Lucia Borsellino ha consegnato un’agenda del padre alla commissione Antimafia

 

 

Si tratta di una rubrica su cui il magistrato, ucciso nella strage di via D’Amelio dalla mafia, aveva annotato tutti i numeri di telefono. La donna: «Ci sono i numeri di chi frequentava. Per i numeri che non troverete lascio a voi ogni valutazione».

Lucia Borsellino, figlia del magistrato Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia nella strage di via D’Amelio il 19 luglio del 1992, ha consegnato delle copie di un’agenda del padre ai membri della commissione parlamentare Antimafia. Lo ha fatto, come spiegato da Repubblica, nel corso di un’audizione in cui ha spiegato: «Nella borsa di mio padre c’era non solo l’agenda rossa ma anche un’agenda marrone, che conteneva una rubrica telefonica. Un’agenda mai repertata, che ci è stata consegnata e che abbiamo custodito per trent’anni senza aver mai saputo che non avesse avuto attenzione sotto il profilo delle indagini. In questi giorni, ho chiesto a mio fratello di fornire a questa commissione copie scansionate di quell’agenda e sarà mio padre a far comprendere chi fossero le persone di cui si fidava e quelle di cui non si fidava».

Borsellino: «Valutate i numeri che non troverete»

La figlia di Paolo Borsellino ha sottolineato un aspetto: «Per evitare strumentalizzazioni vorrei dare la mia lettura. In quell’agenda troverete tutti i numeri delle persone vicine a mio padre aggiornata la mattina del 19 luglio. Si trovano per tre quarti numeri di magistrati e per il resto di familiari. Troverete un surplus di numeri di persone che mio padre aveva necessità di raggiungere in qualunque momento oppure di persone come Giammanco che per questioni lavorative doveva raggiungere. Non troverete i numeri di chi non aveva queste frequentazioni. Me ne assumo la responsabilità. Per i numeri che non troverete lascio a voi ogni valutazione».

Lucia Borsellino ha raccontato della moglie di Scarantino

Lucia Borsellino ha poi raccontato di quando la moglie di Vincenzo Scarantinoandò sotto casa del magistrato per raccontare dei «maltrattamenti subiti nel carcere di Pianosa» dal marito. Ha spiegato: «Abbiamo ricevuto uno squillo al citofono. Era la moglie di Scarantino, con un gruppo di persone, che voleva salire a casa nostra e parlare con mia madre. Ritenemmo quell’incursione poco opportuna, e il mio fidanzato di allora, un poliziotto della scientifica, non consentì a loro di salire a casa. Fece una relazione di servizio, richiesta dal questore Finazzo, e la inviò anche al capo della Scientifica. Di quella relazione non si è saputo più nulla, non era mai stata assunta agli atti dei processi e questo testimone fu sentito solo nel 2016».