Subappalto a cascata: quali sono le criticità dopo l’eliminazione del divieto

 

CONTRATTI PUBBLICI – Giampaolo Di Marco – Avvocato in Vasto
 

Il nuovo codice degli appalti ha introdotto l’eliminazione del divieto di subappalto a cascata. Infatti, secondo la novella legislativa, la stazione appaltante è tenuta ad individuare la categoria di lavori o le prestazioni che, sebbene subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto. La stazione appaltante potrà, dunque, individuare per ogni appalto i casi in cui è ammesso il subappalto a cascata, tenuto conto della natura e della complessità delle lavorazioni. Purtuttavia, questa innovazione del legislatore non sembra per il momento praticabile. Per quale ragione?

Quali sono le conferme e le modifiche

Con il nuovo codice, in continuità anche con la recente normativa emergenziale, si intende introdurre una disciplina molto più flessibile che, al contrario, è volta ad aumentare la discrezionalità delle Pubbliche Amministrazioni.
In particolare, è stato introdotto il nuovo art. 119 dedicato al subappalto il quale apporta delle novità in tema di subappalto le quali, tuttavia, non sembrano abbiano apportato stravolgimenti di sorta rispetto all’attuale formulazione dell’art. 105, D.Lgs. n. 50/2016 sul subappalto.
Va osservato come l’attuale disciplina del subappalto sia il frutto di una normativa stratificata che a partire dall’anno 2016 ad oggi ha subito numerose interpolazioni resesi necessarie per uniformare le norme di tale istituto alle prescrizioni di matrice europea e, nella specie, alle direttive n. 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio.
Il subappalto, infatti, ha sempre rappresentato oggetto di scontro tra la necessità, avvertita dal nostro legislatore, di ostacolare fenomeni corruttivi, e l’apertura europea che opina per l’utilizzo del subappalto quale istituto teso a favorire il mercato e lo sviluppo delle aziende ed imprese che vi operano.
Già con il decreto Semplificazioni bis, ossia con D.L. n. 77/2021, il Legislatore era intervenuto sulla disciplina in materia di subappalto, ossia sull’art.105, D.Lgs. n. 50/2016, recependo le prescrizioni introdotte dalla Legge europea n. 2019/20 a seguito dell’apertura di una procedura di infrazione, la n. 2018/2273, e le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sui casi Vitali, decisione del 26 settembre 2019, n. 63, causa C-63/18 e Tedeschi, sentenza del 2 novembre 2019, n. 402, causa C-402/18.
Gli organi dell’Unione avevano evidenziato come la disciplina nazionale in materia di subappalto contravvenisse ai principi di parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, essendo state imposte limitazioni ingiustificate ed ulteriori rispetto a quelle previste a livello europeo e ciò si poneva in contrasto con il divieto di “gold plating”, secondo il quale non si possono porre a carico degli operatori oneri ulteriori rispetto a quelli previsti dalle direttive europee.
Il testo dell’art. 105, D.Lgs. n. 50/2016, pertanto, sembra essere stato interamente riprodotto nel nuovo art. 119 che conferma, in breve, l’attuale quadro normativo.
Conferme
Ed infatti, sono sempre le stazioni appaltanti a indicare, nei propri documenti di gara, quali sono le prestazioni o le lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto, ivi comprese le opere di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica di cui all’art. 104, comma 11.
La ratio della limitazione resta quella di rafforzare i controlli sui cantieri, sui luoghi di lavoro e di tutelare i lavoratori, oltre che prevenire le infiltrazioni criminali.
Resta fermo il divieto di affidare a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative alle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera.
Precisazione
Recependo gli approdi della giurisprudenza e dottrina prevalenti, viene precisato al comma 3 dell’art. 119 del nuovo codice che tra le attività che non si configurano come subappalto, vi sono le prestazioni o attività secondarie, accessorie o sussidiarie rese da lavoratori autonomi o in forza di contratti continuativi di cooperazione.
Modifiche
All’interno del delineato quadro normativo, si pone la disciplina di cui all’art. 105, c. 19, D.Lgs. n. 50/2016 in tema di divieto di subappalto, ulteriore rispetto a quello originario.
L’attuale art. 105, c. 19, D.Lgs. n. 50/2016 pone espressamente il divieto di subappalto “a cascata”, per cui l’esecuzione delle prestazioni non può formare oggetto di ulteriore subappalto.
Il comma 17 dell’art. 119 del nuovo codice prevede, invece, che la stazione appaltante è tenuta ad individuare la categoria di lavori o le prestazioni che, sebbene subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto.
 
Analogamente al subappalto ordinario, anche per il subappalto a cascata sembra essere stato affidato alle stazioni appaltanti il compito di individuare i casi in cui ritenere ammissibile per il subappaltatore affidare una parte delle lavorazioni ad esso affidate ad altra impresa e, dunque, di individuare per ogni appalto i casi in cui è ammesso il subappalto a cascata, tenuto conto della natura e della complessità delle lavorazioni. In questo caso, tuttavia, manca il riferimento alle opere di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, presente invece al comma 2 dell’art. 119.
 
La previsione è evidentemente finalizzata a chiudere definitivamente le criticità dell’istituto del subappalto finite nel mirino della procedura di infrazione comunitaria n. 2018/2273 tra cui figurava, per l’appunto, anche il divieto di subappalto a cascata previsto dal dall’art. 105, c. 19, D.Lgs. 50/2016.
Secondo la Commissione Europea, infatti, il divieto di subappalto a cascata previsto dalla normativa italiana sarebbe contrario alla specifica disciplina delle direttive comunitarie che ammette la presenza di subappaltatori dei subappaltatori del contraente principale o ai subappaltatori successivi nella catena dei subappalti.

Quali sono le criticità dell’apertura al subappalto

L’apertura al subappalto a cascata lascia aperte, tuttavia, ancora numerose perplessità.
Sembrerebbe mancare, infatti, una disciplina specifica di tali tipi di affidamenti, oltre a mancare un esplicito rinvio alle norme proprie sul subappalto.
In altri termini, alla normativa di principio non sembra esser stata affiancata una disciplina operativa, che permetta di inquadrare, nello specifico, i procedimenti da seguire per autorizzare e per monitorare le esecuzioni così affidate.
Sarebbe, pertanto, auspicabile una precisazione in tal senso, sì da rendere effettivamente applicativa ed esecutiva la norma sul subappalto a cascata e rendere tale interpolazione immediatamente precettiva.
 
Allo stato, pertanto, senza una precisa disposizione di rango legislativo o a carattere sub primario, pare difficile che la novità introdotta dalla novella legislativa e rappresentata dall’eliminazione del divieto di subappalto a cascata possa trovare applicazione in quanto diversamente opinando ciò comporterebbe l’adozione nelle procedure di gara da parte delle amministrazioni procedenti di provvedimenti amministrativi privi di base legale.
 

Tabella riepilogativa delle principali novità

Precedente normativa
Impatto della nuova normativa sull’attività di impresa
Divieto assoluto in capo al subappaltatore di appaltare a sua volta le prestazioni oggetto del contratto di appalto in capo ad altro soggetto subappaltatore.
Il nuovo codice prevede che la stazione appaltante è tenuta ad individuare la categoria di lavori o le prestazioni che possono essere oggetto di subappalto.
Resta fermo il divieto di affidare a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto.
Le attività che non si configurano in ogni caso come subappalto sono individuate dalle prestazioni o attività secondarie, accessorie o sussidiarie rese da lavoratori autonomi o in forza di contratti continuativi di cooperazione.
La stazione appaltante è tenuta ad individuare la categoria di lavori o le prestazioni che, sebbene subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto.
Non sono subappaltabili le opere di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica.
 
È stato pubblicato D.Lgs. n. 36/2023, recante “Norme d’attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, delega al Governo in materia di contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78”.
Con questa analisi si mira a valutare la portata applicativa delle modifiche in materia di subappalto, alla luce della ratio che ispira l’intervento normativo operato per il tramite della nuova disciplina ossia quella di ridurre al minimo gli ostacoli normativi e burocratici che si frappongono alla spedita realizzazione di appalti di lavori, servizi e forniture con l’obiettivo di razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina vigente.
Sino ad ora, le norme in materia di affidamenti, anche al fine di porre rimedio alla corruzione, hanno dettato una disciplina rigida e dettagliata, con pochi spazi di manovra per i pubblici impiegati, i quali di fronte ad una stratificazione di norme, peraltro non sempre coordinate tra di loro, si sono trovati spesso bloccati dall’incertezza nell’assumere le proprie determinazioni.