COMMISSIONE PARLAMENTARE ANTIMAFIA- Audizione Ministro dell’Interno Piantedosi

 

10 ottobre 2023 Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

 

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TESTO DEL RESOCONTO STENOGRAFICO – Bozza non corretta

 

PRESIDENTE CHIARA COLOSIMO  L’ordine del giorno reca l’audizione del Ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, a cui do il benvenuto e che ringrazio particolarmente, anche per la disponibilità ad anticipare questa audizione, cosa che permetterà anche ai colleghi della Camera dei deputati di poterla seguire. La presenza del ministro è sempre importante, ma per la Commissione lo è in particolare anche per affrontare le tematiche relative alle infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni locali e ai beni confiscati.


MATTEO PIANTEDOSI, Ministro dell’interno. Grazie presidente. Oggi abbiamo tempi un po’ ristretti. Per me è comunque una prima seduta di inquadramento generale, dopodiché da parte mia vi è la doverosa disponibilità ad appuntamenti successivi e più articolati, anche per soddisfare l’esigenza di rispondere a domande che dovessero provenire dalla Commissione.
In primis, ringrazio lei, presidente e tutti i componenti della Commissione per avermi invitato qui, perché l’audizione di oggi mi permetterà, come dicevo, di illustrare le linee generali di azione del Governo per il contrasto alle mafie. Intendo subito ribadire che la lotta alla mafia è una delle priorità in termini assoluti del Governo, e lo sarà sempre, perché riteniamo che la lotta alla mafia sia cruciale per il funzionamento della nostra democrazia.
La strategia di basso profilo, volta a non destare allarme sociale rispetto a quella degli anni che furono funestati da efferati omicidi, non ci ha fatto certo abbassare la guardia.
Un nemico silente non è per questo meno pericoloso, per i motivi che poi delineeremo.
Una dimostrazione eloquente dell’impegno è stata la cattura, mesi fa, di Matteo Messina Denaro, che è solo il caso più noto, ma certo non l’unico, dato che in questo primo anno di governo sono stati assicurati alla giustizia ben 40 latitanti di rilievo, di cui 2 inseriti nell’elenco dei dieci ricercati di massima pericolosità.
Quindi, l’arresto di Messina Denaro ha rappresentato indubbiamente un risultato straordinario, che ci spinge a combattere la criminalità con sempre maggiore determinazione, nella consapevolezza che le mafie, oltre a essere un ostacolo per lo sviluppo economico, sono un fattore di arretratezza culturale sul terreno della crescita civile del nostro Paese.
Vorrei, in questa prima parte del mio intervento, fornire un quadro di sintesi delle organizzazioni criminali, sottolineando che esse, nell’età della globalizzazione dei mercati e della tecno-finanza, hanno sviluppato estese proiezioni internazionali e sofisticate capacità di mimetizzazione e infiltrazione nell’economia legale.
Nella seconda parte, se mi sarà consentito, mi soffermerò sugli strumenti messi in campo per combattere la criminalità organizzata sia con finalità preventiva sia con finalità di carattere repressivo, evidenziando in premessa come gli strumenti di contrasto presuppongano una forte sinergia tra istituzioni, non soltanto a livello interno, ma anche sul piano internazionale, tenuto altresì conto della globalizzazione dei mercati e delle acclarate proiezioni transnazionali della criminalità organizzata.
Passiamo a esaminare le dinamiche recenti delle varie organizzazioni di tipo mafioso che, nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti, hanno implementato le capacità relazionali, sostituendo all’uso della violenza – sempre più marginale – strategie di silenziosa infiltrazione e azioni corruttive e intimidatorie.
È ormai un dato certo che le mafie preferiscano rivolgere le proprie attenzioni ad ambiti affaristico-imprenditoriali, grazie alla disponibilità degli ingenti capitali accumulati illecitamente.
Un altro elemento che va posto in evidenza è che le mafie hanno necessità di rafforzare il vincolo associativo, anche alimentandosi di quel consenso che a sua volta si nutre della forte sofferenza economica di alcune aree geografiche del Paese.
La criminalità organizzata di tipo mafioso – che è riferibile principalmente a Cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra e criminalità organizzata pugliese – continua ancora oggi a perseguire sostanzialmente due tradizionali obiettivi: il controllo del territorio di influenza e l’infiltrazione nel relativo tessuto economico-finanziario.
In linea con il passato, quindi, insieme alle più visibili attività criminali, quali il narcotraffico, l’estorsione, lo sfruttamento della prostituzione e il lavoro clandestino, registriamo sempre più diffusi ambiti illeciti che destano minore allarme e riprovazione sociale, ma che generano ingenti profitti, gradualmente immessi nei circuiti legali, con conseguenti effetti distorsivi delle regolari dinamiche dei mercati.
Si tratta di quei reati cosiddetti satellite, spesso contestati nelle ipotesi aggravate ex articolo 416-bis del codice penale, rappresentate ad esempio dal traffico dei rifiuti, dalle crescenti fatturazioni per operazioni inesistenti, dalle truffe, dalle false compensazioni di crediti tributari e dall’evasione dei contributi previdenziali e assistenziali.
Una dimensione preliminare trasversale della lotta alle mafie è data dall’analisi delle connotazioni strutturali e dei profili evolutivi delle organizzazioni criminali e, con specifico riferimento alle principali tipologie di organizzazioni mafiose, le dinamiche evolutive più recenti possono sintetizzarsi nel modo che mi accingo a esporre.
La ‘ndrangheta, prima di tutto, si manifesta oggi come un’organizzazione unitaria, fortemente caratterizzata su base territoriale e saldamente strutturata sui vincoli di parentela e dunque più refrattaria rispetto ad altre organizzazioni criminali al fenomeno della collaborazione e del pentitismo, sebbene, di recente, meno di quanto sia avvenuto nel passato.
La sua forte vocazione imprenditoriale è favorita dalle ingenti risorse economiche di cui dispone, grazie alle proprie diversificate attività illecite che spaziano dal traffico di sostanze stupefacenti all’infiltrazione negli appalti pubblici, alle estorsioni, all’usura fino al settore dei giochi, i cui proventi vengano poi riciclati nel circuito dell’economia legale.
La caratterizzazione verticistica della ‘ndrangheta, risalente nel tempo e che oggi si esercita attraverso un coordinamento delle attività delle cosche, è tuttora utilizzata per definire appartenenza e gerarchie interne, nonché per rafforzare il senso di identità, ma anche la riconoscibilità all’esterno.
La propensione della ‘ndrangheta ad ampliare il proprio ambito di azione è confermata dalle documentate infiltrazioni di alcune amministrazioni comunali anche del nord Italia e dalle sue proiezioni internazionali. La sua spiccata transnazionalità le ha consentito infatti di realizzare sinergie tra la criminalità organizzata calabrese e i più qualificati cartelli mondiali della droga, nel cui ambito è il principale player.
In Sicilia invece coesistono organizzazioni criminali eterogenee e non solo di tipo mafioso.
Nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento opera ancora in modo preponderante Cosa nostra che, dopo i colpi inferti dallo Stato, non riuscendo più a ricostituire un organismo di vertice, ha adottato un modello di coordinamento basato sulla condivisione delle linee di indirizzo e la ripartizione delle sfere di influenza tra gli esponenti dei vari mandamenti, anche di province diverse.
Alcune sue articolazioni appaiono inoltre particolarmente orientate a intensificare i rapporti con le proprie storiche propaggini fuori dai confini nazionali, come Cosa nostra statunitense.
Nell’area centro-orientale della Sicilia risultano anche attivi sodalizi dai contorni più fluidi e flessibili che si affiancano a Cosa nostra in rapporto per lo più non conflittuale, condividendo nel medesimo contesto territoriale gli stessi ambiti illeciti.
Nella Sicilia orientale, poi, gli interessi criminali delle organizzazioni di tipo mafioso convergono, come quelli di Cosa nostra, verso le estorsioni, l’usura, il narcotraffico, l’infiltrazione nel settore delle scommesse on line e la gestione dello spaccio di stupefacenti.
A ciò si aggiunge l’infiltrazione nell’economia legale, in particolare nell’edilizia, nel movimento terra, nell’approvvigionamento degli inerti, nello smaltimento dei rifiuti, nella gestione dei servizi cimiteriali e dei trasporti.
Si conferma quindi la propensione alle infiltrazioni nei settori interessati dalle erogazioni di contributi pubblici, talvolta mediante il condizionamento di amministrazioni locali e la complicità di politici e funzionari corrotti.
Per quanto riguarda la camorra, la terza organizzazione storica, le più recenti risultanze investigative e giudiziarie hanno permesso di superare l’idea di un sodalizio parcellizzato in diversi gruppi, in una caotica contrapposizione fra loro.
Attualmente vi sono due grandi cartelli criminali: l’alleanza di Secondigliano e il clan Mazzarella.
La nuova architettura delle consorterie napoletane, operanti anche in altre regioni d’Italia, offre pochi spazi ai sodalizi criminali non aderenti alle citati coalizioni, restituendo l’immagine di una camorra organizzata in un vero e proprio sistema basato su stratificati livelli decisionali, dotato di una struttura criminale consolidata sul territorio e di un direttorio per la gestione del coordinamento dei gruppi subordinati.
I clan che sono attivi nel controllo dei mercati legali non esitano ad appoggiarsi a compiacenti esponenti dell’imprenditoria, ma anche a rappresentanti delle pubbliche amministrazioni.
La vocazione affaristica di tali organizzazioni consente loro di operare mediante costellazioni di imprese, concepite e gestite secondo modelli moderni di investimento speculativo, grazie ai quali realizzano anche forme di controllo territoriale che riescono a convivere con logiche criminali fondate sulla violenza, dando luogo a una pervasiva capacità collusiva.
Venendo alle mafie pugliesi, esse sono distinte, in ragione delle aree geografiche di influenza, in mafia foggiana, camorra barese e, nel Salento, Sacra corona unita.
Tutte continuano a rappresentare realtà criminali eterogenee di complessa classificazione e, se pur riconoscendosi autonome, specie nel controllo militare del territorio, sembrano proiettate, sotto l’egida delle famiglie dominanti, verso la realizzazione di una sinergica struttura che consente loro di muoversi nei vari ambiti dei traffici, nonché di mantenere una tendenza espansionistica nei settori in crescita dei mercati legali.
Le organizzazioni pugliesi, al pari delle altre, si sono mostrate in grado di attuare efficaci strategie di infiltrazione nei più rilevanti settori economici e di condizionare l’imprenditoria e la pubblica amministrazione.
Proprio nei mesi scorsi si è registrata in modo particolare una effervescenza criminale della mafia foggiana, di cui conosciamo la ferocia e la pericolosità, rispetto alla quale è stato peraltro ulteriormente elevato il livello di attenzione.
A completamento di questo quadro, è d’obbligo un riferimento ai sodalizi criminali stranieri, altro versante che merita sicuramente di essere evidenziato.
Si tratta di organizzazioni eterogenee per origine, caratteristiche strutturali e modalità operative, e che nel loro complesso rappresentano una componente ormai consolidata nel panorama criminale nazionale.
Differenziate e molteplici sono le interazioni con i sodalizi italiani e questo anche secondo le aree interessate. Infatti, se al centro-nord le associazioni di origine straniera risultano muoversi in modo indipendente, divenendo talvolta egemoni in specifici settori delinquenziali, nelle regioni del sud tali consorterie sembrano operare in via subordinata o comunque con l’assenso delle mafie locali.
È bene evidenziare che le mafie tradizionali accettano di interagire alla pari con queste organizzazioni etniche nell’ambito dei traffici transnazionali, soprattutto in materia di droga e di armi.
L’esistenza di una pluralità di sodalizi stranieri e di collegamenti con organizzazioni criminali all’estero pone in luce come la criminalità transnazionale in primis nel narcotraffico, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nella tratta di esseri umani, nel caporalato, nello sfruttamento del lavoro di connazionali, rappresenti una minaccia reale a fronte della quale appare necessaria una più ampia visione del fenomeno e un approccio globale anche in termini di risposta.
Passo a illustrare l’attività di contrasto messa in opera. In linea generale, ritengo utile sottolineare che, dall’insediamento del Governo a oggi, sono state condotte 91 importanti operazioni di polizia giudiziaria nei confronti della criminalità organizzata, questo al netto di quelle che stanno avvenendo oggi, perché ce ne sono un paio che credo le cronache della mattina abbiano riportato.
91 importanti operazioni di polizia giudiziaria nei confronti della criminalità organizzata, con l’arresto di 1.429 soggetti. Sono dati in crescita di oltre il 30 per cento rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno e l’incidenza maggiore ha riguardato la ‘ndrangheta, con l’arresto di ben 779 soggetti, e la camorra, con 377. Accanto a quella che ha portato all’arresto di Matteo Messina Denaro, credo vada ricordata tra le altre l’operazione Olimpo, condotta dalla Polizia di Stato, operazione che nel gennaio scorso ha permesso di disarticolare una consorteria riconducibile alla ‘ndrangheta con base in Calabria ed estensione anche in altre province italiane, portando complessivamente all’arresto di 52 persone.
Segnalo poi l’operazione Eureka, sempre in ambito ‘ndrangheta, condotta dall’Arma dei carabinieri, con il concorso della DIA e della Guardia di finanza, che ha portato all’applicazione di 103 custodie cautelari in carcere e 18 arresti domiciliari con proiezioni operative in diversi Paesi europei.
All’azione investigativa, condotta sempre con il coordinamento dell’autorità giudiziaria, si è affiancata un’attività di potenziamento dei presidi di polizia, segnatamente quelli preposti all’azione di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata, in uno con un’azione di intensificazione dell’attività di controllo del territorio.
In questo contesto, è stato impresso un rinnovato impulso anche nell’attività di sgombero degli immobili occupati abusivamente, fenomeno che avviene spesso con la regia della criminalità organizzata, come peraltro recenti fatti di cronaca hanno dimostrato. Immobili che diventano luogo di elezione per la consumazione di reati di varia natura, generando degrado urbano e alimentando la percezione di insicurezza nei cittadini.
Per dare un’idea dell’impegno delle forze di polizia su questo fronte, segnalo che nella Capitale, solo nei primi nove mesi di quest’anno, sono state sgomberate 19 unità immobiliari, la cui occupazione è in qualche modo riconducibile all’azione dei clan, mentre a Napoli ne sono state sgomberate 16, oltre ai 15 immobili già oggetto di confisca.
Parlo di sgomberi strettamente legati all’azione dei clan. Ovviamente il numero degli sgomberi complessivi è ben maggiore. Oggi è in corso un’operazione al quartiere di Roma Tor Bella Monaca, con numerosi arresti per situazioni analoghe.
Sempre in tema di rafforzamento dei presidi di polizia, ricordo che nel corso del 2023, sono stati istituiti tre nuovi centri operativi della Direzione investigativa antimafia: a Catanzaro, a Bologna e a Brescia.
Nella consapevolezza che l’azione di contrasto alla mafia non possa e non debba essere disgiunta da una capillare attività di controllo del territorio, aggiungo che dall’inizio dell’anno ad oggi nelle quattro regioni a più alta intensità mafiosa – vale a dire la Campania, la Calabria, la Puglia e la Sicilia – hanno operato complessivamente 23.621 equipaggi dei reparti prevenzione crimine della polizia di Stato, per un totale di 70.863 unità.
Si tratta di quelle forze aggiuntive che diamo ai reparti territoriali per missioni speciali, per un particolare supporto delle forze territoriali. Sono realtà territoriali, queste, alle quali ho riservato una specifica e particolare attenzione, presiedendo personalmente diversi e dedicati Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica – uno l’abbiamo svolto ieri a Reggio Calabria.
In questa direzione ricordo la specifica azione avviata per Caivano, ove mi sono personalmente recato con il Presidente del Consiglio dei ministri, dove ho disposto che venissero effettuate diverse e mirate operazioni di controllo del territorio, cosiddette ad alto impatto, che vedono il concorso delle forze di polizia con la polizia locale e ulteriore personale delle amministrazioni pubbliche interessate, con decine di perquisizioni e sequestri di importanti quantità di stupefacenti, armi, denaro e materiale contraffatto.
A tale proposito, credo vada sottolineato come, accanto all’azione di prevenzione e contrasto di forze di polizia e della magistratura, in situazioni di particolare marginalità e degrado, sia peraltro assolutamente necessario promuovere politiche sociali e di riqualificazione del territorio che riducano il bacino dei soggetti a rischio, dalle cui file la criminalità organizzata attinge per commettere i reati. In questa direzione, si colloca anche l’iniziativa «Liberi di scegliere», sperimentata con risultati positivi proprio a Reggio Calabria in fase di rinnovo, basata sull’attivazione di programmi socio-educativi rivolti ai minori e a giovani adulti, provenienti o già inseriti in contesti di criminalità organizzata. Questa è la risposta che il Governo, in sinergia con le amministrazioni coinvolte, ha messo in atto per Caivano, ma, nell’ambito della strategia di contrasto, i nostri investigatori sono inoltre impegnati a intercettare le strategie evolutive delle organizzazioni criminali sia sotto il profilo organizzativo militare sia su quello imprenditoriale, senza peraltro trascurarne le proiezioni ultra nazionali.
Per potenziare tali attività stiamo sviluppando peraltro nuovi software che consentano di ottimizzare tempi e risultati nell’acquisizione delle informazioni dalle banche dati e dal web. Di grande utilità continuano inoltre a rivelarsi le acquisizioni delle investigazioni giudiziarie e lo scambio informativo tra le diverse forze di polizia.
Per quanto riguarda le nuove tecniche investigative di contrasto, recenti riscontri investigativi indicano che la criminalità organizzata sta sviluppando un impiego crescente di comunicazioni criptate e di piattaforme virtuali dove il denaro viene movimentato in forma elettronica nei nuovi ambienti digitali in una dimensione sempre più ampiamente transfrontaliera. Anche per affrontare questo tema, ho convocato il Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata lo scorso mese di febbraio, alla presenza del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
Per rispondere a tali strategie criminali, sono stati messi in campo nuovi strumenti informatici con elevata capacità di penetrazione nella rete e nel mondo del dark web.
La tecnologia ha assunto un ruolo determinante nel contrasto alle organizzazioni criminali con specifici malware in grado di introdursi nei sistemi di comunicazione crittografata e nelle applicazioni di messaggistica istantanea.
È stato così possibile acquisire migliaia di conversazioni avvenute su piattaforme di comunicazione criptata che hanno restituito una chiara immagine del livello di infiltrazione del crimine organizzato nei Paesi europei e nei Paesi terzi.
Per quanto concerne più specificatamente l’attività di contrasto ai reati in ambito economico-finanziario perpetrati telematicamente, il cosiddetto financial cyber crime, oltre all’introduzione di nuovi e avanzati strumenti tecnologici di cui sono state dotate le forze di polizia, particolarmente efficace si sta rivelando la cooperazione internazionale di polizia, grazie alla quale è possibile risalire alle tracce informatiche e finanziarie, anche oltre i confini nazionali.
Nell’ambito della cooperazione internazionale di polizia, devo richiamare l’attenzione sull’importanza della rete operativa antimafia, coordinata da Europol, di cui si è resa promotrice la Direzione investigativa antimafia, alla quale hanno finora aderito le forze di polizia di 37 Paesi.
Di assoluto rilievo poi i risultati dell’accordo relativo al progetto I-CAN. un progetto di Interpol, il cui acronimo sta per Interpol Cooperation against ‘ndrangheta, cui hanno aderito 18 Paesi, volto ad accrescere la cooperazione internazionale di polizia nel contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso, in particolare della ‘ndrangheta.
Le proiezioni operative dell’accordo hanno permesso di arrestare 86 appartenenti alla ‘ndrangheta, tra cui 39 latitanti, in diversi Paesi tra l’Europa e l’Asia. Sottolineo che questo della cattura dei latitanti è da sempre uno dei pilastri su cui si fonda la lotta alla mafia.

La cattura di Messina Denaro ha dato ulteriore slancio, e direi anche un entusiasmo alle forze di polizia, alla ricerca di pericolosissimi latitanti, ma l’impegno su questo versante non si è arrestato e men che meno affievolito, anzi, lo testimonia peraltro l’arresto, dopo quello di Messina Denaro, di Pasquale Bonavota, esponente di spicco della ‘ndrangheta, latitante dal 2018.
Di fondamentale importanza per l’attività investigative è il ricorso al canale dei collaboratori e dei testimoni di giustizia, che è una delle più grandi intuizioni del giudice Falcone. Rinnovata attenzione è stata riservata all’attività della Commissione centrale ex articolo 10 della legge n. 82 del 1991 e del Servizio centrale di protezione che sono, come sapete, deputati ad assicurare l’incolumità della popolazione protetta, nonché a favorirne il reinserimento sociale.
Ad oggi risultano gestiti 824 collaboratori di giustizia e 2.661 loro familiari, nonché 882 testimoni di giustizia e 2.861 loro familiari. Nella medesima direzione è stato dato un rinnovato impulso al procedimento volto alla definizione dei regolamenti attuativi della legge n. 6 del 2018, proprio sui testimoni di giustizia, al fine di potenziarne ulteriormente il sistema di gestione.
Circa l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, come ho evidenziato all’inizio, accanto alla imprescindibile azione di prevenzione, uno dei pilastri della lotta alla criminalità organizzata è la sottrazione dei patrimoni illecitamente accumulati e la loro restituzione al circuito della legalità in favore di esigenze e bisogni primari della cittadinanza. 
Si tratta, come noto, di una delicata e complessa attività volta a privare i sodalizi criminali di fonti di sostegno finanziario e di strumenti di espansione del tessuto economico e sociale, consentendo peraltro la salvaguardia degli equilibri di mercato e delle regole di concorrenza leale.
Dall’ottobre dello scorso anno, dal momento cioè dell’insediamento del Governo, sono stati sequestrati 7.924 beni, per un valore di 1,3 miliardi di euro, e confiscati 4.537 beni per un importo di circa 770 milioni di euro.
Non può sottacersi come la restituzione di beni sequestrati e confiscati alle comunità risenta di un’eccessiva burocratizzazione degli adempimenti e di lungaggini procedurali, alcune necessarie ovviamente, che però mal si conciliano talvolta con l’esigenza di preservare il valore degli immobili e la capacità competitiva delle aziende sottoposte a sequestro.
Su questo specifico aspetto, mi preme sottolineare che l’Agenzia è fortemente impegnata nell’azione di semplificazione delle procedure. I dati che mi accingo a esporre segnano un decisivo cambio di passo nella destinazione dei beni.
Pensate che nel periodo che va dall’ottobre 2022 al 30 settembre 2023 sono stati destinati 4.329 cespiti, per un ammontare complessivo pari a 236 milioni di euro, con un aumento percentuale pari al 71,58 per cento.
Quindi in un anno abbiamo – e questo va ascritto a merito dell’Agenzia e anche del Governo che la vigila – un aumento considerevole rispetto all’analogo periodo dello scorso anno, quando i cespiti erano stati 2.523, per un ammontare complessivo pari a 136 milioni di euro. Analoga accelerazione ha riguardato la destinazione di beni mobili registrati e delle aziende, che è sempre un po’ la nota dolente.
Segnalo in questa direzione due significative recenti novità: da un lato, la sottoscrizione di due accordi con la regione Calabria e la Regione Siciliana per rendere più efficaci e tempestivi il recupero e la rigenerazione dei beni confiscati da destinare anche a presidi delle forze di polizia, e, dall’altro, il primo bando rivolto al Terzo settore che ha consentito di destinare direttamente 242 beni immobili a 66 associazione aggiudicatarie.

Con questi bandi superiamo dunque il vincolo dell’assegnazione alle associazioni del Terzo settore per il tramite degli enti territoriali che spesso hanno a loro volta difficoltà a veicolare queste assegnazioni. Abbiamo quindi avviato la pratica dei bandi con assegnazioni dirette alle associazioni del Terzo settore.
L’efficacia dell’azione dell’Agenzia richiede anche risorse umane quantitativamente e qualitativamente adeguate alla progressiva complessità e delicatezza delle funzioni svolte, perché numeri così importanti come quelli che ho citato, devono farci investire ulteriormente sulla funzionalità dell’Agenzia per superare le difficoltà incontrate negli anni passati.
In questa direzione va il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75 approvato dal Governo, con cui si è disposto un incremento organico di ulteriori 100 unità di personale che si aggiungono alle attuali 200, quindi un incremento del 50 per cento dell’organico complessivo, che consentirà un significativo miglioramento della capacità operativa dell’Agenzia.
Riguardo all’attività di prevenzione amministrativa antimafia, che ruota attorno al sistema delle cosiddette interdittive antimafia, è noto quanto le misure di prevenzione patrimoniali, più ancora di quelle personali, siano essenziali e necessarie sul terreno di una moderna lotta alle mafie.
Non si può non sottolineare l’importanza che hanno assunto nel tempo, come vi dicevo, le misure di prevenzione amministrative antimafia.
Sono strumenti che sono volti in particolare a preservare il sistema degli appalti pubblici e il corretto e regolare funzionamento degli enti locali dalle infiltrazioni della criminalità organizzata, consentendo di anticipare al massimo la soglia di prevenzione di fronte all’espansione della criminalità organizzata che spesso avviene con una rapidità tale da rendere le misure ordinarie tardive o comunque meno incisive.
Il sistema della documentazione antimafia ha subito negli ultimi anni parziali revisioni che non ne hanno tuttavia intaccato la funzione e l’efficacia, anzi, per alcuni versi, l’introduzione di nuovi istituti sta consentendo alle prefetture e ai gruppi interforze antimafia che lavorano presso le prefetture, di osservare più da vicino, si può dire dal di dentro, le dinamiche interne alle imprese infiltrate e a forte rischio di infiltrazione.
Mi riferisco in particolare alla cosiddetta prevenzione collaborativa, su cui vi do alcuni dati. Dall’entrata in carica di questo Governo, e più precisamente dal 22 ottobre 2022 al 30 settembre 2023, sono state adottate 1.731 interdittive, a fronte delle 1.474 del corrispondente periodo 2021-2022 e dall’inizio dell’anno fino ad agosto 2023 sono state disposte 63 misure di prevenzione collaborativa ed effettuati 133 accessi a cantieri per appalti il cui valore complessivo è di 6,5 miliardi di euro.

Gli strumenti di prevenzione amministrativa antimafia, la cui legittimità e valenza sono state riconosciute dalla stessa Corte costituzionale, integrano un modello di prevenzione il più possibile elastico, capace di far fronte all’estrema imprevedibilità delle strategie delle organizzazioni criminali che adoperano formule e schemi di infiltrazione nell’economia sempre più evoluti e sofisticati, al fine di eludere le investigazioni.
A questo fine, nel corso degli anni, sono stati introdotti nell’ordinamento ulteriori istituti, anche a carattere derogatorio, che hanno in alcuni casi esteso in modo generalizzato, e in altri casi reso più mirato, il campo di applicazione del sistema di prevenzione amministrativa antimafia.
Un regime rafforzato di controlli, per esempio, è previsto in modo permanente per le grandi opere infrastrutturali, attraverso il fondamentale ruolo del Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari che siede presso il Viminale.
Altro strumento che svolge questa funzione sono anche i protocolli di legalità – ne abbiamo sottoscritto uno ieri a Reggio Calabria.
Il Comitato, nell’arco temporale compreso tra l’insediamento del Governo ad oggi, ha istruito 49 protocolli di legalità antimafia e anticorruzione relativi alla realizzazione di opere prioritarie per un valore superiore ai 29 miliardi di euro.
Rispondono alla stessa logica del modello rafforzato di controllo preventivo le white list, istituite presso le prefetture, per le imprese operanti nei settori a più marcato rischio di infiltrazione della criminalità organizzata.
Analoga finalità hanno anche i sistemi dedicati di controllo introdotti in occasione di eventi straordinari o a seguito di situazioni emergenziali.
È quanto accaduto per la ricostruzione nelle aree del nostro Paese colpite da eventi sismici, con la previsione di una Struttura di missione preposta allo svolgimento delle verifiche antimafia, dedicata proprio ai singoli eventi sismici, secondo procedure concordate in seno al Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari, di cui parlavo prima.
A questa stessa Struttura è stato di recente assegnato il compito di prevenire il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata nella realizzazione delle opere programmate in vista delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026.
Un analogo rafforzato sistema di controllo antimafia è stato previsto per il prossimo Giubileo della Misericordia, attraverso un articolato protocollo di legalità tra tutti i soggetti pubblici e privati interessati.
In ogni caso, quale che sia il catalogo di strumenti impiegato, l’obiettivo resta quello di garantire che i più stringenti controlli antimafia non compromettano i tempi di esecuzione delle opere.
Questa è una vecchia questione, ovvero di fare in modo che i controlli siano efficaci e penetranti, ma nello stesso tempo non tali da fermare le opere.
È la stessa filosofia cui si ispira il regime rafforzato dei controlli sull’attuazione del PNRR, una straordinaria occasione di sviluppo per il Paese, ma anche una prova della capacità della pubblica amministrazione di assicurare la tempestiva realizzazione degli investimenti programmati rispetto alle scadenze europee.
La strategia messa in campo per questa categoria di interventi prende le mosse da una mappatura degli operatori economici coinvolti nel ciclo realizzativo delle attività incluse nel perimetro del piano e fa leva sul potenziamento dell’azione dei gruppi interforze antimafia presso le prefetture, anche attraverso lo sviluppo di maggiori sinergie operative con gli uffici della Direzione nazionale antimafia.
In tale direzione va la costituzione di presidi territoriali unitari tra le prefetture e le ragionerie territoriali dello Stato, con il compito di monitorare, controllare e rendicontare i finanziamenti diretti alle amministrazioni locali e di assicurare l’ulteriore rafforzamento delle attività di verifica antimafia.
C’è poi il versante – cambiamo quindi argomento – delle vittime dei reati estorsivi e usurari e delle vittime della mafia. Si tratta di un altro versante di attività che fa capo al Viminale. Desidero poter svolgere qualche breve considerazione sul fenomeno del racket e dell’usura, da sempre costituenti ambiti di interesse per la criminalità organizzata, a maggior ragione a seguito delle difficoltà sociali ed economiche indotte dalle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019.
È stata ulteriormente valorizzata l’attività del Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, velocizzando le procedure di erogazione dei benefici economici.
Dal mese di ottobre dello scorso anno ad oggi – sempre lo stesso periodo di riferimento relativo all’insediamento di questo Governo – sono stati deliberati contributi per un totale di quasi 12 milioni di euro, precisamente 11 milioni e 764 mila euro.
Possiamo dire che lo Stato c’è anche per le vittime innocenti della mafia e i loro familiari, che spesso devono affrontare, a causa proprio dei danni subiti, situazioni di grande difficoltà.
«Lo Stato c’è» è il messaggio di una recente campagna di comunicazione istituzionale che mira a incoraggiare la domanda di aiuto economico messo a disposizione attraverso un altro fondo, gestito dal Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e intenzionali violenti.
Dal mese di ottobre dello scorso anno ad oggi è stata deliberata la concessione di quasi 29 milioni di euro.
C’è il poi tema della applicazione dell’articolo 143 del Testo unico degli enti locali, vale a dire il tema dello scioglimento degli organi di governo degli enti locali.
Vorrei soffermarmi sui mezzi apprestati dall’ordinamento per combattere i condizionamenti mafiosi nella vita politica locale, segnatamente sullo scioglimento degli organi di governo degli enti locali. Si tratta di un istituto senza dubbio delicato, in quanto incide sul rapporto tra gli eletti e gli elettori, su questo dobbiamo avere consapevolezza, ma al quale in determinate circostanze non si può non fare ricorso. Attualmente sono 25 i comuni sciolti per mafia.
Di questi, 8 in Calabria, 6 in Sicilia, 5 in Campania, 4 in Puglia e 2 nel Lazio. Dall’insediamento dell’attuale Governo ad oggi, gli scioglimenti, ai sensi dell’articolo 143 TUOEL, appunto questi per condizionamento, sono stati 10.
Nel corso della sua ormai trentennale vigenza, la misura dello scioglimento straordinario è stata applicata non solo nelle regioni meridionali interessate dalla storica presente presenza di consorterie di tipo mafioso, ma anche in alcune regioni settentrionali del Centro, questo a conferma della capacità infiltrativa della criminalità organizzata in aree geografiche diverse da quella di tradizionale ingerenza. Lo scioglimento ha colpito anche più di una volta alcune realtà locali, alimentando anche di recente critiche legittime sull’efficacia della misura che non riuscirebbe a conseguire pienamente i suoi effetti di bonifica dell’ente locale.
In realtà però le criticità rilevate non sembrano tanto riguardare la misura in sé, quanto piuttosto l’irriducibile complessità di alcuni contesti territoriali e le connesse difficoltà di reazione del tessuto civile ed economico-sociale.
Tutto questo contro la pervasiva ingerenza mafiosa: c’è una difficoltà di certi territori a manifestare una capacità di emendarsi e di reagire, anche dopo misure di questo tipo e a prescindere da misure di questo tipo. 
Al di là di queste valutazioni, il Ministero dell’interno ha come obiettivo primario la difesa dell’autonomia locale, sicché lo scioglimento degli organi di governo dell’ente locale costituisce sicuramente una extrema ratio, un rimedio a fenomeni di infiltrazione e condizionamento criminale cui fare ricorso solo quando l’amministrazione non sia in grado di rimuovere criticità organizzativo-funzionali, foriere di un rischio di inquinamento criminale.
Questo è un dato importante.
Molto spesso si tende a creare un nesso di valutazione di più immediato rapporto con la vicenda giudiziaria che può aver determinato lo scioglimento. In realtà non è così.
La valutazione connessa a questo tipo di provvedimenti sono gli effetti sul condizionamento dell’attività amministrativa, quindi l’inquinamento dell’attività amministrativa.
Per questo motivo, nell’ambito dello schema di disegno di legge-delega per la revisione del Testo unico degli enti locali, che ho presentato e che auspico possa essere approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri in tempi brevi – è già stato una volta passato in Consiglio dei ministri per un avvio esame – stiamo pensando di affinare le misure di supporto e collaborazione nei confronti di quegli enti per i quali, all’esito di un accesso ispettivo, possano non sussistere i presupposti per lo scioglimento per mafia tout-court e che tuttavia magari presentano situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate.
In altre parole, valutare delle vie mediane tra scioglimento e mancato scioglimento, in quei casi che possono presentare queste situazioni di mezzo, diciamo così, e prevedere misure di supporto e di affiancamento.
Avviandomi a conclusione, vi dico che, a distanza di quasi sessant’anni dalla prima fonte normativa diretta ad arginare le mafie, sono stati sicuramente fatti significativi passi avanti nella lotta alla criminalità organizzata.
Abbiamo una legislazione all’avanguardia che vi posso garantire costituisce un modello per gli altri Paesi e una capacità operativa che, grazie al costante straordinario apporto di magistratura e forze di polizia, ha consentito sicuramente di infliggere duri colpi alle organizzazioni criminali in una lotta che dura ormai da alcuni decenni e che non si è ancora conclusa.
Alle tradizionali misure di prevenzione e di contrasto si sono aggiunti, nel corso degli ultimi anni in particolare, nuovi strumenti sempre più sofisticati e tecnologicamente avanzati, strumenti che inevitabilmente costituiranno una nuova frontiera nella lotta alla mafia.

Analogamente è stata fortemente sviluppata la cooperazione internazionale di polizia che in futuro dovrà essere ulteriormente rafforzata, nella consapevolezza della natura globale della minaccia mafiosa.
Non escludo che l’intraprendenza delle organizzazioni criminali possa imporre in futuro di dover valutare di intervenire nuovamente sulla nostra legislazione, al fine di adeguarla alle nuove crescenti minacce, garantendo sempre quello che deve essere il corretto bilanciamento di tutti i valori costituzionali in gioco.
Per quanto mi riguarda, è mio fermo intendimento mettere in campo qualsiasi iniziativa idonea a rendere sempre più efficace la salvaguardia della sicurezza e della legalità, lungo tutte quelle direttrici attraverso le quali il mio dicastero sviluppa la sua azione e che vi ho illustrato. 
Presidente, io ritengo che un’efficace azione di contrasto alle mafie non possa prescindere da un adeguato potenziamento delle risorse umane e strumentali a ciò dedicate.
Con la prima legge di bilancio di questo Governo sono già state assunte importanti iniziative in questa direzione.
Non le voglio ripetere perché le abbiamo già dette: si tratta del fondo assunzioni, che ha creato per la prima volta un turnover crescente con altre risorse che sono state messe sulle risorse strumentali.
È mia intenzione continuare lungo questa strada, cioè quella di proporre questo tipo di iniziativa al Governo, in maniera progressiva, assicurando il necessario sostegno alle forze di polizia, nella ferma convinzione che si tratti di un investimento in legalità, in sviluppo e in democrazia.
Concludo ribadendo anche in questa autorevole sede istituzionale il ringraziamento, mio personale e di tutto il Governo, alla magistratura, alle prefetture e a tutte le donne e agli uomini delle forze di polizia per tutta la determinazione e l’impegno incessante che dimostrano quotidianamente. Grazie.