possono estorcere denaro ai giocatori baciati dalla fortuna o, forse ancor peggio, possono prestare denaro a tassi usurai a giocatori incalliti e in difficoltà (Scaglione, 2012, 485).

  • 2 Al riguardo, Attilio Scaglione riporta alcune frasi di Giovanni Falcone dalle quali traspare quale (…)

2In Italia, per il peso e il ruolo che le mafie hanno nel panorama complessivo delle attività criminali, le diverse attività riconducibili al gioco d’azzardo sono state spesso teatro dell’azione di soggetti e gruppi mafiosi (Bianchetti, Croce, 2007; Scaglione, 2012; Calderoni et al., 2014; Berrittella e Provenzano, 2016). Diversamente dagli Stati Uniti, l’azione di tali gruppi mafiosi ha dovuto, per un lungo periodo, fare i conti con la retorica della “mafia buona” che non si contaminava con attività disonorevoli come la prostituzione, l’usura e, appunto, il gioco d’azzardo (Scaglione, 2012, 470). Ciò valeva soprattutto per Cosa nostra e per la ’ndrangheta nei loro territori di radicamento originario, dove le persone coinvolte in questo tipo di attività, come clienti o come imprenditori, erano considerate poco affidabili2. Valeva meno per i mafiosi che operavano in aree di nuova espansione, specie se agivano – come per alcune attività tipicamente fanno i mafiosi (Paoli, 2000; Sciarrone, 2019) – a titolo individuale e non come rappresentanti del gruppo criminale di cui facevano parte o al quale erano legati (Scaglione, 2012, 471).

3Questa ritrosia delle mafie italiane a frequentare il settore del gioco d’azzardo, perlomeno nelle aree a tradizionale insediamento, può dirsi oggi, a giudicare dalle risultanze investigative e giudiziarie, in larga parte superata. Oltre ai cambiamenti culturali che hanno investito le mafie, per le quali non è più ritenuto disonorevole impegnarsi nel gioco d’azzardo, il loro interesse si spiega probabilmente anche con le modifiche all’assetto regolativo e la rapida e significativa crescita economica del settore del gambling. In Italia, infatti, questo campo di attività ha recentemente vissuto trasformazioni radicali e tumultuose, ed è stato interessato da un processo di legalizzazione che lo ha portato a essere uno dei mercati legali dell’azzardo più dinamici al mondo (La Rosa, 2016).

4Visto che le capacità imprenditoriali delle mafie e il successo delle loro iniziative economiche variano grandemente a seconda del campo di attività considerato (Gambetta, Reuter, 1995; Jacobs et al.,1999; Lavezzi, 2008; Busso, Storti, 2011; Savona et al., 2016; Sciarrone, Dagnes, 2019), appare opportuno indagare quali aspetti del gioco d’azzardo attirino gli interessi mafiosi o lo rendano vulnerabile all’azione predatoria delle mafie. Da questo punto di vista, il gioco d’azzardo è un settore particolarmente interessante da considerare perché, nella sua evoluzione, mantiene alcuni tratti tradizionali e ne acquista altri, inediti e innovativi. Pertanto, mentre nelle attività più semplici (come il controllo dei locali in cui sono installate le slot machine) i mafiosi possono più facilmente mettere a frutto le loro usuali competenze e risorse, nelle attività più innovative o complesse (lo sviluppo del software che fa funzionare le slot machine o la definizione di strategie commerciali e finanziarie appropriate) i mafiosi sono chiamati a farsi strada in una selva di concorrenti altrettanto scaltri e agguerriti, alcuni dei quali ugualmente gravitanti in ambienti illegali, altri facenti parte a tutti gli effetti della filiera legale del gioco d’azzardo.

5Per contestualizzare il posto occupato dai mafiosi in questo campo di attività e indagare come essi si siano adattati alle trasformazioni che hanno interessato il settore delle slot machine, nel prossimo paragrafo si delineerà brevemente l’evoluzione del mercato italiano del gioco d’azzardo legale, sia dal punto di vista economico sia sotto il profilo della regolamentazione del settore. Questa operazione appare necessaria per poi individuare con più precisione in quali gangli della filiera si annidino gli attori mafiosi e quali attività essi svolgano.

6Partendo da questi presupposti teorici ed elementi conoscitivi, e sulla base di una rassegna delle principali vicende giudiziarie sul ruolo dei mafiosi nel gioco d’azzardo presentata nel paragrafo 3, è stata realizzata una ricerca empirica i cui principali risultati sono presentati nel paragrafo 4. La vicenda riguarda la più importante indagine giudiziaria condotta negli ultimi anni sulle ingerenze mafiose nel settore del gioco d’azzardo, c.d. “Black Monkey”, relativa soprattutto, ma non solo, agli apparecchi di intrattenimento, un comparto specifico e particolarmente importante e redditizio del settore del gioco d’azzardo. Oltre che per la rilevanza intrinseca della vicenda, la scelta del caso-studio si giustifica anche per la ricchezza del materiale empirico reso disponibile dall’indagine, il cui principale protagonista, Nicola Femia, ha deciso di collaborare con la giustizia. Ciò costituisce una circostanza molto propizia perché consente di portare alla luce meccanismi solitamente nascosti o comunque inaccessibili per il ricercatore sociale.

7Sul piano metodologico, la ricerca si basa sull’integrazione di diverse tecniche di ricerca sociale e sull’impiego di varie fonti documentali. In primo luogo, un’importante fonte è rappresentata dai documenti prodotti dalle istituzioni, quali la Commissione parlamentare antimafia (Cpa), la Commissione finanze della Camera dei Deputati o l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm). Tramite questi documenti è stato possibile tracciare le trasformazioni relative al funzionamento del comparto giochi e il dibattito economico e politico che lo ha accompagnato. Sono state consultate le relazioni semestrali della Direzione investigativa antimafia (Dia) e annuali della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dnaa) dal 2008 al 2018. Di alcune vicende emerse da questa disamina sono stati analizzati i rispettivi atti giudiziari (Tribunale di Bari, 2015; Tribunale di Napoli, 2009; Tribunale di Reggio Calabria, 2015a; 2015b). Relativa allo stesso decennio è l’ampia rassegna stampa tematica condotta a scala nazionale. Inoltre, sono state realizzate dieci interviste semi-strutturate a testimoni qualificati, tra addetti ai lavori, imprenditori e rappresentanti di categoria, politici nazionali e locali, esponenti delle agenzie di contrasto, dell’associazionismo e del terzo settore. I testimoni sono stati individuati in itinere, adottando la tecnica della palla di neve, grazie alle informazioni via via raccolte nella fase di ricerca sul campo. La ricostruzione realizzata attraverso questi passaggi ha consentito di individuare una vicenda ritenuta particolarmente significativa rispetto alle forme di illegalità e alle presenze criminali nella filiera imprenditoriale. La già citata operazione “Black Monkey” è stata approfondita con la strategia di ricerca dello studio di caso, attraverso l’analisi di materiale giudiziario e divulgativo pertinente e interviste ai principali testimoni della vicenda.

8La ricchezza, la rilevanza e l’accessibilità (rispetto agli strumenti tipici delle scienze sociali) del caso Black Monkey ne fanno, dunque, un campo di osservazione privilegiato per indagare alcuni aspetti delle ingerenze contemporanee delle mafie nel settore del gioco d’azzardo. A questo proposito, nelle conclusioni sarà possibile ricollegare le risultanze empiriche tratte dal caso di studio agli aspetti caratterizzanti il rapporto tra mafie e gioco d’azzardo messi in luce dalla letteratura sociologica. Sarà altresì possibile trarre alcune conclusioni sulle strategie adottate dai mafiosi per stare al passo con le profonde trasformazioni che hanno interessato il settore del gioco d’azzardo.

9Negli ultimi tre decenni il settore del gioco d’azzardo legale in Italia ha conosciuto una progressione rapida e significativa del suo giro d’affari, divenendo uno dei più fiorenti al mondo in termini di denaro giocato. Infatti, tra il 1990 e il 2019 il valore della raccolta complessiva, cioè il totale delle puntate effettuate dai giocatori in tutti i tipi di gioco legale, è aumentato più di 20 volte, passando da poco meno di 5 a circa 110 miliardi di euro (Adm, 2019, 82).

10Negli ultimi anni la crescita della raccolta è scaturita soprattutto dal ruolo di traino svolto dal comparto dei giochi online. A partire dal 2016, infatti, la crescita dei volumi di denaro investito nei giochi su rete fisica si è sostanzialmente arrestata, mentre la raccolta dei giochi a distanza è passata nell’arco dell’ultimo decennio da poco più di 2 miliardi (2009) a oltre 36 miliardi di euro (2019). Tuttavia, la rete fisica di raccolta si conferma ancora il mercato più importante, attirando due puntate di gioco su tre (ibidem). Un altro dato utile per comprendere meglio le caratteristiche del mercato dei giochi legali riguarda la capacità di raccolta di ciascun tipo di gioco. A svolgere un ruolo di primo piano sono soprattutto gli apparecchi da intrattenimento (Slot machine e VLT), in grado di raggiungere, nel periodo considerato, quasi la metà della raccolta complessiva del mercato (ivi, 83).

11La crescita del settore del gioco d’azzardo legale è stata favorita dal processo di “apertura regolata” del mercato, che ha portato ad una progressiva estensione dell’offerta – grazie anche alle nuove possibilità legate all’innovazione tecnologica – e all’incremento del numero di operatori privati, a cui è affidata in regime concessorio la gestione e la commercializzazione delle attività di gioco (Calvosa, 2013). Tale evoluzione si è affermata in un arco temporale abbastanza ristretto.

12L’avvio può essere rintracciato alla fine degli anni Novanta, con l’introduzione della doppia giocata del lotto, del superenalotto e con l’apertura delle sale bingo e delle sale scommesse. L’innovazione più rilevante è indubbiamente avvenuta nel 1998, attraverso l’introduzione delle scommesse sportive a quota fissa e della possibilità di scommettere su più eventi sportivi non connessi fra loro. La fase di consolidamento prende le mosse all’inizio del nuovo millennio. Dal 2004, con l’avvento delle new-slot (o AWP), il mondo delle slot machine ottiene riconoscimento legale, emergendo dalla clandestinità in cui era sostanzialmente rimasto confinato fino a quel momento. Un processo analogo si è verificato sul fronte delle scommesse sportive, legalizzando la possibilità di effettuare scommesse online, anche su eventi live. Un altro fattore determinante che ha favorito lo sviluppo del mercato dei giochi è stata, nel 2006, la liberalizzazione del comparto, in risposta alla richiesta della Commissione europea di aprire il mercato anche agli operatori stranieri. Tramite questo provvedimento sono state introdotte importanti novità nel settore: la graduale riduzione delle imposte, l’ammissione di giochi già esistenti sul mercato internazionale (come le scommesse peer to peer e i giochi di abilità online), il rafforzamento della rete di raccolta e l’apertura alla vendita non specializzata all’interno di bar o tabaccherie. Nel 2010 il mercato legale dell’azzardo si è arricchito ulteriormente, con l’introduzione delle video-lottery, e l’anno successivo si è giunti anche alla definitiva liberalizzazione del gioco on line.

13Sullo sfondo di questo processo di ampliamento dell’offerta di giochi e parallela apertura agli operatori privati, si compie dunque il passaggio da un approccio in larga misura ispirato ad una logica proibizionista, sebbene in molti casi tollerante nei confronti del cosiddetto gioco informale e ricreativo, ad uno contraddistinto dalla progressiva introduzione di elementi di legalizzazione, secondo la logica della gestione del rischio piuttosto che della sua negazione.

14La definizione del nuovo assetto regolativo individua anche gli attori della filiera del gioco d’azzardo legale e i rispettivi ruoli. Al vertice si colloca lo Stato, che attribuisce la gestione del settore all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (Aams). Nel 2012 l’Aams è annessa alla neonata Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm) che, per quanto riguarda il gioco d’azzardo, svolge un ruolo di regolazione e controllo sugli operatori del settore e di contrasto alle forme di illegalità. Al livello successivo si collocano i concessionari, a cui l’Agenzia affida la gestione del servizio. Si tratta di soggetti imprenditoriali privati, scelti attraverso gare pubbliche, che svolgono anche la funzione di raccolta degli introiti, stipulando contratti con i gestori degli apparecchi elettronici e affidando loro il mandato per la distribuzione e la gestione della raccolta. Alla base della filiera si trovano infine gli esercenti e gli operatori che erogano il prodotto-gioco al cliente finale (Gandolfo, De Bonis, 2011). La composizione della parte finale della filiera varia considerevolmente, tuttavia, al variare del tipo di gioco.

  • 3 Per le video-lottery la filiera appare più concentrata. Gestori ed esercenti coincidono poiché que (…)

15Nel caso degli apparecchi da intrattenimento – l’ambito più importante per volume di denaro giocato e su cui si focalizza questo contributo – l’organizzazione segue grosso modo la struttura presentata sopra. Dunque, al vertice troviamo l’Agenzia e i concessionari autorizzati, a seguire i proprietari o i detentori degli apparecchi e i gestori degli stessi. Questi ultimi provvedono alla distribuzione e all’installazione delle macchine presso gli esercenti e ne garantiscono la conformità di legge, in alcuni casi svolgono attività relative alla raccolta del gioco. Proseguendo verso la base, nello spazio tra gestori ed esercenti si collocano diverse figure, quali produttori, rappresentanti dei prodotti, manutentori degli apparecchi3.

16I provvedimenti assunti dal legislatore nel corso degli ultimi due decenni hanno senza dubbio facilitato l’espansione del settore legale del gioco azzardo, favorendo l’ampliamento e la diversificazione dell’offerta. Il nuovo regime di regolazione ha contribuito anche a ridurre lo spazio di mercato per un’industria dei giochi clandestini storicamente estesa e radicata nel paese, sostenendone l’emersione. Del resto, lo Stato ha costantemente basato i suoi interventi di policy sul contrasto del diffuso e radicato gioco illegale. Tuttavia, la raccolta illegale resta una quota rilevante del mercato italiano dell’azzardo e la difficoltà di garantire un sistema di controllo efficace all’interno di un quadro regolativo ancora poco coerente, esito soprattutto della stratificazione di leggi e provvedimenti, lascia spazio alla diffusione di numerose ed eterogenee pratiche di illegalità. Tra queste, come vedremo nel prossimo paragrafo, anche quelle di natura mafiosa.

  • 4 Si vedano, in particolare, le relazioni annuali della Dnaa e alcune Relazioni della Cpa che sarann (…)

17Le forme di illegalità che caratterizzano il settore del gioco d’azzardo – come testimoniato dalla letteratura presentata nell’introduzione e come si può altresì ricavare dalla documentazione prodotta dalle agenzie di contrasto del fenomeno mafioso4 – si differenziano innanzitutto in base al livello della filiera in cui si manifestano e al tipo di gioco considerato. A proposito degli apparecchi di intrattenimento, le pratiche più utilizzate riguardano la manomissione tanto delle macchine (per rendere l’alea di rischio più elevata rispetto a quella regolamentare, con maggiori possibilità di perdite per i giocatori e corrispondenti aumenti di entrate illecite per i gestori dei locali), quanto dei collegamenti tra i dispositivi degli apparecchi che contengono le informazioni sul volume delle giocate e il concessionario. Un’altra modalità fraudolenta consiste nell’installazione di dispositivi (cosiddetti abbattitori) che interferiscono nel collegamento telematico. A queste pratiche prevalenti si aggiungono l’attivazione di apparecchi clandestini, non censiti, la clonazione delle smart-card, la trasformazione di videogiochi o giochi di abilità in slot con vincita di denaro, attraverso l’installazione di una seconda scheda.

18Si tratta solitamente di pratiche di illegalità sviluppate da «associazioni criminali comuni, costituite dai produttori dei videogiochi che provvedono a rifornire locali pubblici e/o circoli privati, e dai gestori e noleggiatori degli apparecchi elettronici da intrattenimento installati a disposizione del pubblico, ma non a norma» (Dnaa, 2008, 316). Le pratiche illecite, tuttavia, derivano anche dall’interazione tra addetti del settore – imprenditori, esperti informatici e, in misura minore, funzionari pubblici e operatori delle società concessionarie – ed esponenti della criminalità organizzata.

  • 5 Un’attenta ricostruzione del profilo ibrido di Grasso, a cavallo tra camorra e imprenditoria, è co (…)

19Emblematico della rilevanza rivestita in questo campo dalla relazione tra imprenditori, più o meno legalmente riconosciuti, e figure della criminalità organizzata è quanto si ricava dalla documentazione dell’operazione “Hermes”, condotta nel 2009 (Dnaa, 2010, 326-328; 2011, 298-299). Centrale in questa vicenda è la figura di Renato Grasso5, condannato negli anni Novanta per reati di mafia, qui titolare di aziende di installazione e noleggio di video-poker. L’imprenditore intrattiene rapporti commerciali sia con gruppi mafiosi sia con altri soggetti imprenditoriali impegnati nello stesso settore. Il primo tipo di scambio riguarda soprattutto clan di camorra e si configura come un gioco a somma positiva: i clan impongono sul mercato locale le macchine di Grasso che, a sua volta, si impegna a elargire ai gruppi una parte dei proventi (Tribunale di Napoli, 2010). Rientra nella stessa prospettiva anche la collaborazione con un importante esponente della compagine casalese che, mentre è soggetto alla misura dell’obbligo di soggiorno nei pressi della Capitale, avvia un’attività di distribuzione di videogiochi e scommesse in una zona ancora non contesa da altri gruppi criminali, rivolgendosi proprio alla società di Grasso per rifornirsi degli apparecchi.

  • 6 La ricostruzione è tratta dall’operazioni “New line” (Dnaa, 2013) e “Imitation game”(Cpa, 2016b).

20Un’ulteriore declinazione delle pratiche illecite deriva dal rapporto tra mafie ed esperti del settore, in particolare informatici, nello specifico ambito del gioco on line6. In merito a queste relazioni, appare opportuno sottolineare l’emergere di organizzazioni suddivise per funzione e segmenti territoriali, legati reciprocamente da rapporti di subordinazione, e dotate di una «strategia aziendale imprenditoriale di alto livello» (Cpa, 2016b, 39). Al vertice delle organizzazioni – dedicate alla creazione e alla gestione di piattaforme web illegali per la raccolta di scommesse – vi sono gli amministratori di rete, che controllano l’intero funzionamento del sistema e sono i destinatari ultimi della raccolta. A seguire si trovano i soggetti che intermediano tra il vertice e la base della filiera, rappresentata da centri e corner scommesse o agenzie autorizzate. Questi centri di raccolta delle scommesse sono inseriti anche nel circuito legale, in quanto detentori dell’autorizzazione dell’Aams. Si configurano così due strutture parallele, una legale e una clandestina, della cui esistenza i giocatori sono spesso ignari. L’accordo è analogo a quello evidenziato per altre operazioni: gestione monopolistica delle piattaforme in cambio di percentuali sulle somme giocate.

21La dimensione reticolare e transnazionale che caratterizza le attività legali e illegali legate al settore del gioco è al centro dell’operazione “Gambling” del 2015, definita nella relazione del Procuratore nazionale antimafia del 2015 come «il paradigma dei rapporti ’ndrangheta-mondo dell’imprenditoria». Gli investigatori ricostruiscono il network di cui fanno parte diverse consorterie criminali – tra cui un gruppo di ’ndrangheta – esperti di varia nazionalità, aziende con sede a Malta, Panama e nelle Antille Olandesi e una rete commerciale composta anche da imprese riconducibili a Cosa nostra e camorra. La raccolta di scommesse è diretta a bookmaker e server stranieri, autorizzati da paesi con normative diverse da quella italiana. L’esercizio commerciale opera sostanzialmente come una sala scommessa, quindi come intermediario tra il giocatore e le società straniere, senza chiedere l’accreditamento degli scommettitori (Tribunale di Reggio Calabria, 2015a).

22Presentano caratteristiche simili tre operazioni condotte nel 2018 da altrettante Dda, poi rivelatesi interconnesse per dinamiche ed esponenti criminali coinvolti. Si tratta delle operazioni “Scommessa” (Bari), “Gaming offline” (Catania) e “Galassia” (Reggio Calabria). Questi procedimenti ricostruiscono «una rete tra criminalità organizzata barese, ’ndrangheta e mafia siciliana. L’attività, svolta in modo pressoché sovrapponibile dalle tre consorterie criminali, ha consentito una capillare infiltrazione dell’intero settore della raccolta del gioco […]. Una figura di rilievo è stata individuata nel cassiere del clan Capriati, esponente della famiglia Martiradonna ed ideatore di questa multinazionale delle scommesse» (Dia, 2019, 215). Anche queste vicende riguardano puntate di gioco su piattaforme informatiche illegali riconducibili a società con licenze straniere, raccolte in centri di scommessa nazionali.

23Infine, sono minoritarie le vicende relative ai rapporti di società concessionarie e funzionari dell’Aams con gruppi mafiosi. In relazione al primo fronte si può annoverare il rapporto “opaco” che lega la società concessionaria Gamenet ad alcuni personaggi vicini a gruppi di ’ndrangheta in Lombardia che, tra i diversi illeciti, aspirano a far rientrare la propria azienda tra le concessionarie dirette di Aams, ma sono bloccati dalle indagini della magistratura (Dnaa, 2012, 344). Mentre rientra nel secondo fronte il caso di corruzione di alcuni funzionari della direzione regionale siciliana di Aams da parte di un imprenditore ritenuto vicino a diversi gruppi di Cosa nostra. Il pagamento di tangenti è finalizzato a ottenere informazioni sui controlli e un iter facilitato per il rilascio delle concessioni per l’apertura di sale gioco.

  • 7 Sono presenti, ma minoritarie, le vicende in cui le consorterie mafiose gestiscono autonomamente g (…)

24In definitiva, il quadro che emerge dalla ricostruzione di queste indagini mette in evidenza alcuni elementi caratteristici del modo di operare della criminalità organizzata all’interno del gioco d’azzardo. Il rapporto tra mafiosi e operatori del settore si discosta dalle rappresentazioni stereotipate e semplicistiche offerte spesso dai media, basate sull’idea di una mafia che decide di andare alla conquista di nuovi territori e campi di attività senza incontrare particolari resistenze. In realtà, l’azione della criminalità organizzata nel campo del gioco d’azzardo risulta estremamente variegata e le relazioni che intrattiene con gli operatori del settore possono assumere diverse configurazioni. In primo luogo, il ruolo svolto degli attori mafiosi nella geografia del settore è perlopiù marginale. Appaiono invece determinanti le relazioni di chi possiede le competenze tecniche e manageriali. Dunque, i mafiosi impiegano le proprie risorse distintive – come la violenza e il potenziale di intimidazione7 – ma il know-how appartiene a specifiche figure professionali estranee ai circuiti mafiosi. In secondo luogo, è importante osservare che alcune figure che emergono dalle operazioni citate sopra si muovono tra le modalità legali necessarie per stare sul mercato e le pratiche illegali, passando dunque da un campo all’altro, partecipando o in alcuni casi elaborando sistemi economicamente più vantaggiosi nella sfera illegale del gioco. Si tratta di imprenditori che hanno esteso l’ambito dei propri affari dalla sfera legale a quella illegale, entrando in contatto con esponenti della criminalità organizzata. Infine, se consideriamo la filiera del gioco d’azzardo nel suo complesso, appare poco frequente il coinvolgimento delle società concessionarie o l’accesso a queste da parte di esponenti della criminalità organizzata. In definitiva, le indagini giudiziarie passate in rassegna collocano gli attori criminali prevalentemente sul versante intermedio e basso della filiera. Si tratta perlopiù di imprenditori titolari di aziende di noleggio, installazione e commercio di macchinette, proprietari di centri raccolta o webmaster di siti internet.

  • 8 Come sostiene la Cpa, l’operazione è all’origine del «più importante dei processi in corso per qua (…)

25Alla luce delle modalità di inserimento dei gruppi mafiosi nei diversi ambiti economici e del funzionamento dello specifico mercato del gioco tracciati nei paragrafi precedenti, è ora possibile approfondire alcuni aspetti delle presenze mafiose in questo settore. A questo proposito, come notato nell’introduzione, si è ritenuto opportuno individuare un caso-studio particolarmente ricco e significativo, la cui esplorazione consente di gettare luce sullo spazio occupato dai mafiosi nella gestione delle slot machine che, come si è visto, costituisce un’attività di grande rilevanza economica nel settore del gioco d’azzardo. La scelta è caduta sull’operazione giudiziaria denominata “Black Monkey”. L’indagine risale al 2013 ed è relativa all’attività imprenditoriale, lecita e illecita, di Nicola Femia nell’ambito delle apparecchiature elettroniche e del gioco on line8.

  • 9 La scelta della località è motivata dalla presenza a Ravenna del fratello Franco, già attivo nel s (…)

26Personaggio con «gravissimi precedenti penali» (Tribunale di Bologna, 2012, 15), Femia è ritenuto vicino al gruppo dei Mazzaferro, una ’ndrina di Marina di Gioiosa Jonica (RC). A causa di un procedimento giudiziario in materia di droga, dal 1996 è stato sottoposto a diverse misure giudiziarie di restrizione della libertà personale a seguito dell’attenuazione delle quali, nel 2002, si trasferisce a Ravenna9. Nella località romagnola Femia costituisce una propria organizzazione criminale di cui diventa il capo. La compagine risulta caratterizzata da una differenziazione interna, da rapporti con imprenditori, gruppi criminali di tipo mafioso (Tribunale di Bologna, 2017, 696 e ss.) ed esponenti delle forze dell’ordine.

  • 10 È probabile che ciò sia un effetto della progressiva emersione e legalizzazione del settore del gi (…)

27Lo spostamento dalla Calabria alla Romagna non coincide con l’avvio formale dell’attività nell’ambito del gioco d’azzardo, tant’è vero che dal 2002 al 2004 Femia non dichiara alcun reddito, mentre nel biennio successivo le cifre del conto corrente diventano consistenti e in buona parte derivate da versamenti in contanti (Tribunale di Bologna, 2019, 167). Seppur non esistano evidenze giudiziarie, secondo uno dei testimoni qualificati che ha condotto le indagini (Int. 8, Esponente forze dell’ordine), è ipotizzabile che in questa fase Femia lavori già con i primi modelli di videopoker in circolazione10. Si tratta di apparecchi che non possono restituire denaro, ma solo premi (come consumazioni da spendere all’interno dei locali), non hanno percentuali di vincita prestabilite e non comunicano gli introiti allo Stato, che riceve un pagamento una tantum tramite la Siae. Dal punto di vista normativo, in Italia questa fase è ancora caratterizzata da una sorta di ambiguità regolativa. Il gioco tramite questi primi apparecchi non è difatti né formalmente vietato né regolamentato in tutti i suoi aspetti.

28Tra il 2003 e il 2004, come ampiamente riferito in precedenza, si registra un momento di svolta per il settore: è la fase della legalizzazione e della regolamentazione delle new-slot, non priva di ombre. Da più parti è sottolineata infatti la possibilità che le maglie larghe della legalizzazione consentano di far emergere non solo chi agisce nel rispetto delle regole, ma anche chi non ha intenzione di adeguarsi al nuovo assetto normativo. Così illustra questa fase di passaggio l’esponente di un’associazione di categoria:

Negli anni Novanta arrivano i videopoker, ti dicono che il videopoker è un prodotto legale […]. La mia azienda allarga l’offerta e ai miei videogiochi affianco anche questi videopoker. Il videopoker è una macchina da guerra, ci mette gli occhi la criminalità. Allora qual è la differenza tra noi e loro? Che io ho i videogiochi e qualche videopoker, la criminalità ha solo videopoker e mette solo videopoker. A un certo punto succede che questo settore viene legalizzato, nella legalizzazione chi ti porti dentro? Ti porti dentro l’operatore che aveva la sala giochi, che costruisce, compra e mette l’awp perché è lecita. L’operatore vecchio di videopoker ci prova a mettere l’awp, poi si accorge che è tutta una cazzata: perché devo collegare la macchina a una rete dello Stato e guadagnare il 10% di quello che entra? No, io voglio guadagnare il 70% di quello che entra. Quindi rimango quello che ero prima, rimango dentro al settore, ma parallelo al settore, con un’offerta illegale (Int. 1 – associazione di categoria).

  • 11 La figura è costruita sulla base di fonti diverse e può essere scomposta in tre versanti. La parte (…)

29Il processo di legalizzazione, perfezionato dopo il 2003, identifica diversi attori e altrettanti livelli imprenditoriali nel settore del gioco lecito (si veda la parte centrale della figura 1)11. Come notato in precedenza, è specificatamente nella zona intermedia della filiera che si collocano gli attori criminali. Precisa al riguardo il rappresentante di un’associazione del terzo settore: «Sono coinvolti i proprietari delle macchine e noleggiatori ed esercenti. I noleggiatori sono quelli che ti possono fare avere le macchine taroccate […]. Sono i noleggiatori che, in accordo con gli esercenti, frodano» (Int. 3).

  • 12 Il ricorso alle intestazioni fittizie risulta necessario per salvaguardare il patrimonio da eventu (…)
  • 13 Le aziende che gravitano nell’orbita di Femia sono circa una decina e coinvolgono imprenditori sop (…)

30Anche le principali aziende riconducibili a Femia, intestate a figli e amici12, si collocano in questa parte della filiera, specificatamente in due segmenti relativi all’acquisto e al noleggio degli apparecchi new slot, e alla produzione delle schede da inserire in questi. Appartiene al primo segmento la maggior parte delle aziende considerate, come Las Vegas e New Slot. Rientrano nel secondo due imprese accreditate presso l’Aams, una come produttrice (Arcade) e l’altra come intestataria dei nulla-osta per la distribuzione delle schede informatiche (Astor). Quest’ultima vende le schede a diverse società, tra le quali rientrano quelle riconducibili a Femia13. L’accesso alla produzione gli permette di rivolgersi direttamente agli imprenditori che, come lui, si occupano di noleggio, saltando il passaggio presso i produttori di schede. Inoltre, l’attività delle due aziende consente a Femia di controllare un pezzo importante della filiera del gioco, così come rappresentato graficamente nella figura 

31Le pratiche illegali che caratterizzano la vicenda qui considerata, analoghe a quelle emerse in altre operazioni giudiziarie accennate in precedenza, appaiono perpetrate a prescindere dalla presenza mafiosa e, in questo caso specifico, prima dell’acquisizione delle aziende di produzione di schede da parte di Femia. Alcune figure che emergono dalle indagini, infatti, si muovono tra le modalità legali necessarie per stare sul mercato e le pratiche illegali, passando da un campo all’altro, partecipando o in alcuni casi elaborando sistemi economicamente più vantaggiosi nella sfera illegale del gioco. Si tratta di imprenditori o “paraimprenditori” che hanno esteso l’ambito dei propri affari dalla sfera legale a quella illegale, occupando di fatto ampi spazi economici (Dnaa, 2010, 336).

32Col passare del tempo, gli attori illegali modellano – o raffinano – le loro pratiche in base alle attività di controllo e di investigazione operate dalle agenzie statali. In particolare, le prime manomissioni sono esterne, visibili e riguardano l’hardware delle macchine (come l’introduzione della doppia scheda); in seguito ai controlli delle forze dell’ordine, le alterazioni si spostano sul fronte interno, sul software. Con questi meccanismi le frodi possono essere ai danni dello Stato, con schede che comunicano un giocato minore rispetto a quello effettivo, oppure a essere truffati sono prevalentemente i clienti e i commercianti, attraverso schede che alterano il ciclo delle vincite, attivandolo per percentuali minori rispetto a quelle previste.

  • 16 Come sottolinea l’esponente delle forze dell’ordine da noi intervistato, «Femia avrebbe tolto tutt (…)

34La compresenza dei due rami aziendali non sembra un problema nell’assetto imprenditoriale di Femia. L’introduzione del gioco on line non implica infatti la dismissione dell’attività di produzione e soprattutto di noleggio. Questo ramo della filiera comporta rischi economici ma, allo stesso tempo, consente a Femia di giustificare l’afflusso di denaro in contante derivante dal gioco on line16.

35Come si vede, il gruppo capeggiato da Femia mostra una grande capacità di adattamento al contesto normativo e all’evoluzione tecnologica di questo florido settore economico: è in grado di stabilire connessioni fuori dall’Italia per aggirare l’azione di contrasto, cambia la struttura societaria, applica nuove strategie per continuare a estrarre denaro dall’attività del gioco d’azzardo. Dai primi anni Duemila, le pratiche adottate scivolano sempre più verso il polo dell’illegalità conclamata. Uno slittamento che è probabilmente all’origine dei guai giudiziari che da lì a poco travolgeranno Femia insieme alla costellazione imprenditoriale da lui architettata.

36In questo articolo abbiamo provato a delineare lo spazio occupato dai mafiosi nella filiera imprenditoriale del gioco d’azzardo, in particolare nel ricco segmento delle slot machine. L’analisi delle vicende giudiziarie, così come sintetizzate nelle relazioni periodiche delle agenzie di contrasto, suggerisce che i mafiosi riescano ad occupare prevalentemente i rami bassi di tale filiera. È soprattutto nell’ultimo anello della catena – quello degli esercenti – che la presenza mafiosa diventa palpabile, sia attraverso l’estorsione monetaria sia con l’imposizione di slot machine di ditte “amiche”. Come mostra il caso-studio approfondito nel precedente paragrafo, le dinamiche criminali non riguardano però soltanto questa sfera e non si manifestano solo attraverso queste pratiche. Al di là della qualificazione giudiziaria di Femia – condannato per associazione mafiosa in primo grado, assolto per questa imputazione in appello e in Cassazione, che ha però confermato le condanne per gli altri reati – forme persistenti ed invasive di illegalità caratterizzano anche la parte centrale della filiera imprenditoriale del gioco d’azzardo. La scalata criminale verso i gradini più alti del settore si accompagna al processo di “apertura regolata” del mercato del gioco d’azzardo che, in tempi relativamente rapidi, da ambito sommerso diventa pienamente legale. Ciò incide sulle caratteristiche del contesto in cui il gruppo criminale era abituato ad agire. Il settore diventa allora ibrido, con alcuni aspetti tradizionali (il controllo delle sale slot) che si intrecciano con i cambiamenti tecnologici e organizzativi descritti nei paragrafi precedenti. Anche a causa delle contromisure adottate dalle agenzie di contrasto, le vecchie pratiche illegali diventano di colpo impossibili da realizzare o sono comunque molto rischiose. La combinazione di queste trasformazioni pone l’organizzazione capeggiata da Femia di fronte a un bivio: essere espulsa dal settore del gioco d’azzardo o provare a fare un salto di qualità, risalendo verso i rami intermedi della filiera. Come visto nel precedente paragrafo, è questa seconda strada ad essere battuta.

37Dunque, per riprendere alcuni punti teorici toccati nell’introduzione a proposito della diversa capacità dei mafiosi di frequentare settori economici differenti, Femia dà prova di sapersi muovere anche in un segmento imprenditoriale che smette di essere semplice e tradizionale e diventa più sofisticato e complicato, sia sul piano tecnico sia in termini di organizzazione aziendale. La nuova configurazione del settore richiede ora la collaborazione di tecnici informatici per lo sviluppo dei software di gioco, di aziende produttrici delle schede da installare nelle slot machine, di sedi d’impresa dislocate in paesi esteri che permettano di neutralizzare l’azione delle agenzie di contrasto. Femia fa tutto questo, ampliando la sua rete criminale, tesa tra legale e illegale, che configura un’area grigia non particolarmente articolata (Sciarrone, 2011; Sciarrone e Storti, 2019). Dall’indagine non emergono, infatti, contatti con la sfera politica né relazioni collusive, che pure sarebbero state utili, con i soggetti regolatori posti ancora più a monte della filiera. Figurano invece rapporti di scambio – in alcuni casi violenti e con metodi estorsivi, in altri pacifici e collaborativi – con soggetti imprenditoriali che occupano grosso modo il suo stesso livello nella filiera, con qualche esponente delle forze dell’ordine e con liberi professionisti disponibili a fornire consulenze sulle intestazioni fittizie dei beni e sui controlli amministrativi presso le sale giochi. I consulenti così come i collaboratori – ai quali sono attribuite diverse funzioni, dal recupero dei proventi degli illeciti, all’intestazione fittizia di qualche ditta – sono regolarmente retribuiti per la loro attività, né più e né meno di un qualunque dipendente o professionista che collabora con un’azienda pienamente legale.

38Insomma, rifacendosi alla nota classificazione proposta da Sciarrone (2009, cap. 2) sui rapporti tra mafia e imprenditori, Femia sembra essere un tipo di imprenditore mafioso “propriamente detto” che agisce a titolo individuale seguendo la “logica degli affari” piuttosto che la “logica dell’appartenenza” (Sciarrone 2019, 31-32). Egli mette infatti in piedi un’attività economica i cui proventi non sono condivisi col gruppo criminale con il quale è in rapporto. Da questo punto di vista, al pari di altri affari formalmente leciti e espressamente illeciti, il gioco d’azzardo sembra essere un settore nel quale i mafiosi giocano una partita in proprio, guadagnando o perdendo risorse che sono individuali o, al massimo, della famiglia di sangue dell’imprenditore. È probabilmente anche questa sua autonomia rispetto al gruppo criminale col quale è in rapporto, la sua non subordinazione alle gerarchie associative, che rende Femia un mafioso sui generis. Non è infatti un caso che, come accennato in precedenza e come capita anche in altri processi sulle mafie in aree non tradizionali (Visconti, 2015; Martone, 2017), il riconoscimento giudiziario della sua mafiosità sia incerto e sia cambiato tra un grado di giudizio e l’altro.

39In definitiva, il nostro studio ha consentito di esplorare le modalità di penetrazione e di conquista di un settore economicamente rilevante e in rapida evoluzione da parte di un soggetto ritenuto mafioso o comunque vicino ad ambienti mafiosi. Rispetto ad altre vicende che vedono il coinvolgimento di mafiosi nel settore del gioco d’azzardo, il caso-studio qui analizzato ha permesso di fare luce sulle dinamiche criminali che interessano rami più alti della filiera economico-imprenditoriale. Dunque, per riprendere le diverse finalità e modalità di coinvolgimento dei mafiosi nel settore del gioco d’azzardo individuate da Scaglione (2012) e discusse nell’introduzione, le vicende considerate non sembrano avere a che fare con i reati più comuni e violenti come l’estorsione o l’usura. Piuttosto, la vicenda che ruota intorno a Femia mostra come i mafiosi abbiano saputo adattarsi e sfruttare i processi di legalizzazione che hanno di recente interessato il settore del gioco d’azzardo, insinuandosi nei rami più alti della filiera imprenditoriale e operando come un attore economico formalmente legale. Paradossalmente, dunque, la decisione di policy che ha spinto il settore del gioco d’azzardo verso l’emersione dall’informalità e dall’illegalità che da sempre lo caratterizzavano si è dimostrata foriera di un effetto perverso non trascurabile: le pratiche di illegalità che hanno accompagnato questa transizione non sono sparite, ma sono diventate più sofisticate e intangibili, dunque, più difficili da individuare e contrastare. QUADERNI DI SOCIOLOGIA 2020

 

 

 

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